"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

92 | agosto 2011

9788898260379

Regesto di testi inediti e rari dal Warburg Institute Archive sul tema della Fortuna

a cura di Alice Barale e Laura Squillaro

English abstract

I. Aby Warburg, Frammento su Lorenzo Spirito, 1913 [WIA, III.85.3.4], dattiloscritto con note autografe di pugno di AW
II. Aby Warburg, Copia della lettera di Goethe a Herder (luglio 1772), gennaio-settembre 1924 [WIA, III.93.14.2], dattiloscritto
III. Aby Warburg ad Alfred Doren (Alfresco) (31 marzo 1923) [WIA, GC/12740], dattiloscritto
IV. Fritz Saxl ad Aby Warburg (27 novembre 1923) [WIA, GC/14586], dattiloscritto
V. Fritz Saxl a Hermann Urtel (27 febbraio 1924) [WIA, GC/15546], dattiloscritto
VI. Hermann Urtel ad Aby Warburg (2 marzo 1924) [WIA, GC/30005], dattiloscritto
VII. Fritz Saxl ad Alfred Doren (11 giugno 1924) [WIA, GC/12783], dattiloscritto
VIII. Aby Warburg a Edwin Seligman (17 agosto 1927) [WIA, GC/19326], dattiloscritto
IX. Aby Warburg ad Adolf Goldschmidt (11 aprile 1929) [WIA, GC/21048], dattiloscritto
X. Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg alla Ditta Anderson (11 agosto 1929) [WIA, GC/23291], dattiloscritto, formato cartolina
 

tutti i testi sono riprodotti per gentile concessione di @The Warburg Institute, London

I. Aby Warburg
Frammento su Lorenzo Spirito, 1913 [WIA, III.85.3.4], dattiloscritto con note autografe di pugno di AW 1912-1913 (cfr. anche le note sparse in WIA, 85.3.3)

Dem von Steffen Arndes 1482, zusammen mit Paul Mechter und Gehrard von Buren, in Perugia gedruckten Libro delle sorti des Lorenzo Spirito war ich 1909 durch eine, allerdings ganz ungenaue, Notiz bei Brunet auf die Spur gekommen; es stellte sich heraus, dass die Stadtbibliothek zu Ulm das einzige bekannte Exemplar dieser Ausgabe noch besitzt, die ich durch das verständnisvolle Entgegenkommen der Direktion eingehend in Hamburg studieren konnte. Wesentlich fördernd kam der Nachweis hinzu, dem ich der sachverständigen Kollegialität von Paul Kristeller verdanke, der mich auf eine spätere, wahrscheinlich florentinische, Ausgabe aufmerksam machte, die mit der früheren Edition von Perugia in engster verwandtschaft steht. Man darf das Werk wohl als ein buchgeschichtliches Dokument bezeichnen, dem gleichmässig durch seinen literarischen Inhalt und durch die künstlerische Form seiner Austattung ein Anrecht auf eine eingehende kulturwissenschaftliche Betrachtung gebührt. Das Loosbuch gehört, wie der Kalender von 1519, zur Familie der astrologischen Praktiken, aber während der Kalender mystische Sternweisheit der Alten nach Art der mittelalterlichen arabischen Naturwissenschaften zu nüchternen Gesundheitsregeln denaturiert, ist uns in dem Libro delle sorti echte, antike Orakeltechnik erhalten, wenn auch der Verfasser, Lorenzo Guerrieri, genannt Spirito, der damals in dem leidenschaftdurchzitterten Perugia der Baglioni die friedlicheren Geschäfte eines beliebten und gelehrten Hofpoeten besorgte, seinem heidnischen Divinationsbuch wohlweislich den Charakter eines armlosen sozialen Zeitvertreibs gewahrt wissen wollte. Erst die Forschungen der letzten Jahren haben uns eingehender darüber belehrt, dass wir in dem, im Mittelalter noch ganz international verbreiteten Losbüchern die echten, wenn auch etwas entarteten Nachkommen orientalisch – antiker Weissagungstechnik zu erkennen haben, die sich mit der natürlichen Schwere der festen Schichtung, dem jede mysteriosen Aberglauben anhaftet, bis auf den heutigen Tag die Handlungen zukunftfürchtender Menschlichkeit beeinflusst.

Die Technik des Libro delle sorti ist folgende: Auf der Rückseite des Titelblattes sind 20 kurze Fragen abzulesen, die den Kreis der Lebensinteressen des Fragenden umfassen. Sie umgeben das Glücksrad, das in der üblichen spätmittelalterlichen Auffassung die Vergänglichkeit der Fortuna durch vier Menschentypen veranschaulicht, die der Umschwung des Schicksals vom Aufstieg zur Höhe und zum Abstieg herumwirbelt. Die zwanzig Fragen sind gleichsam auf die 20 Speichen des Rades verteilt zu denken. Ursprünglich gehört ja in wirklich drehbarer Form das Rad zum ältesten Wahrsageninstrumentarium der Alexandrinisch-griechischen Kultur, wie wir denn auch im Mittelalter in den Losbüchern eine bewegliche Drehscheibe zu Orakelzwecken häufig verwendet finden.

Bei Spirito aber ist die Fortunarad gleichsam festgestellt, um eine wohlüberlegte zwangsläufige Orakelspende zu ermöglichen, die am Spirito nach der Wanderung durch vier Regionen erteilt wird. 20 Könige zu je vier auf einem Blatte, verweisen zunächst auf einen der verschiedenen 20 Himmelszeichen von denen jedes ein ganzes Blatt mit je 60 Wüffelstellungen beherrschten, die je nach der Kombination der Vorderseite von drei achtseitigen Würfeln weiterführen zu den 20 Sphären der Flüsse, die von 20 Planeten und Fixsternsymbolen beherrscht werden.

[eine zweite, vollständigere Version des vorherigen Absatzes folgt hier]

Wie wir denn auch im Mittelalter in den Losbüchern eine wirklich bewegliche Drehscheibe zu Orakelzwecken häufig verwendet finden. Bei Spirito aber sind die Speichen des Fortunarades gleichsam festgestellt, da die Aufschriften zu dessen imaginären 20 Speichen den Aufstieg des Orakelsuchenden eine gewisse Zwangsläufigkeit verleihen. Der Gläubige muss eine Seelenreise durch verschiedenen Sphären unternehmen, ehe er den ersehnten Orakelspruch erhält. Die erste der zwanzigteiligen Region wird vom Fortunarade beherrscht, die zweite von 20 berühmten Königen, die dritte von 20 Himmelszeichen, die vierte von 20 Sternbildern und die letzte von 20 biblischen Propheten, von denen jeder 28 Dreizeiler zu verkünden hat. Die mystisch loosende Handlung wird durch das uralte Orakelgerät des Würfels bewirkt. Die Stellung von je drei Würfeln entscheidet in der zweiten Sphäre der Himmelszeichen über die nächste Station der Sternbilder: in dem Sphärenrad der 20 Sternbilder, dessen 28 Speichen einen Flussnamen tragen, der dem unter der Würfelstellung befindlichen entspricht und zugleich endgültig verweist auf den Prophetenspruch.

Del Libro delle sorti di Lorenzo Spirito, stampato a Perugia nel 1482 da Steffen Arndes insieme a Paul Mechter e Gehrard von Buren, sono giunto sulle tracce nel 1909, attraverso una nota, a dire il vero del tutto imprecisa, di Brunet. È saltato fuori che la Biblioteca comunale di Ulm conserva l'unico esemplare conosciuto di questa edizione, che con la cortese collaborazione della Direzione ho potuto studiare interamente ad Amburgo. Di fondamentale appoggio è stata la segnalazione di Paul Kristeller, che ringrazio per la sapiente collaborazione, che mi ha messo al corrente di una edizione più tarda, probabilmente fiorentina, che è in stretto rapporto con l'edizione precedente. Quest’opera è da ritenersi un documento della storia del libro e, tanto per il suo contenuto letterario quanto per la forma artistica della sua veste tipografica, merita un’accurata considerazione dal punto di vista della storia della cultura. Il Libro delle Sorti, come il Calendario [di Steffen Arndes] del 1519, appartiene alla famiglia dei manuali astrologici. Ma mentre il lunario, al modo delle scienze naturali arabe del Medioevo, snatura il sapere astrologico degli Antichi trasformandolo in semplici regole di salute, nel Libro delle Sorti ci è conservata un’antica, autentica tecnica oracolare, anche se l’autore – Lorenzo Guerrieri [n.d.t. vere: Gualtieri] detto Spirito, che all’epoca, in una Perugia dei Baglioni fremente di passione, svolgeva le più pacifiche mansioni di apprezzato e colto poeta di corte – con grande accortezza volle assicurare al suo libro di divinazione pagano il carattere di un innocente passatempo sociale. Solo le ricerche degli ultimi anni ci hanno mostrato chiaramente che nei Libri di Sorte, ampiamente diffusi nel Medioevo a livello internazionale, dobbiamo riconoscere l’eredità, se pure a tratti degenerata, di un’antica tecnica di divinazione orientale, che sino ai nostri giorni, con il peso della tenace stratificazione a cui per natura è associata ogni misteriosa superstizione, influenza le azioni dell’umanità timorosa del futuro.

La tecnica del Libro delle Sorti è la seguente: sul rovescio di copertina ci sono da leggere 20 brevi domande, che delimitano il cerchio degli interessi della vita dell'interrogante. Le domande circondano la ruota della Fortuna, che secondo la concezione tipica del tardo Medioevo illustra l'avvicendamento della sorte attraverso quattro tipi umani, che l'oscillazione del destino scaraventa dal punto più basso in alto, e poi di nuovo in basso. Le venti domande sono da pensare come equamente suddivise fra i 20 raggi della ruota. Originariamente la ruota, in forma di uno strumento materialmente rotante, appartiene all'armamentario della divinazione della cultura greco-alessandrina, così come nel Medioevo troviamo nei Libri di Sorte un disco girevole spesso adoperato per gli oracoli.

In Spirito però i raggi della ruota della Fortuna sono per così dire fissati, per permettere un responso oracolare ben ponderato e obbligato, che in Spirito si dà in rapporto a un viaggio che si compie attraverso quattro regioni. 20 re, 4 per pagina, rimandano innanzitutto a uno dei 20 diversi segni zodiacali, ognuno dei quali governa un'intera pagina con 60 caselle di dadi, ciascuna delle quali, a seconda della combinazione numerica che esce dal tiro dei tre dadi da otto facce, portano poi alle 20 sfere dei fiumi, che sono governate dai 20 simboli dei pianeti e delle stelle fisse.

[segue una seconda, più completa versione del paragrafo precedente]

Così come nel Medioevo troviamo nei Libri di Sorte un disco girevole spesso adoperato per gli oracoli. In Spirito però i raggi della ruota della Fortuna sono per così dire fissati, poiché le iscrizioni sui suoi 20 immaginari raggi danno al percorso di colui che interroga l'oracolo un andamento in un certo qual modo obbligato. Chi si affida all'oracolo prima di raggiungere il responso desiderato, deve intraprendere un viaggio dell'anima attraverso diverse sfere. La prima di queste regioni, divise ognuna in 20 parti, è governata dalla ruota della Fortuna, la seconda da 20 famosi re, la terza da 20 segni zodiacali, la quarta da 20 stelle e l'ultima da 20 profeti biblici, ognuno dei quali ha da pronunciare 28 terzine. L'azione mistico-divinatoria viene compiuta attraverso l'antichissimo strumento oracolare del dado. La posizione di ognuno dei tre dadi decide, nella seconda sfera dei segni zodiacali, la successiva tappa delle costellazioni: nella ruota della sfera delle stelle, i 28 raggi di quest'ultima hanno un nome di fiume, che corrisponde a quello che si trova sotto alle caselle dei dadi e conduce infine al responso dei profeti.

Ruota della Fortuna; sfera delle stelle (Mercurio); pagina dei Re; terzine del Profeta Simeone; responsi con nomi di fiumi corripondenti al lancio dei dadi;
da Lorenzo Spirito Gualtieri, Libro delle Sorti, Venezia 1482, cod. It. IX, 87 (=6226), Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana.

II. Aby Warburg
Copia della lettera di Goethe a Herder (luglio 1772), gennaio-settembre 1924 [WIA, III.93.14.2], dattiloscritto

Mentre è ricoverato a Kreuzlingen, Warburg ricopia la lettera, sia per intero sia poi per singoli passi, in una cartella di appunti che risalgono al gennaio-settembre 1924 (WIA, III.93.14.2). Si tratta di riflessioni e di citazioni da testi che riguardano il tema che Warburg intitola come “Lotta con il destino” (WIA, III.93.14.2, fol. 3).

Noch immer auf der Wooge mit meinem kleinen Kahn, und wenn die Sterne sich verstecken schweb ich so in der Hand des Schicksaals hin und Muth und Hoffnung und Furcht und Ruh wechseln in meiner Brust. Seit ich die Krafft der Worte στήθος und πραπίδες fühle, ist mir in mir selbst eine neue Welt aufgegangen. Armer Mensch an dem der Kopf alles ist! Ich wohne ietzt in Pindar, und wenn die Herrlichkeit des Pallasts glücklich machte, müsst ich's seyn. Wenn er die Pfeile ein übern andern nach dem Wolkenziel schiest steh ich freylich noch da und gaffe; doch fühl ich indess, was Horaz aussprechen konnte, was Quintilian rühmt, und was tätiges an mir ist lebt auf da ich Adel fühle und Zweck kenne. Εἰδὼς φυᾷ, ψεφηνὸς ἀνὴρ, μυριᾶν δ᾽ ἀρετᾶν ἀτελεῖ νόῳ γεύεται, οὔ ποτ᾽ ἀτρεκεῖ κατέβα ποδί, μαθόντες. Diese Worte sind mir wie Schwerdter durch die Seele gangen. Ihr wisst nun wie's mit mir aussieht, und was mir euer Brief in diesem Philocktetschen Zustande worden ist.

Seit ich nichts von euch gehört habe, sind die Griechen mein einzig Studium. Zuerst schränckt ich mich auf den Homer ein, dann um den Sokrates forscht ich in Xenophon und Plato, da gingen mir die Augen über meine Unwürdigkeit erst auf, gerieth an Theokrit und Anakreon, zuletzt zog mich was an Pindarn wo ich noch hänge. Sonst hab ich gar nichts getahn, und es geht bey mir noch alles entsetzlich durch einander. Auch hat mir endlich der gute Geist [294] den Grund meines spechtischen Wesens entdeckt. Über den Worten Pindars ἐπικρατεῖν δυνασθαι ist mirs aufgegangen. Wenn du kühn im Wagen stehst, und vier neue Pferde wild unordentlich sich an deinen Zügeln bäumen, du ihre Krafft lenckst, den austretenden herbey, den aufbäumenden hinabpeitschest, und iagst und lenckst und wendest, peitschest, hältst, und wieder ausjagst biss alle sechzehn Füsse in einem Tackt ans ziel tragen. Das ist Meisterschafft, ἐπικρατεῖν, Virtuosität. Wenn ich nun aber überall herumspaziert binn, überall nur drein geguckt habe: ich kann schreiben aber keine Federn schneiden, drum krieg ich keine Hand, das Violoncell spielen aber nicht stimmen] Nirgends zugegriffen. Dreingreiffen, packen ist das Wesen ieder meisterschafft. Ihr habt das der Bildhauerey vindizirt, und ich finde dass ieder Künstler so lang seine Hände nicht plastisch arbeiten nichts ist. Es ist alles so Blick bey euch, sagtet ihr mir offt. Jetzt versteh ich's tue die Augen zu und tappe. Es muss gehn oder brechen. Seht was ist das für ein Musikus der auf sein Instrument sieht. Χεἰρες ἀάπτοι, ἦτορ ἄλκιμον, das ist alles, und doch muß das Alles ein's seyn, nicht μυριᾶν ἀρετᾶν ἀτελεῖ νόῳ γεύειν.

Ich mögte beten, wie Moses im Koran: Herr mache mir Raum in meiner engen Brust.

Es vergeht kein Tag, dass ich mich nicht mit euch unterhalte und offt dencke wenn sichs nur mit ihm leben liesse. Es wird, es wird. Der Junge im Küras wollte zu früh mit, und ihr reitet zu schnell. Genug ich will nicht müssig seyn, meinen Weeg ziehn und das Meinige tuhn, treffen wir einander wieder so giebt sich's weitere [... ]

Ancora fra i flutti, con la mia piccola barca, e quando le stelle si nascondono scivolo nelle mani del destino, e coraggio, paura, speranza e pace si mescolano nel mio petto. Da quando avverto la forza delle parole στήθος [petto] e πραπίδες [polmoni, sede del soffio vitale; cfr. Onians, tr. it., pp. 29 ss.], mi si è aperto un nuovo mondo. Povero l'uomo per cui la testa è tutto! Io dimoro adesso in Pindaro, e se la maestà del palazzo rendesse felici, io dovrei esserlo. Quando lui scocca le frecce una dopo l'altra verso il suo obiettivo di nuvole, io resto là e guardo a bocca aperta. Sento allora davvero quello che [di Pindaro] ha potuto affermare Orazio e che celebra Quintilliano, e ciò che c'è di attivo in me si risveglia, perché mi sento nobile e conosco uno scopo. Εἰδὼς φυᾷ, ψεφηνὸς ἀνὴρ, μυριᾶν δ᾽ ἀρετᾶν ἀτελεῖ νόῳ γεύεται, οὔ ποτ᾽ ἀτρεκεῖ κατέβα ποδί, μαθόντες [n.d.t.: “Colui che è sapiente lo è per natura, il dotto invece è un uomo nebuloso, che assaggia valori innumerevoli con un pensiero incompiuto, con piede malfermo”; Goethe fonde – con qualche scorrettezza di trascrizione – due passi di Pindaro: Ol. II, 154 ss.: σοφὸς ὁ πολλὰ εἰδὼς φυᾷ, μαθόντες δὲ...e Nem. III, 70 ss.: ὃς δὲ διδάκτ᾽ ἔχει, ψεφηνὸς ἀνὴρ ἄλλοτ᾽ ἄλλα πνέων οὔ ποτ᾽ ἀτρεκεῖ κατέβα ποδί, μυριᾶν δ᾽ ἀρετᾶν ἀτελεῖ νόῳ γεύεται]. Queste parole mi hanno attraversato l'anima come spade. Lei sa ora come sono messo, e cosa ha significato per me la Sua lettera in questa mia condizione da Filottete.

Da quando non ho notizie di Lei, i Greci sono il mio unico studio. Dapprima mi sono concentrato su Omero, poi ho cercato notizie su Socrate in Senofonte e in Platone, e là mi è caduto per la prima volta l'occhio sulla mia indegnità, poi sono giunto a Teocrito e Anacreonte, e infine mi sono portato in qualche modo a Pindaro, su cui ancora sono. Per il resto non ho fatto nient'altro, e in me tutto è terribilmente sottosopra. Il buon Dio mi ha anche svelato, alla fine, il motivo della mia natura da picchio [n.d.t.: Herder aveva paragonato Goethe, per la sua discontinuità, al picchio]. Mi è successo alle parole di Pindaro ἐπικρατεῖν [n.d.t.: poter avere la padronanza: cfr. ἐπικρατεῖν δύνασθαι Nem. VIII, 9]. Quando stai ardito sul carro, e quattro nuovi cavalli si impennano disordinatamente attaccati alle tue redini, tu dirigi le loro forze, con la frusta riporti quello che si allontana verso di te, quello che si inalbera verso il basso, e incalzi e dirigi, e volti, frusti, freni e di nuovo incalzi, sino a che tutte e sedici le zampe non conducono in un unico impeto alla meta. Questa è padronanza, ἐπικρατεῖν, maestria. Ma quando ho passeggiato un po' dappertutto, non ho fatto niente di più che lanciare, su tutto, un'occhiata: posso scrivere ma non affilare la penna, e non ho pertanto nessuna manualità, posso suonare il violoncello ma non accordarlo. Non ho messo mano veramente a nessuna cosa. Prendere in mano, afferrare, è l'essenza di ogni padronanza. Lei ha rivendicato questo alla scultura, e io trovo che ogni artista non è nulla sintantoché le sue mani non lavorano in modo plastico. “È tutto così sguardo in Lei”, mi ha detto spesso. Ora lo capisco, chiudo gli occhi e procedo a tastoni. O la va o la spacca. Lei vede cosa significa questo per un musicista che considera il suo strumento. Χεἰρες ἀάπτοι [mani invincibili], ἦτορ ἄλκιμον [cuore forte], questo è tutto, e questo tutto deve essere un uno, non μυριᾶν ἀρετᾶν ἀτελεῖ νόῳ γεύειν.

Vorrei pregare come Mosè nel Corano: "Signore fammi posto nel mio stretto petto".

Non passa alcun giorno, in cui non mi intrattenga con Lei, e spesso penso a quando potremo vivere insieme. Succederà, succederà. Il giovane con la corazza voleva venire troppo presto con Lei, e Lei cavalca troppo veloce. Solo, non resterò inoperoso, seguirò la mia strada e farò il mio lavoro, se ci incontreremo di nuovo così il resto verrà da sé [...]

Bernardo Rucellai e Nannina de' Medici sulla nave della Fortuna, acquaforte su rame, seconda metà del sec. XV, Berlin, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett.
Giovan Battista Bonini, verso della medaglia di Camillo Agrippa con Fortuna-Occasio e il motto "Velis nolisve", 1580 ca. (London, The British Museum.

III. Aby Warburg ad Alfred Doren (‘Alfresco’)

lettera del 31 marzo 1923 [WIA, GC/12740], dattiloscritto

‘Alfresco’ Alfred Doren (1869-1934) aveva tenuto pochi giorni prima (24 marzo 1923) una conferenza sul tema della Fortuna nel Medioevo e nel Rinascimento alla Biblioteca Warburg. Quest'ultimo, che non può assistervi perché ricoverato a Kreuzlingen, interviene con questa lettera. Dopo la pubblicazione in Squillaro 2002, il testo è stato pubblicato a cura di D. Stimilli [2004] [2008] 2009.

Lieber Alfresco!

Fräulein Bing hat mir heute 21 Bilder geschickt, die jedenfalls im wesentlichen den Gang Deines Vortarges darstellen, den ich mir auch nach dem guten Referat von Max jetzt ganz schön vorstellen kann. Du hast also das Rad-Symbol in den Mittelpunkt gestellt aber im Anfang die alte Fortuna mit Ruder und Füllhorn gezeigt. Darf ich mir eine Anfrage erlauben? Ist es Dir klar, dass die Fortuna mit dem Segel ebenfalls von der antiken Fortuna und zwar von der Isis Euploia abstammt, die Du im Roscher gut analysiert und abgebildet findest? Sie zeigt das geschwellte Segel zusammen mit der Steuer, ist also eine glückliche antropomorphe Schicksalsgöttin, für den, der sich treiben lässt und doch das Steuer in der Hand hat. Der unberechenbare, und in seinem Ursprung so schwer anthropomorph zu fassende Wind bleibt also als Machtsymbol bestehen, nur wird er greifbar und begreiflich für den Menschen im Segel, das ihn einfängt und im Ruder, das ihm dazu noch die Richtung gibt – also feinste Kombination von Umfangs – und Richtungsbestimmung für den mit den Elementar – Gewalten ringenden Menschen.

Zweitens möchte ich Dich fragen, ob Du den Kairòs, den Glücksgott Griechenlands, wie er in einem Relief in Torcello vorkommt, in den Kreis deiner Betrachtung einbezogen hast? Er hält auf dem Relief, wenn ich nicht irre, ein Rasiermesser in der einen Hand, steht auf einem Rad und hat jedenfalls einen kahlgeschorenen Hinterkopf; nur die Locke des Glücks, nach vorne wallend ist übrig geblieben.

Das Packen an der Glückslocke ist wohl der Akt, der dem passiven Verhalten dem Fatum gegenüber am schärfsten gegenübersteht und gerade für die Renaissance (z.B. Petrarca, De remediis utriusque fortunae und, ich glaube, auch Boccaccio) bis zu Machiavelli ist diese Occasio die schärfste Konkurrentin der Fortuna mit dem Rad und mit dem Segel.

Max hat mir geschrieben, dass du von Machiavelli gerade die Fortuna mit den vielen Rädern ausgesucht hast. Dazu gehört aber unbedingt als Ergänzung sein Gedicht über die Occasio. Das ganze Material habe ich in meinen Collectaneen, die Dir jeden Augenblick – auch postalisch – zur Verfügung stehen.

Die Renaissance-Medaille, die Du bekommen sollst, von der ich Dir bereits schrieb, zeigt nun in überaus glücklicher Symbolik die “Mentalität” des Renaissance Menschen. Ein Gewappneter packt die Fortuna mit dem Segel am Glücksschopf – mit der Unterschrift: Velis nolisve. Also mit dem geistreichen Wortspiel, velis – mit den Segeln, ob Du nun willst oder nicht, und auch Deine Segel helfen dir nichts.

Noch eine Frage: Worauf geht das Rad nach der Erklärung der Archäologen zu den Füssen der Nemesis Zurück? Wenn es im Wesen der Symbolik liegt, unfassbare Ereignisse in bildlicher Causalität zu begreifen, so kann man sich für die Darlegung des Entwicklungsprozesses nichts Einleuchtenderes denken, als die Entwicklung der Fortuna in der antikisierenden Kunst.

Die Causa suchen, ist am schwersten, wenn sie tatsächlich für unser Auge – trotz fürchterlichster Wirkung - unsichtbar ist. Und das ist bein Sturm der Fall. Und ich erinnere Dich daran, was ja auch in meinem Sassetti steht, dass Fortuna im Italienischen sprachlich ‘Sturm’ bezeichnet. Schon bei Lionardo ist unter diesem Namen eine Sturmflut beschrieben, als Gemälde. Diese Unfassbarkeit wird durch das Segel eingefangen und durch das Steuer der grifflichen Willkür des Menschen untertan. Auf der andern Seite wird beim Kairos, der enteilen will, durch seine Locke die Handhabe gegeben, ihn nicht nur in eine bestimmte Richtung zu zwingen, sondern ihn direkt zu unterwerfen. Wiederum durch Handgriff. Bei der Fortuna mit dem Schopf bleibt der Mensch die – sehr kleine – Seite am Parallelogramm der Kräfte, das Fatum sitzt eben in der Diagonale.

So ist das Steuer einerseits, die Locke des Glücks andererseits die griffliche Handhabe für den, der im Kampf mit den dämonischen Lebensmächten steht. Sie werden durch Greifen begriffen.

Das Wesen des heidnischreligiösen Symbols besteht einerseits in der antropomorphen Verursachung der Dinge überhaupt, um das rätselhaft vorbeifliessende Werden als willkürlich erzeilten Erfolg einer übermenschlichen Persönlichkeit aufzufassen. Und damit gibt es andererseits dem Gläubigen doch die Möglichkeit, sich mit dieser, doch im Grunde menscenartig fühlenden Causa kämpfend auseinander zu setzen, nicht nur durch Anbetung und Opfer.

Darum würde ich bitten, dass Du die Schopf-Fortuna, die Glückslocke, die vom Kairos herstammt, doch als Ergänzung zur Biologie der Schicksalssymbole miteinfügst, weil sie den sogenannten modernen Menschen im aufsteigenden Zustand seiner Frechheit zeigt.

[il brano che segue, un po' staccato dal precedente, è attribuito a Saxl da Stimilli [2004], 2008, 2009]

Die Rad-Fortuna mit den vier Stufen steht der modernen, naturwissenschaftlichen Entwicklungsidee am nächsten, insofern Sie das Schicksal nicht von einem Akt der Göttin abhänging macht, sondern dem Betroffenen einen in vier Stufen erfolgenden zeitlichen Ablauf gönnt. Allerdings wird durch die Kurbel in der Hand der Fortuna der Ansatz zur Idee einer immanenten Kreislaufs-Entwicklung wieder zurückgeleitet in die rein mythisch-antropomorphe Verursachung, da ein menschenartiges Gebilde handgrifflich die Kurbel des Rades dreht – also jedenfalls das Tempo der Entwicklung und damit den beschleunigten oder verlangsamten Absturz in der Hand hat.

Jedenfalls ist der Entwicklungsgedanke des Schicksal-unterworfenen Menschen in statu nascendi vorhanden, dadurch dass er auf das Rad gesetzt wird.

Caro Alfresco!

La Signorina Bing mi ha inviato oggi 21 immagini, che mostrano in modo davvero essenziale il percorso del tuo intervento, che ora, anche dopo l'ottima relazione di Max, posso figurarmi molto bene. Hai messo dunque al centro il simbolo della ruota, ma all'inizio hai mostrato la vecchia Fortuna con il timone e il corno dell'abbondanza. Posso permettermi una domanda? Ti è chiaro che la Fortuna con la vela deriva anch'essa dall'antica Fortuna, e cioè dalla Isis Euploia, che trovi ben analizzata e illustrata nel Roscher? Questa mostra la vela spiegata assieme al timone; è dunque una divinità del destino antropomorfa e benevola, per colui che si lascia portare e tiene, certo, il timone in mano. Il vento, imponderabile e nella sua origine così difficile da comprendere in forma antropomorfa, si mantiene come simbolo di forza; solo, diviene per l'uomo afferrabile e comprensibile nella vela che lo cattura, e nel timone che gli dà in più anche la direzione – un'ottima combinazione dunque di determinazione di un perimetro e di una direzione per l'uomo che lotta con la violenza degli elementi.

Come seconda cosa vorrei poi chiederti se hai fatto rientrare nell'ambito della tua trattazione il Kairos, la divinità greca della Fortuna, come appare su un rilievo di Torcello. Nel rilievo tiene, se non erro, un rasoio in una mano, sta in piedi su una ruota e ha in ogni caso la nuca rasata; gli è rimasto solo il ciuffo della fortuna, che gli cade ondulato sulla fronte.

Afferrare il ciuffo della Fortuna è proprio l’atto che si contrappone nel modo più deciso all’atteggiamento passivo nei confronti del Fato, e proprio per il Rinascimento (per es. Petrarca, De remediis utriusque fortunae e, credo, anche Boccaccio) fino a Machiavelli: questa Occasio è la concorrente più decisa della Fortuna con la ruota e con la vela.

Max mi ha scritto che proprio da Machiavelli tu hai preso la Fortuna con le molte ruote. Ma a questo si collega assolutamente, come aggiunta necessaria, la sua poesia sull'Occasio [Machiavelli, Dell'Occasione]. Ho tutto il materiale nei miei collectanea, che sono a tua disposizione in ogni momento, anche per posta.

La medaglia del Rinascimento che dovresti ricevere, della quale io ti ho già scritto, mostra in un simbolismo particolarmente felice la mentalità dell’uomo rinascimentale. Un uomo armato afferra la Fortuna con la vela per il ciuffo della felicità, con sotto scritto: ‘velis nolisve’; dunque con l'arguto e spiritoso gioco di parole ‘velis’ – 'con le vele', oppure: 'che tu voglia o no', e 'le tue vele non ti servono a nulla'.

Ancora una domanda: da dove viene secondo gli archeologi la ruota ai piedi della Nemesi? Se appartiene all'essenza del simbolo di comprendere in una causalità figurativa eventi inafferrabili, allora per la spiegazione di questo processo niente di più illuminante dell'evoluzione della Fortuna nell'arte anticheggiante.

Cercare la causa è tra le cose più difficili, quando essa – malgrado il formidabile effetto – è invisibile ai nostri occhi. E questo è il caso della tempesta. E ti ricordo – cosa che è anche nel mio saggio su Sassetti – che Fortuna in italiano significa letteralmente 'tempesta'. Già in Leonardo con questo nome è descritto un diluvio, come va rappresentato in un quadro [Leonardo, Trattato della pittura, 'Come si deve figurare una fortuna'] Questa inafferrabilità viene catturata, grazie alla vela, e sottomessa, attraverso il timone, all'arbitrio afferrante dell'uomo. D'altra parte, con il fuggevole Kairos si offre, mediante il suo ciuffo, l'appiglio non solo per costringerlo in una certa direzione, ma direttamente per sottometterlo. Di nuovo con un colpo di mano. Nella Fortuna con il ciuffo l'uomo rimane il lato – molto piccolo – del parallelogramma delle forze, e il Fato sta proprio nella diagonale.

Dunque il timone, da un lato, e il ciuffo della fortuna, dall'altro, sono l'appiglio per chi è in lotta con le potenze demoniche della vita. Esse vengono, con l'esser prese, comprese.

L'essenza del simbolo religioso pagano consiste, da una parte, nella attribuzione di una causa antropomorfa alle cose in generale, per intendere l'aspetto misterioso e sfuggente del divenire come conseguenza, arbitrariamente perseguita, di una personalità sovrumana. E d'altra parte è data così la possibilità, per chi crede, di confrontarsi con questa Causa dai sentimenti fondamentalmente umani, anche lottando e non solo attraverso l'adorazione e il sacrificio.

Ti pregherei perciò di includere la Fortuna dal ciuffo, la ciocca della felicità, che discende dal Kairos, come aggiunta alla biologia dei simboli del destino, perché mostra il cosiddetto uomo moderno nel suo stato di crescente insubordinazione.

[il brano che segue, un po' staccato dal precedente, è attribuito a Saxl da Stimilli [2004], 2008, 2009]

La Fortuna-Ruota con i quattro livelli è la più vicina alla moderna idea di evoluzione nelle scienze naturali, nella misura in cui non fa dipendere il destino da un atto della dea, ma concede all'interessato un percorso che si svolge temporalmente in quattro stadi. D'altra parte, ponendo la manovella della ruota in mano alla Fortuna la tendenza a uno sviluppo circolare immanente ricade nella causalità puramente mitico-antropomorfica, poiché un'immagine umanizzata gira con la mano la manovella della ruota – ha cioè nella sua mano il tempo dello sviluppo, e con esso l'accelerazione o il rallentamento della caduta.

In ogni caso è presente in statu nascendi l'idea di evoluzione dell'uomo sottomesso al destino, dato che questi è posto sulla ruota.

Fortuna con ruota, miniatura da un codice dell'Epître d’Othéa di Christine de Pisan, seconda metà del XV sec., La Haye, Bibliothèque Meermanno, cod. KB74G27.

Leonardo, Trattato della pittura, Come si deve figurare una fortuna

Se tu vuoi figurar bene una fortuna, considera e poni bene i suoi effetti, quando il vento, soffiando sopra la superficie del mare o della terra, rimove e porta seco quelle cose che non sono ferme con la universale massa. E per ben figurare questa fortuna, farai prima i nuvoli spezzati e rotti drizzarsi per il corso del vento, accompagnati dall'arenosa polvere levata da' lidi marini: e rami e foglie, levati per la potenza del furore del vento, sparsi per l'aria ed in compagnia di molte altre leggiere cose: gli alberi e le erbe, piegati a terra, quasi mostrar di voler seguire il corso de' venti, con i rami storti fuor del naturale corso e con le scompigliate e rovesciate foglie: e gli uomini, che lí si trovano, parte caduti e rivolti per i panni e per la polvere, quasi sieno sconosciuti, e quelli che restano ritti sieno dopo qualche albero, abbracciati a quello, perché il vento non li strascini; altri con le mani agli occhi per la polvere, chinati a terra, ed i panni ed i capelli dritti al corso del vento. Il mare turbato e tempestoso sia pieno di ritrosa spuma infra le elevate onde, ed il vento faccia levare infra la combattuta aria della spuma piú sottile, a uso di spessa ed avviluppata nebbia. I navigli che dentro vi sono, alcuni se ne faccia con la vela rotta, ed i brani d'essa ventilando infra l'aria in compagnia d'alcuna corda rotta; alcuni alberi rotti caduti col naviglio attraversato e rotto infra le tempestose onde; ed uomini, gridando, abbracciare il rimanente del naviglio. Farai i nuvoli cacciati dagli impetuosi venti, battuti nelle alte cime delle montagne, e fra quelli avviluppati e ritrosi a similitudine delle onde percosse negli scogli; l'aria spaventosa per le scure tenebre fatte nell'aria dalla polvere, nebbia e nuvoli folti.

Leonardo da Vinci, Diluvio, 1515 ca., Castello di Windsor, Royal Library.

Niccolò Machiavelli, I Capitoli, Dell’Occasione

Chi se’ tu, che non par’ donna mortale,/di tanta grazia el ciel t’adorna e dota?/Perché non posi? e perché a’ piedi hai l’ale?/- Io son l’Occasione, a pochi nota;/e la cagion che sempre mi travagli,/è perch’io tengo un piè sopra una rota./Volar non è ch’al mio correr s’agguagli;/e però l’ali a’ piedi mi mantengo,/acciò nel corso mio ciascuno abbagli./Li sparsi mia capei dinanti io tengo;/con essi mi ricuopro il petto e ’l volto,/perch’un non mi conosca quando io vengo./Drieto dal capo ogni capel m’è tolto,/onde invan s’affatica un, se gli avviene/ch’i’ l’abbi trapassato, o s’i’ mi volto./- Dimmi: chi è colei che teco viene?/- È Penitenzia; e però nota e intendi:/chi non sa prender me, costei ritiene./E tu, mentre parlando il tempo spendi,/occupato da molti pensier vani,/già non t’avvedi, lasso! e non comprendi/com’io ti son fuggita tra le mani.

IV. Fritz Saxl ad Aby Warburg
lettera del 27 novembre 1923 [WIA, GC/14586], dattiloscritto

Lieber Herr Professor,

Ich berichte zuerst eine sehr erfreuliche Tatsache: Doren schreibt dass er die Quelle des ‘velis nolisve’ gefunden hat und zwar im Traum des Aeneas Silvio – der dargstellte Held, der Fortuna in die Haare greift, ist König Alfonso von Neapel. Ich habe Doren gebeten, Ihnen darüber Näheres zu schreiben.

Nun habe ich noch über den Vortrag von Doelger zu berichten. Erstens, was ich nicht gewusst hatte, dass Doelger Geistlicher ist. Zweitens dass der Vortrag sehr sachlich war, aber nicht aufregend gut. Es handelt sich um folgendes: in der Passio Perpetuae wird erzählt, dass die Zuschauer im Zirkus gerufen haben: “salvum lotum”. Nun scheint man mit diesem Zuruf alles mögliche angestellt zu haben, ihn für Karthagisch erklärt haben zu wollen, etc. Mosaikfunde in Bädern haben aber dieselbe Aufschrift kennen gelehrt, und die Sache heisst nichts weiter als: ‘buon bagno’, und ist ironisch auf das ‘bagno di sangue’ angewandt. Das war sehr hübsch; wie ich jedoch durch eine Nachfrage nach dem Vortrag herausbekommen habe, nicht so ganz neu, wie es im Vortrag dargstellt war. Ganz neu war die Beziehung auf den Mosaikfund, aber die Deutung auf das Bad scheint schon vor Doelger dagewesen zu sein, also die Haupt sache.

Schwieriger und interessanter war der Zweite Teil. In der Passio wird erzählt, dass ein christlicher Märtyrer seinen ihm etwas zugetanenen Wächter, nachdem er den Todesschlag des wilden Tieres erlitten hat, gesagt habe: 'Gieb mir deinen Ring und ich werde ihn in mein Blut tauchen'. Um diesen Fall zu erklären, begann Doelger eine ganze Anzahl von Kirchenväterstellen und Medizinern zu zitieren. Die Darlegungen sollten dartun, dass man die Heilige Krankheit im Altertum durch Bestreichen mit Blut heilte und dass man dazu das Blut der Gladiatoren verwendet habe. Das steht bei Celsus. Die Stelle der Passio Perpetuae erkläre sich also aus der Gewohneit der heidnischen Welt, das Gladiatorenblut zu magischen Zwecken zu benutzen und der Ring sei ein Zeichen der Freundschaft. Was in dieser Darlegung nicht befriedigte, war das Zurückführen dieser magischen Szene der Passio nun speziell auf den Gebrauch des Gladiatorenblutes. Ich kann mir denken, dass es bei Frazer oder sonst wo, unendlich viel bessere Parallelen gibt. Dass der christliche Brauch der Blutverehrung der Märtyrer aus einer magischen Benutzung speziell des Gladiatorenblutes enstanden sei, ist mir unwahrscheinlich, besonders da in dem Falle ja das Gladiatorenblut nur als Heilmittel gegen den morbus comitialis genannt wird. Stupende ist die Gelhrsamkeit von Doelger und die Methode, die immer nur Texte heranzieht, die wirlich in der unmittelbaren Nähe – zeitlich und örtlich – der Passio enstanden sein können. Aber man hat den Eindruck gehabt, dass hier die Methode den Geist etwas überwältigt.

Was Ihre Anfragen betrifft, so kann ich vorläufig keine weiteren Medaillen [appunto di Warburg: 'Camillo Agrippa’] des Bonini feststellen. Kohinoor 1560 existiert nicht in Wien, nur 1570. Mardersteig hat einen verzweifelten Brief geschrieben: erhätte das Symbol nicht, würde uns aber ein Exemplar Statt dessen verschaffen. Tschudi hat sich nicht geäussert. Die Segel Fortuna aus dem Sassetti wird abgebildet. Das MS von Eisler ist eingetroffen, und Dr. Chone bekommt ein Exemplar der Vorträge. Das Prometheus-Spiegel-Klischee werde ich suchen. Ich bin wie immer

Ihr Saxl

Die Rembrandt-Radierung ist eine Illustration zu Herckmanns Der Zee-Vaert Lof, 1633, wird als das widrige Glück gedeutet und als Illustration der Schlacht bei Aktium. Im Augenblick kann ich darüber nicht mehr finden.

Caro Professore,

Le riferisco innanzitutto un fatto che ci rallegra molto: Doren ha scritto di aver trovato la fonte del 'velis nolisve', e precisamente nel sogno di Enea Silvio – il guerriero rappresentato, che afferra la Fortuna per i capelli, è il re Alfonso di Napoli. Ho pregato Doren di scriverLe più precisamente in proposito.

Ora devo ancora riferire della conferenza di Doelger. In primo luogo, cosa che non sapevo, che Doelger è un ecclesiastico. In secondo luogo, che l'intervento è stato molto circostanziato ma non emozionante. Si tratta di questo: nella Passio Perpetuae si racconta che gli astanti abbiano gridato in cerchio: “salvum lotum”. Ora, sembra che per questa esclamazione si sia tentato di tutto, si è cercato di spiegarla come cartaginese [n.d.t.: il martirio di Perpetua avviene a Cartagine], ecc. In mosaici ritrovati in uno stabilimento termale è venuta alla luce la stessa iscrizione, e la cosa non significa altro che ‘buon bagno’, ed è riferito in senso ironico al ‘bagno di sangue’ [n.d.t.: in italiano nel testo]. Si tratta certo di una cosetta graziosa ma, come ho scoperto con una ricerca che ho fatto dopo la conferenza, non così nuova come era stata presentata nella stessa conferenza. Del tutto nuovo era il riferimento al ritrovamento del mosaico, ma l'interpretazione del ‘bagno’ era stata avanzata già prima di Doelger – proprio il punto principale.

Più difficile e più interessante è stata la seconda parte. Nella Passio si racconta che un martire cristiano, dopo aver subìto l'attacco mortale della belva [nell'arena, come si usava per i martiri, aggrediti da bestie feroci prima che i gladiatori li finissero], disse a una guardia che gli era in qualche modo complice: “Dammi il tuo anello, e lo immergerò nel mio sangue”. Per spiegare questo caso Doelger ha iniziato a citare un’intera serie di passi di Padri della Chiesa e di scritti medici. Le citazioni avrebbero dovuto dimostrare che nell'antichità si curava il morbo sacro spalmandosi con il sangue e che si usava a questo scopo il sangue dei gladiatori. Questo è in Celso. Il passo della Passio Perpetuae si spiegherebbe dunque a partire dall'abitudine del mondo pagano di usare a scopi magici il sangue dei gladiatori e l'anello sarebbe un simbolo di amicizia. Quello che non convince in questa versione è però il ricondurre la scena magica della Passio direttamente all'uso [medico] del sangue dei gladiatori. Posso immaginare che in Frazer, o da qualche altra parte, ci siano paralleli infinitamente migliori. Che l’uso cristiano dell'adorazione del sangue dei martiri sia derivato da un uso magico in particolare del sangue dei gladiatori mi sembra inverosimile, soprattutto perché in questo caso il sangue dei gladiatori è menzionato solo come rimedio contro il morbus comitialis [n.d.t.: altro nome per il 'morbo sacro', ovvero l'epilessia]. Sono stupefacenti l'erudizione e il metodo di Doelger, che si riferisce sempre e soltanto a testi riconducibili – temporalmente e spazialmente – alle immediate vicinanze della Passio. Ma l'impressione è che il metodo forzi in certo qual modo lo spirito.

Per quanto riguarda le Sue richieste, per il momento non posso identificare altre medaglie [appunto di Warburg: 'Camillo Agrippa’] del Bonini. Per i Kohinoor 1560 [n.d.t.: tipo di matite che Warburg aveva richiesto] a Vienna non esistono, ci sono solo 1570. Mardersteig ha scritto una lettera che non lascia speranze: non possiede il simbolo, ma ce ne procurerà un altro esemplare al suo posto. Tschudi non ha dato risposta. La Fortuna-vela di Sassetti è stata ricopiata. Il manoscritto di Eisler è arrivato e il dottor Chone ha avuto una copia dei Vorträge. Il calco dello specchio di Prometeo lo cercherò.
Come sempre suo
Saxl

L'incisione di Rembrandt è un'illustrazione a Herckmans Der Zee-Vaert Lof del 1633, è interpretata come Fortuna avversa e come illustrazione del massacro di Azio. Al momento non riesco a trovare di più al proposito.

Santa Perpetua, mosaico, V sec., Cappella arcivescovile, Ravenna
Cartagine (Tunisia), luogo del martirio di SS. Perpetua e Felicita

La fortuna contraria, disegno, 1633, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze.

V. Fritz Saxl a Hermann Urtel
lettera del 27 febbraio 1924 [WIA, GC/15546], dattiloscritto

Hermann Urtel (1873-1926), linguista, docente presso l’Università di Amburgo. Si dimostra particolarmente appassionato all’incidenza della gestualità nell'ambito dei codici linguistici e in generale dei codici di comunicazione. Tra le sue opere più famose: Sprachgeographie und Sprachgestichte e Wanderungen in Portugal.

Sehr verehrter Herr Professor,
gestatten Sie, dass ich mich mit einer Anfrage an Sie wende. Professor Warburg interessiert sich für die Etymologie von calamìta und calamità, und zwar für Studien über die Fortuna in der Renaissance. Was er wissen möchte, ist, wie die beiden – Kompass und Unglück – zusammenhängen. Ich bin nun leider zu wenig in all dieses sprachlichen Dingen bewandert um Auskunft geben zu können, und habe Prof. Warburg geschrieben, dass ich mich mit der Bitte an Sie wenden würde die Sache, so weit es ohne grössere Schwiergkeiten möglich ist, ihm aufzuklären, was ich hiermit tue. Die Adresse von Herrn Professor ist noch immer Heilanstalt Bellevue, Kreuzlingen bei Konstanz, Schweiz.

Ich bin mit bestem Dank im Voraus für jede Bemühung
Ihr sehr ergebener
F.S.

Egregio Professore,
permetta che Le rivolga una domanda. Il professor Warburg si interessa all'etimologia di calamita e calamità, nell'ambito degli studi sulla Fortuna nel Rinascimento. Quel che vorrebbe sapere è come i due concetti – bussola e sfortuna – sono collegati l'uno all'altro. Io purtroppo sono troppo poco esperto in simili questioni linguistiche per poter dare informazioni e ho scritto al Prof. Warburg che avrei girato la cosa a Lei, con la preghiera di chiarirla, se è possibile farlo senza eccessive difficoltà – e così faccio con la presente. L'indirizzo del Professore è sempre Heilanstalt Bellevue, Kreuzlingen, Costanza, Svizzera.

I miei migliori ringraziament in anticipo
il suo devoto
F.S.

VI. Hermann Urtel ad Aby Warburg
lettera del 2 marzo 1924 [WIA, GC/30005], dattiloscritto

Nella risposta a Warburg sul collegamento ‘calamità’ /‘calamita’, Urtel fa riferimento all'ago magnetico che era fissato ad uno stelo di paglia (calamus) che galleggiava in una ciotola: è questa la forma più primitiva di bussola, che compare anche tra il cianfrusagliame della cantina della signora Marcia, nelle pagine di Georges Perec: "È un incredibile groviglio di mobili, oggetti e soprammobili, apparentemente ancora più inestricabile di quello che regna nel retrobottega. Alcuni oggetti più identificabili emergono qua e là dal cianfrusagliame: un goniometro, specie di rapportatore di legno articolato, che dicono appartenuto all'astronomo Nicolas Kratzer; una 'marinaretta' – compagna del marinaio – ago magnetico che segnalava il nord, sostenuta da due festuche di paglia sull'acqua di una boccia mezzo piena, strumento primitivo antenato della bussola vera e propria che, munita di una rosa dei venti, comparve solo tre secoli dopo; un servizio da scrivania navale [...]; la pagina di un vecchio erbario" (G. Perec, La vita istruzioni per l'uso, cap. XCI, Cantine, 5)

Lieber verherter Herr Professor!

Herr Saxl fragt mich nach ‘calamità’ und calamus. Ich will sofort notieren, was ich daran weiss und darüber denke. Das Problem ist recht schwierig und wenig aufgehellt. Da ja doch calamus 'Halm' zu Grunde liegt, hat man it. ‘calamità’, fr. ‘calamité’ als 'Misssernte' erklaert, aber -itas ist gewoehnlich eine Bezeichnung des Anhaftes einer Eigenschaft, gravitas, bonitas etc.; nun scheint es, dass ital. ‘calamita’, fr. ‘calamite’, ‘Magnetnadel’ (weil man die Nadel in ein kleines Strohhaelmchen steckte, um sie schwingen zu lassen), beigemischt wurde, und das fr. ‘calamite’ mit ‘calamité’ verbunden. Der kulturgeschichtilche Hintergrund dieser Verbindung ist mir unklar. – Ich will aber darueber nachdenken und nachschlagen [...].

Carissimo professore!

Il signor Saxl mi chiede di ‘calamità’ e calamus. Voglio annotare subito quello che so e che penso al proposito. Il problema è davvero difficile e poco chiarito. Poiché alla base effettivamente c'è calamus, 'stelo', si è spiegato l'it. ‘calamità’, fr. ‘calamité’, come 'cattivo raccolto', ma -itas è di solito il segno dell'inerire di una qualità: gravitas, bonitas, ecc.; ora, sembra che l'italiano ‘calamita’, fr. ‘calamite’, ‘ago magnetico’ (perchè si fissava l'ago a un piccolo stelo di paglia per farlo oscillare), sia stato mescolato a questo significato, e così il fr. ‘calamite’ è legato a ‘calamité’. Lo sfondo storico-culturale di questo collegamento non mi è chiaro. Ma continuerò a rifletterci e a cercare [...].

Rappresentazione fantastica dell'invenzione della bussola da parte di Flavio Gioia di Amalfi, Stanzino delle matematiche, Palazzo Vecchio, Firenze.

VII. Fritz Saxl ad Alfred Doren
lettera del 11 giugno 1924 [WIA, GC/12783], dattiloscritto

La lettera testimonia il lavoro che Warburg durante il ricovero svolge assieme a Saxl sulle “potenze del destino”. I frammenti di questa ricerca sono ora pubblicati, col titolo Potenze del destino nello specchio del simbolismo anticheggiante, in Stimilli [2004] [2008] 2009, e in Ghelardi 2008, p. .

Sehr verehrter Herr Professor,

Es tut mir leid zu hören, dass Sie so überarbeitet sind und ich wünsche Ihnen, dass Ihnen die Ferien etwas Erholung gebracht haben. Nun werden wir ja bald Ihre Korrekturen bekommen und die Sache kann erscheinen. Über Ihre italienische Fahrt habe ich in Kreuzlingen gehört. Ich wäre selbstverständlich bereit, noch die Pinturicchio-Fortuna aufzunehmen, wenn es sich tecnhisch ermöglichen lässt. Was die Frage wegen Warburgs 60tem Geburtstag betrifft, so hoffe ich, bis dahin den Katalog der Bibliothek Warburg publizieren zu Können; das wäre ja wohl auch für Aussenstehende der beste Einblick in seine Arbeitstätigkeit. Vielleicht lässt es sich dann auch machen, dass wir den Band Vorträge zu einem Festband für jenes Jahr ausgestalten können. Eine Publikation seiner gesamten Schrifften wäre allerdings auch für mich ein grosses Desideratum, doch weiss ich nicht, wie wir es machen Sollen, da ja manches korrigiert werden müsste, um aktuellen Wert zu haben. Ich habe mit Warburg selbst schon die Frage überlegt, und er hat sich eine solche Herausgabe ausdrücklich verbeten. Was mir allein möglich scheint, wäre, unter seiner Mitarbeit einzelne Dinge, wie die Costumi teatrali vollkommen verändert herauszugeben; und damit komme ich auf Ihre Frage, wie die Arbeit in Kreuzlingen war. In 4 ½ Woche in denen ich Tag für Tag 3-5 oder 6 Stunden mit Warburg gearbeitet habe, ist das Problem für eine Arbeit über Schicksalsmächte im Spiegel antikisierender Symbole enstanden. Ihnen brauche ich ja nicht zu sagen, was für Warburg dieser Titel bedeutet; ist er doch auf das Fortunathema zugeschnitten, aber ebenso auf die Geschichte der astrologischen Dinge wie der mythologischen. Wir kamen soweit, dass die einzelne Kapitel festgelegt wurden, die einzelnen Phasen, dass nunmehr darangehen konnte, die Sache herunter zu schreiben oder oder zu diktieren. Aber der Schritt vom Problem zur Ausführung ist bei Warburg ein gewaltiger, und ich weiss nicht, ob sich das ganze wird ausführen lassen. Aber einen Teil glaube ich sicher mit ihm ausführen zu können, wenn er nur erst in Hamburg ist.

Ich bin mit den besten Grüssen
in alter aufrichtiger Ergebenheit
Ihr
F.S.

Stimato Professore,

mi dispiace sentire che è così sovraccarico di lavoro, e mi auguro che le ferie le abbiano recato un po' di riposo. Riceveremo allora presto le Sue correzioni e il tutto potrà uscire. Del suo viaggio in Italia ho sentito dire a Kreuzlingen. Sarei pronto ad aggiungere la Fortuna di Pinturicchio, qualora fosse tecnicamente possibile. Per quanto riguarda la domanda sul 60esimo compleanno di Warburg, spero per allora di riuscire a pubblicare il catalogo della Biblioteca Warburg; questo sarebbe certo anche per lil pubblico esterno il miglior modo di farsi un’idea della sua attività di ricerca. Forse riusciamo poi anche a trasformare il volume dei Vorträge in un periodico che esca ogni anno. Certo anche una pubblicazione dell'intera opera sarebbe mio grande desiderio, ma non so come potremmo fare, perché alcune cose dovrebbero esere corrette per avere valore attuale. Ho considerato la questione con Warburg stesso, e lui ha espressamente proibito una simile edizione. L'unica cosa che sembrerebbe possibile sarebbe pubblicare, con la sua collaborazione, singole cose, come i Costumi teatrali, che andrebbero comunque completamente cambiate; e con questo vengo alla domanda su come va il lavoro a Kreuzlingen. In quattro settimane e mezzo in cui ho lavorato con Warburg giorno per giorno 3-5 o 6 ore, è emerso il tema di un lavoro sulle Potenze del Destino nello specchio dei simboli anticheggianti. Non ho bisogno di dirle cosa questo titolo significhi per Warburg: è riferito al tema della Fortuna, ma anche alla storia delle immagini astrologiche e mitologiche. Siamo arrivati così in là, che abbiamo fissato i singoli capitoli, le singole fasi, e non resta più che trascrivere o dettare il tutto. Ma il passo dalla proposizione del tema all'esposizione è per Warburg enorme, e non so se riusciremo a portare a compimento il tutto. Una parte però credo di poterla portare senz'altro a termine con lui, non appena potrà essere di nuovo ad Amburgo.

Con i miei migliori saluti
e la devozione di sempre,
suo
F.S.

VIII. Aby Warburg a Edwin Seligman
lettera del 17 agosto 1927 [WIA, GC/19326], dattiloscritto

Edwin Robert Seligman (1861-1939), economista americano e professore di Economia politica e Scienza delle finanze presso la 'Columbia University' di New York. Come nota giustamente Stimilli [2004], Seligman è un interlocutore improbabile, a cui Warburg si rivolge più che altro per vedere giustificato un suo secondo viaggio in America. Continuerà a desiderare di salpare per questo viaggio, che i dottori gli proibiscono, sino alla morte improvvisa che avverrà due anni dopo.

Mein lieber Edwin Seligman,

Erst jetzt, nachdem der letzte Vortrag in dieser langen Sommerreihe gehalten ist, komme ich dazu, Ihnen herzlich für Ihren Brief zu danken, der ja nur ein Sympton für die erfreuliche Tatsache ist, dass Sie an mir und meinem Institut so regen freundschaftlichen und wissenschaftlichen Anteil nehmen. Bei der beschränkten Zeit, die mir zur Verfügung stand, Konnte ich neulich nur andeutungsweise die Gründer entwickeln, die für mich massgebend sind, um meine zweite Reise nach Amerika zu wagen.

Ich glaube, dass seit den 32 Jahren, die seit meiner ersten Reise nach Amerika vergangen sind, die Kunstgeschichte sich so weit entwickelt hat, dass es für beide Teile lohnend ist, von ihrer durch mich gepflegten kulturwissenschaftlichen Tendenz in Amerika kenntnis zu geben, weil ich von dem amerikanischen Positivismus eine wesentliche Förderung meiner Ideengänge erwarte. Soziologie und Kunstgeschichte werden wohl in einzelnen Essays und Schriften zusammen zu sehen versucht, aber aus der einfachen philologisch-historischen Interpretation eines künstlerischen Monuments die Funktion der Gesellschaft klar herauszustellen als einen stilbildenden Faktor, ist m. E. bisher nicht versucht worden. Versuchen wir in diesem Sinne einer [aggiunto a mano: neuen] “energetischen Aesthetik" [aggiunto a mano: Z. B.] die Schöpfung der Fortunagestalt auszudeuten, wie sie erstens in der raddrehenden Fortuna, zweitens in der Fortuna mit dem Schopf und drittens in der Fortuna mit dem Steuer und Segel erscheint, so spiegeln sich drei typische Phasen des Menschen im Kampf ums Dasein wieder. Bei der Fortuna mit dem Rad ist er Objekt, aus das Rad gesetzt wie ein Verbrecher auf das Rad geflochten wurde; in einem für ihn unbegreiflichen und unberechenbaren Umschwung erreicht er von unten die Höhe und verfällt der Tiefe. Bei der Fortuna mit dem Schopf, die in der Occasio der Renaissance (vgl. Machiavelli) ihre auf antike Vorstellungen zurückgehende Ausprägung gefunden hat, ist in Gegenteil der Mensch der, der das Schicksal an der Locke [aggiunto a mano: Kairòs] zu packen versucht und sich den Kopf zu eigen als sichere Beute macht, wie der Henker das Haupt des Erschlagenen. Dazwischen taucht die Fortuna mit dem Segel auf. Auch sie geht auf antike Vorstellungen zurück; denn die Glücksgöttin führt sowohl bei den Römern das Steuerruder, wie sie als Isis Euploia mit dem geschwellten Segel die Göttin der glücklichen Seefahrt ist. Aber die Frührenaissance hat die Göttin mit dem Segel in einer ganz eigenen weise zu dem Symbol eines aktiv-passiven Schicksalkämpfers gemacht. Sie steht als Mast, an dem das geschwellte Segel befestigt ist, in der Mitte des Schiffes, Herrin des Schiffes und doch nicht ganz, weil der Mensch am Steuer sitzt und im Paralelogramm der Kräfte [aggiunto a mano: zumindinstens] in der Diagonale den Kurs [aggiunto a mano: mit] bestimmt. Von den Elementen getragen, dennoch durch Lenken ein neues Ziel erreichend – diese Prägung darf man wohl als neue energetische Funktion des Gehirnmenschen im Zeitalter der Entdeckung Amerikas ansprechen.

Durch eine derartige Interpretatio simpelster Art würde ich eine Reihe von solchen Symbolen aus dem Kreise der mytischen und geschichtlichen mytischen Ueberlieferung in ihrer nicht beachteten Bedeutung als Entwickler der Mitteilungsfähigkeit energetischer Selbstempfindung aufzeigen und die dabei vorzuführenden Dokumente in Bild und Wort gleischam wie Etappen in der Entwicklung der Weltanschaaung des europäischen Menschen vorführen. Um Ihnen an einem positiven Beispiel zu zeigen, wie etwa eine derartige Untersuchung aussehen würde, lege ich Ihnen die Abhandlung meines langjährigen Freundes und Kollegen Alfred Doren bei, der in meiner Bibliothek vor einer Reihe von Jahren über die Fortuna gesprochen hat und dessen Abhandlung eben dort gedruckt worden ist.

Wie Sie sehen ist das was ich vorlegen will, ganz einfach interpretatio more majorum und will nichts anderes sein, als ein bildvergleichender Positivismus, der aber dazu dienen kann, der Sozial-psychologie Dokumente einzuliefern, die sie bisher als nicht zur Gesellschaftslehre unbedingt gehörend, vernachlässigt hat.

[Segue un appunto manoscritto di Warburg che riporta:]

‘Sassetti Testament zugeschitz’

Mio caro Edwin Seligman,

soltanto ora che si è tenuto l'ultimo seminario di questa lunga serie estiva, riesco a ringraziarLa per la Sua lettera, che non è che un sintomo della felice realtà di fatto che lei partecipa con così grande amicizia e competenza alle cose mie e dell'Istituto. Nel tempo limitato che ho avuto a disposizione ho potuto ultimamente sviluppare solo per accenni i motivi per me decisivi per tentare un secondo viaggio in America.

Credo che nei 32 anni, trascorsi dal mio primo viaggio in America, la storia dell’arte si sia sviluppata a tal punto che valga la pena per entrambe le sponde di far conoscere in America il nuovo indirizzo della scienza della cultura che ho da essa sviluppato, poiché mi aspetto dal positivismo americano un impulso fondamentale al procedere delle mie idee. Si è già cercato di vedere assieme, in singoli saggi e scritti, la sociologia e la storia dell'arte, ma non si è ancora tentato a mio parere di dedurre dalla semplice interpretazione storico-filologica di un monumento artistico la funzione della società come fattore produttore di stile. Cerchiamo in questo senso di interpretare alla luce di una nuova ‘estetica energetica’, ad esempio la creazione della figura della Fortuna, come appare in primo luogo nella Fortuna della Ruota che gira, in secondo luogo nella Fortuna con ciuffo e in terzo luogo nella Fortuna con timone e vela; in queste tre figure si rispecchiano tre tipiche fasi dell’uomo in lotta per la propria esistenza. Nella Fortuna con Ruota l'uomo è un oggetto passivo, collocato sulla ruota come sulla ruota veniva un tempo legato l'assassino; in un ribaltamento per lui incomprensibile e imprevedibile raggiunge dal basso il sommo per poi ricadere giù in fondo. Nella Fortuna con il ciuffo, che ha trovato nell’Occasio del Rinascimento (vedi Machiavelli) la sua coniazione derivante da una rappresentazione antica – Kairos – è al contrario l’uomo che cerca di afferrare il destino per il ciuffo e di appropriarsi saldamente della sua testa come preda, come fa il boia con la testa della vittima. Tra le due risalta la Fortuna con la vela. Anche questa deriva da un’antica rappresentazione, poiché anche presso i Romani la dea della fortuna è al timone, e come Isis Euploia, con la vela spiegata, è la dea della buona navigazione. Ma il primo Rinascimento ha trasformato, in modo tutto suo proprio, la dea con la vela nel simbolo di un uomo che ingaggia una lotta attivo-passiva con il destino. Fortuna sta nel mezzo della nave, come l’albero a cui la vela spiegata è fissata: è padrona della nave ma non completamente, perché al timone siede l’uomo, e nel parallelogramma delle forze concorre quanto meno a determinare il corso nella diagonale. Trasportato dagli elementi, ma in grado di raggiungere una nuova meta grazie alla propria guida, per questa formula espressiva si può certamente parlare di una nuova funzione energetica dell'uomo dotato di ingegno, al tempo della scoperta dell'America.

Con una tale, semplice interpretazione mostrerei tutta una serie di simboli del genere, tratti dalla cerchia della tradizione mitica e mitico-storica, nel loro inesplorato significato di fattori di sviluppo della capacità comunicativa dell'autopercezione energetica, e mostrerei allo stesso modo i documenti in parole e in immagini che li accompagnano come tappe nello sviluppo della visione del mondo dell’uomo europeo. Per mostrarLe con un esempio positivo come apparirebbe più o meno una simile ricerca, Le allego il saggio di Alfred Doren, mio amico di lunga data e collega, che alcuni anni or sono ha parlato della Fortuna presso la mia Biblioteca e il cui saggio è stato stampato nei nostri Vorträge.

Come vede, ciò che voglio allegare non è che una interpretatio more majorum, e non vuole essere altro che un procedimento positivo per comparazione di immagini, che può però servire a fornire alla psicologia sociale documenti sinora trascurati in quanto non immediatamente pertinenti alla sociologia.

IX. Aby Warburg ad Adolf Goldschmidt
lettera del 11 aprile 1929 [WIA, GC/21048], dattiloscritto

Adolf Goldschmidt (1863-1944), medievalista, specialista delle arti minori. La lettera tratta di questioni relative alla direzione del Kunsthistorisches Institut di Firenze, ma è interessante un passaggio in cui compare l'immagine dell'avventuriero e della Fortuna.

Über Hamburg habe ich Ihre Venedig-Adresse erfahren und von dort heute morgen telephonisch, dass Sie nach Florenz abgereist sind. Ich schicke Ihnen deshalb diesen Brief eilbötig an das Institut um Ihnen mitzuteilen, wie ich die Situation des florentinischen Institut ansehe. Im Vertrauen auf unsere langjährige Freundschaft werde ich sehr offen sein. Ich lasse mir von keinem sagen, dass jemand unseren verstorbenen Bode in dem wesentlichsten Teil seines Charakters als bewundernswertes energetische Monstrum herzlicher verehrt als ich. Gerade aber weil ich weiss, dass ich in ‘debita distanza’ sein Freund bin, habe ich es mit Widerwillen angsehen, wie ein solch leerer Streber wie Bange ihn dadurch in die Hand bekam, weil er auf seine Altersmarotten einging. Zu dieser marotteusen Verhärtung gehört seine Unwendigkeit Bodmer gegenüber, den er bei seinem Versprechen, den Posten freiwillig zu versehen, auch dann noch festhalten wollte, als ihn dieser, was ihm gewiss sehr schwer fiel, darauf hinweisen musste, dass seine Vermoegensverhältnisse nicht mehr die gleich günstigen seien.

Wir beide sind einer Kaufmannsfamilie entsprossen und wissen, was ‘merchant adventurer’ bedeutet. Fortuna mit dem Segel gegen Fortuna mit dem Schopf. Dass die Wendigkeit in der Macht die zur Blüte treibende Kraft innerhalb der Kultur ist, wissen wir, und ihre Früchte hinzunehmen, hat Bode sehr gut verstanden, aber für das innere Ethos und das ehrfurchtgebietende Drama, das in der kaufmännischen Existenz steckt, hatte er keinen Sinn. Als der Friede da war, hat er einfach seinen Schalter wieder aufgemacht und verlangte vom Publikum bestimmte hohe Beiträge in dieser oder jener Forum. Auf der einen Seite standen die Leistungen des ‘Abenteuerers’ Bodmer, der uns in Zeiten höchster Not beisprang, auf der anderen als pensionsberechtigter Zweiter Weigelt, der in unser Boot stieg, als die Gefahr vorüber war.

Um aus den Bildern des Verkehrslebens herauszukommen. Kein anständiger Mensch wird den Abbau Bodmers und den Einbau Weigelts anders empfinden, als eine ideale Konkurrenz von machthaberischer Schoflesse, die sich selbst missversteht und barer Ignoranz. Meine Vorhaltungen haben den erfreulichen Erfolg gehabt, dass Waetzoldt mir schrieb, man wolle an eine Revision des Beschlusses denken, und zwar nach der Richtung hin, dass es Bodmer freigestellt werden würde, noch zwei Jahre im Amt zu bleiben [...].

Ad Amburgo mi sono procurato il Suo indirizzo di Venezia e ho appreso stamattina, telefonicamente, che era partito da là per Firenze. Le mando perciò questa lettera per corriere all’Istituto [tedesco], per comunicarle come vedo la situazione dell'Istituto fiorentino. In nome della nostra lunga amicizia, sarò molto franco. Nessuno può dire che qualcun altro abbia adorato più appassionatamente di me il nostro defunto Bode per il tratto essenziale del suo carattere, come mostro di stupefacente energia. Ma proprio perché so di essere stato suo amico seppure a ‘debita distanza’ [in italiano nel testo], ho visto con disappunto come un vuoto arrivista come Bange sia riuscito ad averlo in pugno perché è stato compiacente con i grilli della sua vecchiaia. A questo suo [senile] intestardimento capriccioso si deve anche la sua lentezza nei confronti di Bodmer: ha insistito per assicurare il posto che gli aveva promesso, anche quando egli stesso si era fatto un dovere di avvisarlo – cosa che gli sarà certo pesata molto – del fatto che le sue facoltà non erano più quelle di prima.

Entrambi apparteniamo a una famiglia di mercanti, e sappiamo cosa significa ‘merchant adventurer’. Fortuna con la vela contro Fortuna con il ciuffo. Sappiamo che l'elasticità nella forza è la linfa stessa della civiltà, e Bode aveva imparato molto bene a coglierne i frutti; ma non aveva alcuna sensibilità per l'ethos interiore e per il dramma degno di tutto rispetto che si annida nell'esistenza del mercante. [Dopo la fine della guerra], una volta tornata la pace, non ha fatto altro che riaccendere l'interruttore, e ha preteso dallo Stato precisi e consistenti contributi in questo o in quel contesto. Da un lato stavano le prestazioni dell'avventuriero Bodmer, che è saltato sulla nostra barca nel momento di maggior bisogno, dall'altro stava, come Secondo con diritto di pensione, Weigelt, che è balzato nella nostra barca quando il pericolo era passato.

Per chiudere con le immagini di traffico marittimo, nessun uomo ragionevole potrebbe vedere la rovina di Bodmer e l'ascesa di Weigelt in altro modo, che come concorrenza ideale tra una modestia piena di forza, ben poco consapevole di se stessa, e una pura ignoranza. Le mie rimostranze hanno avuto la felice conseguenza che Waetzold mi ha scritto che c'era l'intenzione di procedere a una revisione della decisione, nel senso che si sarebbe permesso a Bodmer di rimanere in servizio ancora due anni [...].

Il corsaro Barbarossa in una incisione del XVI sec.
Arrembaggio, incisione di J.-J. Baugean, XIX sec.

X. Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg alla Ditta Anderson. Nota dell'11 agosto 1929 [WIA, GC/23291], dattiloscritto, formato cartolina

Spett. ditta Anderson, Roma 34, via Salaria 7a
La preghiamo cortesemente di mandarci una copia della fotografia n. 6939 del Suo Catalogo – Angelo Bronzino, Allegoria della Fortuna, Firenze, Uffizi. In attesa la salutiamo cortesemente.

Riferimenti bibliografici
  • Desideri 2011
    F. Desideri, La percezione riflessa, Cortina, Milano 2011.
  • Ghelardi 2008
    M. Ghelardi, Aby Warburg. Opere, vol. II, Aragno, Torino 2008.
  • Onians 1951
    R. B. Onians, The Origins of European Thought. About the Body, the Mind, the Soul, the World, Time and Fate, Cambridge University Press, 1951.
  • Stimilli [2004] [2008] 2009
    D. Stimilli, Lettera ad Alfred Doren (31 marzo 1923), in “Aut aut” 321-322 (2004), pp. 13-15; ora in D. Stimilli-C. Wedepohl, Per monstra ad Sphaeram. Vortrag in Gedenken an Franz Boll und andere Schriften 1923 bis 1925, Dölling und Galitz, München 2008, tr. it. Per monstra ad Sphaeram. La conferenza in memoria di Franz Boll e altri scritti (1923-1925), Abscondita, Milano 2009, 13-15.
  • Squillaro 2002
    L. Squillaro, Dall'allegoria antica all'impresa rinascimentale. Il viaggio di Fortuna, secondo la rotta di Aby Warburg (Atlante della Memoria, tavola 48), tesi di laurea specialistica, relatore prof. M. Centanni, Università Ca’ Foscari di Venezia, a.a. 2001/2002.
  • Warburg 1907
    A. Warburg, Francesco Sassettis letzwillige Verfügung, in Kunstwissenschaftliche Beiträge August Schmarsow gewidmet zum 50. Semester seiner akademischen Lehrtätigkeit, Leipzig 1907, pp. 129-152; poi in A. Warburg, Die Erneuerung der heidnischen Antike. Kulturwissenschaftliche Beiträge zur Geschichte der europäischen Renaissance, a c. di G. Bing con la collaborazione di F. Rougemont, Teubner, Leipzig-Berlin 1932 (nuova ed. a c. di H. Bredekamp, M. Diers, Berlin 1998) pp. 127-158, 353-365; trad. it. Le ultime volontà di Francesco Sassetti, in La rinascita del paganesimo antico, a c. di G. Bing, tr. it. di E. Cantimori, Firenze (1966) 1996, pp. 211-246; ora anche in A. Warburg, La rinascita del paganesimo antico e altri scritti (1889-1914), a c. di M. Ghelardi, Torino 2004.
English abstract

In this page Alice Barale and Laura Squillaro edit a Registry of unpublished and rare texts from the Warburg Institute Archive on the theme of Fortune.
 

 keywords | Aby Warburg; Friyx Saxl; Alfred Doren; Lorenzo Spirito; Edwin Seligman; Adolf Goldschmidt; Hermann Urtel

Per citare questo articolo / To cite this article: A. Barale, L. Squillaro (a cura di), Testi inediti e rari sul tema della fortuna. Regesto di testi dal Warburg Instituite Archive, “La Rivista di Engramma” n. 92, agosto 2011, pp. 60-75 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2011.92.0013