"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Nella quiete della rovina
Colloquio con Jordi Garcés sulle scenografie per il XLVI Ciclo di Spettacoli Classici nel Teatro greco di Siracusa*
a cura di Giacomo Calandra di Roccolino

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Bozzetti per le scenografie di Aiace e Fedra; si noti come le 'mura di Troia' siano ancora rappresentate nella prima versione che ipotizzava una loro forma diroccata e realistica.

L’architetto spagnolo Jordi Garcés ha firmato le scenografie per Aiace di Sofocle e Fedra (Ippolito) di Euripide, le due tragedie andate in scena nel Teatro greco di Siracusa dall’8 maggio al 20 giugno 2010. Garcés si è lasciato affascinare dal teatro o meglio dalla sua rovina che si inserisce perfettamente nel paesaggio divenendone parte integrante. È dunque partito dalle sensazioni provate durante la sua prima visita, per costruire la sua scenografia nello sforzo di non tradire il luogo, ma anzi di interpretarlo cercando una sorta di continuità tra esso e la propria opera. L’architetto ha lavorato con gli elementi già presenti come il piccolo edificio cinquecentesco che sorge sulla sommità della cavea, i ruderi rocciosi che affiorano dal terreno, il bosco di cipressi che fa da fondale al teatro. Ecco quindi che la 'torre' in summa cavea viene convertita in elemento astratto, un riferimento territoriale che, trasferito al centro della scena, diviene rispettivamente la tenda di Aiace e il palazzo di Fedra. Un altro tema presente è il tema del limite costituito dal muro che taglia la scena e rappresenta, anche qui in modo simbolico, le 'mura di Troia'. Anche il 'muro', come il palco e la 'torre' è rivestito in legno, elemento unificatore dei tre elementi fondamentali della scenografia. La tenda di Aiace/Palazzo di Fedra è invece mutevole per aspetto, ma riprende esattamente le misure della 'torre' in summa cavea: il riferimento è qui puramente formale. Lo sforzo riuscito è quello dunque di rendere omaggio alla rovina attraverso l’opera scenografica, integrando il luogo e la sua storia con chi quel luogo è chiamato a utilizzare, sottolineandone l’atemporalità e l’aura di sacralità.
 

Giacomo Calandra di Roccolino
È la prima volta che si trova ad affrontare il progetto di una scenografia teatrale?

Jordi Garcés
Fortunatamente sì: un incarico che implica un nuovo progetto è per gli architetti motivo di allegria ed eccitazione.

G.C.d.R.
Qual è stato il suo primo pensiero quando le è stato affidato l’incarico a Siracusa?

J.G.
Un grande entusiasmo attenuato da una certa paura dovuta alla non conoscenza del métier teatrale.

G.C.d.R.
Ha affrontato il progetto nello stesso modo in cui di solito affronta la progettazione di un edificio o il carattere temporaneo ed effimero della scenografia ha cambiato in qualche modo il suo approccio?

J.G.
Come architetto provo avversione per le architetture basate in concetti effimeri, purtroppo tanto diffuse al giorno d'oggi. Chissà, questo sentimento mi ha orientato verso proposte scenografiche evidentemente effimere, ma con una apparenza architettonica, quieta, pesante. A parte, credo che il luogo richieda una attitudine di questo tipo. La rovina storica se lo merita.

G.C.d.R.
Nella sua carriera lei ha realizzato diversi musei. Queste architetture hanno il compito di ‘mostrare' oltre che di 'conservare' e in questo senso c’è un punto di contatto tra il progetto per un museo e quello per una scenografia teatrale. C’è un legame nel suo modo di affrontare la progettazione di questi spazi e la scenografia per gli spettacoli di Siracusa?

J.G.
Sì, soprattutto per quanto riguarda la presenza del pubblico. Lo spettatore ha bisogno di riferimenti visivi-spaziali forti dove poter riposare, per godere con calma di un'opera d'arte al museo e di uno spettacolo a teatro.

G.C.d.R.
Nella sua architettura è molto importante il ruolo del contesto. Rileggendo le note alla scenografia emerge anche qui la grande impressione suscitata in lei dal Teatro greco. Quali suggestioni le ha provocato la visita del Teatro e in che modo queste suggestioni si sono riflesse nella sua opera?

J.G.
Di riconoscenza e ammirazione per le sue misure chiaramente definite, senza esitazioni e con la presenza di materiali naturali estremamente nobili, come la pietra, il verde e il mare in lontananza. Di conseguenza, nella scenografia insisto sul controllo delle proporzioni e introduco il legno naturale come materiale complementare.

G.C.d.R.
Un altro tema che lei ha affrontato è il tema della rovina. Lei ha scritto che un'opera architettonica gode del suo massimo splendore espressivo quando è progetto, si indebolisce con l'uso e paradossalmente lo recupera quando è rudere. La sua scenografia come interagisce con questo tema?

J.G.
Giocando, nella mia scenografia, con elementi astratti. Penso che così facendo mi sommo al carattere atemporale dell'antico teatro. Non utilizzo elementi figurativi o allegorici di più rapido consumo.

G.C.d.R.
Da cosa è partito nell'affrontare il progetto per la scenografia dellAiace e della Fedra

J.G.
In entrambi i casi, dal contesto del teatro; il mare e la tenda nell'Aiace e il palazzo nella Fedra.

G.C.d.R.
I principali elementi architettonici della sua scenografia sono la ‘torre’ che crea un collegamento diretto con l’edificio esistente  sopra la cavea del teatro, il ‘muro’ che costituisce il vero e proprio fondale dell’azione. Come sono nati questi due elementi e in che modo assolvono al loro ruolo drammaturgico?

J.G.
L'involucro ‘torre’, che rende astratto un antico edificio domestico che si affaccia sul teatro, è un'idea repentina che mi è sopraggiunta durante la mia prima ispezione di lavoro. Estendendo, in questo modo, l'ambito della scenografia, ho l'impressione di appropriarmi dell'intorno. Un'altra 'torre' le fa eco dal proprio scenario mentre un muro molto esteso lo delimita.


Schizzo di studio per la scenografia con le due 'torri',quella esistente in summa cavea e quella di progetto al centro del palcoscenico; un momento dell'Aiace di Sofocle

G.C.d.R.
Nella fase progettuale c’è stata una collaborazione con i registi? Si è istituito un dialogo e una relazione anche con altri componenti dell’INDA?

J.G.
Particolarmente con i registi e con il Sovrintendente INDA Fernando Balestra in un più ampio ambito di interscambio culturale. Anche gli ingegneri e i tecnici, che garantivano la messa in scena, sono stati in generale di grande aiuto.

G.C.d.R.
Che rapporto ha la sua scenografia con i testi di Sofocle ed Euripide? Risponde in qualche modo ai testi o invece è frutto di un’astrazione?

J.G.
Devo confessare che la mia risposta scenografica fu messa principalmente in relazione con il soggetto di ciascuna opera, piuttosto che specificatamente con il testo.

G.C.d.R.
Lei ha scritto che la scenografia ha un valore particolare nel contesto del Teatro greco: quello di unificare il pubblico con l’ambito geografico del rudere. Può chiarire meglio quest’affermazione?

J.G.
Sì. Credo che mi sarebbe persino piaciuto di più disegnare un'unica scenografia fissa per entrambe le opere, come se si trattasse di un'antica geografia sopravvissuta allo scorrere del tempo. Ogni singola opera si sarebbe differenziata in un secondo momento grazie allo sguardo particolare di ciascun regista.


Due momenti delle tragedie: Aiace di Sofocle a sinistra, Fedra di Euripide a destra.

G.C.d.R.
Nel suo paese c’è stato negli ultimi anni un acceso dibattito sui teatri antichi e in generale sul rapporto tra resti archeologici e architettura contemporanea. Mi riferisco al progetto di Giorgio Grassi per il Teatro romano di Sagunto e a quello di Raphael Moneo per il Teatro di Cartagena. Qual è la sua posizione in merito? Pensa sia giusto riutilizzare gli edifici antichi come i teatri,  forse l’unico tipo architettonico a mantenere invariata la sua funzione, o ritiene più giusto non intervenire se non conservando e musealizzando una rovina? Crede che sia possibile trovare una sintesi tra questi due differenti modi di agire?

J.G.
Penso che un teatro, quand'anche in rovina, possa sempre essere utilizzato di per sé, senza nient'altro. La ricostruzione può non essere necessaria.

G.C.d.R.
Lei è un docente oltre che un architetto. Per la sua esperienza, qual è il ruolo della scenografia nell’insegnamento dell’architettura? Lei ritiene che questo ruolo andrebbe rafforzato o che lo studio e la progettazione di scenografie non sia necessario nella formazione di un architetto?

J.G.
Tutto aiuta. Pertanto, la scenografia come materia di insegnamento può essere molto utile nella formazione di un architetto. D'altra parte, credo che la specificità dell'architetto consista nel controllo della forma, quindi, pensando alla formazione generica e artistica dell'architetto, la scenografia è una materia che può integrarsi perfettamente nel programma di studi.

(Barcellona, dicembre 2010)


Schizzi di studio per la tenda di Aiace/palazzo di Fedra

Into the ruins' quiet
Conversation with Jordi Garcés about the setting for the performances at the Greek Theatre in Syracuse (XLVI Ciclo di Spettacoli Classici - 2010)
edited by Giacomo Calandra di Roccolino

The Spanish architect Jordi Garcés signed the setting for Sophocles’ Ajax and Euripides’ Phaedra (Hippolytus), performed at the Greek Theatre in Syracuse in 2010 (May 8th – June 20th). Garcés let himself be fascinated by the theatre or rather by its ruins that perfectly get into the landscape of which they are integral part. So, he started from his feelings to build the setting, trying not to betray the place, on the contrary to interpret it, trying to find a kind of continuity between it and the setting. The architect worked using preexisting elements like the little sixteenth-century building on the top of the cavea, the rocky ruins outcropping from the ground and the cypress grove behind the theatre. The ‘tower’ in summa cavea is turned into an abstract element, a territorial reference point moved to the centre of the stage, becoming respectively the Ajax’s tent and the Phaedra’s palace. Another topic is the bound of the wall that cuts the stage: it symbolically represents the 'Troy’s walls'. 'The wall', the stage and the 'tower' are panelled: the wood is the unifier element of these fundamental component parts of the scenery. The Ajax’s tent/Phaedra’s palace is changeable by appearance, but it has exactly the same measures of the 'tower' in summa cavea: here it is just a formal connection.   So, the well-done effort is paying respects to the ruins through the setting, creating a dialogue between the place (and its history) and the artists  who are going to use it, underlining the absence of temporalness and sacredness of that place.  

*i materiali illustrativi di questo contributo sono dell'archivio Jordi Garcés