"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

98 | maggio/giugno 2012

9788898260430

“...una marea di immagini”

Recensione alla mostra ”Gli archi di Aldo Rossi per la 3. Mostra Internazionale di Architettura del 1985” (Venezia, Ca’ Giustinian, 11 giugno - 25 novembre 2012)

Claudia Pirina

English abstract

Nella storica sede di Ca’ Giustinian La Biennale di Venezia, in collaborazione con l’Università Iuav di Venezia che conserva parte delle collezioni dell’Archivio ASAC, ha inaugurato una mostra che espone alcuni materiali relativi alla 3. Mostra Internazionale di Architettura diretta da Aldo Rossi nel 1985. Progetti, manifesti, carte d’archivio, foto, cataloghi, pieghevoli e carteggi, ma anche alcuni dei documenti forniti dalla Biennale ai partecipanti, testimoniano la ricchezza di materiali e al contempo la qualità e internazionalità delle formulazioni architettoniche esposte di un periodo in cui la cultura architettonica italiana aveva assunto un ruolo centrale all’interno del dibattito internazionale. Il dibattito teorico e progettuale italiano in quegli anni trova nella figura di Aldo Rossi l’interprete di una serie di istanze che coagulano intorno al tema dell’architettura e della città e che porteranno nel 1990 al riconoscimento internazionale degli studi dell’architetto con l’assegnazione del Pritzker. Le relazioni che Rossi intesse con una serie di architetti, ma anche di storici, di artisti, di fotografi, saranno elemento fondamentale per la riuscita dell’evento.

La direzione del 1985 per il Settore Architettura della Biennale fa seguito ad una serie di incarichi attraverso i quali Rossi stringe un legame sempre più stretto con questa istituzione. Il primo incarico è la realizzazione di un “teatro del mondo” per la mostra Venezia e lo Spazio Scientifico del 1979, in cui l’architetto rievoca la tradizione cinquecentesca delle strutture teatrali galleggianti e al contempo indaga quel “rapporto antico e sempre precario” della città di Venezia, “città liminare tra acqua e mare”, ma anche città dalla “memoria portuale, lignea, mercantile” (Ferlenga 1987). L’anno successivo progetta il portale d’ingresso della 1. Mostra Internazionale di Architettura La presenza del Passato, diretta da Paolo Portoghesi e allestita alle Corderie dell’Arsenale, che sviluppa una riflessione sul Movimento Postmoderno. L’intervento, ponendosi come una porta di città, trae riferimento non solo dalle antiche porte urbiche, ma anche dai portali delle feste e delle cerimonie urbane che venivano smontati e rimontati, distrutti e trasformati.

Quando Rossi riceve l’incarico per la direzione della mostra del 1985, immagina un programma che racconti il percorso teorico e progettuale da lui sviluppato attraverso lunghi anni. Ne sono testimonianza le parole pronunciate dall’architetto nel settembre del 1965 in occasione dell’Assemblea convocata al termine della XIII edizione della Triennale di Milano, con l’intento di elaborare nuove forme e contenuti per le successive mostre, che sembrano preannunciare i temi e le modalità che esplorerà parecchi anni più tardi, prima con l’organizzazione della XV Triennale nel 1973, successivamente proprio della 3. Mostra Internazionale di Architettura a Venezia nel 1985.

Perché dobbiamo vedere le singolari applicazioni di tanti architetti quando sarebbe tanto più utile e interessante vedere dei loro progetti e fornire loro l’occasione di manifestare tutti quei valori e quelle idee che altrimenti non trovano applicazione? Così procedendo noi pensiamo di ritrovare anche l’interesse del pubblico che, a nostro avviso, è uno degli aspetti più importanti che la mostra deve avere e in sostanza il suo aspetto fondamentale proprio dal punto di vista sociale.
L’interesse del pubblico significa qualcosa di più di una buona riuscita della mostra: significa la possibilità di poter tener vivo quel discorso con le diverse classi e le diverse categorie dei cittadini che preoccupa la cultura moderna.

Una Triennale senza pubblico non è tanto astratta quanto grottesca; si tratta appunto per questo di esporre dei fatti, al loro livello più alto, ma appunto per questo tali da poter essere largamente accessibili e comunque largamente discussi. E la prima condizione perché questo avvenga è l’esposizione di oggetti concreti, di fatti, di proposte precise; non delle astrazioni…”. Tali mostre debbono “essere capaci di mostrare quale è oggi il dibattito dell’architettura dal punto di vista compositivo, dal punto di vista figurativo. Tutti coloro che si occupano di architettura moderna non possono certamente essere contenti della situazione in cui siamo; dove questo dibattito manca affatto… Forse questo dibattito è inesistente; ma allora ecco la grande autentica occasione della Triennale: farsi promotrice, aiutare questo dibattito. Questo può manifestarsi nel modo tradizionale del concorso … (Rossi [1965] 2008)

Sono trascorsi vent’anni dalla formulazione dei suoi intenti quando Rossi nel maggio 1983 presenta il suo programma per il Settore Architettura della Biennale e sottolinea ancora una volta un’attenzione nei confronti del pubblico e dell’importanza di mostrare il rapporto tra progetto e realtà esistente e al contempo di istituire collaborazioni con Amministrazioni locali, aprendo la partecipazione “a tutti coloro i quali operino nel settore dell’architettura, indipendentemente da titoli accademici e professionali”, concedendo “la più ampia libertà per le tecniche anche non grafiche da adottare per la stesura degli elaborati” (Rossi 1983).

Rossi propone di dialogare sulle sorti della città e del territorio attraverso esempi confrontabili e immagina un concorso al quale invita gli architetti più impegnati e “la cui opera è determinante nel dibattito culturale”, ma aperto anche a docenti, a professionisti e a scuole di architettura di tutto il mondo. L’ambito di sperimentazione scelto è la città di Venezia e la sua terraferma, città che ha la capacità di porre “problemi generali”, coagulando le immagini di persone che vivevano nei luoghi più lontani, che appartenevano ad ambiti culturali e di riferimento variegati, ma che venivano chiamati ad indagare proprio quel rapporto tra Venezia e la terraferma, tra città/capitale e territorio, tra lingua e dialetto, tra architettura storica e architettura moderna. Venezia aveva sicuramente la grande capacità di attrarre l’attenzione e l’interesse di un pubblico vasto, e al contempo, grazie alla sua immagine immobile e tradizionale, rappresentava una vera e propria sfida per l’immaginario degli architetti. La coincidenza e la continuità di nessi tra idee, progetti e studi teorici permea fortemente l’intero percorso disciplinare di Rossi e quindi, come non considerare nella scelta delle aree di progetto proposte per il concorso gli studi sviluppati dall’architetto in tutti quegli anni sulla città e il suo entroterra?

Dieci le aree proposte ai concorrenti, tre a Venezia – il Ponte dell’Accademia, Ca’ Venier dei Leoni, il Mercato di Rialto – e le rimanenti sulla terraferma – i Castelli di Romeo e Giulietta, le Piazze di Este, di Badoere, di Palmanova, la Rocca di Noale, Villa Farsetti, Prato della Valle – che sviluppano temi e questioni specifiche differenti tra loro, ma in cui il ruolo della storia e dei luoghi costituiscono il punto di partenza.

L’eccezionale risposta ottenuta al momento della presentazione del bando (3700 richieste di invio del materiale) costringe gli organizzatori a modificare la tempistica della Mostra posticipandone l’inizio e il numero inaspettato di proposte pervenute (circa 1500) testimoniano “una componente che i critici e gli studiosi non possono conoscere” che è quella “della passione”:

Queste centinaia di progetti, redatti sine pecunia, mostrano tanta passione per il mestiere, tanta partecipazione, qualcosa così nuovo che nessuno di noi della Biennale poteva prevedere (Rossi 1985).

Una giuria internazionale composta da Aldo Rossi, Sandro Benedetti, Gianfranco Caniggia, Claudio D’Amato, Guglielmo De Angelis D’Ossat, Diane Ghirardo, Bernard Huet, Robert Krier, Rafael Moneo, Werner Oechslin, Gino Valle seleziona un terzo delle proposte da allestire all’interno della Mostra e assegna, ad architetti di fama internazionale e non, 12 premi – I Leoni di pietra – ai progetti ritenuti più meritevoli. La giuria sceglie “di presentare il più ampio spettro delle tendenze del fare architettura” e i criteri di valutazione privilegiano “la qualità del progetto nella sua specifica aderenza alle condizioni contestuali, l’originalità dell’interpretazione del tema prescelto, la chiarezza delle soluzioni formali adottate, lo sviluppo coerente dell’idea di progetto” (Verbale 1985). Non tutte le aree ottengono i medesimi esiti per numero e qualità dei progetti: i premi vengono conferiti a Robert Venturi, Manuel Pascal Schupp, COPRAT, Franco Purini per il Ponte dell’Accademia, a Raimund Abraham, Raimund Fein, Peter Nigst, Giangiacomo D’Ardia per Ca’ Venier dei Leoni, ad Alberto Ferlenga per la Piazza di Este, a Daniel Liebeskind per la Piazza di Palmanova, a Laura Foster Nicholson per Villa Farsetti a Santa Maria di Sala, a Maria Grazia Sironi e Peter Eisenman per i Castelli di Giulietta e Romeo a Montecchio Maggiore. I lavori premiati differiscono notevolmente tra loro e oscillano tra progetti visionari e progetti realizzabili in cui “il dibattito profondamente reale e/o nobilmente accademico del vecchio e del nuovo, della storia e dell’invenzione si è come sfaldato o almeno allontanato di fronte a quest’altra concretezza del mestiere o dell’arte” (Rossi 1985).

Copertina del catalogo della mostra.

Aldo Rossi, schizzo degli Archi.

Uno degli archi di ingresso.

Nel suo Progetto Venezia, questo il nome assegnato all’edizione, potremmo forse dire che, nonostante Venezia sia scelta per sondare il terreno della sperimentazione progettuale, la vera protagonista della mostra è l’“Architettura”, quella che appare nella grande scritta al di sopra di uno degli tre archi che danno accesso al Padiglione Italia o nella copertina del Catalogo della Mostra.

La mostra a Ca’ Giustinian espone alcuni materiali raccolti quali bando di concorso, piccoli fascicoli, disegni, foto che testimoniano il lavoro svolto per l’organizzazione e le relazioni tra Rossi e una serie di figure che torneranno frequentemente a dialogare con lui; i 70 manifesti di progetti selezionati e riprodotti in molte copie, utilizzati per rivestire gli “archi” di ingresso. Quegli ’archi’ in forma di arco di trionfo che, all’interno dei Giardini, scandivano lo spazio e preannunciavano i contenuti della mostra; alcune tavole, plastici e foto dei progetti vincitori; immagini dei lavori di allestimento e dell’inaugurazione e 20 foto realizzate da Luigi Ghirri per la presentazione delle aree di progetto all’interno del catalogo che raccontano di quella relazione ’strana’ di collaborazione tra il fotografo e Aldo Rossi, quella relazione “quasi sempre a distanza, molto curiosa e stimolante” (Ghirri 1996).

Il verbale della giuria, lo schema di programma preparato da Rossi nel 1983, alcuni articoli e gli inviti per i partecipanti completano e arricchiscono l’esposizione, che pur non offrendo ovviamente la possibilità di quella che Rossi definisce l’”esperienza di rotoli, modelli, quadri, materiale grafico e plastico addossato, sovrapposto negli spazi senza forma del Padiglione Centrale ai Giardini” (Rossi 1985) prima dell’allestimento, tornano a far riflettere sul ruolo della storia e dei luoghi, ma anche dei problemi locali in relazione alla situazione globale attraverso una ricerca su noi stessi, sulle nostre radici culturali che lega con un sottile file rouge la Biennale del 1985 con la Biennale Common Ground che si inaugurerà a fine agosto 2012 diretta da David Chipperfield.

Momenti dell’allestimento

In un periodo in cui i progetti spesso privilegiano la scala dell’edificio, piuttosto che del tessuto urbano, in cui spesso si producono edifici isolati che non dialogano tra loro è interessante la scelta del nuovo direttore di spostare l’attenzione verso nuovi, o forse vecchi, contenuti che dimostrano come alcune questioni si assopiscano per poi riemergere inaspettatamente con nuova forza.

Un ultimo nesso unisce passato e presente, unisce la 3. Mostra Internazionale di Architettura diretta da Aldo Rossi con i giorni nostri, la quantità della risposta progettuale ai concorsi di architettura, quella quantità che Rossi nel 1985 decide di raccontare attraverso la predisposizione di una sequenza di immagini che riproducessero le tavole dei progetti e che nella mostra di Ca’ Giustinian sono proiettate ininterrottamente come immagini in dieci monitor.

…Una marea di immagini. Io, architetto, mi muovo come insonne tra questi progetti. Essi si affollano nella mia mente e mi è quasi impossibile distinguerli; quando cerco di descriverli certamente li deformo, inconsciamente o forse per gioia o per invidia; … amo appropriarmi della loro nuova qualità, una qualità che nasce da questa quantità, da un’adesione al tema stesso dell’architettura, e che stravolge e travolge gli schemi e le etichette…
Vorrei che la gente potesse girare per le sale dei giardini tra i progetti accatastati, i plastici, i quadri, e scoprire personalmente il pezzo prezioso, il disegno d’affezione, la soluzione che da sempre cercava. Come nei vecchi musei, o nelle botteghe d’arte, l’ambiente stesso nobilita le opere meno riuscite e il disordine crea un percorso privato (Rossi 1985).

Riferimenti bibliografici

Ferlenga 1987
Aldo Rossi. Architetture 1959-1987, a cura di A. Ferlenga, Electa, Milano 1987

Ghirri 1996
L. Ghirri, Per Aldo Rossi, in Luigi Ghirri – Aldo Rossi. Cose che sono solo se stesse, a cura di P. Costantino, Electa, Milano 1996

Rossi [1965] 2008
A. Rossi, Per la Triennale, a cura di P. Nicoli in “Abitare” n. 479, [1985] 2008, p. 54-60

Rossi 1983
Bando di Concorso per la 3. Mostra Internazionale di Architettura del 1985

Rossi 1985
A. Rossi, Progetto Venezia, in Catalogo della 3. Mostra Internazionale di Architettura, Biennale Venezia Settore Architettura, Venezia 1985

Verbale 1985
Verbale della giuria della 3. Mostra Internazionale di Architettura, Biennale Venezia, Venezia 1985

English abstract

In the historic location of Ca’ Giustinian, the Biennale of Venice has inaugurated, together with IUAV University of Venice, an exhibition showcasing materials related to the 3rd International Architecture Exhibition directed by Aldo Rossi in 1985.
Projects, posters, archival papers, photos, catalogues, pamphlets and papers retrace the events of the exhibition, where Rossi proposes a dialogue on the fate of the city and territory through comparable examples. Rossi imagines a context inviting devoted and leading architects but also teachers, professionals and schools of architecture worldwide to debate on architectural knowledge. 
The materials, such as proposals, small files, drawings, photos, posters of the 70 projects selected and reproduced in many copies, are used to coat the ’arches’ of the entrance; the exhibition showcases also panels, models and photos of the winning projects; photos of building sites and inaugurations, as well as 20 photos taken by Luigi Ghirri; the draft program prepared by Rossi in 1983 for the 3rd International Exhibition, newspaper articles and invitations.
This Ca’ Giustinan exhibition, strongly supported by David Chipperfield, Director of the Biennale Common Ground opening in August 2012, prompts visitors to reflect on the role of history and locations, but also on how local issues are related to the global situation by way of researching our own cultural roots.

keywords | Exhibition; Biennale; Venice; Iuav; Aldo Rossi.

Per citare questo articolo / To cite this article: C. Pirina, “...una marea di immagini”. Recensione alla mostra ”Gli archi di Aldo Rossi per la 3. Mostra Internazionale di Architettura del 1985” (Venezia, Ca’ Giustinian, 11 giugno - 25 novembre 2012), “La Rivista di Engramma” n. 98, maggio-giugno 2012, pp. 28-34 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2012.98.0004