"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

115 | aprile 2014

9788898260607

Tra il garofano e Il Quarto Stato

L'identità visiva del Partito Socialista Italiano nell'era craxiana

Manuel Barrese

English abstract

Nel tumultuoso panorama della Prima Repubblica, il Partito Socialista Italiano (PSI) si distinse, rispetto a tutte le altre forze parlamentari, per una grande attenzione alla propria immagine e per l'uso, contemporaneamente spregiudicato e moderno, di simboli e figure che, decontestualizzate e caricate di nuovi significati, contribuirono a forgiare una vera e propria politica visiva destinata a rimanere impressa nell'opinione pubblica. Attraverso la guida di Bettino Craxi, divenuto segretario nel 1976, il PSI cominciò infatti a rivendicare un posto di rilievo all'interno della sinistra italiana andando a sperimentare inedite modalità di auto-rappresentazione. 

Gli anni dell'ascesa di Craxi e della progressiva crescita d'importanza del PSI (Colarizi, Gervasoni 2005) coincisero con la divulgazione delle teorie sul 'post-moderno', sia in campo filosofico (Lyotard [1979] 1981) che artistico-architettonico (Jencks 1977), teorie che, occorre ricordare, trovarono in Italia un fertile campo di dibattito (Vattimo, Rovatti 1983, Aldegheri, Sabini 1983). 'L'afflato visuale' del PSI può essere correlato con uno dei più eloquenti sintomi dello Zeitgeist post-moderno ovvero la contestazione, con relativo superamento, di forme e sistemi espressivi tipici dell'avanguardia, quindi decostruttivisti e anti-classici, in favore di una rinata attenzione all'immagine, intesa in senso ampio. Gli anni Ottanta, come è stato di recente sottolineato, "inaugurano la fenomenica di un nuovo apparato del potere che fa dell'immagine […] il suo motore centrifugo" (Chicchi 2013, 33). Da questo punto di vista lo stesso PSI, nella riconfigurazione craxiana, può considerarsi un degno prodotto del post-modernismo non solo per il suo impulso iconico ma anche per la revisione delle basi ideologiche su cui si era strutturato il partito sino a quel momento. Nel 1978 infatti, con lo scritto Il Vangelo socialista, Craxi tentò di ridefinire ed attenuare l'incidenza dell'eredità marxista-leninista nella prospettiva di un socialismo riformato e spinto alla decisiva rivalutazione della figura di Proudhon (Craxi 1978). Il nuovo leader del PSI, secondo alcuni, stava operando un attentato ai numi tutelari della sinistra e con un'immagine allusiva all'autorità oltraggiata di Marx, Eugenio Scalfari poté titolare un suo articolo: Craxi ha tagliato la barba al profeta (Scalfari 1978).

Le scelte riformiste di cui Craxi si fece sostenitore ebbero ripercussioni profonde anche nel campo delle immagini e della comunicazione; il partito, proprio in concomitanza dell'elezione di Craxi a segretario, attuò un rimescolamento dei propri codici figurativi, azione questa che manifestava una certa insofferenza verso le consuetudini ereditate. Per accrescere il consenso, la strategia adottata dal PSI si rifaceva ad un modello propagandistico di derivazione americana basato sul coordinamento capillare delle immagini e del materiale grafico (Eletti 1983). Si ricorse allora alla creazione di un universo visivo che potesse essere d'impatto e totale, che cioè potesse essere esteso sia alla piccola scala, quindi manifesti, tessere, opuscoli, sia al gigantismo dei congressi.

Non è un caso che il PSI, dopo decenni di politica condotta in maniera decisamente incolore, investisse molte risorse nella comunicazione ottenendo a sua volta un forte riscontro mediatico. Il rinnovamento dell'immagine si strutturò essenzialmente su due versanti: da una parte grande rilievo ebbero i faraonici congressi socialisti, i primi in Italia ad essere organizzati alla maniera americana con largo impiego di apparati scenici pensati appositamente per innescare l'emotività del pubblico, dall'altra si rivelò cruciale l'azione di modernizzazione dei simboli e delle icone distintive del PSI che, nel concreto, portò alla fortunata adozione del garofano rosso. Se Craxi, in qualità di segretario e di leader, si interessò in prima persona alle questioni di propaganda riservandosi il privilegio di esprimere l'ultima parola (Molaioli 2009, 116), fu grazie all'apporto di Filippo Panseca, demiurgo delle effimere, e spesso criticate, scenografie delle conventions socialiste, e del grafico Ettore Vitale, artefice della messa a punto del nuovo simbolo del garofano nonché del suo codice di applicazione, che gli ideali craxiani poterono trovare una convincente visualizzazione.

Intuita l'importanza degli apparati di comunicazione, e, non in ultimo, riformata secondo le nuove esigenze la sezione propaganda della direzione del PSI, alla metà degli anni Settanta il partito si interrogò sul lascito iconico del socialismo spingendo per il restyling dei suoi simboli e soprattutto per l'instaurazione di un nuovo sistema di immagini persuasivo ma allo stesso tempo rispettoso della tradizione. Si trattò infatti di un rinnovamento non da poco che tuttavia si configurò nel solco del percorso, storico e iconografico, tracciato dal partito da inizio secolo fino a quel momento.

In questa prospettiva, gli emblemi che più degli altri, e ab origine, influirono sull'identità del PSI sono stati il garofano rosso, fiore che secondo la tradizione popolare "allietava sovente la finestra della giovane operaia" (Buffoni Zappa 1895, 561) ed era associato alla festa dei lavoratori del 1° maggio (Einaudi 1997, 268), e Il Quarto Stato, dipinto che impegnò Pellizza da Volpedo dal 1898 al 1901. Entrambi infatti, per ragioni sia simboliche che estetiche, seppero sintetizzare le fondamenta ideologiche del partito tanto da venire utilizzati spesso in maniera congiunta. Già nel 1906, ad esempio, le due figurazioni furono sintomaticamente integrate l'una con l'altra nella strenna della rivista socialista diretta da Ernesto Majocchi L'Uomo che ride (Scotti 1998, 13, Onofri 2009, 9-10).

Cartolina con Il Quarto Stato e il garofano, strenna della rivista "L'uomo che ride", 1906.

Il ricorso al garofano, negli anni di Craxi esibito con insistenza e assunto come una presenza totalizzante, non fu però scontato e ancora di più non fu immediato. Come emerge dalla riflessione contenuta nell'almanacco Le immagini del Socialismo, edito nel 1984, la direzione del PSI preferì ricollegarsi idealmente alla stagione turatiana d'inizio Novecento allontanandosi tanto dai radicalismi sovietici quanto dagli estremismi del terrorismo rosso contemporaneo. Venne avviata quindi un'azione di risemantizzazione di quei simboli già presenti nella tradizione iconografica socialista ma non sfruttati nella maniera adeguata che culminò proprio nel rilancio su grande scala del garofano.

Deputati socialisti della città di Bologna e provincia, cartolina, 1906; VII Congresso Socialista Italiano, cartolina, 1902; Augusto Majani, "Avanti della Domenica", Copertina, 6 gennaio 1905.

Rispetto ai primi anni di vita del partito in cui il fiore era evocato in forme liberty e in suggestivi linearismi di matrice Jugend, dal primo dopoguerra in poi il suo uso si interruppe bruscamente. In un momento di forte tensione sociale segnato da rimostranze di operai e contadini (il 'biennio rosso' del 1919-1920), il partito cominciò ad avvicinarsi a un'estetica riconducibile alla categoria del 'realismo', orientata cioè alla rappresentazione oggettiva di temi e figure della realtà proletaria.
Negli stessi anni il PSI era poi scosso al suo interno da diverse correnti che, oltre a comprometterne la coesione (Mattera 2010, 71-99), rendevano assai più problematica l'identità del partito. Con l'incalzare delle posizioni filosovietiche, durante il Congresso di Livorno del 1921, si consumò infine la scissione che portò alla nascita del Partito Comunista. Quest'ultimo, grazie all'impegno speso in favore della causa rivoluzionaria, alla decisiva azione antifascista e, non in ultimo, forte del dialogo diretto con Mosca, influenzerà con i suoi dettami tanto ideologici quanto estetici le scelte comunicative e d'immagine del PSI fino al secondo dopoguerra.

Nei primi anni Venti quindi, divenuto ormai obsoleto il repertorio tardo simbolista fatto di allegorie e decorativismi, il garofano socialista scomparve a vantaggio dell'apparizione sempre più invasiva della falce e martello (Einaudi 1997, 265-266); solo molti anni più tardi esso verrà eloquentemente riscoperto proprio nel momento di transizione in cui il PSI passava dalla direzione di Francesco De Martino a quella di Bettino Craxi (1976). Se paragonato alla falce e martello, al sole nascente e al libro aperto, segni di un orientamento che poteva apparire troppo prossimo al PCI, il garofano si imponeva come un'immagine gentile, riconciliata ad un'idea di impegno politico che trascendeva ogni estremismo. Le ragioni che hanno portato a questa sottile rivoluzione sono efficacemente illustrate da Craxi in un breve spot televisivo girato per la campagna elettorale del 1987:

Il garofano è un grande antico simbolo del mondo del lavoro italiano e internazionale. Il suo significato e il suo messaggio è fede nel progresso, fede nella libertà e speranza nell'avvenire. Forse è bene che se lo mettano in tanti.

1° Maggio, manifesto 1973, grafica Ettore Vitale.

Oltre a segnare la continuità con il passato pre-rivoluzionario, il garofano venne quindi lanciato come figurazione capace di dare autonomia visiva al PSI, alla metà degli anni Settanta impegnato a liberarsi dall'ingombrante giogo del Partito Comunista. L'indipendenza dal PCI e dal suo repertorio simbolico fu però graduale e richiese cautela. È indicativo infatti che la prima attestazione 'moderna' del garofano, risalente al 1973, un anno prima della cosiddetta rivoluzione dei garofani in Portogallo, fosse apparsa in un contesto ancora massicciamente permeato dal mito della lotta di classe. Nello specifico si trattava del manifesto realizzato per la celebrazione del 1° Maggio in cui il garofano compariva stretto all'interno di un pugno chiuso. La sintassi visiva dell'immagine, curata nella parte grafica da Ettore Vitale (Quintavalle 2001), esprimeva una certa timidezza nel presentare un simbolo desueto, ignorato per decenni, e che inevitabilmente necessitava di essere accompagnato da una chiara espressione di militanza a sinistra; Guttuso del resto aveva conferito una connotazione quasi sacrale al gesto del pugno alzato ne I funerali di Togliatti, monumentale opera del 1972 in cui era inoltre possibile cogliere l'enfatica presenza di alcuni garofani sul feretro del leader comunista e accanto all'effige di Lenin.
Non bisogna dimenticare inoltre che i socialisti francesi di François Mitterrand avevano adottato, nel 1971, il simbolo della rosa nel pugno, scelta sicuramente non passata inosservata ai coordinatori dell'immagine del PSI e soprattutto del Partito Radicale Italiano che dal 1976 si appropriò della stessa immagine (Maestri 2012, 112). 

Renato Guttuso, I funerali di Togliatti, acrilici e collage di carta stampata e incollata su pannelli di compensato, 1972, Bologna, MAMbo, Museo d'Arte Moderna. Particolare del garofano e del feretro di Togliatti.

Dal manifesto del 1973 di Ettore Vitale, responsabile della rigenerazione dell'immagine del PSI e nel 1984 vincitore del Compasso d'Oro per i numerosi lavori grafici commissionati dal partito, il garofano cominciò così ad affiancare i simboli tradizionali i quali, lentamente, divennero sempre più secondari. Nel 1978, durante il 41° Congresso Socialista di Torino, lo stemma del PSI palesava il sopravvento del garofano rispetto ai canonici falce, martello e libro, relegati in posizione inferiore. Gli attributi classici dell'ortodossia marxista-leninista si avviavano dunque all'inevitabile declino che nel 1984 culminò con l'esclusiva identificazione del PSI con il garofano.

Evoluzione del simbolo del PSI: 1971, 1978 e 1987.

Hans Holbein il Giovane, Ritratto di Simon George di Cornovaglia, olio su tavola, 1535-1540 ca., Francoforte, Städelsches Kunstinstitut.

Tuttavia, circa la scelta e l'accettazione del nuovo simbolo influirono forse inconsciamente anche questioni puramente estetiche, o meglio, legate alla piacevolezza visiva. Elemento romantico per eccellenza, spesso equiparato alla rosa, il garofano vantava molteplici riferimenti letterari che di conseguenza potevano rivelarsi particolarmente adatti a blandire gli elettori (si pensi al romanzo di Vittorini Il garofano rosso in cui veniva raccontata l'iniziazione sentimentale e politica di un giovane). Il garofano era stato inoltre un attributo iconografico molto frequente nella storia dell'arte rinascimentale, utilizzato non solo in dipinti devozionali per le chiare allusioni cristologiche ma citato anche in ritratti o cicli di affreschi per simboleggiare l'amore e il vincolo affettivo.

Neutralizzati i combattivi simboli di derivazione comunista, il riferimento floreale riuscì ad essere imposto progressivamente come un emblema accattivante, ambiguamente a-politico, insediandosi nel vocabolario iconico degli italiani mediante una strategia di saturazione visiva. Stilizzato ed estetizzato secondo le moderne logiche di mercato, ben presto il garofano divenne brand e pattern per il merchandising ufficiale del partito che, tramite il marchio Buongiorno Primavera, produsse oggetti di ogni specie e collezioni di abiti (alcuni disegnati da noti stilisti simpatizzanti del PSI); un simbolo politico diventava in questo modo una sorta di logo diffusissimo e come tale esercitava una sottile, e occulta, persuasione.

Garofani di stoffa e spille con il simbolo del garofano, primi anni Ottanta.

Oltre all'invasione del garofano in contesti non necessariamente politici anche altri simboli storici del socialismo goderono di rinnovata fortuna. Un caso interessante è costituito da Il Quarto Stato (Scotti 1986, 409-412) il dipinto di Pellizza da Volpedo che, forte della sua pregnanza iconografica, godette di una fortuna visiva capace di travalicare le arti figurative (si pensi al film di Bertolucci Novecento) e che venne associato, con discontinuità da inizio secolo fino agli anni Ottanta, alle campagne politiche socialiste. La fisionomia del celebre dipinto si sovrappose più volte a quella del partito diventando, anche durante la 'reggenza' Craxi, una sorta di avatar. Nella mostra L'Immagine del Socialismo, organizzata nel 1982 al Palazzo delle Esposizioni di Roma per il 90° della fondazione del PSI, il capolavoro di Pellizza assunse comprensibilmente un ruolo di primo piano, aspetto questo sottolineato da Renato Barilli che nel catalogo individuava una "perfetta coincidenza tra la genesi del dipinto e la nascita del partito" (Barilli 1982, 20). La grammatica interna dell'opera si prestava infatti a comunicare un ideale di progresso e di ottimismo tanto che, nel 1987, le tessere del PSI furono ideate con l'immagine del Quarto Stato 'modernizzata' ad hoc secondo i caratteri dei nuovi elettori socialisti. Se alla metà degli anni Ottanta il PSI trovava simpatie soprattutto nel mondo degli imprenditori, della media borghesia e dei cosiddetti ceti emergenti ecco dunque il proletariato immaginato da Pellizza trasformarsi in un corteo compatto di professionisti, yuppies rampanti, donne in carriera in tailleur e pochi, indistinti, operai.

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, olio su tela, 1901, Milano, Museo del Novecento; Fiducia nell'Italia che cambia, tessera del PSI, 1987.

A conferma della duratura attrazione del PSI verso l'immagine di Pellizza da Volpedo, risulta eloquente che nel 1989, durante il Congresso di Milano, una copia a grandezza naturale de Il Quarto Stato fosse stata inserita nei locali dell'ex Ansaldo di via Borgognone per l'occasione 'ristrutturati' sotto la supervisione di Filippo Panseca. La giunta presieduta dal sindaco di Milano Paolo Pillitteri, esponente del PSI lombardo e vicinissimo alla famiglia Craxi, secondo le cronache non acconsentì ad esporre il dipinto originale, allora conservato alla Galleria d'Arte Moderna, probabilmente per evitare facili polemiche circa l'uso 'personale' di un'opera proveniente da una collezione civica (Fini 1989, 17-18) (Oldrini 1989). La copia visibile al congresso socialista poteva tuttavia considerarsi esclusiva perché dipinta dai titolari della galleria milanese Nuova Arte (Marcello Cassinari Vettòr e Maria Angelillo), specializzati in falsi d'autore, e soprattuto perché realizzata con acribia filologica direttamente sui cartoni originali di Pellizza, eccezionalmente messi a disposizione dagli eredi.
Il garofano e Il Quarto Stato hanno caratterizzato quindi due fasi cruciali della storia del Partito Socialista Italiano: gli inizi eroici e l'apogeo politico dell'era craxiana che tuttavia preludeva a un inevitabile declino. Percepiti in un primo tempo come contrassegni visivi non coerenti con la tradizione socialista, degni di un leader che aveva osato mettere in discussione gli intoccabili dogmi marxisti-leninisti e propri di un partito che si era speso, dagli anni Settanta fino al fatale 1994, per una discutibile, ma efficace, rigenerazione estetica, in realtà i due simboli facevano parte del patrimonio iconografico delle origini del PSI e per questa ragione era necessario riscoprirli.

Ringrazio, per l'aiuto e i preziosi suggerimenti, Sergio Bertelli, Monica Centanni, Rolf Petri e Antonella Sbrilli.

Galleria iconografica

Il garofano e Il Quarto Stato sono stati i riferimenti visivi che per la loro connessione simbolica con il mondo del proletariato hanno accompagnato, in maniera incisiva ma discontinua, la parabola politica del Partito Socialista Italiano. Il riferimento al garofano e al lavoro nelle fabbriche è presente sin dalla tessera del partito del 1905 disegnata da Gabriele Galantara con chiare suggestioni liberty [fig. 7]; il fiore e la falce e martello compaiono di nuovo insieme nell’illustrazione di Aroldo Bonzagni del 1912 tesa a rappresentare idealmente il riscatto dell’operaio [fig. 8]. Nel corso degli anni, le due immagini sono state in parte modificate (il manifesto per la campagna abbonamento dell’Avanti [fig. 1]) e utilizzate ad hoc per campagne specifiche (la figura femminile del Quarto Stato impiegata nel manifesto contro l’abolizione della legge sull’aborto [fig. 8]). Con la leadership di Bettino Craxi il garofano e Il Quarto Stato non solo tornano integralmente, e a pieno titolo, nell’universo iconico del PSI ma funzionano come incarnazioni del partito stesso e dei suoi elettori (il grande garofano acquerellato disegnato da Ettore Vitale nel 1982 [fig. 11] e il manifesto per le elezioni del 1987 [fig. 6]). Infine, soprattutto il simbolo del garofano negli anni Ottanta va a legarsi visivamente con temi come l’italianità, il made in Italy, il Risorgimento, sfruttatissimi da Craxi e dalla pubblicistica vicina al PSI [fig. 9 e fig. 10].

[1] Gabriele Galantara, manifesto campagna abbonamento "Avanti", 1900

[2] Campagna Avanti, manifesto, 1972

[3] 1° Maggio, manifesto, 1975. Grafica Ettore Vitale

[4] 8 Marzo, manifesto, 1979. Grafica Ettore Vitale

[5] Riempiamo di garofani rossi l'altra metà del cielo, manifesto, 1979. Grafica Ettore Vitale

[6] PSI. Cresce l'Italia, manifesto elezioni politiche, 1987

[7] Gabriele Galantara, tessera Partito Socialista Italiano, 1905

[8] Aroldo Bonzagni, Primo Maggio, illustrazione, "Avanti della Domenica", 1912

[9] Il rinnovamento socialista per il rinnovamento dell'Italia, manifesto del 42° Congresso di Palermo, 1981. Grafica Ettore Vitale.

[10] Nani Tedeschi, cartolina con Garibaldi e il garofano, 1981

[11] 25 Aprile. Rinnovare lo Stato governare il cambiamento, manifesto 1982. Grafica Ettore Vitale

English abstract

With the rise of Bettino Craxi, in the mid-seventies the Italian Socialist Party (PSI) initiated a new visual and political form of communication aiming to revitalize its own symbols, especially those not associated with Communism. Thus, the red carnation, a flower traditionally connected with early twentieth-century Socialism, and Il Quarto Stato, famous painting by Pellizza da Volpedo, became the icons of the Socialist Party's political campaigns until the beginning of the nineties.

 

keywords | Craxi; Italian Socialist Party; New visual and new politic form; Red carnation; Il quarto stato; Pellizza da Volpedo.

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Per citare questo articolo / To cite this article: M. Barrese, Tra il garofano e Il Quarto Stato. L'identità visiva del Partito Socialista Italiano nell'era craxiana, “La Rivista di Engramma” n. 115, aprile 2014, pp. 24-46 | PDF 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2014.115.0000