"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Alexander Ponomarev, SubTiziano

L’anti-camouflage come atto di libertà

Silvia Burini

English abstract

Il “Capitano Nemo” dell’arte russa” (Adaševskaja 2007, 102) – o Capitan Pono, come lo chiamano gli amici – Alexander Ponomarev assomiglia, anche fisicamente, agli eroi dell’Epos russo della Bylina, i bogatyry i guerrieri eroici della tradizione medievale slava, simili ai cavalieri erranti della tradizione dell’Europa occidentale, che avevano come caratteristica principale quella di poter superare in modo magico le limitazioni che l’enorme spazio russo creava. Ponomarev è una sorta di bogatyr contemporaneo: invece del cavallo ha una flotta di prodigiosi sottomarini a bordo dei quali compie gesta memorabili, non nella sconfinata steppa russa ma per mare… Come loro è monumentale nelle concezioni, eccessivo nel gesto e sempre portatore di un discorso di respiro epico…

Immaginate un gigante dai ricci bianchi e arruffati intento a fissare l’elica di un magico sottomarino sovietico, ad attaccar ali ad un pesante battello arrugginito, a costruire colonne d’acqua alte decine di metri, a cancellare dall’orizzonte boreale isole deserte, a firmare il mar Nero con il suo nome e a muoverne la superficie con un soffio (Rebecchini, 2010, 184).

Volendo costringerlo in categorie, impresa molto ardua se non impossibile, parte della sua attività artistica è stata considerata alla luce della Land Art o meglio di una Sea Art, poiché è evidente che la ‘materia prima’ dell’artista è l’acqua. Ma è lui stesso, nel manifesto Korabel’noe voskresenie (La resurrezione delle navi, del 1995), a parlare di Wreck Art (Bowlt 1996). Il termine è stato poi adottato da John Bowlt, appositamente per descrivere un’azione in cui l’artista aveva dipinto con sgargianti colori di impianto suprematista alcune carcasse di navi dismesse nel Mar Baltico e in seguito un sottomarino ancora attivo della flotta navale russa (Bowlt 1996; Bowlt 1997, 29).

Come nasce questa passione? Dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Orel a metà degli anni ’70, Ponomarev si iscrive all’Accademia di ingegneria navale a Odessa ed è qui che inizia la sua mai conclusa avventura con il mare. È sul Mar Nero che, a sentir lui, è diventato uomo (Rebecchini, 2010, 184: “На Чёрном море я стал мужчиной”). In quegli anni, in URSS, imbarcarsi era per un giovane una delle poche possibilità di girare il mondo. Così a ventidue anni sale su navi da guerra, sommergibili, carghi mercantili, dapprima come marinaio torpedista e poi, da ufficiale, esplorando l’Occidente sui bananovozy, i grandi piroscafi che trasportavano prevalentemente banane, ma anche nei sottomarini, continuando nello stesso tempo a disegnare e a realizzare acqueforti (Muraškina 2006, 20). Se all’inizio degli anni ’80, per problemi di salute è costretto a scendere a terra, seguita comunque a viaggiare sulle carte nautiche, e così iniziano le sue avventure prima immaginarie e poi reali.

Alla base della sua creatività c’è la “strategia dell’avventura”, come la definisce lui stesso, che trae spunto dall’esperienza dei suoi viaggi, in cui esplora la relazione tra uomo e macchina sia in installazioni multimediali che in lavori su carta, enfatizzando l’immaginazione umana nella creazione delle macchine, ispirandosi prima di tutto all’opera di Leonardo da Vinci. Si possono individuare due linee nella sua ricerca espressiva: quella del ‘salvataggio’ come nel caso de La resurrezione delle navi a cui ho già accennato e quella della ‘submersione’. Le due linee sono comunicanti e complementari e si sviluppano nell’intera opera di Ponomarev. In questo caso il galleggiamento, la submersione, la percezione dell’individuo in un ambiente-limite, sono tutti ingredienti di costruzione del suo ‘stile’ che conducono a interventi in spazi naturali, grandiosi, perché, come magistralmente ha sintetizzato, “la mia arte è per i pesci e per gli uccelli, non per i curatori”.

Eccezionale disegnatore visionario, più creatore di mitologie che artista disciplinato, Ponomarev è in grado di fare progetti che coinvolgono molte altre persone in una logica di Arte Partecipativa. È naturalmente impossibile riassumere in un breve saggio la sua opera (è in uscita un’ampia monografia che ho scritto insieme a Giuseppe Barbieri: v. Barbieri, Burini 2020). Vorrei invece concentrarmi, dopo questa rapida contestualizzazione, sul progetto SubTiziano in cui sono stata coinvolta come co-organizzatrice nella mia veste di docente di Storia dell’arte russa a Ca’ Foscari.

Al di là di una fitta sequenza di mostre di ricerca, in questi anni l’università veneziana Ca’ Foscari ha ospitato anche esperienze espositive più eccentriche, sui generis (un altro esempio, in questa linea eccentrica, è l’installazione del 2013 per il progetto di costituzione del Garbage Patch State di Maria Cristina Finucci), di cui SubTiziano è il capostipite: mitico sottomarino ormeggiato nel 2009 a Ca’ Bernardo, il palazzo di fianco a Ca’ Foscari, installazione site specific ed evento collaterale per la LIII Biennale di Venezia. Per farmi coraggio, mi ero detta allora che in effetti gli sconfinamenti in terreni a volte avventurosi sono fortemente collegati al concetto stesso di ricerca, che non può essere separato da termini come sperimentazione, coraggio, visione originale (e anche una buona dose di rischio...). Per citare Jurij Lotman e la sua teoria dell’esplosione.

Dalle situazioni prevedibili non scaturisce alcunché di radicalmente nuovo. Potremmo dire che la novità è il risultato di situazioni imprevedibili per principio. […] Il momento dell’esplosione interrompe la catena delle cause e degli effetti […]. Il momento dell’esplosione si colloca nell’intersezione di passato e futuro in una dimensione quasi atemporale. […] L’esplosione di possibilità diverse introduce nello spazio culturale la casualità […]. Il momento dell’esplosione non crea soltanto nuove possibilità ma anche un’altra realtà, uno smottamento e una risemantizzazione della memoria (Lotman 1994, 35).

Ponomarev è la quintessenza di questo tipo di concezione ‘esplosiva’. Uscire dai limiti della comune percezione artistica, osare, sconfinare, contaminare, creare degli smottamenti, risemantizzare la memoria: le sue azioni, installazioni, disegni, fotografie hanno una forza concreta, dinamica e icastica che si manifesta sempre attraverso strategie complesse e articolate nel tempo. La sua arte non è mai immediata, effimera e di breve durata, ma al contrario trasforma la realtà nel tempo (cfr. Rebecchini 2010). Si tratta di interventi, attivi nello spazio e nel tempo, che sono esperienze di vita ma anche di gioco, e proprio per questo sono progetti al limite del visionario pur rimanendo molto complessi, mai improvvisati o estemporanei. Sono dapprima il frutto di un’accurata preparazione, documentata da centinaia di disegni e minuziose simulazioni, ma anche di contatti, conversazioni, esperienze relazionali.

Nel 2009 si trattò infatti di mediare con le autorità cittadine e universitarie, trovare un posto adatto all’approdo, ricevere permessi di ogni tipo. Ricordo ancora oggi la tensione e le difficoltà di un progetto titanico che forse avevo abbracciato anche io con una sprezzatura che riposava sull’incoscienza del rischio. L’installazione di Ponomarev alla fine si realizzò quasi in modo epifanico: un sottomarino russo in Canal Grande! In realtà era solo il kiosk di un sottomarino, ovvero la parte visibile della nave militare. Riemergere rappresentava l’ennesima tappa (la nona) del ramificato progetto Utilizacija staj (Riciclare il branco, 1996-2011). Il concetto si riferisce sia al branco di lupi e al tipo di mentalità correlato, sia a una tattica militare degli U-Boot tedeschi nella Seconda guerra mondiale; il sottomarino invece ha origini leonardesche, in particolare nel Codex Leicester.

Ogni artista ha un suo ‘marchio di fabbrica’: oggi Ponomarev viene associato immediatamente ai suoi sottomarini, che sintetizzano a mio avviso anche la sua complessiva linea di ricerca artistica. Il tema si declina in ben dieci stadi, ossia le tappe dei progetti che compongono Utilizacija staj (Riciclare il branco) e il viaggio del sottomarino fino al suo decimo e per ora ultimo approdo, a Vassivière.

In questa dinamica così articolata il sottomarino diviene non solo una sorta di prodigiosa ‘macchina’ antropomorfa, ma anche un ‘eroe’, il protagonista al quale si attribuiscono gesta prodigiose e meriti eccezionali. E proprio per il suo compiere azioni straordinarie diventa una sorta di avatar dell’artista nella ‘strategia dell’avventura’, un ibrido a metà tra il meccanico e l’umano.

L’origine della vicenda progettuale risale al 1996, con la Severnyj sled Leonardo (La traccia nordica di Leonardo). Nel mare di Barents, Oceano artico, un sottomarino in funzione della Flotta russa, di cento metri di lunghezza, dipinto da Ponomarev, come accennavo, con vivaci colori di ispirazione suprematista, fu fatto navigare in superficie. Un’esplicita strategia di anti-camouflage trasformava in questo modo un oggetto militare, un’arma, in un oggetto d’arte, risemantizzando completamente il suo senso letale; nel momento in cui, riportandolo in superficie, ne veniva azzerata la segretezza l’artista gli conferiva altresì una nuova semantica, inserendolo in un diverso sistema di relazioni semiotiche e donandogli la libertà di essere visibile.

Nei successivi progetti il sottomarino sarà via via sostituito da una sua ‘sineddoche’, il già citato kiosk, e altri sottomarini si aggiungeranno, lungo il percorso, alla flottiglia:

The submarine turned into an obsession and a chimera which haunted him, albeit now reorganized in to an art object […] (Misler 2009, 13).

In questo articolato e imprevedibile ‘viaggio’ della flottiglia di sottomarini, che variano forma e scala, ci sono anche significative pause, quando, con un repentino cambio di registro, l’artista trasforma la riemersione del sottomarino in una stasi, ossia in una mostra in un contesto museale. È il caso di Ob’ekt “Baza” (Oggetto “Base”) all’Atelier Calder di Saché, e successivamente alla Galleria Nina Lumer di Milano (2005) o l’anno prima nel progetto Speckontrol’ (Controllo speciale) al Musée d’Art Moderne di Saint-Étienne, dove la scala viene ridotta e il sottomarino diviene trasportabile in una valigia…

Dopo queste ‘pause’, nel settembre del 2006 il sottomarino torna a muoversi, e ricompare a Parigi, V sadu u volčich staj (Nel giardino del branco di lupi), nel Jardin des Tuileries, accanto al Musée du Louvre. L’anno dopo ancora lo vediamo rompere letteralmente il ghiaccio di fronte alla Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, ospite d’eccezione della seconda Biennale di Mosca, in Sekretnyj farvater (La scia segreta). Ci sarà di seguito un’ulteriore tappa, stavolta nel principato di Monaco, nel 2008, quando al Nouveau Musée viene allestita la mostra Vyjti na poverchnost’ (Uscire in superficie), una prima resa dei conti e un bilancio del percorso sin lì compiuto.

Ma la sua più spettacolare riemersione si registra, appunto, a Venezia, sul Canal Grande, come Evento Collaterale della 53ª Venice Biennale, e sezione della mostra That Obscure Object of Art. “The beast is striated like the most mysterious fish […]” scrive allora Sarah Wilson, che definisce Ponomarev “The captain. The first submarine-man in the history of art” (Wilson 2009, 16). La riemersione del sottomarino nella laguna veneziana ha, come ho già accennato, un significato marcatamente semiotico. Lo annota in catalogo Sergei Khachaturov:

In Venice the order of things, just like the order of words, and the order of historic events are disrupted in a selfless sublime manner. This is because in this city time and space is spliced into a turquoise marine knot of what is going on can be seen in reverse historical perspective (Khachaturov 2009, 6).

Khachaturov riprendeva l’idea di Venezia che il poeta Premio Nobel Iosif Brodkskij aveva trasmesso in Watermark, la sua opera fondamentale dedicata alla città marciana (Brodkskij 1992).

Ci sono naturalmente molte barche che navigano nel mare dell’arte contemporanea (e nella laguna). La più famosa è sicuramente The Ship of Tolerance, l’imbarcazione creata dagli artisti Il’ja ed Emilia Kabakov che ha solcato le acque del globo partendo 12 anni fa dall’Egitto e diffondendo un messaggio di pace e tolleranza reciproca in vari paesi: Stati Uniti, Cuba, Svizzera, gli Emirati Arabi e anche con una significativa fermata a Venezia nel 2005. Altri spunti di confronto, anche in totale opposizione, si possono trovare in varie esperienze recenti: mi riferisco a Treasures from the Wreck of the Unbelievable di Damien Hirst, la rassegna tenutasi nel 2017, sempre a Venezia (sulla esposizione, molto controversa, v. in Engramma Anselmi, Giordano 2017).

Anche la particolare immaginazione dell’artista britannico Jason deCaires Taylor (Preece 2016) che costruisce barriere coralline artificiali nei suoi musei subacquei, per migliorare l’ambiente marino circostante e sensibilizzare il pubblico ai problemi climatici attuali può essere messa in relazione con le azioni di Ponomarev. Per ultima cito la Barca Nostra di Christoph Büchel (Marsala 2019), il relitto di un barcone naufragato nel 2015 in cui morirono più di mille migranti, presentata alla Biennale d’arte di Venezia nel 2019. Sono case studies che andrebbero profondamente analizzati, ma di necessità in un'altra sede (questi esempi sono stati in parte presi in considerazione da una mia brava allieva, Alessia Marcolongo, nella sua tesi di laurea magistrale: Marcolongo 2018-2019).

Eppure, anche solo attraverso una ricognizione superficiale, in nessuno di questi artisti ravviso dei natanti che abbiano una funzione semiotica paragonabile a quella che ha la flottiglia di sottomarini di Capitan Pono. Il progetto veneziano era anche accompagnato da alcuni grandi disegni, esposti in una sala di Ca’ Bernardo, che ne evidenziavano un carattere claustrofobico, ‘piranesiano’, collegando – secondo una definizione di Nicoletta Misler – il sottomarino ‘d’invenzione’ alle Carceri d’invenzione di Giovan Battista e il segno dell’artista russo a quello di uno dei più straordinari artisti italiani dell’età moderna (Misler 2009, 13).

Il nome SubTiziano alludeva naturalmente anche a una sorta di ideale subordinazione al grande maestro veneziano Tiziano Vecellio e alla possibilità di eguagliare, nel momento della salita in superficie, il livello del basamento delle chiese dove sono presenti dipinti dell’artista, come quella di Santa Maria Gloriosa dei Frari che contiene l’Assunta. Data l’impossibilità di esibire l’opera davanti a Palazzo Ducale riuscii ad ottenere una sede della mia università, Ca’ Bernardo, in un punto di congiunzione del Canal Grande e Rio Novo su cui si affacciano Ca’ Rezzonico e Ca’ Foscari, il cui assetto, voluto dal Doge Francesco Foscari alla metà del XV sec. duplica lo stile di Palazzo Ducale con lo scopo di ricordare la Serenissima e il suo trionfo (Khachaturov 2009, 6).

Artista demiurgo, Ponomarev fa rinascere i sottomarini, come scrive in una sua poesia, cambiando loro colore e forma, così da poter navigare dappertutto in totale libertà, apparendo nei luoghi più inaspettati. Possono rivelarsi tra le onde, nei ghiacci, tra le rocce, nei boschi e sull’erba e anche in Canal Grande. Li definisce “imbarcazioni-camaleonti”, ibridi che portano i segni di un camouflage ‘inverso’ perché, invece di nascondersi, vogliono farsi vedere e, anziché portare la guerra, difendono gli interessi, rispettano l’uguaglianza,
fanno valere la loro forza in senso positivo. Il camouflage mimetico è un tipo di inganno basato su una forma di occultamento che rincorre la forma dell’invisibilità, utilizzato da numerosi artisti contemporanei tra cui Andy Warhol e Alighiero Boetti (Méndez Baiges 2016; cfr. anche Casarin, Fornari et al. 2010).

Ponomarev fa il gesto opposto, dando la massima rilevanza visiva a quello che dovrebbe essere nascosto e ponendo un gesto, a suo avviso, di totale liberazione:

Плывут опасные корабли бескрайнего океана свободы.
 Он испытывает и раскачивает каждого, кто решается
взломать кольцо горизонта и вырваться из привычного круга вещей. Вырваться чтобы нырнуть в глубины под поверхность моря [Времени, поверхность - всегда предлагающую свободному художнику пройти сквозь нее] (Alexander Ponomarev, ПОЭМА).

Navigano gli imprudenti battelli in un illimitato oceano di libertà. L’oceano mette alla prova e scuote chiunque decida di spezzare l’anello dell’orizzonte e strapparsi alla consueta cerchia delle cose. Uno strappo per tuffarsi nelle profondità, sotto la superficie del mare [del Tempo, superficie che sempre offre al libero artista d’esserne attraversata [la traduzione è di chi scrive].

Nota biografica

Alexander [Aleksandr] Evgen'evič Ponomarëv è un artista, navigatore, filosofo russo nato a Dniepropetrovsk il 21 maggio del 1957. Vive e lavora a Mosca. Ha realizzato molti progetti artistici negli oceani, in Groenlandia e ai poli, artico e antartico. Ha al suo attivo più di 100 mostre e progetti artistici in gallerie e musei, in Russia e all’estero. È nelle collezioni di molti musei tra cui la Galleria Tret’jakov, il Museo russo di Stato di San Pietroburgo, il Musée du Louvre, il Nouveau musée national di Monaco, la Cité des sciences et de l’industrie di Parigi e altri. Nel 2003 ha ricevuto dal Ministero della cultura francese una borsa di studio per una residenza all’atelier di Alexander Calder. Nel 2007 ha rappresentato la Federazione Russa alla 52° Biennale di Venezia con il progetto Dalai. In quella successiva ha realizzato un progetto speciale, di cui tratto in questo testo, guidando un sottomarino russo sul Canal Grande. Nel 2016 ha partecipato alla Biennale di Marrakesh. Nello stesso anno ha inoltre firmato il The pptArt.Manifesto, e ha promosso la Biennale dell’Antartide, che si è svolta nel 2017. Dal 1992 è membro della dell’Associazione degli artisti di Mosca e di varie altre associazioni culturali internazionali. È membro corrispondente dell’Accademia delle Arti russa. Ha ricevuto nel 2008 l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero francese della cultura “per meriti nella letteratura e nell'arte”.

Riferimenti bibliografici
English abstract

The “Captain Nemo” of Russian art, Alexander Ponomarev, is known for his fleet of submarines, a kind of trademark of his. His artistic activity has been viewed as Land or, rather, Sea Art, since the artist’s ‘raw material’ is water, even though he speaks of Wreck Art. This text is about the SubTiziano project, the mythical submarine moored in 2009 at Ca’ Bernardo, a site-specific installation and collateral event for the 53rd Venice Biennale. Re-emerging in the lagoon represented yet another stage (the ninth) of the ramified project Utilizacija staj (Recycling the Herd, 1996-2011). A demiurge artist, Ponomarev brings submarines back to life, as he writes in one of his poems, changing their color and shape so that they can navigate everywhere in complete freedom, appearing in the most unexpected places. He calls them “boats-chameleons”, hybrids that bear the signs of a ‘reverse’ camouflage because, instead of hiding, they want to be seen and, instead of leading the war, they respect equality and assert their strength in a positive sense.

keywords | Ponomarev; Land Art; Sea Art; Wreck Art; camouflage, Russian Art.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio.
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo: Silvia Burini, Alexander Ponomarev, SubTiziano. L’anti-camouflage come atto di libertà, “La Rivista di Engramma” n. 174, luglio/agosto 2020, pp. 13-23. | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.174