"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

6 | febbraio/marzo 2001

9788894840049

Dal teatro della morte al teatro della pietà

Tavola fantasma ex Mnemosyne Atlas, Tavola 42

a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni e Katia Mazzucco, con la collaborazione di Sara Agnoletto, Maria Bergamo, Lorenzo Bonoldi, Giulia Bordignon, Claudia Daniotti, Giovanna Pasini, Alessandra Pedersoli, Linda Selmin, Daniela Sacco, Valentina Sinico

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Introduzione alla costruzione di una Tavola fantasma 

Secondo l’analisi interpretativa adottata da Engramma, ciascuna tavola dell’Atante Mnemosyne risulta costruita sull’accostamento di immagini legate tra loro tematicamente e formalmente, da una certa “aria di famiglia” e in serie politetiche (la definizione è di Salvatore Settis). Il meccanismo di costruzione di ogni tavola stimola nel lettore un ulteriore processo associativo, evocando nuovi accostamenti di immagini che confermano e sviluppano gli spunti individuati nella tavola warburghiana. Il risultato di tale evocazione è stato denominato “Tavola fantasma”: phántasma, ovvero proiezione di immagini che l’interprete-lettore produce reagendo creativamente alla provocazione ermeneutica della serie originariamente composta da Warburg.

La capacità seminale dell’opera di Warburg si esprime nel fatto che i percorsi visivi tracciabili sulle sue tavole non sono chiusi in forma fissa e conclusa ma aprono continuamente a nuove e differenti traiettorie di senso. Già Warburg, peraltro senza fissare itinerari obbligati, aveva appuntato le immagini su cartoncini prevedendo un loro possibile spostamento (e anche una migrazione di tavola in tavola).

Il percorso interpretativo (grafico e di lettura) così come l’esito creativo (la tavola costruita ex novo) non sono che una proposta fra le tante possibili letture di una tavola; la varietà dei tracciati comprova l’autenticità dell’interazione tra il lavoro di Warburg e il suo interprete-lettore che, libero da schemi preordinati, muove il suo sguardo alla cattura di motivi archetipici e di persistenze morfologiche.

Come aveva precocemente annunciato Giorgio Pasquali, Mnemosyne non solo agisce ma subisce lo sguardo dello studioso lasciandosi trasformare e fruttificando in nuovi ‘esperimenti’ creativi; esperimenti che, nel nostro caso, si sono concretizzati nella realizzazione della “Tavola fantasma”.

Saggio interpretativo della “Tavola fantasma” ex Mnemosyne Atlas, Tavola 42

1 | Vittore Carpaccio, Cristo morto, 1520 ca., Berlin, Gemäldegalerie.
2 | Hans Holbein, Cristo morto nella tomba, 1521-1522, Basel, Kunstmuseum
3 | Andrea Mantegna, Cristo morto nel sepolcro e tre dolenti, 1478-1480, Milano, Pinacoteca di Brera.
4 | Nicolò dell’Arca, Compianto su Cristo morto, 1485 ca. Bologna. Santa Maria della Vita.
5 | Nicolò dell’Arca, Maddalena, particolare dal Compianto su Cristo morto, 1485 ca. Bologna. Santa Maria della Vita.
6 | Guido Mazzoni, Donna in lutto, 1485-1489, frammento dal Compianto su Cristo morto, dalla Chiesa di Sant’Antonio di Castello a Venezia, Musei Civici di Padova.
7 | Bottega di Baccio Bandinelli, Compianto su Cristo Morto, particolare, metà XVI sec., Firenze, Museo Horne.
8 | Jacques-Louis David, Studio per le Sabine, 1795-1799, Paris, Musée du Louvre.
9 | Jacques-Louis David, Le Sabine, particolare, 1799, Paris, Musée du Louvre.
10 | Pablo Picasso, Guernica, 1937, Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía.
11 | Oskar Kokoshka, Imago pietatis, manifesto per Kunstshau 1909, Wien, Österreichische Museum für Angewandte Kunst.
11a | Scultore tedesco-renano, Crocifisso, particolare, 1300-1315, Pisa, Chiesa di San Giorgio dei Tedeschi.
11b | Scultore tedesco-renano, Crocifisso, 1300-1315, Pisa, Chiesa di San Giorgio dei Tedeschi.
12 | Vittore Carpaccio, Meditazione sulla passione di Cristo, 1510, New York, Metropolitan Museum.
13 | Anonimo, Pietà/Resurrezione, XIII-XIV secolo, Venosa (PZ), Chiesa della Santissima Trinità.
14 | Maestro della Madonna Straus, Pietà con Maria e Maddalena, 1400 ca., Firenze, Gallerie dell’Accademia.
15 | Luca Signorelli, Compianto su Cristo morto, particolare, 1499-1502, Orvieto, Duomo, Cappella di San Brizio.
16 | Caravaggio, Deposizione, 1602-1604, Roma, Pinacoteca Vaticana.
17 | Cosmè Tura, Pietà, 1470-1480, Venezia, Museo Correr.
18 | Giovanni Bellini, Madonna in trono che adora il bambino dormiente, 1475, Venezia, Gallerie dell’Accademia.
19 | Giovanni Bellini, Pietà, 1505, Venezia, Gallerie dell’Accademia.
20 | Mater Matuta, II sec. a.C., Capua, Museo campano.
21 | Raffaello, Deposizione, 1507, Roma, Galleria Borghese.
22 | Pontomo, Deposizione, 1526-1528., Firenze, Chiesa di Santa Felicita.
23 | Sandro Botticelli, Compianto su Cristo morto, 1495, München, Alte Pinakothek.
24 | Sandro Botticelli, Compianto su Cristo morto, 1490 ca., Milano, Museo Poldi Pezzoli.
25 | Annibale Carracci, Compianto su Cristo morto, 1604-1606, London, National Gallery.
26 | Caravaggio, Morte della Vergine, 1604-1606, Paris, Musée du Louvre.
27 | Parmigianino, Madonna con bambino e angeli (Madonna dal collo lungo), 1534-1540, Firenze, Gallerie degli Uffizi.
28 | “La morte del Dandy”, campagna pubblicitaria per una griffe di abbigliamento, novembre 2000.
29 | David Bowie, “Autopietà”, immagine della copertina di Hours, 1999, Virgin Record America (foto di Tim Bret-Day).

Questa composizione inizia dall’explicit della Tavola 42 ripreso in posizione incipitaria [Fig. 1] e segue recuperandone e sviluppandone i fili tematici. Nel “Teatro della Morte” della Tavola 42, attraverso una scelta di immagini omogeneamente rinascimentali, veniva portata in scena la tensione tra le polarità maschile-femminile, morte-vita, stasi-movimento. Qui da contesti storico-stilistici differenti (dall’antico alla contemporaneità) vengono convocate immagini che, per il disegno di nuove linee di forza, da una parte confermano quella polarità, dall’altra giungono al collasso della tensione primaria e al congelamento della differenziazione di genere e di ruolo (madre-figlio, vita-morte, femminile-maschile) nella postura della Pietà-Maestà [Figg. 17; 18; 19; 20; 27; 29]. Dal tessuto cronologicamente e tematicamente molto compatto della composizione warburghiana si sviluppa in questo modo un percorso tematico differente che culmina nell’explicit in una ulteriore complicazione di senso.

Nel Compianto su Cristo morto di Vittore Carpaccio [Fig. 1], explicit della Tavola 42 dell’Atlante ed incipit della “Tavola fantasma”, affiorano tre temi che aprono ai relativi percorsi di senso: la morte, il dolore, la meditazione sulla morte. Il tema della morte risulta primario: un paesaggio desertificato, un Cristo morto in primissimo piano, adagiato sul letto funebre colpisce per l’espressione pacata del volto, per la compostezza, per la posizione delle mani; elementi che, nonostante la presenza della ferita ancora sanguinante al costato e del foro lasciato dal chiodo infisso nel piede destro, sembrano esprimere l’idea della morte come sonno tranquillo. Maria, Maddalena e Giovanni, alla destra del Cristo, sono l’espressione del dolore dinanzi alla morte, un dolore silenzioso, contenuto; Maria, quasi priva di forze, sostenuta da Maddalena, ha il volto completamente in ombra e rivolto verso il cielo. In stretta relazione con il cadavere protagonista è la figura di Giobbe, quasi un tutt’uno con quella di Cristo, collocata, si direbbe, ad incastro tra i suoi piedi e il manto verde; Giobbe introduce il tema della meditazione sul mistero della morte di Cristo. Il suo volto esprime turbamento, ma anche consapevolezza dell’inevitabilità di questo sacrificio.

La tensione delle polarità maschile-femminile, morte-vita, stasi-movimento, evocata nella composizione del Carpaccio, trova sfogo da una parte nelle immagini di Morte di Cristo [Figg. 2, 3], dall’altra nell’esternazione esasperata delle figure della Dolente [Figg. 4, 5, 6].

Il Cristo nel sepolcro di Holbein [Fig. 2] è l’estrema espressione della chiusura della morte. La rigidità delle membra grigie ed emaciate, la contrazione della mano destra, lo spasmo del volto, la fissità dello sguardo, sono amplificate dal completo isolamento della figura serrata e schiacciata nello spazio angusto, ormai nettamente separato dalla passione del mondo esterno. In un tempo pensato per la prima ed ultima volta come assoluto, il cadavere dell’uomo-dio è costretto nelle misure claustrofobiche del quadro-sarcofago e consiste della sua iperrealistica carnalità; il silenzio astratto dello spazio stretto e conchiuso ci dice l’orrore tutto umano della fine: comunica una sensazione di morte disseccata come esaurimento di ogni energia vitale e di ogni possibilità di compianto.

Ne Il Cristo Morto di Mantegna [Fig. 3] si narra differentemente dell’umanità di Cristo. Il corpo steso in uno spazio interno, visualizzato frontalmente, mostra i fori lasciati dai chiodi sulle mani e sui piedi; al suo fianco, il dolore di Maria e Giovanni è un dolore profondo, ma rispetto all’isolamento e alla chiusura totale espressi in modo diverso nell’esterno desertificato dell’opera di Carpaccio e nel chiuso del sarcofago di Holbein, i due dolenti di Mantegna riattivano una seppur marginale circolazione del pathos.

Riaffermando le due principali linee di prospettiva ermeneutica della Tavola 42, anche in questa composizione, nella fascia alta della tavola, alla staticità della morte maschile fa da contrappunto l’irruenza del dolore femminile.

Il dolore per la morte di Cristo è dominante nella Pietà di Niccolò dall’Arca [Fig. 4]; la sofferenza urlata e sconvolgente delle figure femminili è comunicata attraverso il contorcersi dei corpi e il vibrare delle vesti nell’esibizione del repertorio convenzionale delle Pathosformeln della disperazione; il punto culminante si raggiunge con la figura di destra – la Madre – la cui irruzione a braccia tese all’indietro apre anche, quasi a ruota, il movimento della veste in un vortice totale di forte pathos.

Il dolore urlato [Fig. 5] della Pietà di Niccolò dall’Arca si trasforma in spossatezza e lamento nella Pietà di Guido Mazzoni [Fig. 6], che costituisce un momento di quel processo di interiorizzazione del dolore che, nel Compianto su Cristo morto di Baccio Bandinelli arriva a compimento nel personaggio della Velata [Fig. 7 ex Fig. 42.14].

Ulteriori e diverse sfaccettature si dipartono dalla stessa Pathosformel della figura irruente con braccia tese all’indietro: da un disegno in cui ritroviamo il pathos della dolente [Fig. 8] David ricava la formula posturale della figura centrale delle Sabine [Fig. 9] dove ancora si contrappone la stasi maschile (qui la postura statuaria del guerriero) all’enfasi femminile che indica ancora l’irruzione del dolore ma raggelato in posa nella composizione neoclassica. Un’ulteriore deriva della Pathosformel della disperazione è nel contesto di guerra del Guernica di Picasso [Fig. 10] e infine nella Imago Pietatis di Kokoschka [Fig. 11] in cui il dolore deforma i tratti del volto e le posture dei corpi. Corpi e volti deformati dal dolore come già accadeva nei Cristi delle medievali “Crocifissioni dolorose”, immagini direttamente esemplate dai corpi martoriati nelle processioni rituali della Via Crucis [Figg. 11a, 11b].

Termine di congiunzione tra le due polarità è il tema della meditazione sul mistero della morte-resurrezione di Cristo, centrale nella Meditazione sulla Passione di Cristo di Carpaccio [Fig. 12] emblema del dolore ormai interiorizzato (come già annunciato dalla figura della Velata, [Fig. 7]), razionalizzato e tutto elaborato nella meditazione.

La presenza dei dolenti, che veicolava il dolore umanizzato del Cristo di Mantegna, era preminente nella Pietà stante del Compianto di Venosa in cui la passione del compianto si confonde con la gioia per l’imminente resurrezione [Fig. 13]. Qui il dolore gridato separa in modo inconciliabile gli attori della scena: il corpo di Cristo a braccia conserte sta tra Maria disperata nel gesto eloquente delle mani supplicanti e Giovanni che si apre le vesti e si scopre il petto per il dolore. A far da contrappunto è la Deposizione del Maestro della Madonna Straus [Fig. 14]: la figura di Cristo nella stessa posizione (stante a mezzo busto che fuoriesce dal sepolcro) tiene le braccia aperte in segno di congiunzione e unisce coinvolgendole nel dolore le figure di Maria e Maddalena. L’unione è suggellata dal doppio bacio delle due Marie che simmetricamente sostengono le braccia ormai inerti di Cristo.

Il bacio della mano di Cristo, motivo di condivisione e accettazione del dolore, torna come gesto eloquente nel Compianto di Luca Signorelli [Fig. 15]: è la Maddalena che raccoglie sul suo seno la mano di Cristo lacerata dai chiodi della crocifissione, mentre Maria con una mano sostiene il capo del figlio, e apre l’altra al cielo (atteggiando un altro gesto eloquente). Sullo sfondo della rappresentazione compare, en grisaille, una scena di trasporto del corpo di Meleagro, eco evidente, in contrappunto, della postura del corpo morto in primo piano. Nel dialogo tra tema antico e pathos, risemantizzato nel nuovo contesto religioso, è presente un topos della morte, tipico dell’arte rinascimentale: quello del braccio steso lungo il corpo o pendente, motivo che ricompare anche nella Deposizione di Caravaggio [Fig. 16].

La Pietà di Tura [Fig. 17] costituisce uno snodo tematico e gestuale della tavola; in essa compare il gesto eloquente del bacio della mano ma si apre anche un nuovo orizzonte di senso che informa la terza fascia della “Tavola fantasma”, la sezione tutta originale rispetto alle tematiche ispirate alla Tavola 42 dell’Atlante: è il tema della Pietà-Maestà. Tura sintetizza nella coppia Madre-Figlio due immagini emblematiche: la figura antica della Maestà (derivante dall’icona) e la nuova iconografia della Pietà. Lo scandalo della sintesi è nella rappresentazione di una Madonna in posa di Maestà seduta su un sepolcro che tiene tra le braccia non il corpo di un Cristo bambino ma il corpo adulto di un Cristo rattrappito e rimpicciolito nella morte, e proprio in questo mostruosamente assimilabile a un infante. Quindi a una Pietà di Bellini, dove la Madonna, ormai desolata, tiene il figlio morto tra le braccia [Fig. 18], si sovrappone l’immagine di una Maestà di Bellini [Fig. 19], dove la prefigurazione della morte è resa consapevolmente già nella postura del bambino dormiente abbandonato in grembo alla madre con il braccio pendente e i piedini incrociati, perfettamente sovrapponibile alla postura del cadavere tornato in braccio alla madre. Il dogma dell’Incarnazione - morte- resurrezione di Cristo riconduce così al tema della madre della vita e della morte, un soggetto già classico raffigurato nel mito e nel culto della Mater Matuta [Fig. 20].

Dalla figura di sintesi di Pietà e Maestà [Fig. 17], che rimanda da un lato al tema (Tavola 42) della Madre della Vita e della Morte e dall’altro al tema dell’unione spirituale sancito dal bacio, si snoda un percorso che conduce circolarmente all’esito dell’explicit [Fig. 29] attraverso una nuova fenomenologia della morte.

È qui che, a differenza del Teatro della Morte della Tavola 42, si inscena il progressivo dissolversi della polarità maschile-stasi-morte versus femminile-moto-vita: il pathos non si esprime più nella tensione oppositiva, ma è canale di congiunzione e confusione tra morte e vita, tra maschile e femminile.

Il motivo del trasporto del Cristo Morto, che ha origine dalla Deposizione di Raffaello [Fig. 21], funge da elemento di unione narrativa tra la Pietà – dove il dolore deformante si è ricomposto nella figura della madre che ha accettato il destino del figlio – e la Deposizione dalla croce di Pontormo [Fig. 22]. L’effetto è quello di una successione per fotogrammi che svela come il pathos espresso dalla figura di Maria si fonda progressivamente al sonno di morte di Cristo. Il mancamento è rappresentato nella Deposizione del Pontormo, e annuncia la completa perdita dei sensi inscenata dai due Compianto su Cristo Morto di Botticelli [Figg. 23, 24], dove tutte le figure del compianto sembrano ritratte in flash immediatamente successivi (si confronti il progressivo avvicinamento della Maddalena al corpo di Cristo e la successione nei movimenti dei personaggi).

Ne Le Tre Marie del Carracci [Fig. 25] la perdita dei sensi di Maria si scioglie con il sonno di morte del figlio. Una fusione che sembra indicare l’identità di Maria in Cristo, e quindi della donna e dell’uomo, sancita dal comune destino di morte; morte che è allo stesso tempo sonno (Dormitio Virginis) e quindi una sorta di morte apparente. Morte che è anche nella teologia cristiana preludio alla vita eterna. La posizione delle due figure, l’una stesa sull’altra, la mano della Madonna poggiata questa volta non sul suo petto ma su quello del figlio, inscena, nel comune deliquio, lo speculare riflettersi delle due identità.

La Morte della Madonna di Caravaggio [Fig. 26] sancisce questa identità: la morte, o Dormitio, fino ad ora destino del Figlio contro cui il dolore della Madre si opponeva, accomuna i due protagonisti e procede alla loro trasfigurazione. Lo scambio delle identità coinvolge anche il gruppo dei dolenti che attorniano il cadavere, ora di Maria morta: tutte figure maschili eccetto la figura femminile di una dolente in primo piano. Per questa composizione l’opera di Caravaggio fa da contrappunto alla Pietà di Niccolò dall’Arca.

L’assimilazione morte/nuova vita procede anche dal motivo iconografico della Madonna in trono con il Bambino del Parmigianino [Fig. 27], emblema dell’incarnazione e prefigurazione della passione-morte-resurrezione. Questo motivo ritorna per engramma (e non certamente per deduzione da modello) dalla figura della Mater Matuta [Fig. 20] alla Madonna del Parmigianino specularmente sovrapponibile. Questa Madre di Vita e di Morte, attraverso il gesto eloquente della mano al petto, è giustapponibile ancora all’immagine della Pietà.

Si è voluto vedere una ripresa del Teatro della Pietà nell’immagine contemporanea di una pubblicità [Fig. 28]. Il corpo di Cristo morto è sostituito da una figura evidentemente ambigua, uomo e donna indifferentemente. Una morte quindi che pertiene indiscretamente a entrambi i sessi e alle persone simboliche a cui si vogliono ricondurre le figure del Compianto e la figura della Morte. Il corpo morto tiene in mano uno specchio che oltre ad essere un attributo di vanità è, nel contesto della nostra lettura, emblema di identità rifratta e illusoria.

L’immagine successiva è una Pietà, rappresentata da un doppio David Bowie [Fig. 29] ritratto nei due ruoli della figura femminile (pietà-Madonna) e in quella maschile (morte-Cristo).

Nell’explicit quindi le polarità dell’incipit percepite come oppositive implodono annullandosi l’una nell’altra: si compie così attraverso la morte una sorta di coincidentia oppositorum, sintetizzata in una figura – l’“autopietà” di David Bowie – che, per le peculiarità dell’immagine (luminosità sovraesposta che congela in una fissità statuaria le figure), rende a pieno il percorso astraente del pensiero che ha portato alla percezione di questa trascendente identità.

*La numerazione delle singole riproduzioni contenute nelle tavole fa riferimento alla numerazione dell'edizione dell'Atlante Vienna 1994.

A Theatro Mortis ad Theatrum Pietatis. Tabula Simulacrum ex Tabula XLII Mnemosyne

a Giacomo Dalla Pietà latine versum

Ex Engrammatis pervestigatione in Atlante Memoriae omnis tabula thematicis et formalibus similitudinibus composita videtur, familiari quodam visu et seribus polithematibus concatenata (sic Salvatoris Settis). Quod lectorem ad alios nexus inveniendos incitat et continuationes sic inventae rationes ab Aby Warburg propositas confirmant. Eius inventionis fructus nobis videtur nominandus Tabula Simulacrum, id est ‘phantasma’ a lectore hermeneuta proiectum: nam cum machina warburgiana provocationem quandam moverit nova interpretatio realis fit, in Atlantis corpore quasi revocata.

Opus warburgianum ita frugiferum videtur ut itinera in tabulis inventa numquam constituta sint, sed ad diversas significationes alios cursus aperiant. Verum, ut itinera hermeneutica in tabulis mobilia essent ad nimium rigorem compositivum evitandum, Warburg ipse figuras in tabella chartacea aculeis fixerat, ut ordo in tabula mutari posset atque eadem figura et in aliam tabulam transferenda esset.

Tabularum interpretationes per schemata graphica et per scripta in Engramma propositae, sicut novae inventiones, idest tabulae ex novo confectae, una ex plurimis lecturis, quae fieri possunt, esse videntur. Iam hoc a Giorgio Pasquali praedictum: Mnemosyne interpretis conspectum mentemque non solum agit, sed etiam patitur, et fit ut in itinere interpretativo Atlas ipse se convertat et nova experimenta pariat: Engrammatis experimentum hermeneuticum tabulam simulacrum creavit.

Figura incipitaria eadem explicitaria figura tabulae XLII est [Fig.1]: eadem thematica itinera in hac tabula confirmantur. In tabulae XLII “Mortis Theatro” virilis imago muliebri imagini, mors vitae, quies motui oppositae, figuralem significationem significabant. Item tabula simulacrum usque ad Pietatis-Maiestatis habitum [Figg. 17, 18, 19, 20, 27, 29] easdem significationes patefacit; tamen e confertissima textura thematica in tabula warburgiana inventa, alia itinera evolvuntur usque ad defectum adque inversionem primae oppisitionis inter virile et foemininum, matrem et filium, vitam et mortem.

Tres lineae thematicae a Compianto di Cristo morto, opere a Vittore Carpaccio picto [Fig. 1] emergunt: mors, dolor, meditatio de morte. Mors primum thema videtur: in deserta et regione Christus, ut persona eminens, exanimis in funebri lecto compositus conspicitur; ipse et vultus continentia et manuum corporisque dispositione insignis, pectoris vulnere sanguinolento et dextero pede clavo perforato, mortem, ut placidum somnum, exprimit. Maria, Magdalena et Ioannes, adsunt, compotes modestique in suo dolore. Maria, quasi exanime corpus, a Magdalena sustentum, visum in umbra pictum, ad coelum vertit. Iob, vultu commotus, inter Christi pedes et herbas positus, de Christi mortis mysterio meditans, cum Christo ipso unam figuram componit: conscia imago necessarii sacrifici. 

Contrarietates inter virilem imaginem et muliebrem imaginem, inter mortem et vitam, inter quietem et motum, in hoc opere a Carpaccio picto lectae, ex Morte di Cristo [Figg. 2, 3] et Dolentis imaginibus [Figg. 4, 5, 6] erumpunt. In Holbein Cristo nel sepolcro [Fig. 2] mors dei omnium rerum finis videtur: Christi corpus et rigidum et macie confectum et pallens; dextera manus contracta; vultus cruciatus, oculi in nihil intuiti; adde quod Christi figura se in solitudinem recipit, angustiis comprimitur, ab omne vita disiuncta. In tempore sepulcrali – hic absoluto, sempiterno tempore – cadaver hominis qui est etiam cadaver Dei in spatio minimo comprimitur. Infinitum silentium in hoc spatio percepto spectatoris mentem animumque terret, cum mors omnibus communis in memoriam revocetur: mors essicatio, finis vitalium virtutum, et ipsius fletus ultima defectio esse videtur.

Aliter in Il Cristo Morto [Fig. 3] a Mantegna picto de morte narratur: Christus, in fronte positus, manibus et pedibus clavis perforatus, in loco saepto iacet; Maria et Iohannes multum dolent et clamant: pro desolatione in Carpaccio opere picta, pro silentio et solitudine, ab Holbein figurata, hic Maria et Iohannes, quamquam marginaliter collocati, tamen cum Christo patiuntur.

In tabulae superiore sectione, sicut in tabula XLII, muliebribus imaginibus vehementer dolentibus virilis immota mors opposita videtur. In Pietà a Niccolò dell’Arca sculpta [Fig. 4] dolor dissilit: “Pathosformeln”, i.e. formulae patheticae, desperationis explicantur in turbatis et distortis corporibus, maximos dolores et clamores fingunt usque ad Matrem irrumpentem concitatis velaminibus: brachia ad retrorsum intenta, maximo dolore et vestis concutitur. Extremus dolor in Niccolò dell’Arca Pietà [Fig. 5] loco cedit et in languorem et gemitus se convertit in Pietà di Guido Mazzoni [Fig. 6], sicut in Compianto su Cristo morto a Baccio Bandinelli confecto, quo imago velata apparet [Fig. 7 ex 42.14]. Ex eadem Pathosformel variae imagines oriuntur: in David Ratto delle Sabine [Fig. 9], neoclassico modo, media figura, quasi glaciata imago muliebris pathos, immotae imagini virili, militis figurae, se opponet.

Item in Guernica a Picasso picta [Fig. 10] et in Kokoscha Pietà [Fig. 11]: membrorum distortorum habitus et vultus dolore detorti, corporibus cruciatis in “Crocifissioni Dolorose” figuratis [Figg. 11a, 11b], simillimi sunt. Iunctura inter oppositiones proposita est in meditatione de Christi morte resurrectioneque. Quod argumentum primas partes agit in Carpaccio Meditazione sulla Passione di Cristo, intimi et intellectualis doloris figuratione symbolica (iam in imagine Velatae praefigurata [Fig. 7]).

Dolentium imagines, quae in Mantegna opere humanissimum dolorem amplectabantur, iam in Compianto di Venosa Pietate stante [Fig. 13] primas partes agebant. In hac pietate autem dolor et clamor imagines disiungunt: media figura Christi, brachiis consertis, inter Mariam, manibus supplicibus, omni spe deiecta, et Iohannem, cum veste lacerata propter disperationem, compos sui stat. Aliter in Deposizione Magister Straus [Fig. 14] pietas figuratur: Christi habitus idem est, trunco e sepulcro eminente; sed ipsius brachia, non complicita sed detenta, Mariam et Magdalenam Christi doloris participes iungunt: concordiae symbolus duo Mariae adsunt, ambo Christi manus osculantes, brachia lenta sustinentes.

Christi manus osculata, doloris concordiae signum, ut gestus eloquens, in Luca Signorelli Compianto [Fig. 15] conspicitur: Magdalena, suo sinu complexuque Christi manum recipit, crucifixionis clavis perforatam; Maria, altera manu filii caput sustinet, altera in coelum erigit (gestum eloquentem agens). In scaena reducta, en grisaille, Meleagri corporis translatio fingitur: antiquae imaginis habitus corpori Christo mortuo eminenti simillimus est. Concertatio inter antiquitatem et pathos christianum in pietatem conversum, Rinascimentalem habitum de morte fingenda edidit: brachium finitimum corpori aut pendentem, sicut in Caravaggio Deposizione [Fig. 16].

In Cosmé Tura Pietà [Fig. 17] manus osculatae cum gestu eloquenti aliam significationem, in tabula XLII absentem, inducunt et delineant tertiae sectionem thematicam huius Tabulae Simulacri: Pietatis-Maiestatis argumentum. Mater et Filius figurae symbolicae sunt: in Tura Pietà antiquus habitus Maiestatis, ab icona exortus, cum novo habitu Pietatis implicatur. Maria, in Maiestatis habitu, supra sepulcrum sedens, non Christum—puerum sed Christum—virum complectitur: sed ipsius membra morte extortuntur et franguntur, et ob eam rem corpus adultum corpori puerili horribilem in modum simillimum videtur. Bellinianae Pietà [Fig. 18] et Maestà [Fig. 19] in mortis argumento convergunt: illic Maria, animo costernata, mortuum filium complectitur; hic infans dormiens, brachio pendenti, pedibus decussatis, Christi mortui habitum, a matre complexum, suscipit. Mysterium de Christi incarnatione, morte et resurrectione in argumento de matre vitae mortisque domina — iam in antiquitate mythologice in imagine Matris Matutae propositum [Fig. 20] — convergit.

Argumentum de Pietate ac Maiestate, in Tura opere inventum [Fig. 17], cum argumento de Matre mortis et vitae dominae, osculo siglatum, in explicitaria figura [Fig. 29] confluunt. Qua in figura – aliter ac in tabula XLII qua virilis imago/quies/mors versus muliebrem imaginem/motum/vitam opposita videtur - dissolvitur: nunc pathos mortem ad vitam, virum ad mulierem una iungit.

Translatio corporis Christi, celebrata in Raffaello Deposizione [Fig. 21], — mater, modeste dolens, filii sorti obsequens — Pietatis argumentum cum Depositione corporis Christi conectit. In Pontormo Deposizione [Fig. 22], per imagines quasi in serie cinematographica captae, Mariae pathos cum Christi somno mortali commiscetur. Defectio virium in Pontormo Deposizione, animi defectio in Botticellianis Compianto su Cristo Morto [Figg. 23, 24] fit.

Mariae animi defectio, in Carracci Le tre Marie [Fig. 25], in mortali somno Filii dissolvitur. Sic Maria et Christus unum esse videntur; item vir et mulier idem videntur, quia unus et communis exitus mors est. Mors una cum somno, somnus quasi simulata mors, ut in Dormitione Virginis: ex theologiae Christianae sententia, mors-somnus aeternae vitae initium est. Maria et Christus per communem humanam naturam in morte eodem habitu figurantur: Maria, proxima Christo et supra eum recumbans, non sua sed filii manu in pectore imposita, animi defectionem cum Christo particeps fingit.

Caravaggio in La Morte della Madonna [Fig. 26] Mariae et Christi naturam unam et eandem pingit: mors, adhuc semper mors Filii cui Mater dolorosa fortiter obstabat, nunc a Maria ipsa, ut Dormitio, suscipitur. Item omnes dolentes, mortuae-dormientis Mariae circumstantes, omni discrimine remoto vel viri vel foeminae sunt. Caravaggio compositio versus Niccolò dell’Arca opus opponitur. Adsimulatio inter mortem et renovationem vitae etiam in Parmigianino Madonna in trono con il Bambino [Fig. 27] repperitur: mysterium de incarnatione et passione et prefiguratae mortis-resurrectionis symbolus. Argumentum, non ab exemplo deductum, sed “per engramma” traditum, a Matris Matutae imagine [Fig. 20], in Parmigianino Madonna redit. Mater Matuta, manu in pectore imposita in gesto eloquenti, Pietatis imagini simillima est.

“Theatrum Pietatis” in nostrae aetatis publicitaria imagine [Fig. 28], ad vitam revocatur. Imago simul virilis et muliebris, in sexu ambigua, pro Christo mortuo est: tunc eadem virilis et muliebris mors est. Cadaver quoddam speculum, vanitatis et fallacis naturae symbolum, manu destringit. Ultima Pietatis imago est: simul persona muliebris (Mariae et Pietatis), et persona virilis (Christi et Mortis) a duplice David Bowie [Fig. 29] figurantur.

In figura explicitaria oppositiones inter mortem et vitam, virum et foeminam, quietem et motum dissolvuntur: tandem in morte coincidentia oppositorum fit.

English abstract

In the panel ex Mnemosyne Atlas, Panel 42, that was called “Phantom Panel”, and it’s Warburg’s work, we can see the Theatre of Death’s representation, which comprehends various relationships that are internal to the theme of death; this essay wants to take a trip from the Theatre of Death to the Theatre of Pity, including how those artistic forms, their roles and their internal tensions were used not only during the period of the Renaissance, when we can witness the work of artists like Carpaccio, Mantegna, Tura, Caravaggio and Raphael, but also by modern painters like Picasso and singers like David Bowie. Death and Pity have developed different and intertwined characters, so, what are the relationships between these theaters and their evolution during years? These are the questions that this essay wants to answer.

keywords | Theatre of Death; Theatre of Pity; Mnemosyne Atlas.

Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, Dal teatro della morte al teatro della pietà. Tavola Fantasma ex Mnemosyne Atlas, Tavola 42, “La Rivista di Engramma” n. 6, febbraio/marzo 2001, pp. 7-15 | PDF