"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

La nave come metafora

Nota sul piroscafo Patris II e sul film Architects’ Congress di László Moholy-Nagy, a proposito del IV CIAM di Atene (1933)

Giacomo Calandra di Roccolino

English abstract

Un solo rumore: lo sciabordio dell’acqua sullo scafo;
una sola atmosfera: di giovinezza, di fede,
di modestia e coscienza professionale.
Le Corbusier

1 | Il piroscafo Patris II poco dopo il varo, 1926.

Dal 29 luglio al 14 agosto 1933 il piroscafo Patris II, messo a disposizione della società armatrice Neptos (Giedion 1975, 90), fu teatro del quarto incontro dei Ciam (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne). Circa cento tra architetti, pittori, musicisti e poeti, provenienti da sedici diverse nazioni, in una crociera attraverso il Mediterraneo da Marsiglia ad Atene diedero vita a un incontro che avrebbe avuto un’enorme fortuna nell’immaginario degli architetti.

La proposta di organizzare il congresso a bordo di una nave era stata avanzata a Parigi da Marcel Breuer durante una delle numerose riunioni preparatorie che si svolsero tra il 1930 e il 1933 (Pollini 1976, 12). L’idea della nave da crociera fu un’intuizione fortuita dettata dalla necessità di trovare in breve tempo una sede alternativa alla città di Mosca, dove l’incontro si sarebbe dovuto svolgere. Altre tre città – prima Varsavia, poi Milano e Algeri – erano state candidate a sostituire la capitale sovietica, ma furono presto scartate per l’impossibilità di svolgere il congresso in quello stesso anno. Immediatamente contattato da Le Corbusier, Christian Zervos, editore della rivista “Cahier d’Art” nonché fratello dell’armatore, riuscì a ottenere in pochi giorni la disponibilità esclusiva del piroscafo.

Il Patris II può essere annoverato tra le navi di libertà, soprattutto per il significato che assunse lo svolgimento di quel congresso nel 1933. Un episodio tra gli altri fa comprendere fino a che punto il clima del congresso di quell’anno fu condizionato dagli avvenimenti politici.

Una circolare del 26 novembre 1932, firmata da Giedion e Cornelis van Eesteren, esortava i rappresentanti di tutti i paesi coinvolti a protestare contro la chiusura del Bauhaus di Dessau, decisa dalle autorità della Sassonia-Anhalt in seguito alle elezioni dell’estate di quell’anno. Il partito nazionalsocialista aveva infatti inserito ai primi punti del suo programma non solo la chiusura della scuola, ma anche la demolizione della sua sede, progettata da Gropius ed edificata nel 1926 in seguito al trasferimento del Bauhaus da Weimar a Dessau. Al punto 8, intitolato “Chiusura del Bauhaus di Dessau”, si legge:

L’ottobre scorso il governo nazional-socialista […] ha decretato la chiusura del Bauhaus e la sospensione di tutti i suoi professori. […] Non v’è dubbio che tale decisione è frutto di una campagna politica […] Per difendere il nostro movimento da simili attacchi, occorre denunciare pubblicamente in ogni paese questo decreto immorale. Chiediamo ai delegati di ogni gruppo di far inserire sulla stampa e nelle riviste tecniche articoli di protesta contro la soppressione del Bauhaus.

Purtroppo questa chiara presa di posizione contro l’attacco subito dagli architetti moderni in Germania non sortì alcun effetto significativo e forse, visti gli stretti legami tra i Ciam e i più importanti rappresentanti dell'architettura costruttivista russa, contribuì ad accelerare la chiusura definitiva del Bauhaus, accusato dai nazisti di fare propaganda bolscevica. Nonostante la scuola, allora diretta da Mies van der Rohe, si fosse nel frattempo spostata a Berlino, essa fu chiusa definitivamente con un’operazione di polizia poche settimane prima dell’inizio del congresso di Atene.

Non deve dunque stupire che nel “grigio plumbeo di quelle giornate” (Lettera di Gropius a Giedion del 10 aprile 1933) anche la delegazione tedesca, che aveva visto in Walter Gropius lo spiritus rector dei congressi precedenti, rimanesse orfana dei suoi ‘maestri’. Né Gropius, né Breuer, né Ernst May, protagonisti dei primi due congressi operativi di Francoforte e Bruxelles, si recarono in Grecia, ma mandarono in rappresentanza della Germania alcuni giovani architetti provenienti dal Bauhaus o dai loro studi professionali, i quali avrebbero in seguito contribuito in modo fondamentale alla ricostruzione delle città tedesche del dopoguerra. Gli architetti tedeschi presenti sul Patris II erano: Wolfgang Bangert, Wils Ebert, Hilda Harte, Wilhelm Hess, Hubert Hoffmann (van Es 2014, 162-196). Ebert, ad esempio, fece parte nell'immediato dopoguerra del Planungskollektiv guidato da Hans Scharoun per la ricostruzione di Berlino.

A prescindere dai risultati teorici del congresso che, come noto, ebbero una certa diffusione solo a partire dal 1943 grazie alla pubblicazione della Carta d´Atene curata da Le Corbusier (Le Corbusier 1943), diversi elementi hanno contribuito a rendere il IV congresso un episodio memorabile nella storia dell’architettura moderna.

Il primo elemento eccezionale è proprio il viaggio, strumento di conoscenza per eccellenza, che in questo caso diventa simbolo della ricerca di una città nuova: la ‘città funzionale’ oggetto del congresso. Come sottolinea Paola di Biagi:

Il racconto di un viaggio è la forma narrativa spesso utilizzata dagli utopisti per parlare di città desiderate. È proprio nel corso di un viaggio che si incontrano città future dove un nuovo ordine funzionale, ed anche sociale, regola lo spazio. Il viaggio diventa rappresentazione di un allontanamento nel tempo e nello spazio da una situazione presente, sottoposta a critica, e del raggiungimento di una meta auspicata; il viaggio diviene strumento di esplorazione del domani (Di Biagi 2005).

Il viaggio attraverso il Mediterraneo non viene inteso dai delegati dei Ciam come una fuga dalla realtà e dalla situazione sempre più difficile per tutte le avanguardie architettoniche, soprattutto in Germania e in Unione Sovietica. È lo stesso Sigfried Giedion, Segretario generale dei Ciam, a ribadirlo nel suo discorso inaugurale. Egli si rivolge al gruppo dei delegati sul ponte del piroscafo gremito: “Se noi ora viaggiamo verso la Grecia, ciò non rappresenta un’evasione; non è nostra intenzione sfuggire alle difficoltà della realtà attuale, ma sempre attenti ai problemi profondi che si sviluppano vogliamo intercalare un momento di riflessione” (Sigfried Giedion, intervento alla riunione d’apertura il 29 luglio 1933, in Pollini 1976, 19).

Anche la nave ha un preciso valore semantico per gli architetti delle avanguardie del Novecento. Essa diventa metafora dell’architettura nuova non solo per gli architetti razionalisti: basti pensare al Chilehaus di Fritz Höger ad Amburgo o alle architetture fantastiche dell’espressionismo organico di Hans Scharoun. Per Le Corbusier, che emerge tra i principali protagonisti del IV congresso (Ciucci 1998), la nave incarna l’ideale della grande abitazione collettiva: essa è in sé conclusa, poiché racchiude tutte le funzioni necessarie alla vita di una comunità; è in connessione diretta e sempre nuova con gli elementi della natura – aria, suono, luce – che sono il credo del nuovo concetto di abitare e daranno il titolo al suo intervento al congresso (Pollini 1976, 21). La nave è infine un concentrato di tecnologia e di uso razionale dello spazio: essa integra funzioni diverse tenendole insieme grazie a un sistema di connessioni spaziali perfettamente funzionali. Il Patris II è quindi di per sé un simulacro della città funzionale.

2 | a sin.: Il manifesto del congresso; a dex.: Il titolo del film di László Moholy-Nagy.

Il congresso rimane un modello anche per il modo in cui la sua immagine viene scientemente raccolta e divulgata: è caratterizzato da una eccezionale quantità di resoconti e documenti fotografici, raccolti e in parte pubblicati dai singoli delegati nelle riviste specialistiche delle rispettive nazioni. È però soprattutto un reportage filmato, del tutto eccezionale a quell’epoca, girato dal grande artista visivo László Moholy-Nagy (giá Meister al Bauhaus dal 1923 al 1928 dove dirigeva il laboratorio di fotografia) a rendere il congresso e i suoi postulati uno straordinario racconto per immagini. Il film dal titolo Architects’ Congress, della cui realizzazione l’artista ungherese fu incaricato direttamente da Sigfried Giedion (Harbusch 2018), è un dettagliato resoconto di tutte le fasi del congresso e restituisce l’atmosfera dell’evento.

Proviamo a seguire il viaggio per mare attraverso il film di Moholy-Nagy e i resoconti di alcuni dei protagonisti. Il Patris II salpa dal porto di Marsiglia il 29 luglio 1933. Il porto della città francese con le sue gru – tra le quali si riconosce il pont transbordeur (1905) di Ferdinand Arnodin, icona della costruzione in acciaio – è una rappresentazione della città moderna e industriale su cui Moholy-Nagy indugia con numerose inquadrature, anche per sottolineare il contrasto con il Pireo e con gli approdi delle isole greche che compariranno in seguito nel film.

3-4 | Frames del film Architect’s Congress di László Moholy-Nagy. Il porto di Marsiglia alla partenza del Patris II, sullo sfondo si riconosce il pont transbordeur di Ferdinand Arnodin (1905); Fernand Léger si affaccia dal ponte del Patris al momento della partenza.

Come previsto da Giedion, che riguardo ai primi due congressi di Francoforte e Bruxelles aveva sottolineato la scarsa possibilità di fare conoscenza e scambiare opinioni:

La vita in comune dei partecipanti nel corso dell’intera giornata favoriva i contatti personali, il formarsi delle amicizie, lo scambio delle informazioni, le discussioni in gruppi ristretti, che ai congressi precedenti erano in parte mancati (Pollini 1976, 19).

Una volta aperte le casse provenienti da tutta Europa che contengono le tavole relative a 34 città, il congresso può avere inizio. Le tavole analitiche, redatte secondo le norme grafiche codificate per tutti i partecipanti (Hochhäusl 2011, 113), descrivono la situazione delle diverse città facilitando un confronto diretto tra esse e aprendo la discussione sulle migliori soluzioni adottate. Come riporta Gino Pollini, delegato del gruppo italiano insieme a Piero Bottoni e Giuseppe Terragni:

Le riunioni avvengono sui ponti, riparati da tende, in un’atmosfera ventilata, piena di sole e di luce, sul mare calmo (Pollini 1976, 19).

5-6 | Campo e controcampo durante la relazione di Le Corbusier sul ponte del Patris II. Nella foto tre si riconoscono da sinistra a destra Sigfried Giedion e Piero Bottoni (sullo sfondo con il basco) e Le Corbusier.

Sul ponte, come si vede nelle immagini filmate e come sottolinea Le Corbusier, c’è “una folla di giovani: il fiore della nuova architettura che dovrà portare i suoi frutti” (Pollini 1976, 18). Piero Bottoni ricorderà in seguito:

Tutta l’avanguardia europea dell’architettura moderna era a bordo di quella nave, quindi se fosse andata a fondo sarebbe stato un vero disastro! Per fortuna galleggiò e arrivò in Grecia (Bottoni 1995, 506).

Il clima è informale e rilassato, ma non per questo meno produttivo. Alla presentazione di ogni città seguono discussioni e domande. Cornelis van Eesteren, l’urbanista olandese che si è assunto l’organizzazione del lavoro, presenta il nuovo piano per Amsterdam, che è fin dall’inizio il modello per l’elaborazione delle analisi delle altre città.

7-8 | Frames del film Architects’ Congress di László Moholy-Nagy.
Piero Bottoni, illustra la tavole di analisi di Verona e Littoria in basco e canottiera.
L’attraversamento dell’Istmo di Corinto: a destra si riconosce la silouette della testa di Fernand Léger con il suo basco.

Il quarto giorno la nave giunge all’istmo di Corinto, interrompendo alcune riunioni e tra la generale ammirazione per l’antica opera ingegneristica, cui Moholy-Nagy dedica lunghe sequenze. Dopo aver imbarcato la delegazione greca, il piroscafo approda finalmente al Pireo. Il gruppo si sposta quindi all’Hotel Grande Bretagne nel centro della capitale greca.

Ad Atene si apre la sessione greca del congresso che si svolge all’aperto davanti al Politecnico; la delegazione si fermerà ad Atene per 4 giorni visitando l’Acropoli.

9-10 | Ascesa all’Acropoli. Foto di gruppo davanti ai Propilei. L’Acropoli vista dai tetti della città (Moholy-Nagy).

Le Corbusier ricorda in questa occasione la sua prima visita all’Acropoli nel 1911:

Cosa posso aver fatto durante ventun giorni? […] Ciò che so è che ho acquisito la nozione di irriducibile verità. Io sono partito schiacciato dall’aspetto sovrumano delle cose dell’Acropoli. Schiacciato da una verità che non è né sorridente, né leggera, ma che è forte, che è una, che è implacabile (Le Corbusier, Air, son, lumière, dal discorso pronunciato al IV Ciam in Pollini 1976, 21).

Anche Piero Bottoni appena rientrato in Italia mette nero su bianco le proprie sensazioni: 

All’arrivo al Pireo, già dal Golfo, sotto il sole abbacinante sullo sfondo di queste terre calcinate, l’Acropoli incombe: ancora lontana una ventina di chilometri già parla con la sua precisa parola. Sentiremo l’onda più o meno smorzata di questa precisione sublime (definisco così il Partenone) diffusa su tutte queste terre: in ciò che sopravvive intatto per l’aspetto plurimillenario e in ciò che si rinnova intatto nello spirito della gente e degli artisti (Bottoni 1933, 374).

11 | Montaggio di tre frames dal film Architects’ Congress di László Moholy-Nagy: Stamo Papadaki, Villa Fakidis a Glyfada ancora in costruzione.

Oltre a visitare le architetture classiche il gruppo viene accompagnato a vedere i nuovi edifici razionalisti che sono stati realizzati fino a quel momento ad Atene, tra cui opere di Patroclos Karantinos, Stamo Papadaki e Kyriakos Panayotakos (Simeoforidis 1998, 182; Kousidi 2016). Il gruppo si reca inoltre a visitare il nuovissimo bacino idrico di Maratona.

Tra il 5 e il 9 agosto i delegati si separano in gruppi più piccoli. Moholy-Nagy, a differenza degli italiani che organizzano un giro del Peloponneso, compie insieme a Giedion, Lèger e altri un'escursione in diverse isole greche tra cui Egina, Serifos, Santorini, Ios. Le inquadrature di Moholy-Nagy mostrano i villaggi di case bianche aggrappate alla roccia, che con loro abbacinante candore e le loro forme geometriche essenziali sono la prova dell’intrinseca razionalità dell’architettura vernacolare. Bottoni vi riconosce l'“istintiva capacità di costruire e di fornire un terreno particolarmente adatto per l’addestramento […] alle tecniche moderne”(Bottoni 1933, 374). Per Bardi “è qui che nasce la casa” (Bardi 1933, 19).

12-13 | Frames del film Architects’ Congress di László Moholy-Nagy: una piccola costruzione a Serifos; Le case di Santorini.

Ciò che più colpisce gli architetti è però la luce greca, quella stessa luce di cui anche Pikionis aveva parlato in uno dei suoi scritti.

La qualità della luce della Grecia si rivelò all’improvviso. L’acqua può essere trasparente dappertutto, ma qui il sole aveva una tale forza di penetrazione da trasfigurare persino il bronzo dell’elica della nave. Avevamo capito la Grecia grazie alla luce, ai materiali, alla visualizzazione perfetta delle forme. […] La luce aveva il potere di chiarire, di modificare, di valorizzare era sempre la coincidenza di luce e di struttura a dare intensità a questo mondo visivo […] in generale eravamo immersi nel silenzio ricco di significati delle forme della materia (Giedion 1975, 92-93).

La Grecia e la sua architettura non indicano un ritorno al passato, al contrario incarnano la tradizione a cui gli architetti moderni sentono di appartenere. Bottoni scrive:

Un viaggio in Grecia […] è un pellegrinaggio di rito e devozione per un architetto razionalista: per un rifacitore di stili o per un neostilizzante potrebbe essere fonte di amarissime disillusioni (Bottoni 1933, 374).

La Grecia è “grembo della natura umana, […] del benessere, del razionale” e nella sua architettura “si ritrovano le misure della scala umana” (Le Corbusier 1937, 52).

Bibliografia fonti
  • Bardi 1933
    P. M. Bardi, Cronaca di viaggio, “Quadrante”, vol. 11 (1933), n. 5, 5-35.
  • Bottoni 1933
    P. Bottoni, Atene 1933, “Rassegna di architettura”, 1933, n. 9, 374-383.
  • Le Corbusier 1935
    Le Corbusier, La ville radieuse: eléments d'une doctrine d'urbanisme pour l'équipment de la civilisation machiniste, Boulogne 1935.
  • Le Corbusier 1943
    Le Corbusier (a cura di), Urbanisme des CIAM . La Charte d’Athenes, Paris 1943
  • Pollini 1976
    G. Pollini, Cronache del quarto congresso internazionale di Architettura moderna, “Parametro”, 1976, n. 52, 4-23.
Bibliografia critica
  • Bottoni 1995
    P. Bottoni, Una nuova antichissima bellezza. Scritti editi e inediti 1927-1973, Roma-Bari 1995.
  • Ciucci 1998
    G. Ciucci, Le Corbusier, l’applicazione della Carte d’Atene, la Grille Ciam d’urbanisme, Chandigarh, in P. Di Biagi (a cura di), La Carta d’Atene. Manifesto e frammento dell’urbanistica moderna, Roma 1998, 109-142.
  • Di Biagi 2005
    P. Di Biagi, I CIAM verso Atene: spazio abitabile e città funzionale, intervento presentato in occasione del convegno: “EL GATCPAC Y SU TIEMPO, politica, cultura y arquitectura en los años treinta”, V Congreso Internacional DOCOMOMO Ibérico, Barcelona, 26-29 ottobre 2005.
  • van Es 2014
    E. van Es (a cura di) Atlas of the functional city: CIAM 4 and comparative urban analysis, Zürich 2014.
  • Harbusch 2018
    G. Harbusch, Bauhaus an Bord, in Bauhaus 100/Magazin [link: www.bauhaus100.de/magazin/entdecke-das-bauhaus/bauhaus-an-bord/].
  • Hochhäusl 2011
    S. Hochhäusl, Otto Neurath - city planning : proposing a socio-political map for modern urbanism, Innsbruck 2011.
  • Kousidi 2016
    M. Kousidi, Trough the Lens of Sigfied Giedion. Exploring Modernism and the Greek Vernacular in situ, “RIHA Journal“, 0136, 15 Juli 2016.
  • Giedion 1975
    S. Giedion, Moholy-Nagy e il CIAM vanno in Grecia, in S. Moholy-Nagy (a cura di), Moholy-Nagy: la sperimentazione totale, Milano 1975, 90-94.
  • E.P. Mumford 2000
    Eric Paul Mumford, The CIAM discourse on urbanism, 1928-1960, Cambridge (Mass.) 2000.
  • Simeoforidis 1998
    Y. Simeoforidis, I giorni del IV Ciam di Atene: figure, vicende, ripercussioni, in P. Di Biagi (a cura di), La Carta d’Atene. Manifesto e frammento dell’urbanistica moderna, Roma 1998, 170-201.
  • Steinmann 1979
    M. Steinmann, CIAM Dokumente 1928-1939, Basel 1979.
English abstract

From 29 July to 14 August 1933 the steamship Patris II was the scene of the fourth meeting of the CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne). It can be counted among the ships of freedom, especially because of the significance of that congress in 1933. The ship, moreover, has a precise semantic value for the architects of the avant-garde of the 20th century and becomes a metaphor for the new architecture: it contains all the functions necessary for the life of a community; it is a concentrate of technology and rational use of space; it integrates different functions by holding them together by means of a system of perfectly functional spatial connections. The Patris II represents a simulacrum of the functional city.
The congress also becomes a model for the way in which its image is consciously recorded and disseminated. A filmed reportage shot by the great visual artist László Moholy-Nagy makes the congress and its postulates an extraordinary story in images. The film Architects’ Congress is a detailed account of all phases of the congress and accurately renders the atmosphere of the event.

keywords | IV CIAM; Patris II; Marsiglia-Atene; László Moholy-Nagy; Architects’ Congress

Per citare questo articolo: Giacomo Calandra di Roccolino, La nave come metafora. Nota sul piroscafo Patris II e sul film Architects’ Congress di László Moholy-Nagy, a proposito del IV CIAM di Atene (1933), “La Rivista di Engramma” n. 174, luglio/agosto 2020, pp. 143-155. | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/.174.0015