"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

127 | maggio/giugno 2015

9788898260720

Figli di Marte: A B C della guerra negli atlanti di Aby Warburg, Ernst Jünger, Bertolt Brecht

Presentazione della mostra
Venezia, 28 aprile - 8 maggio 2015

Monica Centanni

Per quanto concerne la forma di questa ricerca ci proponiamo di sortire
l’effetto di un proiettile a scoppio ritardato, e promettiamo al lettore
disposto a seguirci attentamente che non verrà risparmiato neanche lui
Ernst Jünger, Sul dolore (1934)

Guerra, memoria, potere delle immagini. Tre protagonisti della cultura europea del Novecento sono convocati per la prima volta insieme, simultaneamente, a incrociare i loro sguardi e intrecciare i loro pensieri sulla rivoluzione dello spazio, del tempo, della percezione innescata dalla Prima guerra mondiale. La guerra 1914-1918, che segna la crisi definitiva dell’ordo publicus Europaeus, è avvertita in diretta dagli spiriti più acuti e sensibili del tempo come l’atto di inizio di un conflitto epocale destinato fatalmente a replicarsi, con una intensità se possibile ancora maggiore, nella Seconda guerra mondiale.

Le opere di Aby Warburg, Ernst Jünger, Bertolt Brecht sono intimamente attraversate dalle dinamiche del conflitto: da prospettive diverse, con diverse poetiche, inscenano, insieme, un inedito “teatro di Marte”.

Il Bilderatlas Mnemosyne di Aby Warburg (1929), la Veränderte Welt di Ernst Jünger (1933), la Kriegsfibel di Bertolt Brecht (1933-1947): le tre opere in mostra testimoniano che, di fronte alla formidabile violenza della guerra, in alternativa all’afasia e al ripiegamento nel muto dolore, l’unica reazione possibile è attivare i sensi estetici e intellettuali per comprendere l’irruzione di forze elementari che dilagano con potenza deflagrante nel conflitto mondiale: reagire al trauma, guardando il mondo mutato attraverso il nuovo occhio fotografico, elaborando il dramma nella modalità tragica del montaggio, ‘facendo mondo’ in forma di immagini, assumendo il peso e il rischio che la straordinaria evoluzione tecnica e le sue derive globalizzanti comportano.

Il tema del conflitto, annunciato già nelle prime tavole, percorre come un filo rosso tutto il Bilderatlas di Warburg che, con l’opera fotografica di Jünger e il sillabario di Brecht, fa simbolo’: composte insieme le tre opere diventano contrassegni diversi e complementari dell’atto di rinominazione di un mondo che, dopo la guerra, non sarebbe più stato lo stesso.

A B C per Aby Warburg è l’incipit dell’Atlante della memoria occidentale; A B C per Jünger è il sillabario del Mondo Mutato; A B C per Brecht è il sillabario fotoepigrammatico della guerra. Tra i materiali di queste tre opere, attraverso il pensiero eccentrico dei tre intellettuali, abbiamo tracciato il disegno di una “amicizia stellare”, una costellazione dominata dall’influsso incostante e inquieto di Marte. Marte – la cui orbita ellittica insegna a Keplero a inventare la modernità, rivoluzionando il disegno del cosmo che non sarà mai più la macchina di sfere perfettamente concentriche che Platone aveva immaginato nei Timeo. Ares, “il più odioso degli dei”, che è però anche lo spirito eracliteo del polemos che innesca movimento e dà vita al mondo. E ancora Ares, amante di Afrodite, che temperato da amore concepisce Armonia.

Ma Ares è, anche, un virtuoso della danza. Luciano di Samosata racconta infatti nel suo dialogo Sulla danza come Priapo – a detta dei Bitini dell’Asia Minore – fosse anche maestro d’armi di professione: Hera gli aveva ordinato di istruire suo figlio Ares, molto giovane, ma di una forza e una virilità eccezionali; Priapo aveva accettato e gli aveva insegnato a usare la spada e la lancia, ma solo dopo aver fatto di lui un perfetto danzatore.

I tre atlanti-sillabari si configurano come ‘strumento di orientamento’ storico-critico e spirituale, nella nuova era che si apre con il XX secolo. Tra le tante produzioni storiografiche, documentarie, letterarie sulla guerra, possiamo prestar fede a queste opere, perché gli atlanti non mentono: “gli atlanti” – ci ricorda ironicamente Gesualdo Bufalino – “sono libri d’onore”.

L’impatto della guerra genera naturalmente afasia: tre intellettuali europei sfidano l’orrore dando la parola all’immagine. Nel vuoto di logos e di nomos che la guerra produce, l’uomo può reinventare uno spazio e un modo dell’espressione affidandosi alla potenza incoercibile delle immagini. Ma l’uomo, se non vuole limitarsi alla sopravvivenza, deve “prendere posizione” – ci insegna Brecht; So-Sein e non meramente Da-Sein – ci insegna Jünger in dialogo polemico con Heidegger. Riprendere la parola, rinominare il mondo: A B C.

Colophon della mostra “Figli di Marte”
Università Iuav di Venezia | spazio Gino Valle
28 aprile - 8 maggio 2015
a cura di monica centanni


 

ideazione | giulia bordignon, monica centanni, daniela sacco
testi | maria bergamo, giulia bordignon, monica centanni, lucia coco,
flavia culcasi, simone culotta, silvia de laude, enkelejd doja,
maurizio guerri, peppe nanni, martino panizza, stefania rimini,
daniela sacco, g. olmo stuppia, silvia urbini
progetto allestimento | mariaclara alemanni, nicole cappellari,
enkelejd doja, nicola noro
grafica | mariaclara alemanni, nicole cappellari
realizzazione materiali | angelica basso, maria bergamo,
alex cernecca, nicola noro
video | stefania rimini con la collaborazione di angelica basso
e simona sortino
musiche | martino panizza
segreteria generale | angelica basso