"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

104 | marzo 2013

9788898260492

Ancora per Tiziano (ma con un'interferenza) e Caterina Sandella

Lionello Puppi

English abstract

[fig 1] Tiziano Vecellio, Ritratto di Caterina Sandella (con la cornice), Bellinzona, Collezione Tatti

M’accadeva, ora è ben più di un lustro, di pubblicare e commentare un ritratto di Caterina Sandella dipinto da Tiziano verosimilmente nei primi mesi del 1546, all’indomani del ritorno da Roma, e ritrovato presso la Collezioni Tatti di Bellinzona1 [fig. 1] insieme con il ritratto che, della stessa Sandella, aveva eseguito Jacopo Tintoretto poco più tardi, e Anna Pallucchini aveva reso noto nel 19712, insieme con le medaglie del Vittoria la cui immagine di Caterina in profilo legittimava il riconoscimento di quel singolare personaggio nei succitati documenti pittorici di Tiziano e Tintoretto3 

Non sarà il caso di tornar qui sulla figura della protagonista di codesto piccolo corpus iconografico, sull’ambiguità del suo ruolo presso quell’Aretino cui aveva offerto il dono delle adorate figlie Adria e Austria e sul conseguente suo rapporto di amicizia con Tiziano, habitué di casa Aretino.

Basterà, piuttosto, rimandare al profilo che, della Sandella, avevamo disegnato nel saggio rammentato qui supra in esordio (anche facendo giustizia di ricorrenti topoi storiografici che ne distorcevano l’effettiva realtà sociale e umana), e nella brochure che lo riproponeva a illustrazione e commento dell’esposizione dei tre ritratti (Tiziano, Tintoretto, Vittoria) nell’ambito della grande mostra bellunese dell’inverno 20074: solo aggiungendo che, giusto un inventario dei beni della donna al momento della morte (indicatomi da Stefania Mason che lo ha rinvenuto e gentilmente me lo ha segnalato), Caterina si spegneva in condizioni miserevoli di indigenza.

Insomma – per parafrasare Virgilio – “quantum mutata ab illa” che fu maîtresse invidiata di un rutilante spazio di incontri (complotti amicali in una cerchia stretta di referenti; conversazioni elevate e banchetti raffinati; spregiudicato via-vai di cortigiane), e ammirata puranco se solo facciam caso che il ritratto oggi nella Collezione Tatti, che fu forse dono a lei dell’amico del cuore dell’Aretino, Tiziano5, più di tre altri almeno se ne associa, che, usciti dalla bottega di quest’ultimo, possiamo plausibilmente immaginare confezionati su richiesta di qualche ospite di Pietro che voleva serbar ricordo della padrona di casa.  

da sinistra: [fig.2] Tiziano Vecellio e bottega, Ritratto di Caterina Sandella, Dresda, Gemäldegalerie; [fig.3] Tiziano Vecellio e bottega, Ritratto di Caterina Sandella, Vienna, Kunsthistorisches Museum; [fig.4] Bottega di Tiziano Vecellio, Ritratto di Caterina Sandella, senza casa

Non per caso, infatti, vi appaiono dismessi l’abito e la positura nuziali del quadro di Bellinzona, e sostituiti da vesti sontuose con ornamento di collane, collari e ventagli piumati – e son le redazioni, con la figura in controparte, della Gemäldegalerie di Dresda6 [fig.2] e del Kunsthistorisches Museum di Vienna7 [fig.3] – o con la convocazione della presenza leziosa di un cagnolino – ed è la versione, oggi dispersa, resa nota dal Suida nel 19358 [fig.4].

[fig.5] Tiziano Vecellio, Ritratto di Caterina Sandella, collezione privata

Che, con simili riscontri, il sospetto che il Vecellio tenesse in bottega un modello o un ricordo dell’effigie della Sandella mi par ragionevole9 e, concludendo codesta notarella, addurremo un ulteriore, sorprendente (ma puranche sconcertante) indizio in merito. Prima, però, conviene segnalare con enfasi che esiste un altro ritratto (ma fuori serie rispetto alla sequenza delle immagini che si son testè snocciolate) della Sandella, pubblicato (dopo un paio di non argomentati riferimenti al Tintoretto, e una di essa proposta più meditata) dal Longhi or è suppergiù mezzo secolo come Ritratto di donna (olio su tela, 100 x 73 cm) allorché si trovava “fra i resti della raccolta” del ben noto storico dell’arte tedesco Detlev von Hadeln10, come prova tra le più alte del Maestro in quanto ritrattista [fig.5] dove “è palese che, già varcata la prima fase di placida ed ostensiva partitura cromatica […], Tiziano si trova […] alle soglie di quella crisi (anche formale) di crescenza che fra poco, alquanto dopo il quaranta, lo porterà ai ‘bei contorni’ (come li chiamava, forse con velata ironia, il Boschini) dei soffitti biblici, oggi alla Salute”.

Ora – mentre è certo che,  nella “solida borghese” rappresentata qui in “abbigliamento non povero, ma senza abbellimenti, senza gioielli, collane ed orecchini, salvo il solo anello di zaffiro tagliato in piano, sul mignolo della mano destra”11, si debba riconoscere per l’appunto, e come ben vide Mina Gregori in un’expertise di cinque anni fa, Caterina Sandella in un’attitudine simile a quella ripresa dal Tintoretto nel quadro rivelato dalla Pallucchini e oggi a Bellinzona – meraviglia che la segnalazione longhiana sia rimasta tutt’affatto priva dei riscontri approfonditi che ampiamente avrebbe meritato12, e tanto più in quanto il quadro emerge da nobili precedenti di collezione, né si tratta solo della sua presenza nella raccolta di uno studioso di Tiziano della sensibilità e dell’accortezza di von Hadeln. 

[fig. 6] (dettaglio di fig. 5) Tiziano Vecellio, Ritratto di Caterina Sandella: particolare della mano destra col migliolo inanellato, collezione privata; [fig. 7] (dettaglio di fig. 1) Tiziano Vecellio, Ritratto di Caterina Sandella: particolare della mano destra col migliolo inanellato. Bellinzona, Collezione Tatti; [fig. 8] (dettaglio di fig. 2) Tiziano Vecellio e bottega, Ritratto di Caterina Sandella, Dresda, Gemäldegalerie, particolare della mano destra col mignolo inanellato  

Infatti, e come ben colse il Longhi, il nostro ritratto è inequivocabilmente da identificare con il “Portrait of a Lady (3 ft., 8 x 3 ft.), representing a lady of middle age in a dark high dress and wearing a close cape, the strings of which hang below the waist. The right hand crosses the body. The colorouing is dark”, registrato con il n. 140 in un inventario (per vendita?) d’opere d’arte appartenenti al “duca di Richmond”13, e, dunque, all’eredità di Charles Lennox, quarto duca di Richmond (1764-1819) che, sin dal 1814, aveva cominciato ad alienare pitture raccolte nella residenza gentilizia di Goodwood, affidando all’asta di Christie’s del 26 marzo e come “Genuine Property of a Nobleman”, dieci dipinti della “Furniture of the Staircase of a Noble Mansion in the Country” nei quali possiamo riconoscere la serie dei “Tombeaux des Princes” promossa dall’omonimo secondo duca di Richmond14. Ed è a quest’ultimo (1701-1750) che potrebbe accreditarsi la chance dell’acquisto del ritratto qui in discussione nel corso del giovanile viaggio in Italia che, molto recentemente, è stato restituito da T.D. Llewellyn15, piuttosto che al figlio, terzo duca di Richmond (1735-1806), che pur si giovò di agenti nel nostro Paese per l’acquisto di opere d’arte16. Al di là, comunque, degli illustri precedenti di collezione, che nel dipinto che qui si ripropone s’abbia da riconoscere un’opera d’alta qualità e di inconfondibile sapore tizianesco, mi sembra conclusione difficilmente contestabile, nel momento in cui converrà interrogarci se ai suggerimenti longhiani abbia fatto seguito qualche proposta alternativa, senza eludere il problema posto da una ripresa della effigiata che scarta il modello, che potremmo definir aulico, della serie inaugurata dalla versione della Collezione Tatti, e soprendentemente si accosta all’intento più immediatamente realistico sfoderato dal Tintoretto nella pittura della stessa collezione.

Al primo riguardo, pare a me che i modi sfoderati dall’autore del nostro ritratto rimandino, non già alle soglie, ma allo sbocco della “crisi di crescenza” del Vecellio cui allude il Longhi e, quindi, subito al di là della metà del secolo, ed è il momento dei ritratti di Antonio Anselmi oggi nel Museo Thyssen di Madrid, di Giovanni Federico di Sassonia oggi nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, del Cavaliere di Malta con un orologio del Prado, di Ludovico Beccadelli degli Uffizi: opere tutte che gli studiosi, pressoché unanimemente, situano tra 1550 e 1552. Una siffatta ipotesi cronologica tanto meglio ci convince in quanto includerebbe la possibilità di ritenere che il quadro qui in discussione sia stato dipinto all’indomani del trasferimento dell’Aretino dalle case affittate arrivando a Venezia nelle “stanze signorilmente commode” della nuova residenza sulla riva del Carbon17, allorché richiedeva anche al Vittoria e al Tintoretto, con il quale il letterato veniva ritessendo rapporti di stima e di cordialità – e nel rimpianto, magari, della decorazione che Jacopo aveva eseguito qualche anno innanzi, e gli era stato giocoforza, spostandosi, abbandonare18 –, di eseguire i ritratti di sé, della compagna e di una figlia19: e, quanto a Caterina, non più nell’evidenza fastosa fissata nel modello generatore della fortunata sequenza che sopra abbiam indicato, ma negli abiti confacenti all’onestà di quel “vivere bene” consapevole che son “fumi le pompe, fango i piaceri” implicitamente attribuito dall’Aretino, “circa lo stare senza veruna menda nel mondo”, alla devozione della Sandella per l’“Arnulfa” – la clarissa urbinate suor Camilla – in lettera dettata sul finir del 155320. Né è affatto da escludere che, a suggellar codesto, inedito omaggio alla Sandella, Tiziano e Tintoretto si siamo cimentati in concorrenza, laddove la certezza si fa strada che il secondo ben conoscesse la versione aulica inventata dal primo, sulla base di un modello o ricordo l’indizio (intrigante) della cui esistenza, qui addietro adombrato, è lui stesso a procacciarci (ed è il caso di dirlo) subdolamente, visto che ebbe ad eseguirne, e quindi cancellarne, una copia.

Ma giova procedere con ordine e, per cominciare, rispondendo al quesito relativo ai riscontro che alla netta proposta attributiva longhiana s’oppongono. Sono, in effetti, quelli che contano, un paio – come Augusto Gentili, che ringrazio, mi fa notare e come addietro s’è adombrato – e, pur espressi in sordina e, per così dire, marginalmente, l’uno prima dell’intervento di Longhi (al quale, dunque, dovette sfuggire) e l’altro poco dopo, rivendicano, appunto, un’alternativa, ipotizzando la paternità di Lamberto Sustris21, ovviamente in un momento di stretta vicinanza e osservanza al Maestro cadorino, ma non tali da soffocare o celare la vena nordica originaria del pittore olandese: che, per la verità, in certe asprezze e spigolate di segno e acerbità di colore del nostro ritratto si posson percepire. Il fatto si è che le congetture spesso avanzate intorno alla presenza di Lamberto presso Tiziano son aleatorie, e pochi credono ormai che essa abbia ruotato intorno ai viaggi augustani del Vecellio, i quali – posto che la data possibile del ritratto non può eludere il riferimento anche all’età manifestata dal personaggio effigiato – accampano la congiuntura cronologica cui di necessità deve spettare l’esecuzione dell’opera, varrebbe semmai la pena di non dimenticare ch’é lo stesso momento che vede attivo accanto al Cadorino un altro, e ben più assiduo scolaro, nordico, Emanuel Amberger, del quale solo molto di recente s’è cominciato a rilevare l’importanza in bottega ma della cui concreta attività si continua a conoscere poco o nulla22, ma puranche, e appena più tardi, un bavarese, Hans Mielich, e, trattenuto in casa come uno di famiglia, un olandese, Dirck Barendz23.

[fig.9] Jacopo Tintoretto, Ritratto di giovane, collezione privata

Posto allora che, a tentar di addebitare all’incursione di una collaborazione nordica certi umori impregnanti il ritratto già von Hadeln si resta nel vago, veniam infine al modello ipotizzato della rappresentazione aulica della Sandella. Sul finir di un paio d’anni fa, la Agnew’s Gallery di Londra acquisiva da una privata collezione elvetica, un caposaldo della ritrattistica tintorettesca, l’immagine di un giovane nobile, che la Rossi, a buon diritto, data intorno al 155124, e la cui paternità è suffragata dalla provenienza dalla collezione di Gaspar de Haro y Guzman, il marchese del Carpio (che fu accanito raccoglitore di opere del Robusti25), recando sul verso il monogramma D.G.H. e il numero 274 che corrisponde a quello dell’inventario dei beni del nobile spagnolo redatto a Napoli tra 1687 e 168826 [fig.9]. Orbene: sottoposto ad esame radiografico, il dipinto ha rivelato la presenza sottostante di un ritratto femminile che altro non è che una copia della versione tizianesca del ritratto della Sandella oggi nella collezione Tatti, condotta con pennellate di gran forza materica nella testa e nel tendaggio [fig.10], e le cui coincidenze son ancora più puntuali e impressionanti quando il confronto venga effettuato con la radiografia del dipinto tizianesco [fig.11].

[fig.10] Jacopo Tintoretto (o Tiziano Vecellio ?), Sbozzo del Ritratto di Caterina Sandella della Collezione Tatti sottostante al Ritratto di giovane di Tintoretto; [fig.11] Radiografia del Ritratto di Caterina Sandella della Collezione Tatti; [fig.12] Tiziano Vecellio, Ritratto di Caterina Sandella (senza cornice), Bellinzona, Collezione Tatti 

Non interessa qui commentare la straordinaria abilità con cui, senza capovolgere la tela, l’autore del ritratto d’uomo sovrapposto – dunque, il Tintoretto – abbia trasfigurato in presenza virile l’immagine femminile, mantenendo “l’ingombro della figura nello spazio del quadro, perfettamente adattandosi alla tela già formata e sfruttandone non solo il volto, ma anche probabilmente altri dettagli dello sfondo tra cui l’idea dell’arcobaleno, quest’ultimo leggibile anche in RX e forse già parte della versione sottostante come nel ritratto tizianesco di collezione Tatti”27 [fig.10, 11, 12]. Né sarà da insistere come, nella metamorfosi, anche “il cielo e il profilo almeno del paesaggio siano ampiamente mutuati dalla versione soggiacente, solo in parte ripassati e per così dire confusi col pennello per adattarli all’indeterminatezza della pennellata che caratterizza nei paesaggi varie opere di Jacopo Tintoretto”28. Semmai, gioverà far caso come “la parziale visibilità della veste della donna soggiacente, di colore rosso-bruno, morello, che appare simile a quello della versione tizianesca di Bellinzona, porterebbe a ritenere il ritratto femminile soggiacente impostato anche cromaticamente”29. E dunque? Giacché due son le ipotesi che, a condizioni siffatte, si possono avanzare intorno all’immagine sottostante il Ritratto virile della Agnew’s Gallery, che, per mano di Tintoretto, sarà in toto riutilizzata. 

Che si tratti del modello o del ricordo della sequenza ritrattistica della Sandella, pervenuto dall’atelier di Tiziano nelle mani del Tintoretto, ovvero della copia di quel modello o ricordo tratta dallo stesso Tintoretto, allorché, in una qualche pausa del tormentato rapporto con Tiziano sugli scorci del quinto decennio, poteva muoversi per la bottega del Cadorino. Ancorché con cautela, inclineremmo per questo secondo corno dell’alternativa: nel momento in cui è inevitabile immaginare un mutamento intervenuto nella percezione sociale (ma anche nell’autopresentarsi), all’avvio degli anni Cinquanta, dell’intrigante donna dell’Aretino, e che ne rendeva inattuale lo sfarzo dell’esibizione.

Note 
  1.  L. Puppi, Tiziano e Caterina Sandella, "Venezia Cinquecento", XVI, 32, 2006, pp. 133-168; con qualche ritocco, il testo è stato riproposto in una brochure stampata a integrazione del catalogo della mostra Tiziano. L’ultimo atto (Belluno-Pieve di Cadore, settembre 2007-gennaio 2008), a cura di L. Puppi, Milano 2007, con il titolo Tiziano e Caterina Sandella, Roma 2007. 
  2.  A. Pallucchini, Il ritratto di Caterina Sandella di Jacopo Tintoretto, "Arte Veneta", XXV, 1971, pp. 262-264.
  3. Il profilo di Caterina appare in tre fusioni attribuite al Vittoria, databili tra 1552 e 1553; per una sintesi della bibliografia in merito e per un commento, vedi L. Puppi, Tiziano e Caterina, cit., pp. 140-141, figg. 5-7.
  4. cfr. L. Puppi, Tiziano e Caterina, cit., pp. 141-147; Id., Tiziano e Caterina cit., pp. 15-21.
  5. L. Puppi, Tiziano e Caterina, cit., pp. 147-153; Id, Tiziano e Caterina cit., pp. 21-27.
  6. Il dipinto reca sul verso la scritta apocrifa “Lavinia Titiani V[ecellii] F[ilia] AB E.O. [sic!] P[icta]” e, su tal base, alcuni studiosi hanno accettato l’autografia del dipinto, ritenendo, erroneamente, che esso rappresenti la diletta figliola di Tiziano in età matura, e ipotizzando conseguentemente una cronologia intorno al 1560: ch’è decisamente incongrua dal punto dello stile, il quale veramente rimanda alla fine degli anni Quaranta. Il quadro pervenne, forse, da Ferrara alle collezioni di Cesare d’Este e, da queste, alla Gemäldegalerie di Dresda. Per una sintesi, vedasi, H.E. Wethey, The Paintings of Titian. II. The Portraits, London-New York 1971, p. 116, n. 61. L'insostenibile identificazione con Lavinia, accompagnata dalla data 1551 del pari incongrua, è ora, sorprendentemente, ribadita da E. Rasy, "Non stimo se non l'onor mio". Tiziano, una vita, in Tiziano, catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale, 5 marzo-16 giugno 2013), a cura di G. C. F. Villa, Milano 2013, p. 37, fig. 5.
  7. Il quadro è, dalla maggior parte degli studiosi, assegnato alla bottega di Tiziano o a un suo seguace, mentre l’identificazione del personaggio ritratto con Lavinia come “matrona”, sulla base delle somiglianze con la donna ritratta nella tela della Gemäldegalerie di Dresda (vedi qui supra la nota 6), continua a persistere. Proviene dalla Galleria dell’arciduca Leopoldo Guglielmo (nel cui inventario reca il n. 12 e un’attribuzione al Tintoretto, mentre nel Theatrum pictorium del Teniers è registrato col n. 91 e sotto il nome di Tiziano. Vedasi H.E. Wethey, The Paintings cit., pp. 172-173, n. X-70.  
  8. W. Suida, Titien, Paris 1935, tav. CCCXXI a.
  9. Ne è prova una quarta redazione, apparsa sul mercato antiquario spagnolo e segnalatomi dalla cortesia di Miguel Falomir Feus, che ringrazio di cuore. Quanto a un caso simile, se non proprio affine, di “ricordo” si rammenti il Ritratto di dama con fanciulla / Tobia e l’angelo di collezione privata britannica, e vedansi J. Anderson, in Clerics and Connoisseurs. An Irish Art Collection During Three Centuries, catalogo della mostra a cura di A. Laing, London 2000, pp. 222-229; M. Biffis, M. Broch, Scheda 87, in Tiziano, L’ultimo cit., p. 402.
  10. R. Longhi, Tiziano: tre ritratti, "Paragone", XIX, 216/35, 1968, pp. 58-64: 61-62.
  11. A un primo controllo, che sarà d’uopo approfondire in quanto ulteriore indizio dell’identificazione della Sandella, parrebbe trattarsi dello stesso anello portato al mignolo della mano destra anche delle effigiate Tatti, della Gemäldegalerie di Dresda e del Kunsthistorisches Museum di Vienna (cfr. figg. 6-7-8 e figg. 2-3).
  12. Vedasi qui ultra la nota 21.
  13. Non ho rintracciato – né mi par altrimenti citato – l’inventario richiamato dal Longhi, neppur negli apparati dell’informatissimo commento di T.D. Llewellyn alle Owen McSwiny’s letters, in “Lettere artistiche del Settecento veneziano” 4, Verona 2009, passim, includenti una fitta corrispondenza tra l’impresario teatrale e il secondo duca di Richmond.
  14. Sulla singolare impresa pittorica, la bibliografia è abbondante, ma basti qui rammentare B. Mazza, La vicenda dei ‘Tombeaux des Princes’: matrici, storia e fortuna, in "Saggi e Memorie di Storia dell’Arte", 10, 1976, pp. 80-151; G. Knox, ’The Tombs of Famous Englishmen’ as described in the letters of Owen McSwiney to Duke of Richmond, in "Arte Veneta", XXXVII, 1983, pp. 228-235; A. Mazza, Pittori bolognesi e veneziani per una ‘gloriosa iniziativa’ europea: le ‘Tombe allegoriche’ di McSwinty, in La pittura emiliana nel Veneto, a cura di S. Marinelli, A. Mazza, Modena 1999, pp. 17555-192;  T. D. Llewellyn, Owen McSwinty letters cit., in part. pp. 88-135.
  15. Sulla figura di Charles Lennox, secondo duca di Richmond (e già Earl of March), vedasi ancora T. D. Llewellyn, Owen McSwinty letters cit., pp. 60-72 e passim.
  16. Per il terzo duca di Richmond, basti ricorrere alla voce del Dictionary of National Biography, ed. L. Stephen, G. Lee, XI, Oxford, Repr. 1959-1960, pp. 923-927, mentre sul collezionismo dei duchi di Richmond vedasi F. Russell, Patterns of Patronage, in C. Beddington, Canaletto in England […], London 2006, pp. 38-42.
  17. Sul trasferimento dell’Aretino nella nuova residenza, vedansi G. Tassini, Delle abitazioni in Venezia di Pietro Aretino, in "Archivio Veneto", 31, 1886, pp. 205-208; C. Cairns, Ancora sulla casa dell’Aretino sul Canal Grande, in "Studi Veneziani", XIV, 1972, pp. 211-217; L. Puppi, Tiziano e Caterina, cit., p. 159, nota 23.
  18. Abbiamo ricapitolato la vicenda dei dipinti eseguiti dal Tintoretto per la vecchia casa dell’Aretino nell’inverno del 1545 e l’episodio dell’ira di Tiziano (che, si badi, allorchè Pietro introduce Jacopo a casa sua, si trovava a Roma, ospite di Paolo III Farnese) per l’eccesso di stima accreditata al rivale, in Tiziano e Caterina, cit., pp. 141 e 159, note 24 e 25 e, sulla faccenda, vedasi ora M. G. Mazzucco, Jacomo Tintoretto & i suoi figli, Milano 2010, pp. 94-96. 
  19. Anche a codesto proposito, mi si permetta rinviare alla mia ricapitolazione in Tiziano e Caterina, cit., pp. 140-141 e relative note. Non dimentichiamo, frattanto, che fu lo stesso Aretino a placar l’ira di Tiziano e a ridurlo a ragionevolezza nei riguardi del giovane Jacopo, e si veda la lettera da Pietro indirizzata al Boccamazza sin dal gennaio 1548: P. Aretino, Lettere, libro V, a cura di P. Procaccioli, Roma 2001, p. 132, n. 168.
  20. Vedasi in P. Aretino, Lettere, libro VI, a cura di P. Procaccioli, Roma 2002, pp. 296-298, n. 326. Vi son, del resto, altri indizi di cambiamento di clima in casa Aretino o, meglio, di una presenza più austera della Sandella in quel singolare microcosmo domestico; e potrà ben essere stata la morte, poco dopo la nascita, di una terza creatura che Caterina aveva dato al compagno, su cui disponiamo non più che del sottile spiraglio, aperto da una lettera del 20 maggio 1551 di Francesco Marcolini – da poco rientrato a Venezia da Cipro dove aveva dato sepoltura all’ambigua consorte Isabella – a Pietro (vedila in Lettere a Pietro Aretino, a cura di G. Floris, L. Mulas, riprod. dell’ ediz. Marcolini, Venezia 1552, III. pp. 432-436, n. 386), ma potremmo anche spiegarci la ragione dell’abito da lutto che il Longhi, Tiziano, cit., p. 62, ritiene indossato dall’effigiata nel ritratto tizianesco qui in discussione.
  21. Irrilevanti i precedenti rinvii al Tintoretto di H. Posse, 1929, p. 115 e di B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Venetian School, London 1957, p. 172, si vedano A. Ballarin, Lamberto d’Amsterdam (Lamberto Sustris). Le fonti, la critica, in "Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti", CXXI, 1962-1963, p. 366 e H. E. Wethey, The Paintings cit., p. 172, n. X-68.
  22.  Su Emanuel Amberger, ch’era il figlio del grande ritrattista Christoph, vedansi, sugli spunti di L. Puppi, Su/Per Tiziano, Milano 2004, passim, G. Tagliaferro, M. Biffis, Emanuel Amberger e i Battuti di Serravalle, in "Venezia Cinquecento", XVII, 34, 2007, pp. 77-102.
  23. G. Tagliaferro, in G. Tagliaferro, B. Aikema et. al., Le botteghe di Tiziano, Firenze 2009, pp. 160-161.
  24. Vedasi P. Rossi, Tintoretto. I ritratti, Milano 1990, I, pp. 40 e 132, fig. 84 e tav. V. Ringrazio di cuore Venetia Harlow, archivista della Agnew’s Gallery per avermi messo al corrente delle indagini condotte sul dipinto e di avermene fornito, con grande cortesia, la documentazione fotografica.
  25. Si veda la brillante ricapitolazione della Mazzucco, Jacomo Tintoretto cit., pp. 818-821, e cfr. M. Falomir, Tintoretto and Spain: From El Greco to Velazquez, in Tintoretto, catalogo della mostra, Madrid 2007, pp. 164-165. 
  26. Per gli inventari dell’ingente Nachlass del marchese dal Carpio, si veda L. de Frutos, Tintoretto en las Collecciones del marquis del Carpio y del Almirante de Castilla, in Jacopo Tintoretto, Actas del Congrés internacional, a cura di M. Falomir, Madrid 2009, pp. 209-219: 210-211.
  27. G.L. Poldi, Osservazioni sulla radiografia eseguita sul ritratto virile attribuito a Tintoretto (Agnew’s Gallery, Londra). Si tratta di un accurato report diagnostico che, su mia richiesta, lo studioso ha eseguito sulla foto del dipinto e sulla radiografia, fornendomene il testo su supporto digitale, e gliene resto vivamente grato.
  28. G.L. Poldi, Osservazioni cit. La radiografia del ritratto della Sandella Tatti, è pubblicato in L. Puppi, Tiziano e Caterina, cit., fig. 2.
  29. G.L. Poldi, Osservazioni cit.
English Abstract

In 1968 Roberto Longhi recognised as an autograph painting by Tiziano a Woman Portrait previously owned by the famous art historian Detlev von Hadeln and coming from the fourth Duke of Richmond's, Charles Lennox (1764-1819), collections. The paint was since lost and Ballarin and Wethey attributed it to Lambert Sustris, until it's finding in Florence a few years ago. Now, with a deeper examination of the painting, Longhi attribution was not only confirmed but it was also possible to identify the woman as Caterina Sandrella, Pietro Aretino's beloved daughters mother. This time she is not posing in the luxurious robes she was wearing when Tiziano painted her portrait, now belonging to the Bellinzona's Tatti Collection, but with the plain ones she also wear on her Tintoretto portrait from the same collection. Even more astonishing, lady Sandrella iconography as "courtesan" from Tiziano Bellinzona's portrait is revealed by radiography , as if it was a draft from it, drawn under the Tintoretto's Virile portrait that belonged to the Marquis of Carpio and was recently rediscovered in London.

 

keywords | Tiziano; Woman portrait; Tintoretto; Virile portrait.

Per citare questo articolo: Ancora per Tiziano (ma con un'interferenza) e Caterina Sandella, a cura di L. Puppi, “La Rivista di Engramma” n. 104, marzo 2013, pp. 50-60 | PDF dell’articolo 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2013.104.0010