"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Itinerari scenici e compositivi attraverso la Ninfa e l’Atlante di Warburg

Esperienze di ricerca del gruppo ErosAntEros

Agata Tomsic, ErosAntEros

English abstract

Aby Warburg ha fatto ingresso nelle pratiche di ErosAntEros nell’autunno 2010, quando dopo il debutto del nostro primo lavoro, io e Davide Sacco (regista, music designer e, assieme a me, cofondatore di ErosAntEros; ErosAntEros: Nota biografica); ci siamo affacciati a un nuovo progetto spettacolare con al centro la figura della Ninfa nelle sue varie manifestazioni antiche, moderne e contemporanee. Lo studio preparatorio alla creazione dell’opera teatrale prendeva spunto dallo storico amburghese per ricercare, attraverso la storia dell’arte, la letteratura, la filosofia e le immagini mediatiche, le sopravvivenze con cui questa formula di pathos si inseriva all’interno del nostro immaginario personale e collettivo. Tale studio si trasformò presto, seguendo la scia degli studi warburghiani, in “un progetto più ampio di ricerca sulla figura della ninfa, in relazione all’uomo e al suo rapporto con le immagini”(Approfondimenti ninfolettici), che ha ecceduto i limiti dello spettacolo stesso, protraendosi fino ai nostri giorni. L’intuizione di Giorgio Agamben che “la ninfa è l’immagine dell’immagine, la cifra delle Pathosformeln che gli uomini si trasmettono di generazione in generazione e a cui legano la loro possibilità di trovarsi o di perdersi, di pensare o di non pensare” (Agamben 2007, 53-54) è stata uno dei fuochi centrali di questo percorso, che ha portato, dopo quasi due anni di studio e sperimentazioni sceniche, al debutto di Nympha, mane!, nel gennaio 2012. Il costante ampliamento degli orizzonti di ricerca durante i mesi di produzione ha fatto sì che molto presto la sola forma scenica non ci bastasse più e desiderassimo trovare un altro strumento per condividere con il pubblico gli studi che ci avevano appassionato. È così che abbiamo deciso di dare forma a un percorso di incontri – Contagi mnestici – parallelo allo spettacolo, con cui sempre abbiamo accompagnato le repliche di Nympha, mane!, coinvolgendo intellettuali e artisti all’interno di un tracciato più ampio di contaminazioni sul tema della ninfa. Ma la volontà di riflettere sui materiali con cui ci siamo confrontati durante i mesi di produzione non si era ancora esaurita ed è confluita nel 2013 all'interno di uno scritto teorico, in cui mi sono permessa di approfondire individualmente la nostra riflessione su Ninfa e il potere delle immagini.
Nei mesi di studio e ideazione preparatori allo spettacolo, il metodo con cui Warburg organizzava le riproduzioni fotografiche all’interno del suo Atlante Mnemosyne, aveva già preso piede all’interno dei nostri processi creativi, influendo in maniera diretta sulla forma che stavamo costruendo sulla scena. In maniera simile a come aveva fatto lo studioso nelle sue tavole, anche noi andavamo accostando ordini diversi di realtà lasciando affiorare tra di essi rapporti a prima vista nascosti. Alla domanda sull'identità di Ninfa, da cui aveva preso vita il progetto, rispondevamo trasformando la stanza dove stavamo lavorando in un enorme atlante espanso, in cui testi, immagini, video e suoni interagivano tra di loro. Per orientarci disponevamo i materiali sul pavimento, che lentamente si trasformava in una grande tavola in cui immagini, frammenti di testo e rimandi video venivano raggruppati attorno a diversi grumi di senso, senza sapere ancora come sarebbero stati utilizzati. Questi materiali si moltiplicavano e intrecciavano tra loro giorno per giorno, andando a delineare le prime possibilità sceniche, le figure, le azioni, le parole e le immagini, che successivamente sarebbero entrate nello spettacolo.

In alto: ErosAntEros, Atlante Corrente, dettagli. In basso: ErosAntEros, Nympha, mane! (ph. C. Oliva e M. Tomaiuoli).

Warburg era convinto che l’opera d’arte fosse il prodotto dell’oscillazione dell’uomo tra due poli di forze opposte – i due poli della vita immaginativa, “una concezione del mondo religiosa e una matematica”, “la serena contemplazione e l’abbandono orgiastico” (Warburg [1929] 2008, 819) – tra i quali la memoria, sia collettiva che individuale, si inseriva, per creare spazio al pensiero. Le Pathosformeln al centro della sua Kulturwissenschaft rappresentavano il patrimonio gestuale che era stato capace di trasmettersi e conservarsi attraverso i secoli e che, volta per volta, guidava la mano dell’artista nell’atto creativo; e noi, volevamo attingere a quello stesso patrimonio per ricercare le immagini e i gesti con cui restituire l’immagine di Ninfa nello spettacolo. Appropriarci del dispositivo dell'Atlante di Warburg per creare un mondo nuovo ha significato per noi mettere all’opera un metodo di montaggio che si sviluppa nello spazio, accostando immagini (o altri materiali) su di uno stesso piano e lasciando che sia l’immaginazione a colmare gli spazi vuoti che tra essi si creano. In maniera simile a come, nel mito orfico, fece il piccolo Dioniso – dio della visione e del teatro – quando da bambino, giocando con uno specchio donatogli dai Titani, lo mandò in frantumi, per ricomporre attraverso i suoi cocci una nuova immagine del mondo e di sé (Colli [1977] 2009, 245-251; Sacco 2013, 58-61). Un atto sovversivo che distrugge il preesistente, ma che conserva, allo stesso tempo, memoria di ciò che è stato. Esattamente come fa il poeta che, trasfigurando il modello insufflatogli dalle Muse, in-forma il presente attraverso la mimesi metamorfica. Così, faceva anche ErosAntEros, collegando le eterogenee sopravvivenze di Ninfa all’interno di una scrittura scenica che ambiva, allo stesso tempo, anche a rispecchiare la molteplicità delle fonti che la memoria le aveva tramandato. Ispirati dalla pluridiscplinarità degli studi warburghiani, abbiamo, infatti, deciso di costruire la forma spettacolare a partire dalla messa al bando delle convenzionali gerarchie tra i linguaggi scenici, attribuendo ai performer una funzione iconica, che li poneva sullo stesso piano di luci, scene, musiche, immagini, video, testi proiettati e registrati. Coerentemente all’idea di funzione performativa caratteristica della scrittura scenica, definita da Lorenzo Mango come “un modo di trattare l’attore […] anzitutto come qualità visiva, come immagine che si fa icona, in quanto assume una forma scenica che sottintende sia valenze simboliche che drammaturgiche [… e che] si riflette, anzitutto, nella relazione che si viene a creare sul piano visivo, tra attore e scena, quando la presenza umana assume la configurazione di segno tra segni dello spettacolo” (Mango 2003, 312). 

Tutti questi contributi agivano simultaneamente la scena come se fossero un unico corpo plurilinguistico e unitario. All’interno dei singoli linguaggi, avvenivano altri micromontaggi sottotraccia, che applicavano lo stesso metodo di montaggio ai singoli linguaggi espressivi. L’esempio più evidente sono i testi verbali, composti attraverso uno scrivere citando, che saccheggia le immagini letterarie di altri autori e le trasforma in nuovi nuclei evocatori, riscritti in forma di brevi monologhi o dialoghi, privi di vera azione drammatica e totalmente estranei al loro contesto di partenza [1].

Nutriti da queste ambizioni lavorammo per un lungo periodo di prove a tavolino, seduti entrambi in regia, a guardare la scena vuota che lentamente si abitava di oggetti, tessuti, scene, luci e suoni, e per più di un anno e mezzo, non siamo entrati come performer in essa, se non per verificare come i materiali che conteneva rispondevano alla presenza dei nostri corpi. Soltanto pochi mesi prima del debutto avremmo iniziato ad abitarla anche noi, inserendo le nostre presenze per ultime, presenze ormai costrette ad agire in spazi estremamente limitati a causa della gabbia drammaturgica che avevamo costruito.
Pochi mesi prima del debutto, consapevoli che lo spettacolo non sarebbe stato in grado di veicolare la magnificenza di tutte le fonti che avevamo affrontato, abbiamo sentito la necessità di trovare un’altra forma per esporre al pubblico la bellezza di quegli stessi materiali in maniera più diretta. Desideravamo creare un percorso di incontri che accompagnasse le repliche dello spettacolo, ma senza ripetersi come una lezione sempre uguale; eravamo alla ricerca di un dispositivo conoscitivo reale, che di incontro in incontro fosse capace di crescere accumulando nuovi materiali. Avevamo bisogno di un corredo iconografico facilmente trasportabile e ripercorribile assieme al pubblico, ma soprattutto, di una forma capace di farsi contaminare dalle visioni di altri studiosi e artisti che come noi si erano interrogati sul potere di Ninfa e delle immagini, e che avremmo successivamente coinvolto in questo percorso. In quello stesso periodo un fortunato incontro ci ha aiutati a dare forma ai nostri desideri: Silvia Mei, ricercatrice in performing arts e curatrice indipendente, che da prima di noi condivideva la passione per Ninfa, accettò di collaborare con noi all’ideazione di questo tracciato di incontri, di lì a poco denominati Contagi mnestici. Durante ciascuno di essi, entravamo in dialogo con un ospite, assieme al quale esponevamo il nostro immaginario ninfale al pubblico. Davide Sacco trovò un’applicazione online capace di creare delle presentazioni al computer assimilando su di una stessa pagina testi, immagini, estratti audio e video, che rispecchiava perfettamente l’idea di tavola interdisciplinare che avevamo in mente. A differenza dell’Atlante Mnemosyne, da cui traevamo ispirazione, il nostro atlante non appuntava riproduzioni fotografiche su di uno sfondo nero, ma fonti testuali eterogenee su di un’unica tavola bianca, in cui gli spazi vuoti erano molto larghi per lasciare posto ai materiali che gli ospiti avrebbero aggiunto in seguito.
Il gioco dell’incontro così ideato consisteva nel proporre cinque parole e relative immagini chiave a un ospite, come fossero delle carte da gioco, chiedendogli di rispondere attraverso libere associazioni di pensiero con almeno altrettante nuove immagini. Lì dove ErosAntEros intendeva con immagini tutte le forme testuali citate in precedenza (testi, immagini, estratti audio e video), omettendo qualsiasi tipo di gerarchia tra di loro. E agli ospiti invitati veniva chiesto di considerarle allo stesso modo quando articolavano la propria risposta. 
Una volta scelti i contenuti con cui replicare, veniva chiesto all’ospite di collocarli all’interno dell’Atlante Corrente della compagnia nelle posizioni che più riteneva idonee per raccontare il proprio viaggio mnemonico attraverso di essi durante l’incontro con gli spettatori. Per offrire tali materiali anche a coloro che non hanno potuto assistere agli incontri dal vivo, abbiamo reso disponibile sul sito di ErosAntEros la memoria di queste presentazioni, dove, a fianco agli scatti dell'Atlante Corrente in situazione di arresto – ossia, del nostro atlante tra un contagio e l’altro –, offriamo un dettagliato elenco di tutti i materiali multimediali inseriti durante ciascun incontro. Nutrito da questi continui apporti, il nostro Atlante Corrente si è configurato piuttosto come un’opera aperta e collettiva, seppure sempre supervisionata da ErosAntEros, che ne riorganizza periodicamente i contenuti, adeguandoli alle metamorfosi del proprio immaginario [2].

Una terza trasfigurazione di questi stessi materiali è avvenuta in forma scritta, quando nel corso del 2013, mi focalizzai su Ninfa in relazione all’immagine e alla memoria, durate i mesi di studio e scrittura per la mia tesi magistrale in Teorie e culture della rappresentazione presso l'Università di Bologna [3]. La produzione di questo elaborato è stata fondamentale per comprendere più profondamente Aby Warburg e altri studiosi che in maniera analoga si sono interrogati sull’uomo e il suo rapporto con le immagini; ma soprattutto, per permettermi di concettualizzare il modello di pensiero immaginale che soggiace ai processi creativi di ErosAntEros. Lo scritto conteneva anche un breve capitolo dedicato al montaggio atlantico da noi sperimentato durante la creazione di Nympha, mane! e da me successivamente ritrovato nelle pratiche di alcuni artisti contemporanei, che, come noi, si sono affacciati a una particolare riflessione sull’immagine attraverso le proprie pratiche e teoriche. Per il rapporto di filiazione diretta (e spesso dichiarata) che queste esperienze hanno con il modello ermeneutico warburghiano, ho deciso di raccogliere i diversi processi compositivi che caratterizzano il lavoro di queste compagnie sotto il nome metodo atlantico (Tomsic 2015). Si tratta di un metodo di montaggio di elementi eterogenei nello spazio che precede la scrittura scenica, condiviso dalla scrivente sia nella pratica artistica che teorica, ogni volta che, trovandomi di fronte a una pagina bianca, posiziono, attraverso gli strumenti a mia disposizione, i diversi frammenti di realtà che desidero mettere in relazione, prima di trasfigurarli per condividerli con il pubblico-lettore. Questo stesso procedimento è stato utilizzato da ErosAntEros anche come mezzo consuntivo, quando con i Contagi mnestici siamo ritornati sui contenuti che avevano nutrito la produzione dello spettacolo Nympha, mane!.
Nel percorso di presa di coscienza del metodo atlantico come modalità compositiva, fondamentale è stato anche il nostro progetto scenico successivo, Come le lucciole, in cui la metodologia precedentemente sperimentata veniva ora consapevolmente applicata alle fasi di ideazione e composizione di un nuovo spettacolo. E anche se si sono andati a toccare argomenti (apparentemente) lontani dallo storico dell’arte amburghese, questo stesso metodo ci ha permesso ancora una volta di mettere in relazione materiali e autori differenti per dare vita a forme sceniche nuove, anche molto diverse dalle precedenti.

Come le lucciole è un lavoro che è stato finora presentato soltanto in forma di studio e la cui drammaturgia originale si nutre delle parole e immagini di autori come Georges Didi-Huberman, Luigi Pirandello, Andrej Tarkovskij, Tonino Guerra, Antonin Artaud, Pier Paolo Pasolini e David Lynch, per interrogarsi sul difficile rapporto tra arte e società contemporanea, e riflettere assieme agli spettatori su cosa significa fare teatro e cultura oggi, sia dal punto di vista di chi sta in scena, che di colui che osserva in sala. Inizialmente lo spettacolo è stato pensato per uno spazio teatrale convenzionale, ma nel 2015 ErosAntEros si è proposto di ridare vita ai materiali precedentemente creati all’interno di una forma completamente nuova, che invece di sottomettersi alla tradizionale divisione tra spazio scenico e platea, includerà all’interno del proprio spazio d’azione anche quello degli spettatori, invitandoli a seguire le evoluzioni drammaturgiche proposte dalla compagnia in maniera fluida e partecipata. Oltre allo spazio, anche l’azione dei performer verrà frammentata, condivisa e propagata attraverso la presenza di due nuovi attori, che assieme me e Davide Sacco daranno vita al nuovo concatenarsi delle azioni dello spettacolo.

D. Lynch, Mulholland Drive (2001); ErosAntEros, Come le lucciole, (ph. G. Sacco); D. Lynch, Mulholland Drive (2001); ErosAntEros, Come le lucciole, (ph. G. Sacco).

La decisione di eliminare le convenzionali distinzioni spaziali, invitando gli spettatori a condividere con noi lo spazio scenico per partecipare attivamente a ciò che al suo interno sta accadendo, trasformerà la forma inizialmente immaginata in un avvenimento che vive e si trasforma assieme al respiro del pubblico. Sarà lo sguardo dello spettatore a decidere quando e quanto soffermarsi nello spazio della performance e starà sempre all’occhio di colui che guarda dare significato a ciò che ha veduto attraverso il montaggio del percepito con la propria esperienza. In questa nuova fase di Come le lucciole, il metodo atlantico verrà esteso anche allo spazio fisico dello spettacolo. Quando quest’ultimo sarà attraversato dagli spettatori, agli angoli, ai lati e al centro della stanza-contenitore, appariranno i fantasmi evocati dai corpi e dalle parole dei performer in risposta alla domanda che stiamo indagando.
Anche in lavori in cui ErosAntEros persegue fini drammaturgici apparentemente distanti, lo stesso metodo è sempre presente nel momento di ideazione che precede e accompagna i lavori della compagnia. Anche in Allarmi!, prossima produzione di ErosAntEros per ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione (ottobre 2016), dove la stesura del testo degli attori è affidata a un drammaturgo esterno alla compagnia (Emanuele Aldrovandi), la costruzione della drammaturgia complessiva del lavoro avviene mediante la messa in relazione di contenuti e immaginari eterogenei che, accomunati da uno stesso tema d’indagine, sono capaci di stimolare inaspettate immaginazioni all'interno della mente dello spettatore.

Note

[1] Per la bibliografia completa delle fonti del progetto, cfr. Approfondimenti ninfolettici, in Nympha, mane!, http://erosanteros.org/nympha-mane/, p. 4.
[2] Questo Atlante è ancora disponibile sul sito della compagnia in forma di presentazione navigabile per permettere ai visitatori di agirlo in maniera analoga a come faceva la compagnia durante gli incontri. Cfr. ErosAntEros, Atlante Corrente, http://erosanteros.org/atlante-corrente/.
[3] Tesi di laurea magistrale in "Teorie e culture della rappresentazione", Immagini, ninfe, trasfigurazioni. Sprofondamento interdisciplinare nell’immagine, con un esempio di metamorfosi teatrale, relatore prof. M. De Marinis, correlatore dott.ssa S. Mei, a. a. 2012-2013, Università degli Studi di Bologna. Il primo capitolo di questo elaborato, dedicato agli studi sul potere delle immagini, è stato recentemente pubblicato in A. Tomsic, Creazione e potere delle immagini: breve sprofondamento cronologico dall’antichità a oggi, in Teatro Akropolis. Testimonianze ricerca azioni. Vol. VI, a cura di D. Beronio-C. Tafuri, Genova, AkropolisLibri, 2015, pp. 103-150. Il terzo capitolo, sul modello atlantico warburghiano come metodo compositivo, è stato rivisto e pubblicato in Tomsic 2015.

Bibliografia
  • Agamben 2007
    G. Agamben, Ninfe, Torino, 2007.
  • Colli [1977] 2009
    G. Colli, La sapienza greca, Milano 2009.
  • Sacco 2013
    D. Sacco, Mito e teatro. Il principio drammaturgico del montaggio, Milano 2013.
  • Mango 2003 p. 312.
    L. Mango, La scrittura scenica. Un codice e le sue pratiche nel teatro del Novecento, Roma 2003.
  • Tomsic 2015
    A. Tomsic, Il “modello atlantico” come metodo compositivo. Pratiche ed esempi dalla nuova scena italiana, in La terza avanguardia. Ortografie dell'ultima scena italiana, a cura di S. Mei, “Culture Teatrali”, n. 24, 2015, pp. 187-199.
  • Warburg [1929] 2008
    A. Warburg, Mnemosyne. L'atlante delle immagini. Introduzione, in Opere II, Torino 2008.
English abstract

Co-founder of ErosAntEros, Agata Tomsic, explores the application of Aby Warburg's hermeneutic model to the practices and poetics of the company she founded with Davide Sacco.In her essay, Tomsic – who also plays the parts of dramatug and actress in ErosAntEros – examines the consequences of the company's encounter with Warburg in the compositional forms and theoretical ideas generated by its members, beginning with the show Nympha, mane! and extending to the group's latest project Like fireflies. In this analysis, she describes what might be called a "method of composition" as accompaniment to the conceptual phase of her artistic and theoretical works.

keywords | Mnemosyne Atlas; Warburg; Performance; Gesture; Artistic act; Theatre; Nymph.

Per citare questo articolo / To cite this article: A. Tomsic, ErosAntEros, Itinerari scenici e compositivi attraverso la Ninfa e l'Atlante di Warburg. Esperienze di ricerca del gruppo ErosAntEros, “La Rivista di Engramma” n. 130, ottobre/novembre 2015, pp. 209-216 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2015.130.0007