"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Designare Itálica*

Mauro Marzo

English abstract

docenti: Gabriel Bascones, Esther Mayoral | tutor: Alberto Collet | studenti: Federica Alberti, Alessia Barbiero, Francesca Dal Moro, Manuel Campos, Mario Iglesias, Fabio Marini, Julia Molina, Vicente Pérez

Un singolare destino fatto di discontinuità temporali connota gli eventi di alcune città. Distrutte o abbandonate, sfruttate come cave di materiali edilizi o dimenticate per secoli, solo a seguito di campagne di scavo o di fortuiti ritrovamenti riprendono ad essere parte integrante del presente. Simili cortocircuiti della storia sono toccati in sorte a Pompei, Morgantina, Itálica e a molte altre città sparse per il mondo. La storia occorsa ad Itálica, in fondo, potrebbe sovrapporsi a quella di molti altri centri dell’antichità. Fondata nel 206 a.C. da Scipione l’Africano lungo il corso del río Guadalquivir, caduta in disgrazia sotto i Visigoti che le preferirono Siviglia, abbandonata durante la dominazione moresca a causa degli stravolgimenti idrogeologici causati dal río, si trasformò in un’immensa cava ove recuperare tesori d’arte e materiali lapidei da reimpiegare nell’edilizia sivigliana.

Faticosamente liberati dalla terra, i resti di Itálica sono oggi protetti da recinzioni, sottoposti a regimi di vincolo e continuamente restaurati. Tuttavia le azioni di salvaguardia e valorizzazione, per lungo tempo indirizzate a tutelare solo ciò che si trovava all’interno del recinto, non sono riuscite a prestare sufficiente attenzione a quanto avveniva al di fuori di esso, a quelle trasformazioni che lo stesso sito archeologico andava innescando nel territorio circostante. Una volta riportata alla luce, infatti, Itálica si è rivelata carica di una sorta di energia urbana residua che ha attivato intorno alle antiche vestigia modificazioni di varia portata: l’edificazione di manufatti provvisori atti a conservare i reperti, la costruzione di parcheggi e servizi di accoglienza per i turisti, una crescita incontrollata del centro abitato di Santiponce. In quale misura questo insieme di trasformazioni abbia condotto alla perdita di qualità nella percezione dello stesso bene archeologico è cosa nota.

docenti: Marco D’Annuntiis, Carlo Palazzolo | tutor: Andrea Iorio | studenti: Alberto Bellido, Blanca del Espino, Ludovico Luciani, Caterina Mari, Lorenzo Ritrovati, Anna Maria Ronconi, Klaudia Savic

È sullo sfondo di tali questioni che si è definito il tema generale del workshop internazionale Itálica: tiempo y paisaje**. A partire da alcune delle indicazioni strategiche del “Plan Director del Conjunto Arqueológico de Itálica” recentemente approvato, si chiedeva ai docenti, ai tutors e agli studenti di riflettere su problematiche e criticità rilevabili nel rapporto tra sito archeologico, recinto e contesto urbano. La richiesta era di indagare quel complesso gioco di relazioni e di influenze reciproche che si intesse tra la forma della città odierna e quella sorta di enclave de-territorializzata che è l’area archeologica; il fine era quello di sviluppare un programma di usi destinato a diventare elemento generatore di nuove dinamiche urbane.

I progetti elaborati nel corso del workshop hanno messo in campo articolate interpretazioni del non risolto rapporto tra i molti tempi della forma della città e significative risposte al problema rappresentato da quelle recenti espansioni di Santiponce che affacciandosi sulla Nova Urbs, da est e da sud, divengono lo sfondo ineludibile delle viste che si aprono dalla sommità dell’area degli scavi verso la città. Le prefigurazioni progettuali inoltre si sono spinte oltre quell’esigenza di riordino degli accessi alle aree archeologiche, avvertita come una delle questioni più urgenti dal Plan Director; il tema del recinto e quello degli accessi, in particolare, sono stati infatti assunti come ambiti privilegiati per l’elaborazione di ipotesi di interrelazione tra le enclaves dell’archeologia e il paesaggio circostante e come luogo di sperimentazione di soluzioni volte a porre rimedio alla scarsa qualità del tessuto edilizio di Santiponce.

Il cuore dei progetti sviluppati durante il workshop ha pulsato dunque, non tanto all’interno dell’area archeologica, quanto piuttosto lungo i suoi limiti, nelle porzioni del tessuto edilizio che ammorsano da sud e da est la città antica.  Il sito di Itálica non è stato inteso come spazio da difendere dalle aggressioni esterne ma, rovesciando il punto di vista, come polarità intorno alla quale stabilire nuove relazioni con l’ambiente circostante. Come ha affermato Alberto Ferlenga nel corso di una lunga intervista rilasciata durante il workshop, e pubblicata dal quotidiano El País, “se trata de restaurar las relaciones que existían en la ciudad, principalmente con el paisaje y también con los vacíos. En los foros romanos, tan importante son sus edificios, lo que está lleno, como sus vacíos. Ambos tenes el mismo valor” (FERLENGA 2010, p.8). Proprio nel senso espresso da queste parole, il contrasto tra la densità del tessuto di Santiponce e lo spazio dilatato degli scavi è stato assunto da molti progetti come un valore figurativo, e la discontinuità fisica introdotta nel territorio dai recinti del Conjunto è stata colta come opportunità di interazione tra gli ambiti separati dell’archeologia e della città.

docenti: Mauro Marzo, Antonio Tejedor Cabrera | tutors: Davide Lorenzato, Germán Pro Lozano | studenti: César Augusto, Nicola Collazuol, Natalia Escobar, Javier Herrera, Daniele Macor, Ana Mayoral, Andrea Ruffilli, García Villafaina

Molti progetti, in filigrana, hanno sollevato una questione sulla quale potrebbe avere una certa utilità fermarsi a riflettere: affinché programmi e progetti volti alla salvaguardia di siti archeologici, alla loro fruizione turistica e alla loro complessiva valorizzazione sortiscano effetti positivi nel reale, occorre che essi inizino ad includere nel campo delle proprie riflessioni ciò che in genere gli interventi di tutela del patrimonio tendono ad escludere: ovvero, tutto quello che sta intorno al patrimonio archeologico [Per convincersi di ciò basta fare un sopralluogo -anche virtuale, se si vuole, usando “google maps”- intorno agli scavi di Pompei (o, per allargare lo sguardo dall’archeologia al patrimonio storico-architettonico, intorno alla Reggia di Caserta o al palazzo Farnese di Piacenza)]. Solo in tale ottica, i luoghi dell’archeologia potranno essere considerati, non più come ambiti da difendere dalla vita che fluisce all’esterno dei loro perimetri ma, al contrario, come occasioni per riqualificare tutto ciò che, intorno ad essi, esiste (e talora si finge di non vedere).

L’interesse ravvisabile negli esiti di questa esperienza didattica – se esiste – si coagula tutto nella capacità di individuare strategie di riqualificazione del tessuto di Santiponce, talora in maniera puntuale, talaltra in maniera lineare o interstiziale, e nel tentativo di trasformare il disegno d’architettura in strumento di intelligibilità delle complesse stratificazioni che connotano questo sito. Le soluzioni progettuali si sono fatte carico del compito di rendere più immediata la lettura dei molti tempi della forma della città, evidenziando le figure dei successivi ampliamenti delle cinte murarie o sottolineando le differenti giaciture della Vetus e della Nova Urbs. Gli edifici e i camminamenti, l’ombra gettata da pensiline o da chiome arboree, i parcheggi e le sequenze di spazi pubblici creati sul limitare della città antica, sono diventati dispositivi per generare nuove dinamiche urbane e strumenti per rendere percepibili le diverse matrici insediative che, nel corso della storia, si sono sovrapposte in questo luogo.

È proprio su tali sovrapposizioni che Antonio Tejedor ci invita d’altronde a riflettere scrivendo: “En el caso de Itálica el paisaje arqueológico se presenta hoy como discontinuidad de la ciudad viva que, sin embargo, hace explícito con vehemencia el hecho de que toda ciudad está construida con fragmentos de otras ciudades que le precedieron. Las palabras de Adriano en la pluma de Marguerite Yourcenar (Memorias de Adriano, 1951) resumen esta multiplicación de lugares que es Itálica: ‘la convención oficial quiere que un emperador romano nazca en Roma, pero yo nací en Itálica; más tarde he superpuesto muchas regiones del mundo a aquél país árido y sin embargo fértil’”.

sx_docenti: Gianluigi Mondaini, Rita Simone | tutor: M. Francesca Faro | studenti: Martina Barigelli, Sonia Bastari, Calogero Brancatelli, Lucia Ilari, Maria Grazia Musarra, Estrella Trillo, José Manuel Varo
dx_docenti: Luis Ridao, Gernot Schulz | tutor: Abel Jiménez Estudillo | studenti: Pablo Cuñado, Lorenzo Marcelli, Mimmo Piergiacomi, José Rodríguez Lucena, Paul Stibal, Alejandra Trigueros de la Cruz, Martina Vecchi

Che per salvaguardare ciò che rimane dell’Itálica amata da Adriano si rendano necessari consistenti interventi volti a conservare i materiali lapidei o a proteggere i preziosi mosaici, è indubbio. In luoghi come questi non basta tuttavia restaurare i resti nel loro aspetto materiale, occorre ripristinare “las relaciones perdidas, los ritmos, las evocaciones y significados que van asociadas a ella y que son claves para restituir identidad a la ciudad arqueológica” (TEJEDOR CABRERA 2011, p.1).

Inteso in questo senso, il valore del workshop non può essere rinvenuto né nella specificità delle soluzioni funzionali proposte dai progetti, né tanto meno nel virtuosistico uso di linguaggi architettonici alla moda sempre in agguato in queste circostanze. Se a distanza di anni un suo valore permane, esso va individuato altrove: nel metodo del research by design che lo ha connotato; nell’aver affidato all’elaborazione progettuale il compito di avvicinarsi al significato di un luogo sospeso tra le rovine di un passato lontano e gli edifici di un presente che promettono solo macerie: nell’aver tentato, infine, di ricomporre i molti tempi della storia di una città attraverso il progetto.

Dal patrimonio archeologico in sé, i progetti hanno deviato l’attenzione verso tutto ciò che si estende intorno ad esso: cogliendo nell’istanza di valorizzazione del sito archeologico l’occasione per ridisegnarne il contesto in cui si inserisce; offrendosi come strumento di lettura del territorio urbano; dimostrando come la forma della città antica, le giaciture dei suoi successivi sistemi difensivi, le differenti geometrie della Vetus Urbs e dell’addizione adrianea possono divenire figure utili alla costruzione di un rinnovato paesaggio urbano nel quale creare cortocircuiti temporali tra presente e passato.

L’architettura in questi casi non può limitarsi ad indicare programmi funzionali o a prefigurare modalità di trasformazione e miglioramento di brani di città, ma deve divenire strumento di conoscenza e metodo di ricerca intorno al senso dei luoghi. Chi si accosta al proprio passato sepolto – ci rammemora Walter Benjamin – deve saper scavare; e anzi, di più: nello scavare, deve saper “procedere secondo un progetto” (Walter Benjamin apud  DIDI-HUBERMAN 2009, 289, n.1: il passo, un una versione leggermente diversa, si legge in BENJAMIN [1932-1933] 2003). Colui che si limita a fare l’inventario dei reperti trovati, e non è in grado di indicare nel terreno il luogo in cui era conservato l’antico, infatti si illude. Giacché, “i ricordi veri devono non tanto procedere riferendo, quanto piuttosto designare esattamente il luogo nel quale colui che ricerca si è impadronito di loro” (DIDI-HUBERMAN 2009, 289, n. 1).

English abstract

The International Workshop Itálica: tiempo y paisaje (Venice-Seville 2010) focused on the historical and landscape aspects of Italica archaeological site. The ancient Roman town is used as case study in order to shed light on the complex system of relationships holding between an archaeological site and its surrounding landscape. The different projects think of Italica not as an isolated area to be protected, but rather as a site which stands in need to be connected and integrated with the surrounding landscape. 

 

keywords | Archeology; Architeture; Ruins; Presence; Absence; Past; Itálica; Tiempo y paisaje; Venice; Seville; Landscape.

Bibliografia essenziale
  • BENJAMIN [1932-1933] 2003
    W. Benjamin, Scavare e ricordare, in W. Benjamin, Scritti 1932-1933, a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenhäuser, Torino 2003
  • DIDI-HUBERMAN 2009
    G. Didi-Huberman, La somiglianza per contatto. Archeologia, anacronismo e modernità dell’impronta, Torino 2009
  • FERLENGA 2010
    A. Ferlenga, (intervista a), in M. Molina, Nuevos arquitectos frente a Itálica. Un seminario analiza la compatibilidad entre ruinas arqueológicas y nuevos usos, in «EL PAÍS», Andalucía, 3.10.2010, p. 8
  • MARZO 2011
    M. Marzo - A. Tejedor Cabrera (a cura di), Itálica: tiempo y paisaje, «Iuav giornale dell’università», n. 91, 19 gennaio 2011, numero monografico in occasione del workshop internazionale “Itálica: tiempo y paisaje”
  • MARZO 2012
    M. Marzo, Archeologia, Città, Turismo. Un possibile ruolo per il progetto di architettura, in L. Coccia, Architettura e Turismo, Milano 2012, pp. 207-209
  • TEJEDOR CABRERA 2011
    A. Tejedor Cabrera, El tiempo y el paisaje in M. Marzo - A. Tejedor Cabrera (a cura di), Itálica: tiempo y paisaje, «Iuav giornale dell’università», n. 91, 19 gennaio 2011, numero monografico in occasione del workshop internazionale “Itálica: tiempo y paisaje”
Note

*Il presente articolo riprende e amplia un mio precedente scritto: M. Marzo, Luoghi. Scavi. Progetti, in M. Marzo - A. Tejedor Cabrera (a cura di), Itálica: tiempo y paisaje, «Iuav giornale dell’università», n. 91, 19 gennaio 2011, numero monografico edito in occasione del workshop internazionale “Itálica: tiempo y paisaje”, pp. 1 e 12 

**Tale workshop internazionale di progettazione architettonica si è svolto tra Venezia e Siviglia nel 2010. Suo principale obiettivo era l’avvio di un’indagine sul tema della valorizzazione del patrimonio del Conjunto arqueológico de Itálica. Co-promossa dall’Universidad de Sevilla e dall’Università Iuav di Venezia e articolata in tre fasi (Venezia, 6-10 settembre; Siviglia, 26 settembre–1 ottobre; Venezia, 4-5 novembre), l’iniziativa si poneva l’obiettivo di riflettere sulle modalità progettuali più appropriate per avviare un processo di valorizzazione per il più importante sito archeologico della Spagna meridionale: Itálica, nell’Ayuntamiento de Santiponce. L’organizzazione di un’esperienza didattica in un luogo così fortemente segnato dalla storia ha richiesto l’apporto di vari saperi disciplinari, primo tra tutti quello dell’archeologia, nonché il coinvolgimento degli organi deputati alla salvaguardia e tutela del patrimonio storico. Istruito insieme alla Dirección del Conjunto Arqueológico de Itálica, a centri di studio e ad associazioni culturali, il workshop ha potuto giovarsi, fin dalle primissime fasi ideative, della partecipazione dell’”Instituto Andaluz del Patrimonio Histórico”, della rete di università aderenti all’”Associazione culturale Villard”, dell’”Universidad Internacional de Andalucía”, nonché della collaborazione della “Fundación Itálica de Estudios Clásicos” e di “ClassicA-Centro studi Architettura Civiltà Tradizione del Classico” dell’Università Iuav.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2013.103.0001