"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

145 | maggio 2017

9788894840209

Gianni Toti, prime sperimentazioni di un poetronico

Silvia Moretti

English abstract
I. Premessa

Fig. 1 | “Carte Segrete”, n. 48-49, aprile-giugno 1980, 212.

1979. Si chiama Gian Luigi Mele ed è un funzionario interno della Rai. Ha completato una ricerca sulle trasmissioni televisive di poesia. La notizia compare poco dopo all'interno di uno schedario relativo alle pubblicazioni interne all'azienda radiotelevisiva. Lì si trova anche un talloncino che segnala un altro volumetto datato 1980. Il titolo è Saggio sulle possibilità di trasmissione della poesia attraverso il mezzo televisivo. Si tratta di 103 pagine, ad oggi irreperibili, sviluppate dal Settore Ricerca e Sperimentazione Programmi, il dipartimento della Rai nato nel 1968 con l'obiettivo di studiare originali formule espressive per l'arricchimento del linguaggio televisivo (e poi chiuso nel 1987). Contemporanea anche la segnalazione del saggio intitolato Poesia in tv. Autori vari, vi si legge, che rispondono in realtà ai nomi di poeti affermati: Giorgio Bassani, che fu vicepresidente in Rai dal 1964 al 1966, responsabile dei programmi culturali, Dario Bellezza, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Franco Cordelli, Raffaele Crovi, Biancamaria Frabotta, Margherita Guidacci, Mario Luzi, Giovanni Raboni, Vittorio Sereni, Andrea Zanzotto e Valentino Zeichen.

I loro nomi compaiono in questo riquadro informativo stampato nel numero dell'aprile-giugno 1980 del trimestrale di lettere ed arti “Carte Segrete”, la cui direzione era stata assunta, dopo la morte di Domenico Javarone, dal suo vicedirettore: Gianni Toti.

È Toti il curatore della rubrica editoriale in questione, celato dietro alla firma dello “sconsigliere”. Solo chi collabora all'interno della Rai e, nello specifico, all'interno del Settore Ricerca e Sperimentazione Programmi può essere a conoscenza di una simile pubblicazione di servizio. Gianni Toti, anche lui poeta, ha letto infatti gli interventi dei colleghi. E in quelle risposte ha rilevato la loro “chiusura o autoprigionia nella galassia gutemberghiana” (Toti 1981, 13). Non ci è consentito verificare tale affermazione, se non attraverso il contributo di Vittorio Sereni, l'unico pubblicato per concessione della Rai e degli eredi nel 1986, nella rivista “Alfabeta” (n. 83, 16-17). Da esso si evince il suggerimento di illustrare le liriche letteralmente, testo alla mano, senza alcun intervento televisivo.

Gianni Toti non figura tra i partecipanti all'inchiesta, nonostante sia un poeta, romano, pubblicato dai primi anni Sessanta. Ecco però comparire il suo nome nel riquadro sottostante della rubrica dello sconsigliere. Anche lui lavora attorno al tema “poesia-tv” posto in campo dall'allora direttore del Settore Ricerca e Sperimentazione, Emilio Pozzi. In quel 1980, Toti infatti licenzia Per una videopoesia. Concertesto e improvvideazione per mixer, memoria di quadro e oscillo-spettro-vector-scopio, la sua prima videoopera.

Fig. 2 | “Carte Segrete”, n. 48-49, aprile-giugno 1980, 212.

Fig. 3 |“Carte Segrete”, n. 48-49, aprile-giugno 1980, 212.

Agendo con i marchingegni elettronici della Rai, adiuvato da tecnici, cameramen e montatori, Toti inizia a scardinare il modello lineare gutemberghiano per un modello di poesia simultanea e sinestetica. Da poeta, Gianni Toti si ribattezza “poetronico”, vale a dire, nella sua lingua di neologismi e di parole-valigia concepite sulla scorta di Lewis Carroll, “poeta che si esprime con i linguaggi dell'elettronica”. Confessa nel 1983: “Sono entrato alla Ricerca Sperimentazione Programmi della Rai, proprio per indagare il rapporto tra letteratura e televisione. Sono convinto che non si tratta solo di un mezzo di comunicazione, ma di un mezzo in se stesso, cioè di una scrittura, la videografia. Il mio è il tentativo di scoprire e verificare sino in fondo le possibilità; lottare contro il linguaggio per andare oltre il linguaggio: è poesia” (Capulli 1983, 24).

II. Dalla poesia alla videopoesia

Fig. 4 | Gianni Toti, in uno scatto degli anni Novanta. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 5 |  G. Toti, Poetronico, s.d., pennarello a punta fina su carta. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart

Classe 1924, Gianni Toti è stato assunto a figura di riferimento della videoarte italiana e internazionale [fig. 4]. Il salto poetico dalla pagina allo schermo, nonostante egli abbia continuato la sua attività parallela di poeta “su carta”, ha però segnato la fuoriuscita del suo nome dalle antologie poetiche e letterarie a favore invece degli indici delle occorrenze dei volumi e dei cataloghi dedicati alle arti elettroniche.

Alla fine degli anni Settanta, Giuseppe Zagarrio, compagno durante la stagione della rivista “Quartiere”, scriveva per primo in modo articolato sull'opera di Toti-poeta nella Letteratura Italiana – I contemporanei Marzorati (e in seguito nel volume Febbre, furore e fiele, Mursia, Milano 1983). Lo definiva “ipo-sperimentalista”, indicando con questo termine l'agire poetico che scavalcava tanto il neosperimentalismo contemporaneo quanto l'oltranza semiologica a venire. Zagarrio caldeggiava un'antologia delle raccolte poetiche totiane, nella ferma convinzione che ogni ricerca più avanzata dovesse per forza fare i conti con i suoi versi.

Toti è stato emarginato dal Novecento letterario nonostante lo abbia attraversato animatamente fino al 2007, anno della sua morte. Da poligrafo. Da pangrafo. Da scrittore cioè di tutte le scritture. La sua biblio-videografia è ricchissima, senza considerare la quantità di documentazione inedita conservata presso il suo archivio custodito dall'associazione culturale La Casa Totiana (www.lacasatotiana.it), a Roma, ed oggi gestito dalla srl Poetronicart.

L'esordio con un volume di sociologia di matrice marxista, Il tempo libero, per gli Editori Riuniti. Una dozzina di raccolte poetiche dopo le prime poesie pubblicate nelle riviste “Prove” (con pseudonimi dal 1958) e “Quartiere” (dal 1962). Varie raccolte di racconti, tre romanzi, L'altra fame, Il padrone assoluto e Il leggibile figlio di Jacob, o meglio tre “irromanzi”, fabbriche linguisteriche dove le parole in sé devastano ogni traliccio di trama. Giornalista per “Lavoro”, “Paese sera” e prima ancora per “L'Unità”, “Il Giornale di Sicilia”; inviato per “Vie Nuove” e “Rinascita”. Traduttore di poesia; autore di collane editoriali e collaboratore di numerose riviste, dal “Verri” al "Caffè”, dal “Contemporaneo” alle più sperimentali “Trerosso”, “Tam tam”, “Marcatrè” e “Salvo Imprevisti”, ma anche di riviste di critica cinematografica, tra cui “Cinema60”. Attore persino, regista di cinegiornali con Cesare Zavattini, di mediometraggi e di un lungometraggio sui rapporti tra cristianesimo e comunismo E di Shaul e dei sicari sulle vie di Damasco e..., un film uscito nelle sale nel 1973, ma già previsto sulla carta con i linguaggi elettronici. E infine autore di oltre dieci VideoPoemOpere, dall'analogico al digitale, l'ultima delle quali conclusa nel 2003.

Le prime video-opere di Toti, realizzate all'interno del dipartimento Rai, si distinguono per la loro meta e inter-testualità. Si potrebbe definirli video dal “profilo di carta”. Il disegno del “poetronico” firmato da Toti stesso insegna: nella mano destra tiene una penna stilografica, nella sinistra un “ebook reader” visionario, uno schermo video incorniciato dalla pagina. Vale a dire che il poetronico trascina nel nastro magnetico le proprie pagine, le sigle, i contenuti, gli espedienti retorici della sua scrittura su carta, della sua lingua disconnessa e inventata a suon di neologismi, cumuli di paronomasie e architetture acrobatiche morfo-sintattiche.

Il video, nella sintesi che consente tra musica, immagini trattate, parola scritta con la titolatrice e parola pronunciata dalla voce acusmatica del poeta, esalta gli ingranaggi della creatività totiana e lo sviluppo del suo pensiero. Li porta a compimento. Per Toti “l'elettronica consente lo stesso tipo di velocità immaginativa della scrittura” (Toti 1981, 12). Ma com'è avvenuto questo passaggio?

III. I primi passi 'segreti' di avvicinamento al video

Fig. 6 |  “Carte Segrete”, n. 47, gennaio-marzo 1980.

Nel ricostruire i sentieri che portano Toti alla videopoesia, uno strumento molto utile d'indagine è la rivista cartonata “Carte Segrete”. Toti ne è stato vicedirettore dal primo numero del 1967. E sempre la vera anima editoriale. Ha firmato un numero spropositato di articoli e di interventi nascondendo la propria mano dietro pseudonimi, sigle, puntini di sospensione. La rivista è lo specchio della sua scrittura. Il diario che raccoglie le sue letture predilette (pensiamo per esempio agli svariati articoli riguardanti Majakovskij e Chlebnikov ai quali dedicherà rispettivamente le video-opere La trilogia majakovskiana, tra il 1983 e il 1985, e SqueeZangeZaùm, nel 1989). “Carte Segrete” è un quaderno di incubazione imprescindibile, il quaderno in cui Toti registra i suoi passi di avvicinamento al video.

È su quelle pagine che sancisce, per esempio, la nascita della videopoesia nel 1980, riproducendo la testata di un suo immaginario giornale manoscritto, “ll segreto”, con il titolo in lettere maiuscole: “è nata l’oltrepoesia. Controffensiva della poematica elettrovidiotica”. Ma l'inizio della storia è da anticipare. Toti ha sempre avuto la propensione a fecondare la propria scrittura in versi e in prosa delle sue esperienze concomitanti. Nelle raccolte poetiche il teatro dapprima, poi il cinema/la pellicola sono orizzonti tematici ricorrenti. Il termine “video” e i suoi composti iniziano a penetrare con più evidenza nelle composizioni poetiche occasioni della rubrica che tiene in “Carte Segrete” a partire dalla metà degli anni Settanta.

Nel numero 32, dell'aprile-giugno 1977, Toti deforma le parole in veste videale:

perchè pieni d’amore e d’audio
nei misteri g’audiosi contemplano
l’auDIOviDIOregistrato

Nel numero 35, gennaio-marzo 1977, inanella sulla radice video un’intera composizione a suon di neologismi:

Tutta videalità? Che vidée!
Un videalista come te
Ha mai visto una tal videalità?

Videalizza videalizza pure
La videalizzazione si confla ancora
Videomane! Devideògrafati

Fig. 7 |  G. Toti, A. Triantafillydou, Progetto videolettura, 15 febbraio 1977, dattiloscritto (pp. 26), Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.
Fig. 8 |  G. Toti, note manoscritte, s.d. [1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Lo stesso anno Toti impiega per la prima volta il termine “poetronico”. E infittisce i suoi versi di riferimenti al linguaggio del video e alla terminologia attinente rideclinando termini tecnici quali “ottimizzazione”, “cablaggio”, “commutazione”, “deflessione”, “tubo poeticon”.

Il 1977 è dunque l'anno cruciale. È datato al 15 febbraio il progetto dattiloscritto, oggi conservato presso La Casa Totiana, composto insieme alla cineasta cipriota Annita Triantafyllidou, responsabile – a detta di Toti stesso – del suo avvicinamento ai linguaggi del video. Obiettivo del dattiloscritto: individuare e teorizzare spazi paralleli e di autonomia tra pagina scritta e il video. Stabilire le basi su cui creare dei prototipi di videolettura e dunque di videopoesia. Lavorare sulla testualità come immagine stessa. Compiere il salto dalla lettura lineare a quella spaziale-simultanea. “Non si tratta di poesia visiva”, specificano, “ma si tratta di partire da lì”.

Fig. 9 |  G. Toti, Il commissario vigilan-tv, “Carte Segrete”, n. 40, aprile-giugno 1978, 220.

Fig. 10 |  G. Toti, In televisibilio, “Carte Segrete”, n. 43, gennaio-marzo 1979, 219.

Fig. 11 | G. Toti, Poetorribile, “Carte Segrete”, n. 43, gennaio-marzo 1979, 197.

Risalgono a quegli anni, non a caso, le pubblicazioni di alcuni esemplari di poesia visiva di Gianni Toti. Nel numero 40 di Carte Segrete, aprile-giugno 1978, compare un disegno firmato dal poeta con il titolo “Commissario vigilan-Tv”. Nel numero 43, ecco una poesia visiva dal titolo “In televisibilio”. Poche pagine prima, in un altro articolo, riguardante la mostra “originali” di manoscritti di poeti contemporanei curata a Firenze e poi a Roma da Lamberto Pignotti, Toti pubblica due suoi poegrafemi.

La poesia visiva di Toti è da interpretare come anello di passaggio imprescindibile verso la videopoesia. Tali esemplari immortalano la corsa della parola totiana verso il movimento. L’originale del “commissario vigilan-TV” è conservato nell'archivio de La Casa Totiana e fa parte di un fondo di disegni, ad oggi non ancora catalogati, che danno prova della disinvoltura della mano di Toti con le immagini.

Fig. 12 | G. Toti, Il gallinsesto, 1978, pennarelli su carta. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 13 | G. Toti, Il telestetasta, 1978, pennarelli su carta. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 14 | G. Toti, s.t., 1978, pennarelli su carta. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart,

Fig. 15 | G. Toti, allora mi adiRAI per gl’intelleTVualismi, s.d. [1978], pennarello a punta fina su carta. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Tra i disegni datati al 1978 c'è “il gallinsesto” e il “telestetasta”. Ma anche il foglio in cui si possono leggere appese ai rami di un albero parole come “video” “vidiots”. Oppure quello in cui Toti confessa con le sue didascalie creative i suoi rapporti tesi con la Rai, in polemica con una politica palinsestuale miope: “Allora mi adiRAI per gl’intelletTVualismi” (Toti 1979, 174). A fianco al disegno dei “Tantennamenti e della attTVazioni” , è interessante notare come a partire dalla metà degli anni Settanta compaiano delle piccole antenne tv come appendici della figurine stilizzate di Toti.

IV. Dalla poesia visiva alla videopoesia

Fig. 16 | G. Toti, Chiamiamola poemetànoia, Roma 1974.

Quando termina Per una videopoesia, Toti dichiara: “Volevo per la prima volta far diventare la poesia videale, farla diventare immagine”. Già nelle prove succitate, ma anche nelle poesie manoscritte e dattiloscritte accompagnate da disegni e pubblicate a partire dal 1975 nella rivista “Lettera” a tiratura limitatissima, è possibile constatare la rincorsa di Toti verso la compenetrazione tra poesia e immagine. Il suo lavoro sul corpo della parola e sulla sua messa in pagina.

Un lavoro che a voler essere precisi Toti aveva già iniziato negli anni Cinquanta-Sessanta, come direttore del rotocalco della CGIL “Lavoro”, dedicandosi alla messa in pagina rigorosa e rivoluzionaria di parole e immagini. Per Toti, pagina e schermo sono sempre stati termini equivalenti. La macchina da presa è per lui una “macchina da prosa”. E la scrittura è sempre intesa come “occhio-scrittura”.

Dalla raccolta poetica del 1974, Chiamiamola poemetànoia, in avanti il suo gioco linguistico si fa spregiudicato e sempre più visivo. Il verso comincia a essere inteso primariamente come “unità visiva” in cui il poeta esalta ogni artificio destinato all’occhio: gli enjambement a cumulo che spezzano l’unità logica delle parole a cavallo tra due versi; le parole e l’interpunzione scritte a rovescio o senza pause e spazi bianchi, in forma di calligrammi o di rebus attraverso numeri e punteggiature (per esempio: “al3” per “altre”, “ap.” per “appunto”).

La parola per Toti è sempre stata per sua definizione “parola-immagine”. Già nel 1968 in un articolo scriveva: “le poesie si apprendono visivamente nella loro superficie prima che nelle relazioni fra le parole e i segmenti semantici” (Toti 1968, 80). Finalmente in Per una videopoesia le parole possono guadagnare il movimento, mostrarsi nel loro comporsi, trasformarsi in “verbimmagini sonore silenziate”.

Fig. 17 | G. Toti, s.t. [flick-poem], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 18 | G. Toti, s.t. [flick-poem], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 19 | G. Toti, s.t. [flick-poem], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 20 | G. Toti, s.t. [flick-poem], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Risalgono evidentemente alla fine degli anni Settanta, i numerosi “flick-poem” ritrovati nell'archivio di Gianni Toti, ossia parole che si susseguono e si “svolgono” in minuscole inquadrature porzionate di foglio. Ne diamo qui alcuni esempi. Poesia visiva da una parte, dunque. Ma anche e necessariamente poesia sonora. Ad essa, il numero di “Carte Segrete” 48-49 del 1980, dedicata tre articoli: “La voce e la corpoesia” di Maurizio D'Ambrosio; “Perché il fonatismo. La poesia su nastro” di Guido Savio; “Il silenzio dell'oralità e la voce della scrittura” dello stesso Toti. Lo statuto della poesia intesa come “composizione scandita dagli a capo in una visione antieconomica della pagina” è giocoforza messo in discussione.

V. Per una videopoesia

In quanto primo esperimento prototipale, Per una videopoesia nasce nel 1980 come tentativo di ricombinare l’alfabeto preesistente della poesia visiva per fondare un nuovo alfabeto della poesia elettronica. Nel comporla Toti ripercorre infatti alcune tappe della cosiddetta scrittura-verbo-visiva. Di Man Ray cita e tratta elettronicamente “poesuono” del 1924, archetipo per ogni tentativo di non-scrittura. Anche la famosa pipa di Magritte del 1927, simbolo del discrimine tra oggetto, rappresentazione e nominazione dello stesso, una volta colorata, moltiplicata e ribaltata grazie alla consolle elettronica e al mixer video, è promossa a “videopipa”. Videopipa di René MagritToti.

Fig. 21 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 15 circa.

Fig. 22 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 15 circa.

Fig. 23 | G. Toti, s.t. [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 24 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 19 circa.

Fig. 25 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 19 circa.

Fig. 26 | G. Toti, s.t. [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Ogni allusione per Toti è una appropriazione. E il video, come le sue parole è un “video-valigia”. In questo gioco citazionistico il poetronico spesso dimentica di appendere le apposite virgolette generando uno strabismo di prelievi. Toti sembra rivolgere un occhio alle pagine altrui e l’altro alle proprie. Alcuni esempi.

Per una videopoesia è composta da singoli “capitoletti” autonomi, pensati in origine per riempire gli intervalli pubblicitari. Mai andati in onda, ebbero solo una diffusione nei festival.

Fig. 27 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 38.30 circa.

Fig. 28 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 38.30 circa.

Fig. 29 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 38.45 circa.

Fig. 30 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 38.45 circa.

Fig. 31 | G. Toti, Tuismo [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 32 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 39 circa.

Fig. 33 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 39 circa.

Fig. 34 | G. Toti, Egotismo [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 35 | G. Toti, Ioismo [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 36 | G. Toti, Ioismo, in Compoetibilmente infungibile, Lacaita, Manduria 1979, 116.

In una di queste unità Toti sovrascrive sull’immagine di un giovane i pronomi personali “io” e “tu” in successione. Intitola la prima combinazione “ioismo”, la seconda “tuismo” e la terza (con la sorpresa del “tu” ribattezzato “tv”) “egotismo”. Così scadendo sembra avere presente perlomeno “Individualista”, composizione del poeta visivo Ladislav Novak caratterizzata dalla successione della cifra “1” (serie composta tra il 1959 e il 1963). E ancor più pare aver presente “egoismo” della coppia Joseph Hirsal e Bouhumila Grogerovà giocata sulla alternanza dei primi due pronomi personali. Mi conforta pensare che questi due rimandi possano essere verosimili. Compaiono infatti sia nel volume di Adriano Spatola, Verso una poesia totale, prima edizione del 1969 e poi ristampato nel 1978.

Le parole scritte con la titolatrice Aston possono dunque rivelarsi spie luminose che rimandano a poesie preesistenti. Anche totiane. “Ioismo” è anche il titolo di una poesia della raccolta Compoetibilmente infungibile del 1979. Toti inietta dunque nel discorso elettronico scritto o declamato una forte componente autoreferenziale, senza tuttavia dichiararla. Quando scrive e recita la parola “poesia” scandendola nei tre segmenti “poi-e-sia” ripropone per la “pagina-schermo” la stessa formula impiegata per due composizioni nella raccolta del 1977, Per il paroletariato o della poesicipazione.

Fig. 37 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 11.30 circa.

Fig. 38 | G. Toti, le cento e una lotte (con la lingua e la notte), n. 95, in Id. Per il paroletariato o della poesicipazione, Perugia 1977, 12.

Fig. 39 | G. Toti, le cento e una lotte (con la lingua e la notte), n. 6, in id. Per il paroletariato o della poesicipazione,  Perugia 1977, 37.

L’autoreferenzialità totiana si fa smaccata quando la sua pagina viene letteralmente fagocitata dal video. Entra cioè nello schermo e diventa immagine di se stessa. Succede in Videolettura per poetarcheografia, uno dei tre videopoemetti terminati l’anno successivo. Toti tratta elettronicamente la sua raccolta “Compoetibilmente infungibile”.

Fig. 40 | G. Toti, VideopoemettiVideolettura di videopoesia su poetarcheografia, Rai Ricerca e Sperimentazione Programmi, durata 5 minuti, 1981, screenshot, min. 1 circa.

Fig. 41 | G. Toti, Compoetibilmente infungibile, Lacaita, Manduria 1979.

Fig. 42 | G. Toti, Tender is the tape, in Compoetibilmente infungibile cit., 62.

Toti d’abitudine numera i suoi testi a rovescio (nelle sue videopoemopere più mature riavvolgerà al contrario le immagini in moto accelerato). Nella videopoesia fa sfogliare le pagine al contrario. Tra i titoli quello che più spicca all’attenzione dimostra come il video totiano rifletta la pagina che a sua volta riflette ed esalta il video. È “tender is the tape”, espressione con una prima occorrenza nella poesia “Inquinabuli” in Chiamiamola poemtànoia del 1974.

L’invenzione sul calco di Fitzgerald non è totiana. Lo si desume sulle pagine di “Carte Segrete”. Si tratta infatti del titolo di un suo articolo “Tender is the tape. All the media to all the people” apparso nel 1972 e a sua volta rampinato da un gruppo sperimentale statunitense che impiegava il video come mezzo di comunicazione eversiva. Fin dal 1969 Toti, in quanto critico cinematografico, presta attenzione ai primi segnali della diffusione dei cosiddetti “cine-video-books”, “libri-cassetta” o “visual-cine-volumi”.

Fig. 43 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 32.30 circa,

Fig. 44 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 32.30 circa.

La citazione diretta della pagina è riservata anche a Leopardi. Il poetronico visualizza il testo a stampa di “Il risorgimento”, “Alla mia donna” e di alcuni manoscritti, tra cui “L’infinito”, estratti dall’edizione critica curata da Francesco Moroncini nel 1927. Il Leopardi nei colori del monoscopio televisivo sembra innestarsi come ultima declinazione di quel “Superleopardi”, la poesia visiva composta con ritagli di giornali e riviste da Lamberto Pignotti nel 1963.

A Pignotti, fondatore del gruppo 70, Toti riserva un omaggio d’eccezione in Per una videopoesia: un intero capitoletto dedicato alla poesia da masticare nell’inedita declinazione del “video-chewing-poem”.

Fig. 45 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 41 circa.

Fig. 46 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 43 circa.

Fig. 47 | G. Toti, s.t. [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Fig. 48 | G. Toti, s.t. [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

La poesia da masticare è una delle invenzioni performative di Lamberto Pignotti a partire dal 1972, quando, in occasione della Biennale di Venezia dedicata al tema “il libro come oggetto di ricerca”, distribuiva al pubblico ostie con la scritta a pennarello “poesia” e chewing-gum avvoltolate da una cartina poetica con la sua firma.

Toti considera Pignotti come l’ultimo masticatore della scrittura gutemberghiana. Nei primi anni Sessanta, invece, di fronte alla poesia tecnologica aveva manifestato un’accesa resistenza stroncandolo sulle colonne di “Il Paese” (4 gennaio 1964), sulla rivista “Quartiere” e addirittura in un intervento pubblico al convegno del gruppo ’70 del 1965 dedicato al rapporto “Arte e tecnologia”, pubblicato in “Marcatre” (G. Toti, Abbasso le poetiche, n. 11-12-13, 1965, 162-166). Dal 1977 però, gli indici di “Carte Segrete” riservano a Pignotti spazi sempre più consistenti. “Lamberto Pignotti” scrive Toti in un cappello introduttivo nel 1978, “continua a lottare imperterrito con gli zombie della letteratura, oltre i limiti della letterottura” (n. 42, ottobre-dicembre 1978, 163).

Nell’intento di rimappare l’opera di Toti e di proporre l’ipotesi di una prima segnaletica stradale, la storia dei suoi rapporti con i poeti visivi deve essere completamente scritta. Il suo cognome non compare mai nei cataloghi ad essi dedicati. Ma già nel 1964, con Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini e Lucia Marcucci, Toti partecipa a “Poesie e no”, l’azione poetica al teatro del Grattacielo di Livorno che integrava alla declamazione dei versi, diapositive, filmati e canzonette popolari, da Morandi alla Pavone. È questa la forma primordiale dell’integrazione simultanea di parole, immagini e musica di “Per una videopoesia”. Ristabilire l’adesione di Toti a questo orizzonte consente di non amputare la creazione totiana dal contesto in cui si plasma. La partitura di una perfomance di Eugenio Miccini articolata nelle colonne “voce-immagine-musica” non è diversa rispetto a quella di una videopoesia. A loro volta sono coloro che lavorano tra parola ed immagine che hanno da sempre nutrito un profondo interesse per il video. Mentre Toti inietta le sue poesie del termine “video”, Martino Oberto, genovese, fondatore negli anni Cinquanta della rivista “Ana Etcetera”, gioca sulla tela con la stessa parola: la apostrofa (v’ideo) e la usa in declinazioni spassose (Televideo ergo zoom).

Nel 1979 Eugenio Miccini compone una poesia con le parole tagliate dai titoli di giornale: “poesia visiva | questo è il segno | della cultura d’avanguardia: | felicità di una scrittura | anche video” (Miccini 1985) e nel 1981 alla Loggia dei Lanzi a Firenze tiene una performance dal titolo “video-poesia”.

Scartabellando tra le carte dell’archivio di Toti, un documento inedito prova il suo rapporto stretto con quell’avanguardia. Nello scaffale riservato alle pubblicazioni di poesia visiva, a fianco di un catalogo del 1977 con dedica di Miccini al suo “Gianni eterno”, c’è una cartellina che conserva delle pagine dattiloscritte in data 24 aprile 1981. Si tratta di un “progetto-scaletta per una serie possibile di videopoesia (poesia fonica + video)” firmato da Arrigo Lora-Totino. Ciascuno dei partecipanti ha una sua proposta. Vi figurano, oltre a Toti e Totino, Miccini e Giulia Niccolai, Adriano Spatola, Sergio Cena, Gianni Fontana e Nanni Balestrini. La proposta di quest’ultimo dovrebbe coinvolgere la ballerina Valeria Magli: “la poesia ballerina della Magli” è eccezionale assicura Lora-Totino. Il progetto non approderà. Ma la ballerina a distanza di due anni sarà la protagonista del primo tempo della “trilogia majakovskiana”, la seconda videoopera di Gianni Toti. Ma questa è un’altra storia.

La nostra finisce dove termina per una videopoesia. L’orizzonte d’arrivo e di ripartenza dopo Pignotti non può che essere autoreferenziale. “Noi videopoetiamo” precisa il videopoeta.

Fig. 49 | G. Toti, Per una videopoesia cit., screenshot, min. 45 circa.

Fig. 50 | G. Toti, Il padrone assoluto, Feltrinelli, Milano 1977.

Fig. 51 | G. Toti, s.t. [appunti per Per una videopoesia], s.d. [1979-1980]. Archivio Gianni Toti presso La Casa Totiana, gestione Poetronicart.

Toti lancia nel video il suo ultimo romanzo, Il padrone assoluto pubblicato nel 1977, un irromanzo che è una spettacolosa e delirante fabbrica verbale sul tema della morte, l’ultimo nemico da annientare. Sui disegni stinti della copertina illustrata da Silvio Coppola e il titolo in movimento vorticale, la voce di Toti commenta: “La scrittura esplode, implaude il video”. La metamorfosi della scrittura totiana si è avverata.

Bibliografia

Capulli 1983
L. Capulli (a cura di), La città telematica: su nuovi linguaggi e comunicazione, Ancona 1983.

Miccini 1985
E. Miccini, Poesia e no (1964-1984), Pasian di Prato 1985

Toti 1968
G. Toti, Cinema E Razzismo (È possibile Parlare DI Cinema E Razzismo?), "Rivista del Cinematografo", n. 6-7, giugno-luglio 1968, 380.

Toti 1979.
G. Toti, I disperimentali: Achille e la tartaruga, “Carte Segrete”, n. 43, gennaio-marzo 1979

Toti 1981.
G. Toti, I mixerabili, “Cinema 60”, n.139, 1981, 10-14.

English abstract

Gianni Toti (Rome 1924-2007) was a prolific Italian poet, journalist and writer. In the early 1980s, he began to compose poems using electronic languages thanks to a department of the Italian public Television, “Rai - Ricerca e Sperimentazione Programmi”. He called himself “poetronico” , and he’s still known as one of the most representative authors of international video art. Focusing on his first Video-poem − entitled Per una videopoesia. Concertesto e improvvideazione per mixer, memoria di quadro e oscillo-spettro-vector-scopio (1980) − the essay tries to re-build the original development of Toti’s approach to electronic arts, using materials from his own archive (preserved by La Casa Totiana-Poetronicart) and the tracks left in his own previous publications; for example, through “Carte Segrete”, the review he co-directed from 1967.

*Si ringraziano l’associazione culturale La Casa Totiana e Poetronicart, che ne gestisce i materiali conservati, per la consultazione e la riproduzione degli stessi.

Per citare questo articolo: Silvia Moretti, Gianni Toti, prime sperimentazioni di un poetronico, “La Rivista di Engramma” n. 145, maggio 2017, pp. 265-283. | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2017.145.0007