"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

71 | aprile 2009

9788898260164

Che Pallade Giunone e Venere significano la vita contemplativa, la attiva, e la voluttuosa

Al Magnanimo Lorenzo de' Medici

Niuni che con ragione viva, dubbita tre esser le vite, la contemplativa, la attiva, e la voluttuosa. Percioché gli huomini a la felicità tre vie si hanno elette, cioè la sapienza, la potenza, e'l piacere. E noi per il nome de la sapienza ogni studio di liberali arti, et ogni religioso otio intendiamo, sotto il nome de la potenza l'autorità, nel civile governo e nel militare, parimente è l'abbondanza de le ricchezze, lo splendore de la gloria, e la virtù che intorno a le facende si è servata, pensiamo comprendersi. E finalmente sotto la voce del piacere, o di voluttà, i piaceri de i cinque sensi, e lo schifamento de le fadighe, e de i penieri non dubbitiamo contenersi. La prima adunque Minerva, la seconda Giunone, la terza Venere i Poeti hanno detto. Queste tre già appresso Paride del pomo d'oro, cioè de la palma, e de la vittoria combatterono. E pensando Paride seco stesso qual via de le tre, a la felicità eleggesse, elesse finalmente il piacere et havendo la sapienza, e la potenza sprezzato, meritamente sperando con poca prudenza la felicità, ne la miseria traboccò. Due solo di queste si dice, che a Hercule si fecero davanti, cioè Venere e Giunone. Ma Hercule sprezzando Venere sotto Giunone l'animosa virtù seguitò. Né però fu costui tra gli mortali sempre felice, essendogli stato una perpetua fatica di varii combattimenti sempre molestato. Ma finalmente con vittoria fu al Cielo fatto uguale, et havendo finalmente la terra vintagli furono le stelle donate. Ad un certo Febo similmente due di queste si mostrarono, il piacere e la sapienza, le quali de la vittoria tra loro combattendo, a giuditio suo da Venere Pallade fu superata, ma poco dopi meglio giudicando tal cosa Socrate, Minerva ne riportò la vittoria, ma Venere e Giunone disprezzate Socrate finalmente da falsi giudici condennato, morir fecero. Finalmente il nostro Lorenzo da l'oracolo d'Appollo ammaestrato, niuna di queste tre Dee sprezzò, perché tre ne vidde, e tre secondo i meriti loro adorò, per il che da Pallade la sapienza, da Giunone la potenza, da Venere le gratie la poesia, e la musica ne ha riportato. A li XV di Febbraro MCCCCXC.

Mar<silio> Fic<ino>

Le divine lettere del gran Marsilio Ficino tradotte in lingua toscana da Felice Figliucci senese appresso Gabriel Giolito de Ferrari, in Vinegia 1548
Ristampa anastatica a cura di Sebastiano Gentile, Roma, Storia e Letteratura, 2001

>> Opere di Marsilio Ficino consultabili on line