"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Exuviae Alexandri: slittamenti del significato allegorico della spoglia elefantina

Lorenzo Bonoldi

English abstract


 

Africa: una donna mora, quasi nuda [...] tenendo in capo
come per cimiero una testa di elefante, [...]
essendo questi animali proprij dell'Africa.
Cesare Ripa, Iconologia

Alessandro contro Poro, fotogramma da Alexander (USA/UK 2004, regia Oliver Stone)

Con la locuzione exuviae elephantis si indica l'attributo iconografico della spoglia elefantina portata a copertura del capo. Nel repertorio dell'arte classica sono principalmente tre le figure alle quali è proprio questo attributo: Alessandro il Grande, la personificazione dell'Africa e quella della città di Alessandria d'Egitto. Accanto a queste tre figure devono esserne enumerate anche altre (fra cui le effigi di alcuni sovrani ellenistici e le personificazioni di alcune nazioni africane e, più tardi, alcune altre allegorie di Cesare Ripa) che hanno fatto proprio l'attributo dello scalpo d'elefante per imitazione e/o per analogia. In questo saggio si cercherà di delineare la storia dell'attributo iconografico, indagando le ragioni del suo passaggio da una figura all'altra, lungo un percorso, più tortuoso che lineare, che si snoda lungo i secoli e che attraverso tre continenti – Asia, Africa ed Europa – porta dall'India a Roma.

Le più antiche attestazioni delle exuviae elephantis si ritrovano nella numismatica ellenistica: in una serie numerosa di conii viene raffigurato Alessandro il Grande rivestito di scalpo elefantino, al di sotto del quale si riconoscono le corna di Zeus-Ammone (attributo attestante la natura divina di Alessandro) e il diadema regale. Nei conii in questione attorno al collo del sovrano viene raffigurata l'egida, già attributo di Zeus e di Atena, anch'essa tesa a sottolineare la genealogia divina di Alessandro.

La presenza delle exuviae elephantis nella ritrattistica alessandrina e la stessa adozione di tale attributo iconografico hanno una ragione storica nel ricordo delle imprese di Alessandro alla conquista dell'India. Già durante la vita del Macedone tali conquiste erano state celebrate e commemorate dall'emissione, da parte della zecca di Babilonia, di speciali decadrammi – detti decadrammi di Poro – sui quali viene rappresentata la messa in fuga di un elefante da parte di un cavaliere macedone (presumibilmente lo stesso Alessandro). Sull'altra faccia delle monete in questione si riconosce una figura virile stante in armi, con folgore nella mano sinistra, incoronata da una Vittoria alata, nella quale si suole riconoscere, ancora una volta, la figura del Re macedone in vesti divine.

  

Alessandro contro Poro, decadrammo detto 'di Poro' emesso da Alessandro, 326-323 a.C.
Alessandro con leonté, tetradrammo emesso da Alessandro, 325 a.C. circa
Alessandro con exuviae elephantis, tetradrammo di Tolomeo I, 310-305 a.C.

Dopo la morte di Alessandro, sopraggiunta a Babilonia nel giugno del 323 a.C., Tolomeo, prima diadoco e poi re d'Egitto, introdusse l'iconografia del Macedone rivestito di spoglia elefantina rimaneggiando l'iconografia dell'Alessandro-Eracle con leonté sul capo, già attestata nelle coniazioni emesse dal Macedone: come Eracle, dopo aver sconfitto il leone nemeo, vestì la pelle della fiera abbattuta, così il suo epigono Alessandro, dopo aver conquistato le Indie, venne rappresentato con le exuviae elephantis sul capo.

Le prime emissioni di monete con exuviae elephantis battute da Tolomeo datano attorno al 310-305 a.C. e vengono messe in relazione ora con la traslazione del corpo di Alessandro da Menfi ad Alessandria (314/313) ora con l'assunzione da parte di Tolomeo del titolo di BASILEUS (305).

Secondo Federica Smith (Smith 1995), il volto effigiato con spoglia elefantina presente sulle monete di Tolomeo appartiene non ad Alessandro il Grande, ma a suo figlio Alessandro IV, riconosciuto e appoggiato dal sovrano egiziano nella successione al trono macedone del padre. Tale ipotesi è stata recentemente sposata e sostenuta anche da Paolo Moreno (Moreno 2004). Tuttavia, se si considera che Alessandro IV, nato nel 323 a.C., venne assassinato da Cassandro nel 310, prima di raggiungere l'età in cui avrebbe preso il pieno possesso del trono, non si spiega il perdurare della sua raffigurazione su monete battute in Egitto anche in tempi posteriori di molti anni rispetto alla sua morte. È più convincente quindi identificare nel profilo con exuviae elephantis presente sulle monete di Tolomeo l'effigie di Alessandro il Grande, fondatore della città di Alessandria e del dominio lagide in Egitto.

Nel giro di pochi anni, a imitazione di Tolomeo, anche Seleuco di Siria prese a battere in moneta la nuova iconografia alessandrina. Lo stesso fece, attorno al 300 a.C., Agatocle, tiranno di Siracusa (Bellinger, Alkins Berlincourt 1962, pp. 24-25). L'emissione di didrammi in oro con l'effigie di Alessandro da parte di un sovrano della Magna Grecia è un fatto estremamente significativo: le monete di Agatocle rappresentano infatti la prima, precocissima attestazione di utilizzo dell'immagine di Alessandro in una zona estranea al dominio del Macedone e dei Diadochi suoi successori, nonché il primo sdoganamento delle exuviae elephantis dall'area di quello che era stato il grande impero di Alessandro. In virtù dei rapporti economici che legarono la Sicilia all'Egitto tolemaico, la presenza delle exuviae elephantis conobbe peraltro una lunga persistenza nelle zecche sicule: da Siracusa l'immagine passò infatti al repertorio iconografico delle colonie calcidesi di Trinacria, in particolare Katane, ove la si riscontra in emissioni datate tra il III e il II secolo a.C. (numerosi esemplari di questi conii si conservano nel Gabinetto Numismatico della Soprintendenza Archeologica di Siracusa).

Alessandro con exuviae elephantis, didrammo di Agatocle di Siracusa (imitazione dei tetradrammi di Tolomeo I), 300 a.C. circa

Accanto alla veicolazione per motivi di interesse economico, le exuviae elephantis conobbero anche una via di sopravvivenza garantita dalla pratica dell'imitatio Alexandri, la consuetudine, da parte dei principi ellenistici, di fare propri gli attributi iconografici del 'divo' Alessandro (si veda in proposito il contributo di Monica Centanni e Claudia Daniotti, Alessandro il Grande: storia di un'avventura iconografica). Mentre Mitridate V Eupatore veniva raffigurato con l'erculea leonté, e le regine d'Egitto, da Arsinoe II in poi, venivano effigiate con il corno di Ammone attorno all'orecchio, la spoglia elefantina venne vestita da Tolomeo III Evergete (faraone dal 246 al 222 a.C.) e da Demetrio, che regnò sulla Battriana fra il 200 e il 180 a.C.

  

Mitridate V Eupatore con leonté, 120 a.C. circa 
Arsinoe II con corno di Ammone attorno all'orecchio, 280 a.C. circa
Tolomeo III Evergete con exuviae elephantis, 230 a.C. circa

Il riutilizzo dell'attributo delle exuviae elephantis nell'ambito della numismatica battriana assume una specifica valenza politica. Esso viene infatti utilizzato come segno della conquista dell'India da parte dei sovrani greco-battriani, che si presentano in questa conquista dell'Oriente come emuli ed eredi di Alessandro. La linea greco-battriana rappresenta quindi il fronte della deriva orientale delle exuviae elephantis: va segnalata infatti l'esistenza, accanto alle emissioni 'all'occidentale' di Demetrio I, di emissioni a carattere locale di monete quadrate. Anche su queste compare al verso il ritratto del re rivestito di spoglia elefantina, accompagnato dall'iscrizione in greco ΒΑΣΙΛΕΩΣ ΑΝΙΚΙΤΟΥ ΔΙΜΙΤΡΙΟΥ ([è di] Demetrio Re invitto). Sul verso un fulmine alato circondato dalla stessa titolatura del recto tradotta qui in kharosthi, la lingua del Gandhara: MAHARAJASA APARAJITASA DIMETRIA.

 

Demetrio, re della Battriana, con exuviae elephantis (recto), Eracle stante (verso), 190 a.C. circa
Demetrio, re della Battriana, con exuviae elephantis (recto), fulmine alato (verso), 190 a.C. circa

Resta in ogni caso l'Egitto tolemaico l'ambito in cui si riscontra la maggior parte delle occorrenze delle exuviae elephantis, in una successione di emissioni pressoché ininterrotta dal IV al II secolo a.C., ovvero da Tolomeo I a Tolomeo VIII. Il perdurare in Egitto di questa iconografia – anche al di fuori dell'ambito numismatico – potrebbe essere stato garantito dalla presenza di raffigurazioni di Alessandro con exuviae elephantis nel contesto del Sema di Alessandro: la monumentale sepoltura del Macedone che costituiva il cuore simbolico di Alessandria d'Egitto (Chugg 2005, p. 55).

Una delle ultime attestazioni dell'attributo dello scalpo d'elefante in ambito tolemaico si riferisce a una emissione di Cleopatra III (sorella-sposa di Tolomeo VIII) databile al 117 a.C. ed emessa dalla zecca di Pafo, a Cipro (Salcedo 1996, p. 139; si veda anche Svoronos 1904, p. 194, n. 1381; tav. 47a, nn. 13 e 14, sebbene lo studioso assegni le monete in questione a una serie commemorativa di Cleopatra I da parte del figlio, Tolomeo VI Filometore, datata fra il 181 e il 174 a.C.).

Cleopatra III con exuviae elephantis, 117 a.C.

Nei conii ascrivibili a questa serie si riconosce al verso un busto rivestito di spoglia elefantina. In alcuni casi il verso è anepigrafo, in altri, attorno al busto corre la scritta ΒΑΣΙΛΙΣΣΕΣ ΚΛΕΟΠΑΤΡΑΣ. L'iscrizione, unita alla dolcezza della linea del profilo e all'assenza del corno di Zeus-Ammone al di sotto delle exuviae elephantis, ha portato parte della critica a considerare la raffigurazione in questione non tanto un'effigie di Alessandro, quanto un ritratto della stessa Cleopatra divinizzata: come la regina Onfale aveva un tempo vestito l'erculea leonté, è ora la divina basilissa tolemaica a indossare sul capo le exuviae elephantis, già attributo del Grande Alessandro. Sarebbe questa la prima volta che la spoglia elefantina riveste un capo femminile.

Nel frattempo, sul finire del II secolo a.C. – più o meno contemporaneamente alle emissioni di Cleopatra III – l'attributo della spoglia elefantina varca i confini del regno tolemaico per muoversi verso Occidente. Attorno al 108 a.C. Hiarba re di Numidia, volendo creare un nuovo emblema nazionale carico di forti valenze simboliche, sceglie di porre sulle proprie monete una testa femminile in profilo, volta a destra, che esibisce sul capo le exuviae elephantis. La formula iconografica venne poi riutilizzata da altri sovrani nordafricani, fra i quali Bogud e Juba I. Il riferimento ad Alessandro e ai sovrani tolemaici è più che mai evidente, e rientra nella riscontrata tendenza dei popoli del Nord Africa di impossessarsi di elementi iconografici del repertorio numismatico egiziano. In particolare, come sottolinea Lorenza Ilia Manfredi, "l'articolato provincialismo culturale che si sviluppa nelle regioni puniche alla caduta di Cartagine nel 146 a.C. [...] si esprime anche con l'adesione formale all'ellenismo e con il recupero di temi [...] di antica tradizione vicino orientale" (Manfredi 2000). L'introduzione da parte di Hiarba dell'iconografia del capo femminile rivestito di scalpo d'elefante assume varie valenze: da una parte, infatti, rimanda alla tradizione tolemaica, ma dall'altra richiama anche un elemento della fauna locale, a sua volta carico di significati (si ricordi che gli elefanti rappresentarono uno dei punti di forza delle milizie puniche). Va però ricordato, come afferma ancora Lorenza Ilia Manfredi, che "le divinità [sic!] con spoglie di elefante, presenti già nelle monetazioni alessandrine, sono completamente assenti nelle monetazioni puniche" (Manfredi 2001). Andrà quindi riconosciuta alle exuviae elephantis l'appartenenza a quel gruppo di simboli tolemaici che trasmigrano nel repertorio iconografico neo-punico molto tempo prima del legame dinastico fra Juba II di Mauritania e Cleopatra Selene.

 

Personificazione della Numidia con exuviae elephantis, moneta emessa da Hiarba, re di Numidia, 108 a.C.
Personificazione della Numidia con exuviae elephantis, moneta emessa da Juba I di Numidia, 60 a.C. circa

Nello stesso torno d'anni appaiono le prime attestazioni di teste o busti femminili con exuviae elephantis nella monetazione romana di età repubblicana, la più antica delle quali va ascritta a Pompeo e datata al 71 a.C. Seguono le monetazioni riferite a Quinto Metello Scipione (47-46 a.C.), Lucio Cestio e Caio Norbano (43 a.C.) e Quinto Cornificio (42 a.C.).

 

Personificazione dell'Africa con exuviae elephantis, moneta emessa da Quinto Metello Scipione, 47-46 a.C.
Personificazione dell'Africa con exuviae elephantis, moneta emessa da Lucio Cestio e Caio Norbano, 43 a.C.

Con l'avvento dell'età imperiale, all'epoca della conquista e reggenza da parte di Roma dei regni di Numidia e Mauritania (33-25 a.C.), il profilo muliebre rivestito di spoglia elefantina apparve nelle emissioni della zecca nordafricana di Iol/Cesarea, ordinate da Augusto in qualità di reggente dello stato africano durante l'interregno. Nel 25 a.C. Augusto reinsediò sul trono del regno vassallo di Numidia e Mauritania Juba II, il figlio di Juba I, cresciuto come ostaggio a Roma e divenuto uno dei favoriti dell'imperatore.

La presenza della spoglia elefantina nelle coniazioni neo-numide di Juba II ha ancora una volta una doppia valenza: se infatti da una parte essa deriva recta via dall'iconografia monetale dei precedenti sovrani del Paese, d'altro canto questa scelta sembra anche significare l'intenzione di ricollegarsi nuovamente all'Egitto tolemaico. Augusto aveva infatti dato in moglie a Juba II Cleopatra Selene, figlia di Cleopatra VII e di Marco Antonio. La principessa tolemaico-romana, che insieme al fratello gemello Alessandro Helios e al fratellastro Cesare Tolomeo (Cesarione) incarnava l'ultima generazione della dinastia tolemaica (ormai meticciata con il sangue di Roma), portava in dote al trono di Numidia e Mauritania un'antica nobiltà alessandrina che già in passato aveva vestito le exuviae elephantis

L'intento di Juba II e di Cleopatra di reinserirsi nella linea dinastica che, attraverso i faraoni greci d'Egitto, risaliva fino al Grande Alessandro pare confermata dal fatto che nella monetazione neo-numida vengano quasi completamente abbandonate le iscrizioni in punico (usate invece da Juba I e dagli altri sovrani), a favore di quelle in greco e in latino. Lo stesso fece anche il figlio di Juba II e Cleopatra, Tolomeo di Mauritania (20-40 d.C.), che proseguì la tradizione iconografica della spoglia elefantina nelle proprie emissioni monetali.

Personificazione della Mauritania con exuviae elephantis, moneta emessa da Juba II di Mauritania, 25 a.C.-23 d.C.

Probabilmente in un ambiente prossimo alla corte filo-romana di Juba II venne realizzata la coppa in argento e oro nota con il nome di Patera di Boscoreale, oggi conservata al Louvre, probabilmente un dono proveniente dall'Africa destinato alla corte imperiale di Roma. Dal centro della coppa emerge l'immagine di una donna rivestita delle exuviae elephantis. La figura è accompagnata da molti attributi: una cornucopia decorata con le immagini del dio Sole e di un'aquila e sormontata dal crescente lunare, un arco e una faretra, un sistro, una lira, una pantera, un leone, un aspide e una serie di frutti. Grazie a una serie di confronti iconografici e a una lettura simbolica di questi attributi, nell'imago clipeata di Boscoreale è stato riconosciuto un ritratto di Cleopatra Selene, regina di Mauritania. Le exuviae elephantis indossate dalla sovrana nordafricana rispondono a una doppia funzione simbolica: da una parte riprendono l'iconografia della personificazione dell'Africa/Numidia/Mauritania presente sulle emissioni monetarie dello stato di cui è regina, dall'altra rimandano ancora una volta all'attributo caratteristico di Alessandro il Grande, già indossato dalle sue antenate sovrane d'Egitto. Rappresentandosi rivestita di spoglia elefantina, Cleopatra Selene si presenta al contempo in veste di Africa/Mauritania e come ultima discendente delle regine lagidi. Anche il corredo di attributi iconografici che accompagna il ritratto riecheggia questo ambivalente significato: la cornucopia è un simbolo tolemaico (ed è presente anche sulle monete emesse da Cleopatra VII), come pure lo è l'aquila; il sistro è simbolo isiaco per eccellenza, e quindi egiziano; il leone invece, animale-simbolo della regalità, è largamente attestato nella monetazione numida; l'aspide portato vicino al seno sembra richiamare la morte di Cleopatra VII. Infine, il crescente lunare che sormonta la cornucopia rimanda al nome della regina di Mauritania.

Patera di Boscoreale (ritratto di Cleopatra Selene), I secolo d.C., Parigi, Louvre

Nella seconda metà del I secolo d.C. le exuviae elephantis fanno ritorno in Egitto, e più precisamente alla città natia di Alessandria. In questa nuova apparizione l'attributo viene chiamato a caratterizzare la personificazione della capitale egizia, in una serie di conii in billone (una lega di argento e rame) emessi da Nerone e da Galba. Si tratta di monete destinate a una circolazione locale, circoscritta al solo Egitto, come confermato dalla scarsa qualità della lega e dalla presenza di iscrizioni in greco. Nelle emissioni in questione si riconosce al recto il ritratto dell'imperatore (Nerone o Galba) e al verso il busto drappeggiato della personificazione di Alessandria, circondato dall'iscrizione ΑΥΤΟΚΡΑ (nel caso dei conii neroniani) o ΑΛΕΧΑΝΔΡΕΑ (nelle emissioni di Galba). L'attributo iconografico del fondatore della città (Alessandro il Grande) è così passato – per metonimia – a caratterizzare la personificazione della città stessa.

Contemporaneamente alle emissioni di Galba con la personificazione di Alessandria, anche Lucio Clodio Macro, governatore dell'Africa che tentò di usurpare il trono dell'imperatore, utilizzò le exuviae elephantis nei propri conii battuti a Cartagine.

Personificazione di Alessandria con exuviae elephantis, moneta in billone emessa da Nerone, 65-66 d.C.
Personificazione di Alessandria con exuviae elephantis, moneta in billone emessa da Galba, 69 d.C.
Personificazione dell'Africa con exuviae elephantis, moneta emessa da Lucio Clodio Macro, 68 d.C.

Le emissioni alessandrine di Nerone e di Galba (accanto a quelle cartaginesi di Lucio Clodio Macro) rappresentano l'ultima ricorrenza del busto rivestito di spoglia elefantina. Nelle successive epifanie (da Vespasiano in poi), le exuviae elephantis appariranno sempre a ornamento di figure intere, raffigurate in diversi atteggiamenti e sempre accompagnate da iscrizioni che accertano l'identità dell'allegoria: la personificazione dell'Africa secondo lo schema adrianeo della provincia recubans, la Mauritania che sacrifica dinnanzi ad Adriano in occasione dell'adventus mauretaniae dell'imperatore, l'Africa che si inginocchia dinnanzi al restitutor africae, Alessandria che, con un mazzo di spighe di grano in mano, si china a baciare la mano di Antonino il Pio.

Personificazione di Alessandria a figura intera con exuviae elephantis, moneta in billone emessa da Vespasiano, 69 d.C. circa
Personificazione della Mauritania con exuviae elephantis in atto di sacrificare davanti all'imperatore, moneta emessa da Adriano, 130 d.C. circa
Personificazione dell'Africa con exuviae elephantis in ginocchio davanti all'imperatore, moneta emessa da Adriano, 130 d.C. circa
Personificazione di Alessandria con exuviae elephantis in atto di baciare la mano dell'imperatore, moneta emessa da Antonino il Pio, 150 d.C. circa

Accanto a queste bisogna segnalare, in conii alessandrini in billone emessi da Adriano, la presenza delle exuviae elephantis sul capo di una figura maschile alla guida di un cocchio trainato da serpenti alati (spesso coronati con le corone dell'Alto e del Basso Egitto). La critica è solita riconoscervi Trittolemo, l'eroe eleusino inventore/diffusore della coltivazione dei cereali, qui rivestito di spoglia elefantina a sottolineare il ruolo dell'Egitto di 'granaio di Roma'. Recentemente alcuni studiosi hanno invece tentato di riconoscere nella figura maschile sul cocchio un'effigie di Alessandro il Grande accompagnato da due serpenti agathodaimones e rappresentato quindi, anche in questo modo, come fondatore e nume tutelare della città di Alessandria (Chugg 2005).

Con l'avvicendarsi dei secoli, la poliedricità dei significati simbolici e allegorici connessi alle exuviae elephantis (legati ad Alessandro, alla dinastia tolemaica, ad Alessandria e all'Egitto in generale, nonché ai regni neo-punici di Numidia e Mauritania) venne man mano a perdersi. Fu così che l'attributo della spoglia d'elefante approdò ai repertori rinascimentali come caratteristica esclusiva della personificazione dell'Africa. Cesare Ripa, ad esempio, ci informa che l'Africa è

"una donna mora, quasi nuda, haverà li capelli crespi & spaesi, tenendo in capo come per cimiero una testa di elefante, [...] la testa dell'Elefante si pone, perché così sta fatta la Medaglia dell'Imperatore Adriano, essendo questi animali proprij dell'Africa".

Capita così che, attraverso gli intrecciati percorsi della tradizione classica, il copricapo che identifica l'Africa di Cesare Ripa non sia, propriamente, la spoglia di un elefante africano ma l'esito della lunga storia iconografica di un modello 'MADE IN INDIA': la spoglia dell'elefante indiano disegnato dai Diadochi alessandrini come trofeo-simbolo della campagna di Alessandro contro Poro, ereditato quindi dai re ellenistici emuli di Alessandro, importato a Roma dall'Egitto grazie alla mediazione dei Tolomei, ma anche alle relazioni con i sovrani neo-punici, dopo essere stato l'attributo delle personificazioni di Alessandria, Numidia e Mauritania, a distanza di secoli e di millenni, si stabilizza come attributo iconografico di un intero continente e così appare, nelle pagine dell'Iconologia cinquecentesca, sfoggiato dall'allegoria di Africa.

Personificazione dell'Africa recubans, moneta emessa da Adriano, 130 d.C. circa
Correggio, Africa, particolare dalla decorazione ad affresco della Camera della Badessa, 1519 circa, Parma, Convento di San Paolo

Mappa della diffusione e  delle principali occorrenze delle exuviae elephantis nella numismatica antica

Bibliografia

Bellinger, Alkins Berlincourt 1962
Alfred Bellinger e Marjorie Alkins Berlincourt, Victory as a coin type, New York 1962.

Chugg 2005
Andrew Michael Chugg, The lost Tomb of Alexander the Great, London 2005.

Manfredi 2000
Lorenza Ilia Manfredi, L'Oriente in Occidente: Iside nelle monete puniche, in Atti del V Convegno Nazionale di Egittologia e Papirologia, a cura di Simona Russo, Firenze 2000, 151-167.

Manfredi 2001
Lorenza Ilia Manfredi, Gli elefanti di Annibale nelle monete puniche e neopuniche, in La terra degli Elefanti -The World of Elephants. Atti del I congresso internazionale, Roma 2001,  394-396.

Moreno 2004
Paolo Moreno, Alessandro Magno. Immagini come storia, Roma 2004.

Salcedo 1996
Fabiola Salcedo, Africa. Iconografia de una provincia romana, Roma-Madrid 1996.

Smith 1995
Federica Smith, scheda n. 64, in Alessandro Magno. Storia e mito, a cura di Carla Alfano (catalogo della mostra, Roma, Palazzo Ruspoli 21 dicembre 1995-21 maggio 1996), Milano 1995, p. 274.

Svoronos 1904
Joannes N. Svoronos, Ta nomismata tou kratous ton Ptolemaion, Athens 1904.

English abstract

The term exuviae elephantis indicates the iconographic attribute of the elephantine bare worn to cover the head. In the repertoire of classical art there are mainly three figures to whom this attribute is precisely: Alexander the Great, the personification of Africa and that of the city of Alexandria in Egypt. Alongside these three figures, others must also be enumerated (including the effigies of some Hellenistic sovereigns and the personifications of some African nations and, later, some other allegories by Cesare Ripa) which have made the attribute of the elephant scalp their own. by imitation and / or by analogy. In this essay we will try to outline the history of the iconographic attribute, investigating the reasons for its passage from one figure to another, along a path, more tortuous than linear, which winds through the centuries and which crosses three continents - Asia, Africa and Europe - leads from India to Rome.

 

keywords | Exuviae elephantis; Alexander the Great; Iconography.

Per citare questo articolo / To cite this article: L. Bonoldi, Exuviae Alexandri: slittamenti del significato allegorico della spoglia elefantina, “La Rivista di Engramma” n. 44, ottobre/novembre 2005, pp. 1-15 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2005.44.0000