"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

176 | ottobre 2020

97888948401

“Le fantasticherie di alcuni confratelli amanti dell’arte...”

Sulla situazione della Biblioteca Warburg per la Scienza della Cultura tra il 1929 e il 1933

Lucas Burkart, traduzione di Costanza Giannaccini. Con una Introduzione di Rolf Petri

English abstract

Engramma presenta la traduzione in italiano, a cura di Costanza Giannaccini, dell’articolo di Lucas Burkart Die Träumereien einiger kunstliebender Klosterbrüder... Zur Situation der Kulturwissenschaftlichen Bibliothek Warburg zwischen 1929 und 1933, pubblicato nel 2000, nel numero 63 della rivista “Zeitschrift für Kunstgeschichte”(89-119). L’espressione “fantasticherie di alcuni confratelli amanti dell’arte” è di Edgar Wind in riferimento ai piani futuri per la Biblioteca Warburg. A introdurre l’articolo è una riflessione di Rolf Petri che nel 2004 aveva scritto per Engramma una Nota sul tema dell’articolo.

Introduzione

Rolf Petri

Nel 2004, Engramma pubblicò sul numero 35 una nota sulle ragioni del trasferimento della Biblioteca Warburg da Amburgo e della sua rifondazione come Warburg Library and Institute a Londra (si veda la nota di Rolf Petri pubblicata in Engramma 35, 2004). La nota non fu frutto di una ricerca approfondita, ma procedeva per deduzioni che tenevano conto, soprattutto, del contesto economico tedesco degli anni Trenta. Pur non escludendo ragioni anche di ordine finanziario, lasciò in primo piano il motivo politico del trasferimento, in quanto dopo il 1933 la politica antisemita cambiò radicalmente le stesse variabili economiche nelle attività dei banchieri Warburg, così come di altre famiglie imprenditoriali tedesche di fede ebraica. Qui di seguito Engramma propone la traduzione italiana di un saggio di Lucas Burkart, del 2000, sulla Biblioteca di Scienze Culturali di Aby Warburg, che invece è frutto di una meticolosa ricerca negli Warburg Institute Archives e in altri archivi. Burkart mette a fuoco il periodo tra la morte di Aby Warburg e il primo anno di governo nazista. Guarda, sì, alle dinamiche decisionali all'interno della famiglia Warburg e tra i più stretti collaboratori di Aby, ma dimostra soprattutto come il trasferimento, per quanto poi accelerato dall'urgenza politica del momento, fosse frutto anche di una riflessione di più lungo periodo. Fu infatti lo stesso Aby Warburg a manifestare negli ultimi suoi anni una crescente insoddisfazione con la scarsa sensibilità e ricettività del contesto amburghese per il suo grande progetto. Pertanto, aveva cominciato a guardarsi intorno immaginando possibili alternative, tra le quali Roma. L'avvento del governo nazista all'inizio del 1933, che da subito prese misure discriminatorie contro studiosi ebrei, costrinse gli eredi e i colleghi di Aby Warburg a procedere senza indugi, come spiega Lucas Burkart nelle righe che qui seguono.

1 | I cinque fratelli Warburg, fotografati il 21 agosto 1929, dopo aver firmato il consenso alla costituzione di un consiglio di amministrazione: seduti (da sinistra a destra) vi sono Paul, Max, e Aby Warburg; in piedi si vedono Felix e Fritz Warburg. Warburg Institute Archive, London.

 “Le fantasticherie di alcuni confratelli amanti dell’arte...”
Sulla situazione della Biblioteca Warburg per la Scienza della Cultura tra il 1929 e il 1933

Lucas Burkart

La Biblioteca Warburg è stata recentemente definita da uno dei suoi maggiori esperti come il più importante contributo tedesco alla scienza della cultura nel panorama internazionale del ventesimo secolo (Wuttke 1998, xi). Che tale contributo si sia conservato fino ad oggi, lo si deve alla migrazione della biblioteca e dei suoi collaboratori nel dicembre del 1933. Trasferita da Amburgo a Londra, si dedica ancora oggi, come The Warburg Institute, alla questione posta dal suo fondatore Aby Warburg circa la sopravvivenza dell’antichità pagana nella cultura europea premoderna. Alla luce della grande importanza della biblioteca è opportuno interrogarsi, dal punto di vista scientifico e storico, circa i motivi, i presupposti, le condizioni e le conseguenze a cui si deve la conservazione di questa biblioteca unica per la ricerca scientifica.

Il rinnovato interesse per il lavoro e per il metodo di Aby Warburg a partire dalla metà degli anni Ottanta ha condotto, non da ultimo, anche a uno sguardo più approfondito su quella che è la sua vera eredità: la Biblioteca per la Scienza della Cultura. Nel corso degli oltre sessant’anni trascorsi da quando venne spostata da Amburgo, su tale evento, insolito per un’istituzione scientifica, si è andato consolidando un certo modo di vedere.

La Biblioteca Warburg per la Scienza della Cultura, finanziata dall’istituto bancario, nel 1933 dovette emigrare a Londra con i suoi otto impiegati ebrei, dove venne annessa all’università nel 1944. Gli esuli trovarono all’estero maggiore apprezzamento: Edgar Wind, che Warburg considerava erede spirituale, divenne il primo docente di Storia dell’arte a Oxford e a Montréal, Raymond Klibansky professore a Oxford e Montréal, Erwin Panofsky professore a Princeton.

Con queste parole i curatori di un’antologia su Warburg pubblicata di recente descrivevano il destino della biblioteca e dei suoi impiegati (Galitz, Reimers 1995). Similmente, in un articolo del 1993 che ricordava il trasferimento della biblioteca avvenuto sessant’anni prima, Michael Diers scriveva: “‘L’anno di Hitler 1933’ (Saxl) segna l’involontaria fine della storia della KBW, una fine che fu tuttavia un nuovo inizio” (Diers 1993, 14). Questo punto di vista corrisponde, fatte salve le dovute lievi sfumature e differenziazioni, all’attuale stato della ricerca, che si manifesta in un numero in rapida crescita di saggi, volumi sui colloqui, monografie, come pure nel progetto editoriale degli scritti e dei materiali di lavoro di Warburg (Wuttke 1998) [1].

Inteso in tal senso, tuttavia, lo spostamento della KBW da Amburgo a Londra diviene una storia puramente politica: la storia della scienza si riduce a storia degli eventi politici. Questo è metodologicamente problematico sotto diversi aspetti. Il significato dei rapporti politici del 1933 per il destino della Biblioteca Warburg, dei suoi collaboratori e della famiglia Warburg non va assolutamente negato, piuttosto, si tenterà di seguito di non ridurre il peso dell’aspetto politico a ciò che è più strettamente legato agli eventi.

Non c’è dubbio che il trasferimento della biblioteca nel dicembre del 1933 ebbe luogo all’ultimo momento possibile e significò la salvezza di fronte alla distruzione perpetrata dai nazionalsocialisti. Solo due settimane dopo che la biblioteca, caricata su due navi, era salpata da Amburgo, il foro di competenza per tali pratiche passava dalle amministrazioni municipali al Ministero della Propaganda di Joseph Göbbels a Berlino. È molto probabile che i nazionalsocialisti non avrebbero consentito questa operazione, che inizialmente prevedeva il prestito triennale della biblioteca all’Università di Londra, ma che infine segnò il definitivo trasferimento da Amburgo [2]. Negli studi, la salita al potere dei nazionalsocialisti nel gennaio del 1933 fa sempre parte del contesto in cui è stato esaminato e interpretato il trasferimento dalla Germania della Biblioteca Warburg. Una biblioteca privata, i cui collaboratori erano per gran parte ebrei e il cui fondatore proveniva da una delle più importanti famiglie di banchieri ebreo-tedesche, nella Germania del 1933 non aveva più alcun futuro e doveva pertanto lasciare il paese. Data la coincidenza temporale degli eventi, ciò di per sé era già convincente, e la presente interpretazione trae la propria forza persuasiva da questa innegabile prospettiva. La problematica risiede tuttavia nell’approccio metodologico. Conoscendo le conseguenze distruttive del potere nazionalsocialista tra il 1933 e il 1945, che solo in seguito saranno così evidenti, si deducono intenzione e motivazione del trasferimento stesso [3].

Questa interpretazione della storia dell’istituto si collega inequivocabilmente ai contributi dei collaboratori della biblioteca. Fritz Saxl, Gertrud Bing e il nipote di Aby Warburg, Eric scrissero ciascuno un saggio sul trasferimento da Amburgo (cfr. Saxl 1986, 325-338; Bing 1957, 1-46; E. M. Warburg 1953, 13-16)[4]. L’autorevolezza degli studiosi e l’immediatezza della loro esperienza hanno quindi condotto a considerare i loro contributi come fonti contemporanee alla storia del trasferimento, mentre, di fatto, sono stati scritti tutti tra il 1943 e il 1952, il che significa che interpretano gli eventi già da una prospettiva completamente diversa. Nonostante la relativa vicinanza temporale al trasferimento del 1933 e la relativa distanza da oggi, il punto di vista di Saxl, Bing ed Eric Warburg si era già molto avvicinato a una prospettiva moderna, perché a quell’epoca potevano già essere stimate le temibili conseguenze del permanere della biblioteca a Amburgo [5].

Nel contesto della presa di potere del nazionalsocialismo, queste connessioni complesse e stratificate fra tradizione e storiografia hanno reso la storia della KBW una storia di una perdita (Galitz, Reimers) o una storia di salvezza (Diers) della scienza tedesca.

Tuttavia, quell’attenzione focalizzata sugli eventi, con cui il trasferimento della biblioteca viene interpretato come un’emigrazione motivata politicamente, non getta soltanto luci, ma anche ombre. Intendendola come un’istituzione ebrea con impiegati principalmente ebrei, si è perso di vista il contesto originario di una biblioteca di ricerca. Ad oggi, l’interpretazione di un’emigrazione politica ha avuto la precedenza rispetto a un’analisi piú differenziata del trasferimento della biblioteca che si basa sulla rete di contatti dell’istituto in termini di rapporti scientifici, sociali ed economici. Intraprendere un’analisi del genere significa non solo penetrare in ambiti finora trascurati, ma anche allontanarsi dall’anno 1933. Nel contesto della tradizione scientifica della biblioteca, del metodo del suo fondatore e, non ultimo, nel contesto dello stretto rapporto della biblioteca con la famiglia Warburg dopo la morte di Aby Warburg, emerge un quadro più completo della biblioteca e del suo trasferimento a Londra, caratterizzato da concezioni metodologiche, opinioni sull’organizzazione e sulla funzione scientifica della KBW, nonché da idee sulle sue necessità ed esigenze economiche.

La ricca corrispondenza del personale della biblioteca, custodita nell’archivio del Warburg Institute e in gran parte inedita, e su cui questo articolo si basa, consente di ricostruire la storia del trasferimento da Amburgo a Londra nel suo contesto originario [6]. Le lettere fra i collaboratori, fra gli amici ricercatori in Europa e in America, e fra i membri della famiglia Warburg, se da un lato consentono di gettare uno sguardo finora inconsueto sulla storia della KBW, dall’altro nascondono al contempo anche pericoli e problemi attinenti alla critica delle fonti. Nelle lettere non tutto può essere detto, e spesso si vorrebbe che gli autori avessero rinunciato almeno per un momento alla loro elegante riservatezza anseatica. In modo particolare nelle lettere indirizzate a persone meno prossime, risulta spesso poco facile valutare e ordinare le affermazioni [7].

Nonostante la quantità di missive talvolta incredibile, fra quelle spedite e quelle ricevute, un altro problema sorge dal tipo di fonte della corrispondenza: le lettere fanno solitamente riferimento non soltanto ad altre lettere, ma anche a conversazioni. In altre parole sono, come fonte per la rete di comunicazione, incomplete. Questo è tanto più evidente nella corrispondenza fra la biblioteca e la famiglia, ovvero laddove la vicinanza era grande e le conversazioni frequenti. I limiti del mezzo diventano pertanto evidenti in varie occasioni, riferimenti come “i dettagli a voce” o “questo glielo dirò un giorno a voce”, non sono infrequenti. Come genere, la corrispondenza produce anche punti ciechi, il cui significato può essere intuito, ma di rado dimostrato.

L’abitudine a una documentazione scrupolosa, introdotta da Aby Warburg e mantenuta nella biblioteca ben oltre la sua morte, rende particolarmente prezioso l’archivio epistolare del Warburg Institute. Si sono infatti conservate non soltanto le lettere arrivate, ma soprattutto anche gli scritti dei dipendenti. Le copie dattiloscritte o le minute redatte a mano consentono in genere una ricostruzione completa dello scambio epistolare. Ciò che di solito viene custodito in luoghi diversi o che si è conservato soltanto in frammenti, a Londra si è trasmesso, raro documento scientifico e storico, in un unico corpus.

*Nel suo ultimo lungo viaggio, che lo portò a Roma assieme a Gertrud Bing dal novembre 1928 al giugno 1929, Aby Warburg scrisse una lettera allo storico dell’arte Gustav Pauli. Sotto l’impressione positiva del soggiorno in Italia, Warburg espresse l’idea di spostare la propria biblioteca a Roma. Anche se pubblicata di recente, citeremo nuovamente un estratto di questa lettera, perché affronta molti punti per noi rilevanti (cfr. Hamburger Kunsthalle, Archiv, Akten-Altbestand, Az N 4303 [Diers 1993, 82-84]):

Ma per il resto, trovo molto difficile rientrare a Amburgo, perché proprio quell’obiettivo interiore che ha portato alla creazione della KBW non ha mai influito su di me in modo più deciso e fruttuoso come qui in Italia, dove, senza essere disturbato da persone con cui sostanzialmente non ho niente a che fare, approfondisco vecchie impressioni, ne ricevo di nuove e ho allo stesso tempo l’opportunità di criticare e rimodellare, con l’aiuto di colleghi più esperti, lo stile del mio modo di raccogliere le impressioni. Se dovessi trovare le resistenze di un esperto, tanto meglio: nella maggior parte dei casi ho portato la cosa a tal punto che i miei colleghi spirituali e secolari hanno rispettato e considerato notevole la mia opinione (ho parlato cinque volte alla Hertziana sulla funzione degli antichi valori espressivi predeterminati come fattore creatore di stile nello sviluppo del linguaggio gestuale dello stile monumentale nell’epoca del Rinascimento europeo, titolo: L’antichità romana nella bottega del Ghirlandaio [8]. Il telegramma per l’anniversario dell’Archäologisches Institut che ti accludo in copia, mostra l’ampiezza effettiva della base della mia indagine [9]. Puoi quindi adesso immaginare quanto io sia riluttante a tornare in una comunità che in modo tanto barbaro mostra così poca comprensione per la realizzazione di un’antenna che capti in modo sensato tutte le vibrazioni che fremono nel bacino del Mediterraneo, e che sta ancora evitando l’istituzione di una cattedra di Archeologia, sebbene l’università e lo Stato abbiano dovuto ammettere centinaia di volte di dovermi i più sentiti ringraziamenti, che possono rendermi solo sgravandomi, ed io sarò costretto a lasciare prematuramente il posto in un impegno oneroso. Niente di tutto ciò è successo!
Adesso attendo. Se queste persone non accoglieranno nemmeno la seconda tappa culturale che sto spontaneamente creando, la raccolta di immagini per il planetario [10], in un modo che mostri a me e al mondo che sono consapevoli di cosa siano in possesso con questo sismografo psichico, otterranno da me ancora meno di prima.
Se fossi più giovane di dieci anni e non così malato – anche se il mio corpo è sopravvissuto relativamente bene agli strapazzi dell’inverno italiano – interiormente non rifiuterei di considerare l’idea di spostare il mio istituto a Roma. L’Archäologisches Institut, la Hertziana e la mia biblioteca sarebbero insieme un faro eccezionale.

L’entusiasmo per Roma che emerge dalle righe di Warburg è comprensibile, poiché ha visto qui le condizioni ideali per la propria biblioteca. In aggiunta a due istituzioni scientifiche come la Hertziana e il Deutsches Archäologisches Institut, la Biblioteca Warburg avrebbe assunto quella funzione di collegamento tra le singole discipline che il suo fondatore le riconosceva come compito. Qui Warburg vide la possibilità di inserire sé stesso e la propria biblioteca in discussioni scientifiche di vitale importanza per i suoi interessi di ricerca: da tempo era consapevole della rilevanza strutturale di queste relazioni per la biblioteca. La fondazione dell’Università di Amburgo nel 1919 risale, tra l’altro, all’impegno di Warburg. Questi mantenne costantemente stretti contatti anche con il Kolonialinstitut di Amburgo fondato da Carl Heinrich Becker. In occasione del Congresso degli Orientalisti del 1926, Warburg organizzò nel nuovo edificio della biblioteca appena costruito una mostra sulla storia delle rappresentazioni astrologiche nei manoscritti arabi di proprietà della biblioteca e fece personalmente da guida ai partecipanti nelle sale. Due settimane dopo il congresso scrisse poi all’islamista Rudolf Tschudi a Basilea, allegando alla lettera una recensione della mostra pubblicata sull’“Hamburger Fremderblatt”.

Due fascicoli della vostra serie ci sono già, per gli altri Saxl vi comunicherà la nostra richiesta, grazie mille. È uno dei piacevoli eventi del Convegno degli Orientalisti che siate stati entrambi con noi, sia durante la visita guidata, sia in seguito, la domenica. Nonostante tenti di disturbare e separare la povera gente, è bello che si possa strappare al destino una sorta di rinascimento di quelle relazioni di amicizia a rischio (UB, Nachlass Rudolf Tschudi [287], Warburg a Tschudi, 14/10/1926 [A. 183, 6]. Sulla mostra nella sala rotonda della KBW cfr. Gombrich [1970] 1986, 261 segg).

Questa lettera non solo documenta una relazione personale tra i due uomini, ma sottolinea l’importanza della biblioteca come strumento di lavoro e come segmento di discussione scientifica. Durante il suo periodo al Kolonialinstitut di Amburgo, Tschudi faceva parte di un gruppo di ricercatori che, su iniziativa di Warburg, si incontrava regolarmente [11].

L’idea che Warburg aveva della propria biblioteca come strumento di lavoro scientifico e come luogo di dibattiti interdisciplinari è illustrata al meglio nelle conferenze e nelle pubblicazioni della KBW, che rappresentavano anche un significativo impegno finanziario [12]. Le conferenze della Biblioteca Warburg, curate da Fritz Saxl, sono state pubblicate dai primi anni Venti. Due aspetti erano particolarmente notevoli: a parte un primo contributo programmatico di Saxl su Die Bibliothek Warburg und ihr Ziel, dei collaboratori della KBW non è apparso quasi alcun testo, la serie era intesa come forum per ricercatori esterni. Inoltre, le conferenze della Biblioteca Warburg riunivano argomenti esotici e aree di ricerca che per alcuni aspetti superavano e ignoravano i confini delle discipline universitarie. Poteva in effetti essere considerato insolito se, ad esempio, Richard Reitzenstein parlava di Die nordischen, persischen und christlichen Vorstellungen vom Weltuntergango se Otto Franke proponeva uno scritto dal titolo Der kosmische Gedanke in Philosophie und Staat der Chinesen (Reitzenstein 1926; Franke 1928).

Nonostante i molteplici sforzi di Warburg, a Amburgo non potevano esserci “fari eccezionali” del genere. Questo spiega anche le sue parole sprezzanti per l’Università di Amburgo e per lo Stato nella lettera a Pauli. Che a Amburgo, per esempio, non fosse ancora stata istituita una cattedra per Archeologia, sebbene Warburg lavorasse in tal senso al più tardi già dal 1909, proprio in considerazione delle sue esperienze a Roma, doveva apparire come un grave mancanza che limitava le possibilità di sviluppo della sua biblioteca. Un trasferimento della biblioteca era quindi abbastanza concepibile per Warburg, a condizione che in una nuova sede esistessero adeguati nessi scientifici e contesti di discussione.

Il collegamento informale della biblioteca con le istituzioni esistenti era assolutamente costante non soltanto agli occhi del suo fondatore, ma doveva determinare l’organizzazione delle attività scientifiche anche dopo la morte di Warburg. Le relazioni informali tra i membri dell’Università di Amburgo e quelli della Biblioteca Warburg, strette negli anni Venti, continuarono fino al 1933 e oltre. A ciò sono associati nomi come quelli di Ernst Cassirer, Erwin Panofsky, Gustav Pauli, Hellmut Ritter, Richard Salomon, Karl Reinhardt e Edgar Wind. Tutti questi ricercatori che insegnarono all’università contribuirono affinché la biblioteca venisse frequentata anche dagli studenti, in altre parole garantirono uno scambio intenso tra la biblioteca privata e l’università. Nel giugno del 1932, Gertrud Bing scriveva a Margarethe Gütschow, egittologa presso l’Archäologisches Institut di Roma: “ci sono così tanti studenti, che fanno un intero seminario”. Nella stessa lettera, Bing indica attività e piani futuri, confermando così quanto il lavoro della biblioteca fosse collegato ad altre istituzioni e a gruppi di ricerca:

[...] sono già uscite varie nuove pubblicazioni e altre che erano in stampa saranno pronte nelle prossime settimane. Tra queste, ci aspettiamo molto dal volume delle conferenze sulla Antike in England, realizzato in collaborazione con studiosi tedeschi e inglesi. Abbiamo anche bei progetti di ogni genere, per esempio una serie minore di conferenze, in cui dovrebbero intervenire i nostri collaboratori più giovani che non hanno ancora cariche o gradi accademici. Inoltre, la bibliografia sulla sopravvivenza dell’antico, di cui Saxl probabilmente vi ha parlato, dovrebbe uscire dal prossimo anno (WIA, GC, G. Bing a M. Gütschow, 21.6.1932).

Quindi anche i contatti con gli istituti tedeschi in Italia non si interruppero mai. Durante i lunghi viaggi di ricerca, Fritz Saxl e Gertrud Bing, in particolare, hanno continuato a mantenere relazioni, specialmente con il Kunsthistorisches Institut di Firenze, cofondato da Aby Warburg, con la Hertziana e con il già menzionato Archäologisches Institut di Roma.

Nel gennaio del 1932, Fritz Saxl e Gertrud Bing ripresero l’idea di un trasferimento della biblioteca a Roma [13]. Per prima cosa discussero di questa possibilità con quei ricercatori che fino ad allora avevano fornito collegamenti informali a varie istituzioni. In una lettera del 7 gennaio, Saxl informava Raymond Klibansky, allora docente a Heidelberg, sulle intenzioni della direzione della biblioteca (WIA, GC, F. Saxl a R. Klibansky, 7.1.1932; R. Klibansky a F. Saxl, 11.1.1932). Solo quattro giorni dopo, Gertrud Bing scriveva a Margarethe Gütschow a Roma:

[...] abbiamo già preso in considerazione la possibilità di trasferire la biblioteca da Amburgo. Vi dico anche, in confidenza, che è tornato fuori il vecchio piano di Warburg di portare la biblioteca a Roma e al momento ci sembra quasi la soluzione ideale. Ve lo dico anche con la richiesta di non parlarne a Roma [...] (WIA, GC, Bing a M. Gütschow, 11.1.1932).

Anche Erwin Panofsky, che era a New York, dove aveva assunto l’incarico di docente ospite per il semestre invernale 1931/1932, venne fin dall’inizio coinvolto nella discussione. A lui Saxl presentò perfino idee molto chiare su come bisognasse procedere per trasferire la biblioteca a Roma.

Sulla base di tutte queste considerazioni, desumo che per molti aspetti sarebbe una fortuna lasciare Amburgo e anche Max Warburg è completamente d’accordo con me. Un istituto per la sopravvivenza dell’antico si inserirebbe perfettamente su suolo romano tra l’Archäologisches Institut e la Biblioteca Hertziana. Il presupposto sarebbe quello di ricevere una donazione, come la Hertziana, e poi una sovvenzione dal Reich”. E, più sotto, formulò una valutazione che era ovviamente condivisa dal personale della biblioteca e dai ricercatori associati: “Non ho bisogno di dirvi che Roma sarebbe ideale per noi sotto molti aspetti” (WIA, GC, F. Saxl a E. Panofsky, 5.1.1932).

Le discussioni interne seguivano quasi contemporaneamente i tentativi di ottenere risultati concreti in Italia. In occasione delle celebrazioni per Goethe nel 1932, in aprile Saxl si recò a Roma, dove entrò in contatto con diverse persone [14]; dalla descrizione che ne fece Bing in una lettera a Klibansky, si comprende come lei stessa considerasse l’avanzamento delle trattative:

Nel frattempo lo avrete sentito direttamente da Saxl. A Roma ha parlato con un numero infinito di persone e nei compiti politici e sociali che gli erano stati assegnati ha fatto uno sforzo ancora maggiore, perché da un punto di vista emotivo gli sono ben poco congeniali. Ma ciò non significa che non l’abbia fatto con grande abilità e buone prospettive di successo. Ha trovato grande interesse per la nostra cosa da parte di alcune autorità ufficiali, in particolare di Giovanni Gentile, dei rettori di Roma e di Padova e, sorprendentemente, dell’ambasciata tedesca. Un memorandum, redatto nel frattempo da Wind e da me, è andato in tutti questi uffici e ha il fine di avviare uno scambio di studiosi e studenti, uno scambio di pubblicazioni ed eventualmente pubblicazioni congiunte. Il significato più profondo di questa azione è, ovviamente, di fornirci anche un aiuto pecuniario, ma se questo riuscirà è ovviamente molto incerto. Comunque i fili tra noi e l’Italia sono legati di nuovo saldamente e anche Saxl, nonostante il suo solito scetticismo, ha la sensazione di aver avuto successo (WIA, GC, G. Bing a R. Klibansky, 29.4.1932).

Le intenzioni del direttorio erano quindi assolutamente serie e, prima ancora del rientro di Saxl, Gertrud Bing inviò a Roma per suo conto l’ultima pubblicazione della biblioteca (E. Cassirer, Die platonische Renaissance in England, 1932)[15].

Anche Klibansky si trovava a Roma ad aprile ed era quindi ben informato sulle intenzioni di Saxl, sebbene chiaramente non potesse più essere presente al momento dell’incontro decisivo. Che anche Klibansky immaginasse senz’altro un trasferimento della biblioteca a Roma, risulta da una lettera a Saxl scritta subito dopo il proprio ritorno.

Sono stato molto felice di sapere da lei [Bing] che finora sia andato tutto bene a Roma; le riunioni decisive dell’Accademia, tuttavia, avvennero dopo la mia partenza. Nonostante il sussiego ufficiale non vi sia stato di certo molto gradito, tutto l’ambiente sarà stato particolarmente istruttivo e interessante. Stavo pensando che avrete sicuramente conosciuto da vicino alcune delle figure cardine e più influenti dal punto di vista culturale e politico dell’Italia di oggi e che con la vostra conoscenza della natura umana avrete visto se siano utili all’eventuale trasformazione dei rapporti italiani della B[iblioteca] W[arburg]” (WIA, GC, R. Klibansky a F. Saxl, 11.4.1932).

Ma l’interesse non era affatto unicamente unilaterale. Immediatamente dopo il suo ritorno a Amburgo, Saxl ottemperava alla richiesta di informare il rettore dell’Università di Roma e direttore dell’Istituto italiano di studi germanici Giuseppe Gabetti sulle idee della KBW riguardo a possibili modelli di cooperazione. A tal proposito il direttore tocca tre punti:

1. lo scambio di studiosi;
2. l’acquisto di libri e riviste;
3. le pubblicazioni congiunte (WIA, GC, F. Saxl a G. Gabetti, 18.4.1932) [16].

Naturalmente con ciò non furono presi accordi definitivi e il pensiero di un effettivo trasloco dell’Istituto venne dibattuto perlomeno non così apertamente, e nella corrispondenza ci si imbatte continuamente in paragrafi in cui si esorta alla discrezione. L’importanza della “collaborazione della Biblioteca Warburg con gli istituti e gli studiosi d’Italia”, proposta da Saxl nella sua breve lista, appare chiara in una lettera della Bing a Eric Warburg, figlio del direttore della M.M. Warburg & Co., in cui valuta le trattative in Italia. In particolare, dà soprattutto peso al terzo punto dell’elenco di Saxl: le pubblicazioni congiunte.

[...] Ho appena ricevuto da Saxl la notizia che la Reale Accademia d’Italia, quella che lo ha invitato alla celebrazione e che ha sede a Villa Farnesina, ha deciso con grande sollecitudine di far uscire nelle proprie pubblicazioni la ricerca sugli affreschi nella Villa Farnesina che il professore [Aby Warburg] aveva iniziato e che Saxl ha completato. Si tratta di un soffitto con dipinti astrologici di cui il professore aveva già compreso struttura e significato, e per la cui completa risoluzione Saxl ha recentemente aggiunto alcuni dati astrologici. Penso che questo possa essere registrato come un successo davvero positivo che va ben oltre la volontà di collaborare delle altre istituzioni (WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 11.4.1932).

I colloqui con la famiglia Warburg proseguivano in parallelo allo scambio di idee con amici ricercatori e con i direttori di istituzioni scientifiche. Nella sopracitata lettera a Panofsky, Saxl faceva riferimento direttamente al consenso di Max Warburg di trasferire la biblioteca da Amburgo. Durante questi dibattiti, il direttore della banca di Amburgo e suo figlio Eric, entrambi membri del consiglio di amministrazione della biblioteca, erano costantemente in contatto con la direzione della KBW. Quanto fosse strettamente intrecciata la storia della Biblioteca Warburg con la storia della famiglia e con quella della banca, appare, non da ultimo, anche nel gennaio del 1932, quando venne espressa l’intenzione di lasciare Amburgo. Su indicazione di Max Warburg, a metà gennaio Saxl si rivolse a James Loeb con uno schema dettagliato [17]. In esso cercava di conquistare Loeb per il trasferimento a Roma. Saxl ragionava su due livelli. In primo luogo, la città era conforme ai quesiti di ricerca condotti in biblioteca “poiché la situazione storica aveva già implicato che la strada da Atene verso Parigi e Augusta passasse da Roma.” La questione della sopravvivenza dell’antico nel Medioevo e nel Rinascimento era, secondo Saxl, indissolubilmente legata a Roma. Secondo, oltre a queste “considerazioni ideali”, ce n’era una di carattere pratico. Come Warburg durante il suo ultimo soggiorno a Roma, anche Saxl vide la biblioteca come il completamento ideale del Deutsches Archäologisches Institut e della Hertziana. In questa disposizione, Saxl voleva assegnare alla biblioteca una funzione di posto di comando a orientamento interdisciplinare, perché “qui manca dunque un istituto che, per così dire, conduca oltre, dopo il Medioevo e l’Età moderna, i problemi dell’arte antica e della storia della cultura trattati dall’Archäologisches Institut, e che mostri i percorsi che da Roma conducono oltre l’Italia al resto dell’Europa. Se la Biblioteca Warburg venisse portata in un contesto più o meno organico con questi due istituti, ne trarrebbe beneficio sia l’Archäologisches Institut, nella misura in cui i suoi interessi si estendono al Medioevo e alla rinascita dell’antichità, così come ne guadagnerebbe notevolmente la Hertziana, avendo accanto una biblioteca che guarda oltre il territorio romano. In tal modo, la Biblioteca Warburg cerca inoltre di avere un effetto didattico, mettendo il ricercatore in grado di vedere il problema dell’immagine nel contesto della generale storia della cultura, e mettendo in relazione la storia dell’arte di un certo periodo con la sua storia della religione, della letteratura, del teatro ecc. È simile in tal senso all’Archäologisches Institut, che troverebbe così una continuazione nei periodi successivi e offrirebbe a chi lavora nella biblioteca, prettamente storica, della Hertziana l’unico luogo di lavoro dove poter guardare oltre la cerchia puramente formale del pensiero” (WIA, GC, F. Saxl a J. Loeb, 18.1.1932).

Per quanto verbosamente il direttore tentasse di conquistare James Loeb, questi non si lasciò persuadere dall’argomentazione, sebbene la “logica interna” del ragionamento di Saxl fosse per lui del tutto convincente. Di certo Roma gli sembrava il luogo più adatto, cosa che confermò ripetutamente sia a Max Warburg, sia a Saxl. Alla fine, vide problemi finanziari insormontabili per il progetto di trasferimento, alla cui risoluzione egli evidentemente non poteva, o non voleva, contribuire. Loeb declina cortesemente la proposta di Saxl di fargli visita a Monaco per “parlare a voce della questione, anziché discuterne per iscritto” reputando che la “cosa può essere gestita in modo molto puntuale per lettera” (WIA, GC, M. Warburg a F. Saxl, 13.1.1932; F. Saxl a J. Loeb, 18.1.1932; J. Loeb a F. Saxl 23.1.1932).

Tuttavia non solo gli sforzi per un sostegno privato, ma anche le trattative stesse con l’Italia finalizzate, da parte della Biblioteca Warburg, al trasferimento della KBW, finirono presto in una situazione di stallo. Al posto dell’entusiasmo espresso nella corrispondenza dei collaboratori fino all’aprile del 1932, seguì presto il disincanto. Già nel giugno del 1932, la Bing scrisse nuovamente a Margarethe Gütschow a Roma che le trattative inizialmente molto promettenti di Saxl non avevano fino ad allora prodotto risultati tangibili e che Saxl, quello stesso mese, era tornato a incalzare Gabetti, poiché sulla sua richiesta non aveva ancora ricevuto alcun messaggio da Roma. “Probabilmente la sua lettera sarà andata perduta”, mentre questi, in realtà, semplicemente non gli aveva ancora risposto (WIA, GC, G. Bing a M. Gütschow, 21.6.1932; F. Saxl a G. Gabetti, 15.6.1932; G. Gabetti a F. Saxl, 22.6.1932).

Sebbene il trasloco della Biblioteca Warburg a Roma non ebbe luogo, questo tentativo è doppiamente significativo nella storia del trasferimento del 1933 [18]. Il trasferimento della Biblioteca Warburg sembrava consigliabile già al suo fondatore, al fine di sfruttare al meglio le opportunità offerte da tale istituzione privata. I collaboratori di Warburg condividevano questa valutazione, tanto che l’idea continuò a essere discussa in biblioteca anche dopo la sua morte. Un trasferimento a Roma era comprensibile da un punto di vista scientifico e metodologico: qui la KBW sarebbe stata la congiunzione tra l’Archäologisches Institut e la Hertziana e avrebbe anche potuto contare sulla frequentazione della comunità internazionale di ricercatori. Come risultato di “tali considerazioni ideali”, per usare le parole di Saxl, il dislocamento della biblioteca poteva quindi dirsi compiuto già nel 1932, almeno nella testa del comitato direttivo e del consiglio di amministrazione. Ma la discussione non riguardava solo i capi, bensì anche i membri della biblioteca.

Oltre alla “logica interna” delle questioni scientifiche, il fallito tentativo includeva anche un’intera serie di aspetti pratici. Saxl aveva appena stretto i primi contatti in Italia quando Gertrud Bing e Edgar Wind scrissero un memorandum, subito inviato in Italia, in cui venivano ipotizzate forme concrete di cooperazione della biblioteca a Roma [19]. La direzione, inoltre, si informava ripetutamente presso le istituzioni romane sui loro fondi annuali e sui modelli di finanziamento, in modo da poter valutare le proprie esigenze in base a istituzioni simili. In altre parole, era dunque chiaro dal punto di vista organizzativo quali fossero le modalità per mettere in atto un trasferimento e quali condizioni esterne fossero necessarie per l’allestimento e il mantenimento del “faro eccezionale”(WIA, GC, G. Bing a R. Klibansky, 29.4.1932; M. Gütschow a G. Bing, 26.3.1932; G. Gabetti a F. Saxl, 22.6.1932).

*

I motivi per lasciare Amburgo non erano unicamente di natura scientifica. Dalla morte di Aby Warburg, la pressione economica sulla biblioteca era andata aumentando. L’idea ripresa nel 1932 di un trasferimento della biblioteca a Roma era appunto strettamente correlata alla situazione finanziaria della KBW. Per quanto siano riservati i rapporti annuali ufficiali a tal riguardo, nell’archivio del Warburg Institute si trovano informazioni sul bilancio della biblioteca negli anni compresi dal 1929 al 1933.

È necessario ricordare che la biblioteca non derivava unicamente dalla collezione privata di libri di Aby Warburg, ma che come istituzione accessibile al pubblico era anche stata finanziata completamente ed esclusivamente dalla famiglia, pertanto il destino della biblioteca era inevitabilmente legato a quello della banca. Durante la sua vita, Aby aveva sempre saputo come indurre i propri fratelli che, a differenza di lui, erano tutti attivi nell’azienda di famiglia [20], a sostenere generosamente la biblioteca. Un’espressione evidente di questa situazione è una fotografia che ritrae i cinque fratelli Warburg nel 1929, in occasione del loro ultimo incontro: riuniti nella sala circolare della biblioteca, Aby si presenta ai propri fratelli come postulante [21]. I fratelli Warburg si mostrarono dunque per lo più disposti a sostenere le spese per la biblioteca anche durante gli anni Venti, nonostante l’inflazione in Germania e le pressioni costanti del loro fratello maggiore [22]. La morte di Aby Warburg il 26 ottobre 1929 rappresentò per la KBW non solo un incolmabile vuoto scientifico e umano, ma anche la perdita del suo primo fundraiser in un momento di condizioni economiche preoccupanti.

Con il ‘giovedì nero’, che segnò il crollo della borsa di New York il 24 ottobre 1929, mutò anche il bilancio contabile della M.M. Warburg & Co., che nel crash subì gravi perdite. All’epoca le prospettive politiche ed economiche della Germania erano particolarmente cupe; con la crescente disoccupazione aumentò la necessità di maggiori entrate pubbliche per far fronte al deficit di bilancio. L’unica speranza risiedeva nell’impegno di investitori stranieri mediante l’emissione di obbligazioni di riparazione, come previsto dal piano Young. L’obbligazione di riparazione fu però tutt’altro che un successo. Tutti i garanti, tra cui anche la M.M. Warburg & Co. e la Warburg & Co. di Amsterdam, subirono grandi perdite da questo affare. La crescente incertezza politica – il NSDAP otteneva nelle elezioni di settembre del 1930 le sue prime importanti vittorie – e il costante peggioramento della situazione economica turbavano le banche straniere, che ritiravano continuamente i loro crediti dalla Germania, aggravando così ulteriormente la situazione (Rosenbaum, Sherman 1976).

In tali condizioni non sorprende che la famiglia aumentasse la pressione per ridurre il budget della biblioteca. Dopo che il bilancio per il 1930 era evidentemente già stato approvato e che una riduzione immediata dopo la morte di Aby Warburg sarebbe stata percepita come di cattivo gusto, nel 1931 Saxl fu incaricato di avanzare proposte di risparmio. In una lettera del 13 gennaio propose una riduzione dei costi pari a 3.000 marchi, che intendeva raggiungere per il 1° febbraio, in aggiunta a un taglio degli stipendi del 2%, già predisposto, e a un’ulteriore riduzione del 3,5%. In base a tali informazioni, il budget totale della biblioteca può essere facilmente calcolato: solo per il personale, la KBW poteva disporre per il 1930 di un budget annuale di 85.000 Reichsmark. Le riduzioni dei costi suggerite da Saxl comprensibilmente non esaudivano le aspettative della famiglia, pertanto Max Warburg propose di ridurre gli ambiti di studio della biblioteca. Si rivolse dunque a Saxl e alla Bing, ma anche a Ernst Cassirer:

Il 4 di questo mese ho scritto al professor Saxl e gli ho chiesto di farmi un programma per il futuro, per quanto possibile, di quanto si possano ulteriormente limitare gli ambiti di studio della biblioteca. Il bilancio preventivo per i prossimi anni è già fissato, ma dopo che avremo completato le occupazioni previste per questi anni, sarà difficile mantenere, in questa misura o in una misura inferiore, l’entusiasmo della famiglia per la biblioteca, se non definiamo chiaramente l’ambito di studio. Non possiamo lavorare in modo permanente nella mole degli interessi universali di mio fratello, anche quando provengono da un ambito specifico, giacché lui stesso, se fosse ancora vivo, avrebbe cambiato in continuazione la direzione della biblioteca senza tuttavia intaccarne i principi fondamentali.

Max Warburg poi chiarisce:

Non voglio pensare in futuro di consegnare la biblioteca all’università o alla Kaiser Wilhelm-Stiftung, al contrario mi farebbe molto piacere che rimanesse una biblioteca di famiglia, ma temo di poter conservare l’interesse dei miei fratelli al mantenimento della biblioteca soltanto se il fine, anche nel suo effetto diretto, verrà elaborato in modo più chiaro e più preciso di quanto non sia oggi. Vi scrivo questo sebbene la decisione verrà presa solo tra qualche anno, perché so fino a che punto consideriate anche vostra l’eredità che abbiamo ricevuto (WIA, GC, M. Warburg a E. Cassirer, 8.4.1931).

In modo analogo a Saxl:

La recente visita serale [della mostra al planetario] è stata di grande interesse per me e anche per gli altri che hanno preso parte al tour; solo, mi sono reso conto che il campo che stiamo studiando è troppo grande. All’occasione, sentirei volentieri da voi come poter restringere il nostro campo d’azione senza danneggiare la biblioteca. Di recente ci siamo accordati affinché le conferenze vengano sospese fino a nuovo ordine. Cos’altro? (WIA, GC, M. Warburg a F. Saxl, 4.4.1931).

Oltre alla minaccia piuttosto chiara, la lettera a Cassirer suonava come il tentativo di ripensare il finanziamento della biblioteca nelle sue strutture, di risparmiare sulle risorse o di ottenerle altrove. Ma solo pochi mesi dopo, i margini divennero nettamente più stretti. Dalla corrispondenza tra Max Warburg e la direzione della biblioteca risulta che specialmente i “vari signori in America” premevano per una riduzione. Nel luglio del 1931 Max Warburg scriveva a Gertrud Bing: “Dobbiamo in ogni caso ridurre considerevolmente il nostro budget”(WIA, GC, M. Warburg a G. Bing, 9.7.1931)[23].

Sotto questa pressione, Saxl e la Bing elaborarono per la biblioteca un budget fortemente ridimensionato la cui data d’inizio, per gli impegni correnti, non poteva essere fissata prima del 15 dicembre 1931. I numeri in gioco in questo dibattito sul bilancio sono estremamente significativi. Dimostrano che fino alla morte di Aby Warburg la biblioteca disponeva di risorse particolarmente ricche, ma ne risulta anche che una drastica riduzione di questi fondi rendeva impossibile un proseguimento del lavoro secondo lo stesso stile. La Bing toccò questo punto nell’agosto del 1931 quando cercò di difendere il budget ridotto di fronte a Eric Warburg: “Vorrei ricordarvi che l’ultimo budget prima della morte del professore era di 340.000 marchi, quindi con un bilancio di 160.000 marchi l’abbiamo già ridotto a meno del 50%” (WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 14.8.1931).

Stando alla Bing, il lavoro della biblioteca venne ridotto in quattro punti. Dovette rimanere fuori la serie di conferenze che aveva sempre fatto da collegamento da un lato con la “vita pubblica della città” e dall’altro con la comunità scientifica nazionale e internazionale. Anche i costi del personale vennero ridotti “licenziando un terzo e riducendo i salari rimanenti”. La retribuzione mensile del direttore della biblioteca Saxl scese da 1670 Reichsmark per l’anno 1930, a 1060 nel 1932, il che corrisponde a una riduzione nominale di oltre un terzo. Riduzioni di quest’ordine vennero disposte anche per la Bing, per il bibliotecario Meier, per Edgar Wind e per gli altri impiegati (WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 15.12.1932; cfr. Appendice I). Tuttavia, ciò non significava solo perdite personali, ma metteva in pericolo anche l’attività della biblioteca, “perché le due case [Heilwigstrasse 114 e 116] devono essere mantenute in buono stato e anche la visita di 500 lettori al mese che abbiamo adesso, con questo personale [ridotto] sarà soddisfatta solo se una parte di questo rimarrà occupato fino alle 9.00 di sera per due o tre volte a settimana”.

Anche le attività di viaggio dei dipendenti dovettero essere drasticamente ridotte. Nell’anno della morte di Warburg le voci di bilancio “viaggi, congressi, visite, conferenze, ecc.” ammontavano ancora a 61.958 marchi, l’anno successivo vennero ridotti a 10.000 e nel 1931 a 15.093 marchi (WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 15.12.1932; cfr. Appendice II). Se nei conti di Warburg del 1929 è incluso un viaggio di cinque mesi in Italia, nel 1931 erano “intrapresi soltanto quei viaggi che, per le ricerche italiane del professore [A. Warburg], erano necessari per il lavoro sul suo lascito” [24].

Per l’esistenza della biblioteca l’aspetto più dannoso era tuttavia il fatto che il taglio di bilancio non si fermava nemmeno davanti all’acquisto dei libri. Il primo grido d’aiuto a tal riguardo arrivò quindi a Max Warburg già nel maggio del 1931, ancor prima che fosse prevedibile l’entità della riduzione.

Che io abbia dovuto in larga parte interrompere l’acquisto dei libri e che sfortunatamente non veda alcun altro modo per ottenere la somma risparmiando da un’altra parte, credo di averlo chiarito quella sera. Vi sarei adesso molto grato se ci consentisse, con un contributo, di evitare spiacevoli lacune nell’acquisto (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 19.5.1931).

In biblioteca si era soliti acquistare ogni libro utile alla domanda, potendo comunque sempre contare sulle sovvenzioni straordinarie della M.M. Warburg & Co. La lettera di Saxl è solo una delle tante che lo dimostrano.

Nell’estate del 1931, tuttavia, non vi furono più concessioni da parte della famiglia. Il budget per i futuri acquisti di libri fu ridotto di quasi due terzi rispetto al 1929. Se all’epoca erano ancora disponibili 63.789 marchi, nel 1932 erano ormai 22.700. Non è possibile stabilire quale danno abbia subito la biblioteca nell’ambito delle monografie, perché la mancanza di acquisti di libri non trova espressione nelle fonti. L’entità di tale provvedimento si può ricostruire almeno in parte per l’area degli ordini permanenti e dei periodici. Nel settembre del 1931 la KBW rimuove oltre ottanta periodici dal suo catalogo di ordini fissi; nella primavera del 1932 seguirono ancora cinquanta titoli che in futuro non sarebbero più stati ordinati (cfr. Appendice III).

Se questa lista indica le dotazioni straordinarie di una biblioteca privata, la decisione di rinunciare in futuro a queste pubblicazioni viene presa in un momento nevralgico della propria missione, come era stata intesa sia dal suo fondatore, sia dai suoi collaboratori. La Biblioteca Warburg, sebbene proveniente da una proprietà privata e finanziata privatamente, dagli anni Venti era aperta al pubblico e aveva, in una certa misura, anche con un certo dovere in tal senso.

Nel frattempo, lo Stato ha sospeso completamente le spese per l’università e, di nuovo come durante l’inflazione, siamo la speranza degli studenti di Amburgo come quella biblioteca che può acquisire per loro qualcosa di nuovo (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 5.8.1931).

Secondo il parere di Saxl, la KBW non era più in grado di adempiere al proprio mandato non solo per l’Università di Amburgo, ma anche per la comunità scientifica internazionale. “Il metodo qui coltivato di collaborazione tra la storiadell’arte e le altre scienze storiche” aveva le proprie fondamenta nell’orientamento interdisciplinare del materiale della biblioteca, solo in questo modo era possibile “creare un eccellente strumento scientifico”, in cui già Aby Warburg aveva visto il senso della propria biblioteca (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 20.8.1931) [25]. La riduzione del budget nel settore degli acquisti di libri comportò in ogni modo una drastica riduzione nella versatilità delle possibilità di impiego di questo strumento scientifico.

A essere interessato non era solo il pubblico cittadino e quello scientifico, ma anche la stessa attività di ricerca qui svolta. Negli anni successivi al suo ritorno dal sanatorio di Kreuzlingen, Warburg ampliò notevolmente le basi materiali del proprio lavoro. Il suo interesse non riguardava più unicamente la sopravvivenza dell’antichità pagana nell’arte del Rinascimento italiano. Intraprese studi sul transfer culturale di forme simboliche e cercò di formulare una teoria della memoria culturale. Questi interessi, all’apparenza disparati, dovevano essere riuniti nel progetto incompiuto di Mnemosyne. Per lui era importante a tal fine il “Briefmarkenjournal”: nel 1927 Warburg dedicò al francobollo uno studio indipendente, che tuttavia rimase inedito, e lavorò con i francobolli anche nell’Atlante Mnemosyne (Gombrich [1970] 1986, 346; Koos, Pichler, Rappel, Swoboda 1994, tavola 77) [26]. Lo stesso vale per le pubblicazioni, poi annullate, di astrologia, studi letterari, psicologia, ecc. Il programma della KBW era proprio quello di collegare queste diverse discipline, e lo strumento più importante a tal fine era la biblioteca, che doveva essere attrezzata di conseguenza.

Le trattative tra la direzione della biblioteca (Saxl, Bing) e la famiglia di Amburgo (Max ed Eric Warburg), che a loro volta dovevano sempre attendere il placet dei “vari signori in America” (Felix, Edward, Paul e James Warburg), si trascinarono fino all’ottobre del 1931. In base alla corrispondenza conservata, si ha sempre più l’impressione che la parte americana spingesse ulteriormente per una riduzione dei costi, mentre Max ed Eric Warburg tentavano di dimostrarsi i mecenati più generosi. Eric Warburg rispose quindi a Saxl: “Vi ringrazio molto per le vostre righe del 20 agosto sui dettagli del budget. I ragionamenti qui contenuti sono molto preziosi come contro-argomentazioni da dare agli americani, nel caso in cui non dovessero tranquillizzarsi con la mia ultima lettera. Fino a quando non avrò ricevuto una risposta a questa mia, suggerirei di tenere ancora nella cartuccera le munizioni della vostra lettera del 20 agosto”(WIA, GC, E. Warburg a F. Saxl, 25.8.1931).

E in una lettera al direttore della biblioteca, suo padre delineò in modo analogo la propria posizione intermedia:

Ho la vostra lettera del 14 di questo mese. Erich ed io proviamo costantemente a mantenere il più possibile il budget completo, ma non vi potete aspettare che riusciremo di farlo ancora per molto tempo. Mio fratello Felix mi ha scritto di recente di aver parlato in tal senso con la moglie del Dr. Wind. Le richieste che vengono fatte a tutti noi sono così grandi, ecc., ecc. Continueremo quindi a romperci la testa, perché dobbiamo o ridurre, o trovare altri patrocinatori (WIA, GC, M. Warburg a F. Saxl, 16.10.1931).

A volte, di fronte alla situazione disperata in cui si vedeva impotente fra i due fronti, in Max Warburg si faceva largo il sarcasmo. Tra le posizioni non sembrava esserci alcuna possibilità di mediazione, tanto che alla fine di ottobre scrisse a Gertrud Bing:

Ho ricevuto la vostra lettera del 28 di questo mese. Se siete in possesso di materiale che dimostri come la crisi mondiale possa essere superata solo se la Biblioteca Warburg continua a svilupparsi in modo sostanziale, vi chiedo di farmelo recapitare prima di mercoledì (WIA, GC, M. Warburg a G. Bing, 31.10.1931).

In base alle le disposizioni della famiglia, Saxl e Bing elaborarono un budget che ammontava ancora a 160.000 marchi, con un inizio previsto per il 15 dicembre 1931 (cfr. WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 14.8.1931). Al contempo vennero fatti tentativi per tradurre in aiuti finanziari i contatti scientifici dei collaboratori. Il soggiorno di Erwin Panofsky negli Stati Uniti fu particolarmente promettente in tal senso. Le sue lezioni a Princeton e New York trovarono particolare consenso non solo presso gli scienziati, ma anche in “rilevanti ambienti sociali”. Nel gennaio del 1932 programmò quindi, per due sere, una conferenza nella casa del magnate del petrolio John D. Rockefeller Jr., la cui moglie iniziava a interessarsi al suo lavoro, perché credeva “in questo modo di suscitare interesse anche per la Biblioteca Warburg in ambienti con solidi capitali”. Mentre Saxl, Bing e Max Warburg speravano forse in un sostegno diretto da parte dei Rockefeller o di altri, Panofsky intendeva la propria iniziativa evidentemente in una sfumatura leggermente diversa:

La mia idea nell’operazione, che ritengo perfettamente in linea con ciò che M.[ax] W.[arburg] voleva, [...], non era, detto fra noi, tanto l’intenzione di consentire ai Warburg di qui di ottenere un prestito da parte di altre persone, quanto piuttosto quella di influenzarli con l’interesse dei loro co-miliardari a un’ulteriore disponibilità a donare: pensavo (e ritengo tuttora che questa idea non fosse sbagliata) che non potessero sottrarre alla b[iblioteca] W[arburg] i mezzi di sussistenza se per questa si era suscitato interesse nei loro stessi ambienti e se in seguito veniva chiesto loro dello stato di salute della B.W. Che loro, cioè i Warburg di qui, siano in grado, di propria iniziativa, di provvedere al mantenimento la B.W. è indubbio, viste le somme che versano in beneficenza (WIA, GC, E. Panofsky a G. Bing, 3.1.1932) [27].

Dopo le conferenze, a cui ne seguì un’altra al Metropolitan Museum di fronte a un pubblico più vasto, Panofsky vide per lo meno soddisfatto il proprio proposito “che la gente di qui abbia incominciato a interessarsi alla questione, anche in misura molto maggiore di quanto avrei mai pensato”(WIA, GC, E. Panofsky a G. Bing, 24.1.1932). Restava da vedere quanto “ciò possa essere sfruttato nella pratica”, perché a questo punto, per la biblioteca, gli eventi erano già precipitati.

La cattiva notizia raggiunse la direzione della biblioteca alla vigilia di Capodanno del 1931 e diceva semplicemente: “il 31 dicembre Max Warburg ci ha comunicato di aver ricevuto un telegramma dall’America secondo cui avremmo avuto ancora soltanto 80.000 marchi, potevamo fare ciò che volevamo” (WIA, GC, F. Saxl a E. Panofsky, 5.1.1932) [28].

Dopo che i costi della biblioteca erano stati oggetto per quasi un anno di trattative e colloqui tra Max ed Eric Warburg da un lato, e fra Fritz Saxl e Gertrud Bing dall’altro, i Warburg statunitensi stabilirono in via definitiva una somma che dimezzava ulteriormente la proposta di bilancio che era stata elaborata [29]. Rispetto al 1929, ciò significava un taglio nominale dei fondi dell’istituto di oltre il 75%, e rispetto al 1930 comunque una riduzione di quasi il 60% (cfr. Appendice II).

Per quanto indipendente apparisse dall’esterno la Biblioteca Warburg, e sicuramente lo fosse rispetto alle istituzioni statali, libera nel proprio orientamento scientifico e dotata di ricche risorse, tanto strettamente era pur sempre legata alla famiglia. Ciò non cambiò né nel 1926, quando la KBW fu aperta al pubblico, né quando fu convertita in forma giuridica nel 1927. Così come inizialmente il patrimonio della famiglia Warburg aveva reso possibile la creazione di una biblioteca privata tanto vasta, anche la sua sopravvivenza dipendeva da esso. “Perciò noi e tutti coloro che ne hanno tratto beneficio abbiamo un debito di profonda gratitudine con i fratelli”, scrive giustamente Fritz Saxl nell’estate del 1932 (WIA, GC, F. Saxl a E. Warburg, 20.8.1932).

Tuttavia, nella biblioteca – come già indicato dalla lettera di Panofsky – si aveva l’impressione che la famiglia avesse perso interesse per la KBW e per il suo lavoro. In particolare, la pressione da parte dei Warburg negli Stati Uniti venne interpretata più come mancanza di comprensione del compito della biblioteca e meno come costrizione economica [30]. La drastica decisione di limitare a 80.000 marchi il budget della KBW per il 1932 e per gli anni successivi significò per la biblioteca “un danno che difficilmente poteva essere riassorbito anche in anni migliori, perché si farà particolarmente sentire soprattutto nel lavoro sul lascito”. Saxl manifestò molto chiaramente la propria valutazione sulla situazione anche a Max ed Eric Warburg. Considerava distruttive le cifre del nuovo budget “perché gli stessi oneri eliminati, non più sostenibili, di a) opere in fascicoli e riviste b) costi di stampa per le pubblicazioni già stampate, divorano i cinque ottavi dell’importo totale disponibile” [31] (WIA, GC, Dossier Warburg). Secondo il suo direttore, in questa forma la biblioteca non era più in grado di operare e chiaramente una chiusura venne presa in considerazione.

Desideravate conoscere la cifra a quanto sarebbero ammontati gli oneri della biblioteca per le opere in fascicolo in caso di chiusura totale o di vendita. Abbiamo calcolato un importo di 27.000 marchi, in cui abbiamo preso in considerazione solo le opere per le quali vi sono effettivamente obblighi legali che non possono essere sciolti [...] (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 6.1.1932).

Oltre ai contatti scientifici con le istituzioni vicine e con gli affezionati visitatori della KBW, la dotazione finanziaria della biblioteca, eccezionalmente ricca fino al 1929, rappresentava una condizione essenziale per il lavoro qui svolto. Dato che il finanziamento proveniva unicamente dalla famiglia, si era per così dire identificata in Amburgo l’ubicazione, in quanto sede centrale della banca Warburg e città natale del suo fondatore. Tuttavia, quando la famiglia non fu più in condizione per l’avvenire di fornire un sostegno finanziario analogo, la sede tradizionale perse significato. La relazione tra la drastica riduzione del budget e i piani di trasferimento della KBW diventa evidente non appena si dà un’occhiata al dibattito interno ricostruito grazie alla corrispondenza. Nel momento in cui la notizia del severo taglio arrivò a Amburgo dall’America, venne ripresa, come accennato sopra, l’idea di trasferirsi a Roma. Nelle sue lettere a Erwin Panofsky e a Raymond Klibansky, che Saxl scrisse rispettivamente il 5 e il 7 gennaio 1932, riferiva di idee già riprese (WIA, GC, F. Saxl a E. Panofsky, 5.1.1932; F. Saxl a R. Klibansky, 7.1.1932). Al fine di mettere la biblioteca nella sua funzione di “faro eccezionale” voluto da Aby Warburg, erano necessarie due cose: discussioni scientifiche intatte e di vasta portata, e un finanziamento sostanzioso. A Amburgo quest’ultimo non era più adeguatamente assicurato, anche prima che i nazionalsocialisti prendessero il potere nel gennaio del 1933.

*

Nel 1933 il coinvolgimento in contesti di discussione scientifica e il sicuro finanziamento della biblioteca erano in primo piano nel dibattito sull’effettivo trasferimento della KBW, e anche le trattative stesse ne erano fortemente influenzate. Analogamente ai numerosi contatti all’interno e all’esterno dell’Europa che la biblioteca coltivava da anni e che, fonte straordinaria di storia scientifica, si sono conservati sotto forma di corrispondenza nell’archivio del Warburg Institute, le discussioni su un dislocamento puntavano, ancora nei mesi estivi del 1933, in varie direzioni. Allo stesso tempo, i negoziati erano caratterizzati dalla stretta relazione tra biblioteca e, rispettivamente, famiglia e impresa di famiglia. Sebbene le possibilità di ubicazioni future discusse nella Biblioteca Warburg siano state rese note, fatta salva una sola eccezione, nella letteratura di ricerca, per il nostro contesto sembra opportuno operare nuovamente una differenziazione più precisa [32].

In primo luogo occorre fare una distinzione tra gli sforzi del personale della biblioteca e le idee dei singoli membri della famiglia Warburg, che non erano affatto concordi sul futuro della biblioteca – né per quanto riguardava l’impegno finanziario, né in termini di futura ubicazione della KBW.

Nella primavera del 1933, la cerchia interna dei collaboratori della biblioteca di Warburg iniziò a tastare il terreno in tutte le direzioni possibili. Poiché questi colloqui e negoziati preparatori si svolgevano per lo più verbalmente, le testimonianze si sono conservate solo in modo frammentario. Tuttavia, nella corrispondenza molto ramificata si trovano costantemente riferimenti a viaggi intrapresi con tale finalità, o a interlocutori dai quali ci si aspettava un aiuto. In questo contesto, una frase apparentemente innocua di una lettera di Saxl a Wind è da leggersi come espressione della ricerca attiva di una nuova collocazione per la biblioteca: “Vorrei quindi andare prima a Heidelberg, dove Raymond si trova di nuovo, e poi o dall’editore del diario di viaggio italiano di Goethe, o da voi” (WIA, GC, F. Saxl a E. Wind, 13.5.1933).

A Heidelberg Saxl parlò con Raymond Klibansky a proposito del trasferimento della biblioteca, prima di recarsi a Colonia da Arturo Farinelli, editore del Reisetagebuch di Johann Caspar Goethe, con cui l’anno prima a Roma aveva avuto contatti su tale argomento (cfr. nota 14), e si diresse infine in Inghilterra, dove Wind aveva già preso i primi contatti. Nella sua lettera di risposta del 16 maggio, Wind propose a Saxl di recarsi in Inghilterra e da lì negli Stati Uniti dopo il suo soggiorno a Colonia. A New York, questa probabilmente l’idea di Wind, Saxl avrebbe dovuto discutere con Felix Warburg del finanziamento della KBW. Ancora nel mese di luglio Saxl si recò a Leida, dove lo storico Johan Huizinga gli mostrò un ex orfanotrofio che evidentemente sarebbe stato preso in considerazione come sistemazione per la biblioteca (WIA, GC, J. Huizinga a F. Saxl, 4.7.1933). Quasi allo stesso tempo, la Biblioteca Warburg ricevette anche una lettera dalla Svizzera con una richiesta finale interessante, quanto non vincolante.

È un peccato non avervi potuto incontrare! Quanto rimarrà il prof. Saxl in Olanda? Vi chiederei di segnalarmelo al più presto e di fornirmi il suo indirizzo se dovesse rimane più a lungo. Avrei fatto volentieri la sua o la vostra conoscenza. Non vi andrebbe di venire in Svizzera con i vostri libri? Sarebbero piuttosto vicini all’Italia [...] (osservazione: cosa che non si può proprio dire né dell’Olanda, né dell’Inghilterra) (WIA, GC, W. Kaegi a G. Bing, 7.7.1933).

L’autore di queste righe era lo storico Werner Kaegi, che non solo aveva conosciuto personalmente Aby Warburg, ma che da circa un anno era in contatto epistolare con Gertrud Bing. I collaboratori della biblioteca discussero anche tale proposta, questo almeno stando a una successiva lettera di risposta della Bing. Saxl considerò anche l’idea di recarsi a Basilea “in modo da poter esprimere a voce un giudizio su tutte queste faccende e conoscere finalmente di persona almeno una parte della biblioteca per la quale così cortesemente vi preoccupate” (WIA, GC, G. Bing a W. Kaegi, 2.9.1933). Un trasferimento in Svizzera (Basilea o Zurigo) alla fine, per vari motivi, non ebbe luogo. Da un lato, Werner Kaegi non riuscì, contrariamente alle impressioni iniziali, a conquistare al progetto università e autorità, né a fornire finanziamenti adeguati. D’altro canto, ai collaboratori della KBW la Svizzera non sembrava, in ultima analisi, il luogo adatto al loro disegno [33].

Tutte queste possibilità vennero discusse dalla direzione della biblioteca. Le fonti dimostrano in modo evidente lo sforzo di tenere aperte il più a lungo possibile molte opzioni. Roma, Leida, l’Inghilterra o la Svizzera erano sedi plausibili, anche se non vi erano dubbi che le trattative con l’Inghilterra erano, in ogni momento, quelle più avanzate.

Agli sforzi dei collaboratori giunsero suggerimenti da parte della famiglia Warburg. Non è molto facile stabilire quale valore attribuire a queste proposte, ovvero in che misura si collegasse a esse un reale impegno che si estendeva oltre la questione del finanziamento. Due opzioni, evidentemente in esame, compaiono ripetutamente nelle lettere: gli Stati Uniti e Gerusalemme.

La possibilità di trasferirsi negli Stati Uniti significava, alla fine, riprendere una proposta formulata da Fritz Saxl all’inizio del 1932. Con ciò, erano in primo piano non tanto i contatti familiari della famiglia, quanto piuttosto l’idea di trovare in America da un lato i finanziamenti necessari, e dall’altro una comunità scientifica che avesse un personale interesse per la questione della KBW (WIA, GC, F. Saxl a E. Panofsky, 5.1.1932; F. Saxl a R: Klibansky, 7.1.1932) [34]. Di conseguenza, Saxl riteneva sensato un trasferimento negli Stati Uniti solo con un collegamento informale con università come Harvard o Princeton, mentre altri membri della biblioteca o della famiglia non condividevano pienamente questa opzione. Raymond Klibansky, per esempio, fu sorpreso nel 1932 dalla proposta di Saxl e giudicò la soluzione inglese una “salvezza contro i giganteschi tentacoli d’oltremare” (WIA, GC, R. Klibansky a F. Saxl, 11/1/1932; R. Klibansky a G. Bing, 26/7/1932). Un trasferimento della biblioteca negli Stati Uniti non incontrava molto consenso nemmeno presso Max Warburg e suo figlio Eric. Ancora a maggio del 1933 il direttore della banca riteneva “un viaggio in America non appropriato” (WIA, GC, M. Warburg a F. Saxl, 16.5.1933).

Se le opinioni divergevano di fronte a una soluzione americana, a Amburgo si era per lo meno concordi sul fatto che trasferirsi a Gerusalemme avrebbe significato la fine di un’attività di ricerca indipendente. Tuttavia, la proposta si ripresentò in modo ricorrente fino a settembre del 1933 e nei contatti diretti non venne mai totalmente esclusa nemmeno tale opzione. Questa è documentata per la prima volta in una lettera di Sir Philip Hartog a Edgar Wind, presentata per conto dell’Academic Assistance Council. A Gerusalemme c’era chiaramente un evidente interesse nel trasferimento della KBW; quanto forte era l’interessamento da questa parte, altrettanto decisa era l’avversione della famiglia Warburg a Amburgo per tale proposta. Subito prima della sua partenza per le vacanze estive del 1933 Eric Warburg dette le seguenti istruzioni:

1. non fare niente di avventato
2. non fare niente con i sionisti o con la bandiera ebraica. Giù le mani, signora Persiz [35] (o come si chiama la donna) e simili.
Credetemi. Il resto a voce (WIA, GC, E. Warburg a F. Saxl, 16.6.1933).

Come si deduce dalle righe di Eric Warburg, l’idea di collegare la biblioteca alla Hebrew University di Gerusalemme derivava dai legami tra i Warburg statunitensi con la Palestina e il movimento sionista: nel 1929 Felix Warburg fu presidente del comitato della Hebrew University in Palestina con sede a New York. Come uno fra i più importanti mecenati dell’alta finanza americana, Felix Warburg era strettamente legato al sionismo grazie ai numerosi comitati e organizzazioni di beneficenza da lui generosamente sostenuti [36]. Secondo Gertrud Bing, questa opzione era ancora tangibile nel settembre del 1933 “quando siamo venuti a sapere che i Warburg statunitensi stanno pensando a una donazione all’Università di Gerusalemme. Dal momento che ciò porrebbe certamente fine all’esistenza della biblioteca come istituto indipendente, ovviamente questo pensiero non ci è molto gradito” (WIA, GC, G. Bing a W. Kaegi, 2.9.1933). Come futura sede, la Palestina non era molto benaccetta nemmeno ad altri ricercatori tedeschi. Lo storico dell’arte berlinese Werner Weisbach sperava che “Jahvè impedisse che il bottino venisse portato a Sion, dove il suolo ha da offrire certamente molta meno tradizione [...]” (PSS, W. Weisbach a W. Kaegi, 22.8.1933).

Più che dalle visioni ideali di Weisbach, i collaboratori della biblioteca erano spinti dalla volontà di mantenere viva l’attività scientifica della KBW e sull’aspetto di tale attività, avevano un’idea abbastanza precisa. In tal senso, la valutazione di una nuova sede potrebbe essere definita, in certo qual modo, come la ricerca della combinazione ottimale delle condizioni operative sopra menzionate. Da un lato, ciò significava che in una nuova ubicazione le discussioni scientifiche potevano essere avviate senza dover rinunciare fin dall’inizio all’indipendenza della biblioteca, dall’altro voleva dire anche garantire la base finanziaria dell’istituto, il che a sua volta significava dare una forma nuova, soddisfacente per entrambe le parti, alla stretta relazione tra biblioteca e famiglia. Se si richiama in breve alla mente i luoghi in discussione tra aprile e ottobre del 1933, è evidente che queste condizioni erano soddisfatte al meglio a Londra, o in Inghilterra in generale. La nuova sede prometteva un’alta densità di istituti scientifici universitari – come il Courtauld Institute [37], che era appena stato aperto ma ancora in fase di allestimento, o la School of Oriental and African Studies, il cui direttore Denison Ross svolse un ruolo centrale nelle trattative con la biblioteca – la presenza di una comunità di ricerca internazionale attorno al British Museum, così come la vicinanza delle due università tradizionali a Oxford e Cambridge. In Inghilterra, inoltre, con l’Academic Assistance Council sussisteva un ufficio che sin dalla sua fondazione nel maggio del 1933 si era impegnato a sostenere con borse di studio i membri delle università espulsi dalla Germania e a fare da mediatore con istituzioni europee e americane. Per la Biblioteca Warburg ciò rappresentava concretamente un’opportunità per aiutare i collaboratori stretti a trovare un impiego in Inghilterra e quindi a mantenere con loro contatti e scambi (cfr. Buschendorf 1993, 102, vedi nota 1[38].

Tuttavia, l’Accademic Assistance Council era importante non solo come aiuto nella ricerca di un impiego, ma stabiliva al contempo contatti che potevano rivelarsi significativi per il finanziamento della biblioteca. Anche Eric Warburg si aspettava questi contatti quando tornò dall’incontro di Londra nell’ottobre del 1933, in cui venne discussa la questione cruciale del finanziamento [39]. Adesso, con il trasferimento a Londra, il budget della biblioteca diventava il doppio rispetto alle disposizioni di bilancio, notevolmente ridotte, di Amburgo. Chiaramente le trattative in Inghilterra si basavano sul bilancio elaborato da Saxl e dalla Bing per il 15 dicembre 1931 [40]. In queste circostanze e in considerazione della sistemazione a condizioni agevolate a Thames House, un trasferimento della biblioteca per il proseguimento delle attività sembrava non solo possibile, ma anche estremamente vantaggioso.

Rispetto alle altre località in discussione nel corso dell’estate del 1933, un trasferimento in Inghilterra rappresentava di gran lunga l’opzione migliore. Le prospettive di mantenere i contatti scientifici esistenti con studiosi ebreo-tedeschi e di instaurare nuove relazioni con gli istituti che si erano stabiliti a Londra, erano estremamente promettenti. Inoltre, la KBW a Londra poteva beneficiare dell’uso spiccatamente anglosassone delle donazioni private, cosa impensabile in qualsiasi altra parte del continente, tranne al massimo a Amburgo. Quando, all’inizio di novembre del 1933, l’ambito del collegamento scientifico e quella della sussistenza economica poterono dirsi assicurati, in Heilwigstrasse si iniziò immediatamente a impacchettare la biblioteca, assieme alla raccolta di foto e alle attrezzature. La storia dei negoziati sul trasferimento della Biblioteca Warburg può forse essere così sintetizzata: per Fritz Saxl, Gertrud Bing, Edgar Wind e per gli altri collaboratori, di prioritario interesse era non tanto dove brillasse il “faro eccezionale” di Warburg, quanto soprattutto che brillasse, e quanto prima nella sua precedente intensità. Ma per far ciò dovevano essere soddisfatte alcune condizioni esterne, e tali condizioni erano state raggiunte nei negoziati con Londra.

*

La partenza della Biblioteca Warburg da Amburgo per Londra nel dicembre del 1933 ebbe luogo quasi undici mesi dopo l’elezione di Hitler a cancelliere del Reich. Nel contesto degli studi la vicinanza temporale di questi due eventi ha portato a interpretare la partenza come un’emigrazione motivata politicamente. Tale lettura risultò convincente soprattutto per la conoscenza degli effetti distruttivi, che emersero con chiarezza solo a posteriori, della presa di potere da parte dei nazionalsocialisti. Ma nel 1933 quale valore attribuivano i collaboratori, così come la famiglia Warburg, agli sviluppi politici in Germania e in Europa?

Anche l’idea ripresa da Fritz Saxl nel 1932 di spostare la biblioteca in Italia, era scottante dal punto di vista politico. Il memorandum che scrisse in merito è quindi doppiamente significativo. In termini di contenuto, il direttore seguì la bozza che Warburg aveva delineato nella sua lettera a Gustav Pauli nel 1929 (cfr. Hamburger Kunsthalle, Archiv, Akten-Altbestand, Az N 4303. Pubblicata in Diers 1993, 82-84). Al centro si trovavano la relazione informale e la funzione di collegamento tra l’Archäologisches Institut e la Biblioteca Hertziana. Il fatto che l’Italia fosse governata dal 1924 da una maggioranza fascista e che dal 1925 fosse stata intrapresa la ‘lotta contro la cospirazione antifascista’, utilizzando come mezzi politici arresti, esili e una cosiddetta ‘epurazione della pubblica amministrazione’, non entrava nella valutazione di Warburg, né di Saxl. Ciò nondimeno, Saxl non poteva non avere alcuna impressione della situazione politica contemporanea, quando per il progetto descriveva come momento positivo il fatto “che il governo italiano si debba interessare, ora più che mai, a un istituto rivolto alla sopravvivenza dell’idea di Roma, e sarebbe più che ipotizzabile che a un istituto del genere fornisca gratuitamente un edificio” (WIA, GC, 1932, Dossier Warburg – Die einzelnen Herren in Hamburg, 9).

La percezione di Saxl della situazione politica in Italia e la funzione che la KBW avrebbe potuto assumere a Roma, corrisponde alla sua valutazione del contesto politico in Germania. Contrariamente alle odierne aspettative e contrariamente alle intenzioni del personale della biblioteca, frutto delle insinuazioni da parte della ricerca, il trasferimento della KBW in Italia, come delineato nel memorandum del 1932, non rappresentava affatto una fuga dalla Germania. Tutto il contrario. Il documento dimostra chiaramente che proprio in questo momento si era pensato a un collegamento più stretto della biblioteca con il Reich tedesco. “Questo istituto romano” secondo Saxl “potrebbe realizzarsi se la biblioteca potesse contare su beni propri con cui poter sostenere i costi del personale. I costi di manutenzione e le sovvenzioni dovrebbero confluire qui dal Reich tedesco”(WIA, GC, 1932, Dossier Warburg – Die einzelnen Herren in Hamburg, 9). L’opinione del direttore era un sentire comune nella biblioteca e nella famiglia. Ancora nel maggio del 1933 Max Warburg non aveva “niente da obiettare al contatto che suggerite, ove vengono presi in considerazione gli amici italiani e inglesi” (WIA, GC, M. Warburg a F. Saxl, 16.5.1933) [41].

Queste osservazioni non intendono in alcun modo affermare che i dipendenti della Biblioteca Warburg non mostrassero alcun interesse per i processi politici, o che per essi non avessero alcuna comprensione. La corrispondenza dei collaboratori e degli amici della biblioteca mostra costantemente tracce di discussione sulla questione politica. La valutazione di Gertrud Bing sull’umore politico in Svizzera, che le fanno sembrare “il paese stesso un suolo non del tutto affidabile” – e questo già nell’estate del 1933 – indica una percezione non solo critica, ma anche particolarmente ricettiva alle sottigliezze della situazione politica (WIA, GC, W. Kaegi a G. Bing, 26.8.1933) [42]. Inoltre, la stessa procedura metodologica, in precedenza già definita problematica, non dovrebbe essere riproposta su questo argomento. Non solo gli eventi politici, ma anche i segnali e i segni politici non erano facilmente interpretabili come indizi del regno del terrore nazionalsocialista, come ci può apparire quasi ovvio oggi. Un’adeguata comprensione della storia della Biblioteca Warburg e del suo personale è possibile solo se anche questi segni vengono letti nel contesto sociale di Amburgo. Sia per l’Università, sia per la famiglia Warburg, in altre parole per i due punti di riferimento sociali centrali della biblioteca, ovvero scienza e società, i segni politici rimasero ambivalenti ben oltre il 1933 [43].

La sospensione dei membri ebrei dalle università di tutta la Germania, alla cui base era la cosiddetta Legge per il rinnovo della pubblica amministrazione professionale annunciata il 7 aprile, era, per intenzione e significato, un atto antisemita dei più brutali. A causa della “loro origine non ariana”, venne revocato l’incarico di insegnamento a quasi il 19% dei docenti della Facoltà di Filosofia dell’Università di Amburgo. A Erwin Panofsky, che si trovava negli Stati Uniti come docente ospite, e a Richard Salomon fu consigliato di non tenere alcun corso nel semestre estivo. In precedenza, la Lega nazionalsocialista degli studenti tedeschi (NSDStB) si era espressa in una lettera per la sospensione, fra l’altro, di questi due professori, “giacché, diversamente, gli studenti non potrebbero garantire la calma nell’università”. Ernst Cassirer già il 5 aprile aveva chiesto, in una lettera da Zurigo, di essere esonerato da tutti gli obblighi di professore universitario. Anche Edgar Wind e Fritz Saxl dovettero interrompere la loro attività didattica all’università [44]. Che questo non fosse necessariamente così chiaro come ci appare oggi, lo indica una lettera di Fritz Saxl a Max Warburg:

[...] Vi invio la copia della gentilissima lettera con cui il rettore [Walther Küchler] ha risposto alla mia comunicazione che quest’estate non terrò lezioni. Presumo siate lieto che la facoltà abbia accolto con tale comprensione la nostra iniziativa.
Negli ultimi giorni all’università c’è stato ogni genere di spiacevole quisquilia. Il fatto fondamentale resta tuttavia che il professor Rein, vertice dei nazionalsocialisti all’università e sostenitore dell’“università politica” in cui, per sua stessa affermazione, la storia dell’arte non ha alcuna importanza, sarà in futuro il responsabile del personale dell’università, e avrà quindi la parola decisiva nella nomina della cattedra di Cassirer e Panofsky (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 6.5.1933) [45].

La “gentilissima lettera” del rettore si trova in contraddizione quasi grottesca con la politica ufficiale dell’università, dei cui più illustri rappresentanti anch’egli faceva parte. Eppure, ciò è chiaramente indicativo dell’atteggiamento della facoltà di filosofia. Nella seduta del 29 aprile la maggioranza dei membri dell’istituto decise di accettare una proposta dello storico nazional conservatore Justus Hashagen, che in una lunga lettera al rettore formulò la richiesta di comunicare ai colleghi sospesi il rammarico della facoltà (cfr. Borowsky 1991, 442 segg, vedi nota 44). In linea con questa decisione, Erwin Panofsky, tornato da New York all’inizio dell’estate del 1933, poté ancora conferire il titolo ai suoi tre dottorandi Hugo Buchthal, Adolf Katzenellenbogen e Walter Horn, sebbene l’accesso all’università gli fosse interdetto. Grazie a una deroga della facoltà, gli esami poterono svolgersi nella casa privata di Panofsky. Sembra ugualmente incomprensibile che a inizio giugno, quando le autorità accademiche stavano pianificando di licenziare Panofsky, la facoltà esprimesse ancora una volta, sebbene con strumenti inappropriati, la propria solidarietà allo storico dell’arte sospeso (cfr. Borowsky 1991, 444, vedi nota 44). Ambivalenza quindi sia nelle azioni, sia nelle percezioni.

Segnali ambigui non provenivano solo dall’università. Fortunatamente, la minaccia esistenziale alla biblioteca rimase, fino al trasferimento a dicembre, celata in misura maggiore o minore dietro alla posizione socialmente e politicamente privilegiata della famiglia di Amburgo [46]. Una cosiddetta ‘epurazione delle biblioteche’, ordinata dai nazionalsocialisti e che avrebbe dovuto essere effettuata entro il 10 maggio del 1933, nella Biblioteca Warburg non venne eseguita. Ciononostante, dalle loro vaste relazioni con università, istituti di ricerca e musei, i collaboratori erano a conoscenza di operazioni analoghe e anche del ‘coming-out’ politico di individui a loro noti o addirittura vicini. L’ex assistente di Warburg, Wilhelm Waetzoldt, dal 1928 anche membro del consiglio di amministrazione della biblioteca, “eseguì personalmente l’epurazione nei musei di Berlino, e molto al di là di quanto non fosse effettivamente obbligato e autorizzato a fare per ragioni d’ufficio” [47]. Anche a maggio del 1933 Max Warburg non considerava ancora minacciosa la situazione per la biblioteca e reagì chiaramente di conseguenza ai segnali che gli venivano inviati. Spiegò a Saxl: “Ci sono momenti in cui è più coraggioso non fare nulla, che fare qualcosa”. E ancora un mese dopo, suo figlio Eric, anch’egli membro del consiglio di amministrazione, si rifiutò di agire in modo precipitoso (WIA, GC, M. Warburg a F. Saxl, 8.5.1933; E. Warburg a F. Saxl, 16.6.1933). Questa valutazione si riflette con estrema chiarezza nella personale decisione di Max Warburg di non emigrare dalla Germania fino al 1938. Sperò fino alla fine, e contro tutte le invocazioni dei suoi fratelli negli Stati Uniti, di poter vivere a Amburgo come ebreo tedesco [48].

I segnali ambivalenti che arrivavano alla biblioteca dall’università, dal senato, così come dalla società di Amburgo, potrebbero contribuire all’interpretazione della percezione di sé da parte dei collaboratori della biblioteca e della famiglia, in un ambiente di crescente minaccia politica. Tuttavia, questa auto-percezione e la conseguente collocazione della biblioteca scientifica nel contesto politico della Germania e dell’Italia, come risulta manifesto nel memorandum di Saxl e nelle trattative, suggeriscono che i motivi per il trasferimento della KBW non siano stati principalmente di natura politica. Piuttosto, erano orientati verso quelle esigenze che dovevano essere soddisfatte per portare avanti il lavoro scientifico della biblioteca.

Infine, se proviamo di nuovo a collocare tali esigenze nel loro contesto storico, e a ricostruire la loro connessione con la situazione sociale e politica, che in nessun caso può essere negata, il trasferimento della KBW da Amburgo a Londra più che puramente politico, appare un evento storico e scientifico in cui i fattori economici e sociali svolgono un ruolo importante.

Quando, il 31 dicembre del 1931, era arrivata la notizia dagli Stati Uniti che i fondi della KBW sarebbero stati fortemente limitati, Fritz Saxl scrisse un memorandum all’attenzione del consiglio di amministrazione (WIA, GC, 1932, Dossier Warburg – Die einzelnen Herren in Hamburg). Turbato dall’ulteriore dimezzamento del budget elaborato da lui e da Gertrud Bing, vi annotò le attività, i progetti, le esigenze scientifiche e, in modo sommario, la dotazione materiale della biblioteca necessarie a tutto ciò. Giunse alla conclusione che, alla luce delle risorse finanziarie drasticamente ridotte, in ultima analisi non c’era più alcuna possibilità per la KBW di rimanere a Amburgo. Si inserisce perfettamente nel quadro precedentemente delineato della storia, complessa e determinata da diversi fattori, del trasferimento della Biblioteca Warburg, il fatto che la valutazione di Saxl, secondo cui con i mezzi forniti il lavoro non potesse continuare, non ha tuttavia portato direttamente al trasferimento. A quanto pare, la “capacità di sopportazione economica” [49] era maggiore, e la biblioteca procedette nuovamente a disdire riviste e a tagliare salari. Per quanto potesse essere determinante il materiale della biblioteca, la sua riduzione da sola non condusse la KBW ad allontanarsi da Amburgo. La tradizione anseatica della famiglia e, in particolare, la separazione dagli amici e dai colleghi Cassirer, Panofsky e Wind, che insegnavano all’università, pesavano troppo.

Fu solo nell’aprile del 1933, quando in Germania vennero sospesi i membri ebrei dell’università, che si spense l’ultima scintilla di speranza di poter proseguire in questo paese il lavoro della biblioteca. La violenta separazione della biblioteca dall’università significò la fine dei loro sforzi per creare a Amburgo un discorso scientifico interdisciplinare e, di conseguenza, il trasferimento della biblioteca. La funzione di “faro eccezionale”, che Aby Warburg aveva predetto nella collaborazione tra Archäologisches Institut, Hertziana e KBW, non poteva essere realizzata dalla biblioteca come istituto indipendente. La chiarezza con cui i responsabili della biblioteca lo compresero e in base alla quale furono in grado di spostare la biblioteca a Londra in soli otto mesi, fu dovuta in gran parte al fatto che la discussione sul trasferimento non si era mai completamente interrotta fin dagli anni Venti. Gli sforzi, alla fine falliti, compiuti dalla fine degli anni Venti per la pianificazione e la preparazione di un trasferimento, rappresentarono un importante lavoro preparatorio per l’effettivo spostamento nel dicembre del 1933. La ‘Wiedereinführung des Berufsbeamtentum’ nelle università tedesche nell’aprile del 1933 non era il reale motivo per spostare la KBW da Amburgo, fu soltanto la miccia. Si potrebbe dire a tal proposito che questa decisione ideologica ha dinamizzato le percezioni economiche e organizzativo-scientifiche della biblioteca, nonché i processi decisionali basati su di esse, e ne abbia quindi infine velocizzato la razionalizzazione. La modernizzazione della biblioteca già immaginata dal suo stesso fondatore – e quindi la sua forma odierna – non era il risultato di questa accelerazione, bensì il prodotto di un processo organizzativo scientifico ed economico.

Le fantasticherie di alcuni confratelli amanti dell’arte, come una volta Edgar Wind descrisse i piani per trasferire la KBW (WIA, GC, E. Wind a F. Saxl, 18.5.1933), non erano così effimeri come vengono per lo più descritti nella ricerca. Finanziamento e coinvolgimento nelle discussioni scientifiche erano le basi materiali della Biblioteca Warburg, e lo sono ancora oggi. Il fatto che l’innovazione scientifica e il significato della biblioteca non siano state separati dalle sue dotazioni materiali, lo si deve alla decisione di lasciare Amburgo. Appena in tempo.

Note

[1] Wuttke fornisce la migliore panoramica della letteratura su Warburg. Sul trasferimento della biblioteca a Londra sono apparsi diversi articoli negli ultimi anni. Cfr. D. Wuttke, Die Emigration der Kulturwissenschaftlichen Bibliothek Warburg und die Anfänge des Universitätsfaches Kunstgeschichte in Grossbritannien, in H. Bredekamp, M. Diers, Ch. Schoell-Glass (hrsg. v.), Aby Warburg. Akten des internationalen Symposions, Hamburg 1990, 141-163 (ristampato con poche aggiunte in D. Wuttke, Dazwischen. Kulturwissenschaft auf Warburgs Spuren, Baden-Baden 1996, 695-721); B. Buschendorf, Auf dem Weg nach England – Edgar Wind und die Emigration der Bibliothek Warburg, in M. Diers, Porträt aus Büchern. Bibliothek Warburg & Warburg Institute, Hamburg 1993, 85-128.).
[2] La migrazione da Amburgo ha interessato l’intero fondo della biblioteca a eccezione di due settori. Innanzitutto, la raccolta di scritti sulla Prima Guerra Mondiale, che comprende circa 2000 volumi e numerose riviste e giornali, e in secondo luogo le tavole illustrate che erano state raccolte per la mostra sulla fede negli astri e sull’astrologia nel planetario di Amburgo.
[3] Thomas Nipperdey ha definito la descrizione semplicistica degli antefatti del 1933 come il “peccato originale metodologico” per eccellenza; lo stesso vale anche per una visione semplicistica, a posteriori, degli eventi. La critica di Nipperdey, più che nei confronti della selezione dei fatti di per sé, è rivolta contro la valutazione inappropriata che ne è stata fatta. Cfr. T. Nipperdey, Deutsche Geschichte 1866-1918, Bd. 1, Arbeitswelt und Bürgergeist, München 1994, 813.
[4] Figlio maggiore di Max Warburg che rinunciò al suo nome d’origine Erich per quello inglese Eric dopo l’emigrazione dalla Germania, e non lo ripristinò nemmeno dopo il suo ritorno a Amburgo.
[5] In definitiva, non può stupire che questa lettura si ponga in primo piano nella visione di sé da parte di coloro che furono colpiti in modo così crudele dagli eventi. La critica qui espressa si rivolge piuttosto all’uso storiografico di questi testi, e assolutamente non alla ‘correttezza’ degli stessi o alle legittime (auto)valutazioni dei loro autori.
[6] Alcuni anni fa, si è cominciato non solo a citare estratti della corrispondenza, ma anche a renderla accessibile e a pubblicarla. In tale contesto, le lettere del fondatore si trovavano ovviamente in primo piano. Per quantità, la corrispondenza e le annotazioni di Warburg rappresentano tuttavia solo una minima parte del fondo archivistico. Cfr. M. Diers, Warburg aus Briefen. Kommentare zu den Briefkopierbüchern der Jahre 1905-1918, Weinheim 1991; D. McEwan, Ausreiten der Ecken. Die Aby Warburg – Fritz Saxl Korrespondenz 1910 bis 1919, in N. Mann, M. Warnke (hrsg. v.), Kleine Schriften des Warburg Institute und des Warburg-Archivs im Warburg-Haus Hamburg, Heft 1, 1998.
[7] Ho cercato di risolvere questo problema mantenendo la cerchia dei corrispondenti il più ristretta possibile. Ciò che viene proposto qui può essere indicato, per così dire, come un dibattito interno. La stragrande maggioranza delle lettere citate proviene da membri vicini e vicinissimi della biblioteca e della famiglia Warburg. Fritz Saxl e Gertrud Bing formavano la direzione della biblioteca, Edgar Wind, Otto Fein e Hans Meier erano collaboratori ufficiali, Ernst Cassirer, Erwin Panofsky, Raymond Klibansky, tra gli altri, erano fra gli amici più stretti e i collaboratori non ufficiali della biblioteca. Panofsky e Cassirer erano presenti anche nel consiglio direttivo. Anche la famiglia, e in particolare Max ed Eric Warburg, residenti a Amburgo e facenti parte della direzione, interverranno ripetutamente. Le restanti citazioni provengono altresì esclusivamente da autori coinvolti nel dibattito o addirittura nella realizzazione del trasferimento.
[8] Warburg tenne una conferenza alla Hertziana il 19, 24, 25 e 31 gennaio del 1929.
[9] Testo del telegramma del 21 aprile 1929: “Presidente [Gerhart] Rodenwaldt, Berlino Ansbacherstrasse 46. Su un territorio fedelmente coltivato da un secolo, possa il Deutsches Archäologisches Institut riuscire ancora a dimostrare come la partecipazione della Germania nell’amministrazione del patrimonio ereditario spirituale del bacino del Mediterraneo, abbia un ruolo di accortezza europea, necessaria in egual misura per il Nord e per il Sud. In questo giorno, il mondo scientifico esprime anche i suoi più profondi ringraziamenti al governo tedesco, il cui spirito di sacrificio ha portato l’Istituto fuori dai tempi più bui e lo condurrà, così ci auspichiamo, a una realizzazione sempre più ampia e profonda. – Il direttore della Biblioteca di Studi Culturali Warburg a Amburgo, attualmente a Roma”.
[10] Con ciò si intende la mostra sulla fede negli astri, inaugurata al Planetario di Amburgo dopo la morte di Warburg nel 1930, e la cui tavola è una dei due lavori della biblioteca che non poterono essere trasferiti a Londra (cfr. nota 2). Nel 1993 la mostra vide una nuova edizione nella sua ubicazione originaria ed è oggi ancora disponibile sotto forma di catalogo. Cfr. U. Fleckner u.a. (hrsg. v.), Aby M. Warburg. Bildersammlung zur Geschichte von Sternglaube und Sternkunde im Hamburger Planetarium, Hamburg 1993.
[11] A tale proposito, in una lettera allo storico Werner Kaegi, Tschudi descrive Warburg come “l’anima della nostra indimenticabile piccola società storica a Amburgo”. (PSS, Nachlass Werner Kaegi, A. Tschudi a W. Kaegi, 2.11.1958).
[12] In una lettera a Ernst Robert Curtius, Warburg, alla domanda a proposito delle difficoltà di una biblioteca di Istituto, sottolineava il problema delle pubblicazioni interne. “[...] Dovreste prendere in considerazione solo in misura molto modesta le pubblicazioni, perché sono quelle che in seguito rappresentano un pozzo senza fine”. Cfr. D. Wuttke (hrsg. v.), Kosmopolis der Wissenschaft. E.R. Curtius und das Warburg Institute. Briefe 1928 bis 1953 und andere Dokumente, Baden-Baden 1989, 36.
[13] In una lettera a Gertrud Bing, allora a Firenze, Fritz Saxl nel marzo del 1931 aveva già espresso la possibilità, sebbene in un contesto diverso, e forse la necessità “se un giorno vorremo portare via la biblioteca dalla Germania”. Anche in Saxl il pensiero andava quindi maturandosi già da qualche tempo (cfr. WIA, GC, F. Saxl a G. Bing, 10.3.1931).
[14] In una lettera a Max Warburg, Saxl spiegò come dovessero essere avviati i contatti con l’Italia. Il direttore dell’Istituto italo-tedesco di Colonia, Arturo Farinelli, svolse in questo un ruolo centrale. “Riassumo brevemente i risultati con Farinelli. A Farinelli un trasferimento della biblioteca a Roma sembrò molto desiderabile per l’Italia e ritiene possibile una sovvenzione da parte del suo governo nel caso i lavori preparatori fossero lenti. Il miglior punto di partenza sarebbe certamente se mi presentasse durante le celebrazioni di Goethe, perché è qui che si incontrano i circoli italiani interessati alla Germania. In qualità di oratore ufficiale e rappresentante dell’Accademia, in questa occasione sarà al centro dell’attenzione” (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 27.1.1932. Per Farinelli cfr. L. Strappini, in DBI, 45, Roma 1995).
[15] La trasmissione delle pubblicazioni della biblioteca, o del lavoro dei collaboratori e dei ricercatori associati, attraversa come un filo rosso la storia della KBW. In cambio, la biblioteca poteva contare sulle pubblicazioni dei destinatari. Di questo modello di dare e ricevere, la biblioteca del Warburg Institute beneficia in parte ancora oggi.
[16] Giuseppe Gabetti era ordinario di Letteratura Tedesca a Roma. Cfr. G. Casati, Dizionario degli scrittori d’Italia, 3, Milano 1934, 55.
[17] Il legame tra le famiglie Warburg e Loeb è così stretto, giacché unisce famiglia, affari e politica. Il fratello di Aby Warburg, Paul, sposò nell’ottobre del 1895 Nina Loeb, figlia di Salomon e sorella di James Loeb. Solo sei mesi prima Felix, fratello di Aby Warburg, aveva sposato Frieda Schiff, figlia di Jacob e Therese Schiff nata Loeb e anch’essa figlia di Salomon Loeb. In quanto generi, Paul e Felix Warburg erano quindi intimamente legati dal punto di vista familiare ai due soci anziani di una delle più importanti banche private di Wall Street, la Kuhn, Loeb & Co. Emigrati negli Stati Uniti, Felix e Paul Warburg divennero anche soci della banca che avrebbero in seguito diretto. Dopo la Prima Guerra Mondiale, il legame tra le due famiglie (e degli affari) si rivelò significativo anche sul piano politico. Alla fine James Loeb, analogamente a Aby Warburg, si era anch’egli rivolto agli studi umanistici (dottorato a Harvard nel 1888 con Bernhard Berenson) e, dopo un breve intermezzo, si era definitivamente ritirato dal settore bancario. Dal 1911 visse a Murnau, vicino Monaco, distinguendosi come mecenate e collezionista, e fondò la Loeb Classical Library. Per quanto riguarda le relazioni familiari dei Warburg, su cui è difficile avere una visione d’insieme, cfr. la ‘saga familiare’ di Ron Chernow, Die Warburgs. Odyssee einer Familie, Berlin 1994, frutto di una ricerca piuttosto minuziosa nei dettagli, ma redatta in modo sensazionalistico e nel complesso irritante.
[18] Nella serie di contributi dei collaboratori della biblioteca (cfr. Saxl 1986, 325-338; Bing 1957, 1-46; E. M. Warburg 1953, 13-16), la ricerca ha ripetutamente sottolineato come nel 1933 per il trasferimento fossero stati proposti e presi in considerazione diversi luoghi. Occorre tuttavia distinguere più precisamente tra le proposte discusse in seno alla biblioteca e quelle che vennero sottoposte alla KBW dall’esterno
[19] Un anno dopo, questo memorandum doveva essere tradotto quasi alla lettera dall’italiano all’inglese e servire da base per l’informazione e la negoziazione in Inghilterra con le autorità e gli scienziati coinvolti. (cfr. WIA, GC, Biblioteca Warburg. Cartella 2, 1933/34. Bernhard Buschendorf si è occupato approfonditamente di una versione inglese, un po’ più lunga, del testo. Cfr. Buschendorf 1993, 104-107).
[20] Max e Fritz erano i soci anziani della casa madre a Amburgo, mentre Paul e Felix, come soci della Kuhn, Loeb & Co. a New York, detenevano ancora azioni nella M.M. Warburg & Co., che vendettero soltanto quando diventarono consulenti finanziari e politici per il governo americano.
[21] La storia secondo cui Aby, tredicenne, avrebbe ceduto al fratello minore Max il diritto di primogenitura in banca in cambio della garanzia a vita di poter acquistare tutti i libri di cui aveva bisogno, è parte integrante della leggenda sull’origine della KBW (cfr. Gombrich [1970] 1986, 325-338; B. Roeck, Der junge Aby Warburg, München 1997).
[22] I grandi sconfitti dall’inflazione erano comunque i medi e piccoli investitori, e non gli istituti finanziari e le banche private attivi a livello internazionale. Nel caso della M.M. Warburg & Co., furono in particolare gli stretti legami con il mondo finanziario di New York a tutelare la banca da gravi perdite.
[23] In che misura la riduzione del budget sia effettivamente da ricondurre a una maggiore pressione da parte dei Warburg statunitensi, e fino a che punto Max Warburg adduca come pretesto la “decisione irrevocabile” dei fratelli distanti in contatto con la biblioteca, per presentare sé stesso e suo figlio Eric quali ‘intermediari’, risulta eventualmente da un esame della corrispondenza tra i relativi componenti della famiglia.
[24] Dopo la morte di Warburg, fu concordato che il lavoro della biblioteca doveva concentrarsi sulla pubblicazione dell’eredità del suo fondatore. Dopo aver completato questo lavoro, per il quale era stato previsto un orizzonte temporale e di bilancio di cinque anni, l’orientamento della KBW doveva essere nuovamente discusso (cfr. WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 14.8.1931).
[25] La possibilità di creare un tale strumento scientifico era strettamente collegata alla natura privata dell’istituzione. Saxl lo sottolinea espressamente in una lettera a Eric Warburg: “Che questa realizzazione sia stata resa possibile solo dal fatto che non dipendiamo dallo Stato (unicamente per questo motivo, a qualunque pensiero fertile ci dedichiamo, possiamo ottenere qualunque collaborazione scientifica ci paia vantaggiosa), è indubbio” (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 20.8.1931). Con ciò, Saxl ripeteva, in ultima analisi, una convinzione di Aby Warburg. Anch’egli era consapevole della necessità per il suo progetto di una separazione tra l’università pubblica e l’Istituto di ricerca privato, sia dal punto di vista scientifico, sia economico. L’orientamento interdisciplinare della KBW era in contrasto con il concetto di scienza che veniva praticato nelle università quali istituzioni statali di ricerca, e la cui espressione più tipica e determinante sono le materie universitarie con i loro confini fissi. Nella sua famosa conferenza sugli affreschi di Palazzo Schifanoia, tenuta a Roma nel 1912 in occasione del Congresso di Storia dell’arte, Warburg in tono derisorio, ma assolutamente serio, definì il rispetto dei confini disciplinari come una “prevenzione da polizia di frontiera”. Tale convinzione si riflette continuamente nella corrispondenza di Warburg, come pure nel suo impegno scientifico e cultural-politico, sin da quando pensava alla propria biblioteca come a un istituto di ricerca accessibile al pubblico. In una lettera del 1917 al senatore sindaco di Amburgo, Werner von Melle, Warburg si esprimeva in questo senso: “Dopo la mia valutazione della situazione, potrei contribuire a chiarire le opinioni sulla questione universitaria mostrando ad alcuni signori, nella mia biblioteca, che cos’è un istituto di ricerca (disposizione, struttura, personale ausiliario, costi) e perché proprio io, certamente per primo a Amburgo, profondamente convinto e fattivamente attivo (dal 1906) sulla necessità di un istituto di ricerca nell’ambito della storia del pensiero, sia tuttavia giunto alla conclusione che, senza università, un istituto di ricerca non può, come organismo vivente, concretizzarsi nel ciclo complessivo della cultura tedesca, e rischia pertanto di atrofizzarsi nel provincialismo” [WIA, GC, A. Warburg a W. von Melle, 24.12.1917. Cfr. Mc-Ewan (vedi nota 6), 114]. Nella lettera a Ernst Robert Curtius del dicembre 1928 già citata sopra, Warburg scrisse parimenti: “Dato che non ho alcun legame con nessuna autorità statale, la KBW poteva fissarsi un obiettivo per così dire fantastico [...]”. Cfr. Wuttke 1989 (vedi nota 12). Il coinvolgimento di Warburg nel lavoro di istituti, congressi, associazioni e società sottolinea l’importanza da lui attribuita all’integrazione della sua biblioteca di ricerca, necessariamente privata, nel dibattito scientifico generale. Nonostante un breve ritratto da parte di Dieter Wuttke, questa sfera delle attività di Warburg attende ancora un’indagine a parte. Cfr. D. Wuttke (hrsg. v.), Aby M. Warburg. Ausgewählte Schriften und Würdigungen, Baden-Baden 1979, 610-611.
[26] Già Carl Georg Heise aveva richiamato l’attenzione sull’esemplarità del lavoro con i francobolli per il metodo di Warburg. Cfr. C.G. Heise, Persönliche Erinnerungen an Aby Warburg, New York 1947, 18.
[27] La valutazione della Bing può essere desunta da una lettera a Max Warburg (WIA, GC, G. Bing a M. Warburg, 15.12.1931).
[28] Questa decisione venne presa da Felix e James (Jimmy) Warburg, il cui padre Paul all’epoca era già gravemente malato e sarebbe morto il 24 gennaio 1932.
[29] Fino alla ricezione del “telegramma dall’America”, la direzione della biblioteca si aspettava in realtà un budget di 160.000 marchi, che era stato elaborato nell’estate del 1931 e proposto il 15 dicembre. Questo risulta da svariate lettere, in cui si parla esplicitamente di un dimezzamento a 80.000 marchi del bilancio (cfr. WIA, GC, F. Saxl a R. Klibansky, 7.1.1932; G. Bing a M. Gütschow, 11.1.1932).
[30] L’andamento degli affari della banca Warburg contribuiva per parte sua a questa valutazione dall’esterno. Naturalmente, tra il 1929 e il 1938 sia i depositi nazionali che esteri della banca persero una parte considerevole del proprio valore, ma per lo meno la M.M. Warburg & Co. non subì la stessa sorte di più di un quarto di tutte le banche private in Germania, il cui numero negli anni in questione diminuì da 1100 a 709. Per quanto riguarda la ripartizione dei rischi della banca sulla filiale di Amsterdam, citiamo per esempio il 1930. In ottobre Max Warburg si recò a New York per parlare di un maggiore coinvolgimento della Warburg & Co. a Amsterdam. In effetti, un successivo prestito della Warburg & Co. di Amsterdam alla Norges Kommunalbank per 40 milioni di corone al 5% è tra i pochi affari positivi conclusi in questo anno (cfr. Rosenbaum, Sherman 1976, 185).
[31] WIA, GC, Dossier Warburg – Die einzelnen Herren in Hamburg, dattiloscritto non datato e non firmato di Saxl e/o Bing, p. 3 e p. 1. Con tutta probabilità il memorandum venne redatto fra la fine del 1931 e l’inizio del 1932. Alcuni passi coincidono con punti di una lettera di Fritz Saxl a Erwin Panofsky del 5.1.1932 (WIA, GC, F. Saxl a E. Panofsky, 5.1.1932). Considerati gli obblighi cospicui su attività in corso, la biblioteca non poteva quindi soddisfare la direttiva. Nell’agosto del 1932 Gertrud Bing inviò a Eric Warburg i conti per la prima metà dell’anno. Le spese ammontavano a 58.460 marchi, il che superava del 46% la metà del budget annuale. Questo chiaro sforamento si spiega principalmente con il fatto che nella prima metà dell’anno era stato sostenuto quasi l’intero costo delle pubblicazioni della biblioteca. Dei 16.900 marchi di costi di pubblicazione per il 1932, a giugno erano già stati spesi 13.118 marchi. Fino alla fine dell’anno, lo sforamento del budget venne ridotto ancora del 35%, così che al posto degli 80.000 marchi stabiliti, vennero spesi 108.500 marchi (WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 8.8.1932. G. Bing a E. Warburg, 15.12.1932. Cfr. Appendice II).
[32] Più di recente e a tal proposito, è l’articolo di Bernhard Buschendorf, che evidenzia a ragione il contributo di Edgar Wind al trasferimento in Inghilterra. Nell’esame di sedi alternative, soprattutto in Italia, l’apporto sembra tuttavia troppo schematico, poiché, come indicato sopra, parte ugualmente dalla premessa di un’emigrazione motivata politicamente. Cfr. nota 1.
[33] In una lettera a Werner Weisbach, Kaegi espresse il proprio risentimento per l’uso delle risorse finanziarie a Zurigo. “Intanto, l’università investe le ingenti somme che ha recentemente ricevuto per il suo [centesimo] anniversario in pubblicazioni linguistiche che nessuno capisce, legge, ama o desidera, tranne l’editore. Si registra su dischi per grammofono la pronuncia locale di ogni luogo per il diletto dei, si spera spiritosi, posteri. Ma per la bella biblioteca del nostro amico che ha interpretato gli affreschi del Palazzo Schifanoia e che avrei attratto volentieri a Zurigo – e che avrei potuto attrarre – non è rimasto nulla” (PSS, W. Kaegi a W. Weisbach, 4.8.1933). Il menzionato progetto linguistico è in realtà un piano di ricerca piuttosto insolito. Cfr. K. Jaberg, J. Jud (hrsg. v.), Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, Mundartaufnahmen von P. Scheuermeier, G. Grohls und M. C. Wagner, Zofingen 1928-1940. Gertrud Bing esprime le riserve della Biblioteca Warburg riguardo a una sede in Svizzera in una lettera a Kaegi. (WIA, GC, G. Bing a W. Kaegi, 21/8/1933). Sugli sforzi di Kaegi cfr. L. Burkart, Versäumnisse. Die KBW und die Schweiz, “Neue Zürcher Zeitung”, 6./7. Februar 1999, 79.
[34] Il ruolo centrale di Erwin Panofsky riguardo alle relazioni statunitensi è già stato menzionato in precedenza. In Charles R. Morey dell’Università di Princeton, Panofsky trovò uno spirito affine che aveva creato un indice iconografico completo dell’arte medievale ed era molto interessato a uno scambio con la Biblioteca Warburg (cfr. WIA, GC, G. Bing a M. Warburg, 15.12.1931). Alla KBW si sapeva anche del piano per fondare una “German University in New York”, in cui i professori espulsi dalla Germania avrebbero dovuto trovare lavoro. Secondo lo studioso della letteratura Martin Sommerfeld, di Francoforte, vennero coinvolti anche “primi banchieri, come Warburg fra gli altri” (cfr. WIA, GC, M. Sommerfeld a G. Bing, 5.5.1933).
[35] Shoshana Persitz, collaboratrice alla Hebrew University di Gerusalemme, in seguito membro della Knesset e direttore del settore educazione a Tel Aviv. Fra la corrispondenza del Warburg Institute si trova un breve carteggio tra la Persitz e Saxl, in cui da parte della Persitz si parla chiaramente del trasferimento della KBW a Gerusalemme (WIA, GC, S. Persitz a F. Saxl, 27.6.1933; F. Saxl a S. Persitz, 1.7.1933; S. Persitz a F. Saxl, 10.7.1933).
[36] Nel 1923 Felix Warburg, su ripetuta sollecitazione di Chaim Weizmann, visitò per la prima volta la Palestina, dove acquistò anche dei terreni (Haifa). Nonostante tali legami, Felix Warburg non fu mai un rappresentante politico del sionismo: vide la Palestina più come dimora spirituale dell’ebraismo, che come un futuro stato-nazione ebraico. Cfr. Chernow 1994, 373 segg (vedi nota 17).
[37] “Del Courtauld Institute vi state facendo, così mi pare, un’idea un po’ esagerata, almeno nel suo stato attuale, che è abbastanza embrionale. Hanno un edificio incantevole sulla Portnam Square, alcuni quadri molto belli (soprattutto impressionisti francesi) e sorprendentemente pochi libri (poco più di 3000)” (WIA, GC, E. Wind a F. Saxl, 16.5.1933.)
[38] Ernst Cassirer insegnò all’All Souls College di Oxford tra il 1933 e il 1935 e Edgar Wind occupò la prima cattedra di Storia dell’arte a Oxford. Per Raymond Klibansky, che avrebbe in seguito anch’egli insegnato a Oxford, Saxl scrisse nell’ottobre 1933 una lettera di referenze all’attenzione del Consiglio (cfr. MS Bodleian SPSL 316/3, fol. 333).
[39]“Questa era la situazione quando andai a Londra il 24 ottobre e Lord Lee fece la proposta di cui sopra [donazione di £3000]. Gli spiegai che, per ragioni politiche, in Germania potevamo vincolarci solo per tre anni e lui, dopo un’ora di discussione, acconsentì, a condizione che se la biblioteca un giorno fosse stata spostata fuori dall’Inghilterra dopo i tre anni, il suo amico anonimo avrebbe considerato il proprio dono come un prestito da saldare da parte di chiunque si fosse occupato della biblioteca. Dopo aver condotto le necessarie indagini, secondo cui il deficit di £3000 ancora in essere dopo aver preso in considerazione le £3000 dell’amico di Lord Lee e i $10000 delle famiglie Warburg, poteva essere trovato a Londra, informai mio padre e telegrafai a New York, come da copia acclusa” (WIA, GC, Memorandum di E. Warburg, datato 17.11.1933 nel dossier Warburg Institute 1933-44, nel Folder Constable, Guinness. Transfer to U. Removal from Thames House). Il restante disavanzo, stando al bilancio pari a £3000, necessario, in aggiunta ai $10000 della famiglia Warburg e ad altre £3000 di un donatore privato che voleva rimanere anonimo – ma dietro al quale si nascondeva Samuel Courtauld – Eric Warburg pensava di poterlo ottenere a Londra da privati.
[40] I tassi di cambio alla fine del 1933 quotavano la sterlina inglese a circa 20,5 e il dollaro a 5,2 Reichsmark. secondo il memorandum di Eric Warburg citato alla nota 85, ne risulta per la biblioteca un budget annuale approssimativo di 165.000 marchi (cfr. Statistisches Jahrbuch der Schweiz 1933, 209-211).
[41] La valutazione di Bernhard Buschendorf secondo cui “l’Italia, che per ragioni storico-culturali si era offerta [per il trasferimento], si ritirò a causa del fascismo, da anni al potere”, deve essere rivista in considerazione delle fonti qui citate (cfr. Buschendorf 1993, 94, vedi nota 1).
[42] Sul possibile trasferimento in Svizzera si veda WIA, GC, W. Kaegi a G. Bing, 7.7.1933 e WIA, GC, G. Bing a W. Kaegi, 2.9.1933. La prefazione scritta da Edgar Wind per il primo volume della Bibliographie zum Nachleben der Antike, pubblicata nel 1934, può essere considerata addirittura un manifesto politico. Wind formulò in modo inequivocabile la connessione tra società e scienza, vi descrisse molto chiaramente l’incompatibilità tra gli studi culturali condotti nella Biblioteca Warburg e le basi ideologiche del nazionalsocialismo o del fascismo in generale. In una recensione al volume intitolata Juden und Emigranten machen deutsche Wissenschaft, che apparve sul Völkischer Beobachteril 5 gennaio del 1935, anche le reazioni della Germania nazista furono proporzionate. Il testo è pubblicato in Wuttke 1989, 295-299 (vedi nota 12).
[43] Per la percezione di queste ambivalenze in Aby Warburg cfr. C. Schoell-Glass, Aby Warburg und der Antisemitismus. Kulturwissenschaft als Geistespolitik, Frankfurt a/M 1998, 146-149. Nipperdey ha descritto queste ambivalenze e la loro interiorizzazione come una vera e propria disposizione di base della società tedesca dopo il 1871 (vedi nota 6), 829.
[44] Alla tematica dell’Università di Amburgo nel ‘Terzo Reich’ è dedicato uno studio a vasto raggio pubblicato nel 1991. Cfr. E. Kruse, L. Huber, H. Fischer, Hochschulalltag im ‘Dritten Reich’. Die Hamburger Universität 1933-1945, 3 Bde. Berlin 1991. Per il nostro contesto sono di particolare interesse singoli contributi: cfr. B. Vogel, Anpassung und Widerstand. Das Verhältnis Hamburger Hochschullehrer zum Staat 1919 bis 1945, in E. Kruse u.a. (hrsg. v.), Hochschulalltag […], Bd. 1, 3-83; P. Freimark, Juden an der Hamburger Universität, in Kruse (vedi sopra), Bd. 1, 125-147; P. Borowsky, Die Philosophische Fakultät 1933-1945, in Kruse (vedi sopra), Bd. 2, 441-457; H. Dilly, U. Wendland, “Hitler ist mein bester Freund [...]” Das Kunsthistorische Seminar der Hamburger Universität, in Kruse, Huber, Fischer 1991(vedi sopra), Bd. 2, 607-623.
[45] La risposta di Max Warburg si inserisce in modo coerente in questa percezione degli eventi: “Si rallegra che il distacco dal vostro [di Saxl] corso si sia compiuto in modo relativamente indolore” (WIA, GC, M. Warburg a F. Saxl, 8.5.1933).
[46] Tuttavia, la biblioteca non rimase del tutto indisturbata. Il 1° ottobre del 1933 venne chiusa la sala di lettura e, stando a Gertrud Bing in una lettera a Werner Kaegi, “noi stessi ci ritiriamo in tre piccole stanze che sono facili da riscaldare, ovvero per noi si ripeterà all’incirca la stessa situazione che c’era durante la malattia di Warburg” (PSS, G. Bing a W. Kaegi, 23.9.1933).
[47] In questa lettera a Max Warburg, Bing suggerì che Waetzoldt non avrebbe più dovuto fare parte del consiglio d’amministrazione, ma la considerò “una questione di nessuna attuale importanza” (WIA, GC, F. Saxl a M. Warburg, 6.5.1933. G. Bing a M. Warburg, 27.5.1933). Quanto gli eventi politici della recente storia tedesca si riflettessero in modo complesso sui rapporti personali fra gli scienziati, e quanto in modo diversificato tali eventi, come risultato di differenze nella percezione, venissero in seguito interpretati, lo rivela anche il rapporto fra la KBW e lo storico Percy Ernst Schramm. Cfr. J. Grolle, Percy Ernst Schramm – Fritz Saxl. Die Geschichte einer zerbrochenen Freundschaft, in Bredekamp, Diers, Schoell-Glass 1990, 95-114 (vedi nota 1).
[48] Dalla prospettiva odierna, questo comportamento è difficile da comprendere. La ferma convinzione di Max Warburg di non dover lasciare la propria terra natale si manifesta però anche nella storia della sua emigrazione dalla Germania, che non fu pianificata, ma fu più frutto del caso: durante un viaggio all’estero decise, invece di tornare a Amburgo, di andare negli Stati Uniti, dove poté immigrare grazie a suo figlio Eric. Così come la Biblioteca Warburg si era trasferita a Londra appena cinque anni prima, anche il direttore della M.M. Warburg & Co. si decise all’ultimo momento a emigrare dalla Germania. Per entrambi questo era l’unico modo per sopravvivere.
[49] Questo ovviamente è inteso solo in senso relativo. I dipendenti della KBW erano consapevoli, così come lo era il fondatore della biblioteca, della generosità dei propri fondi. Nella lettera più volte citata a Ernst Robert Curtius, Warburg tracciò un quadro approssimativo dei mezzi per noi interessante perché descrive il rapporto con le istituzioni pubbliche. “Solo con un budget annuale che anche per gli enti pubblici può essere definito incredibilmente alto (la cifra ve la dirò poi un giorno a voce), e il cui aumento, per una sostanziale piccola parte, devo chiedere – col cuore pesante, ma la mente lucida – anche adesso al consiglio in cui siede mio fratello, è stato possibile giungere a una realizzazione consona al proposito dell’istituto: l’influsso dell’antichità. Non vorrei consigliare a nessun collega di correre questo rischio allo stesso modo” (vedi nota 12). Contrariamente ai fondi disponibili per la KBW, le spese per un istituto universitario appaiono quasi modeste. Il seminario di Storia dell’arte dell’Università di Amburgo, per esempio, aveva un budget annuale di poco inferiore ai 150.000 marchi, la maggior parte dei quali veniva utilizzata per la retribuzione del professore ordinario (Cfr. Dilly, Wendland 1991, 610, vedi nota 44).

Appendice I

Appendice II | Confronto dei budget (in Reichsmark)

WIA, GC, G. Bing a E. Warburg, 15.12.1932

(Una ricostruzione del bilancio della biblioteca sarebbe senz’altro possibile per gli anni da quando la KBW fu convertita in forma giuridica nel 1927 – e probabilmente anche per gli anni precedenti. Al vertice di questa associazione c’era un consiglio di amministrazione, che nel 1928 era composto da Aby Warburg, i suoi quattro fratelli Paul, Felix, Fritz e Max, suo figlio Max Adolf, suo genero Peter Paul Braden, suo nipote Eric, nonché da Ernst Cassirer, Adolph Goldschmidt, Gustav Pauli, Erwin Panofsky, Fritz Saxl e Wilhelm Waetzoldt. Nell’archivio del Warburg Institute di Londra sono conservati i conti annuali per il consiglio, i conti in generale, i rapporti sulle attività della biblioteca ecc., per gli anni fino al dislocamento a Londra [segnatura: V.3.1.1., V.3.1.2, V. 3.1.3, V.3.2., V.3.3]. Nel presente contesto, i dettagli o le singole voci di bilancio erano di importanza inferiore rispetto allo sviluppo del bilancio complessivo della KBW intorno al 1930, resoconto che risulta abbastanza chiaramente da questa compilazione sicuramente un po’ semplificativa).

Appendice III

WIA, GC, Dossier Buchhändler, Abbestellung 1931.

Disdette da settembre 1931

Acta archeologica
Annual of the American School […] Jerusalem
Annuario delle scuole archeologiche di Atene
Antiquity
Anzeiger, Ethnologischer
Archiv orientalni
Archiv für Bibliographie, Buch und Bibliothekswesen (compresi i supplementi)
Archiv fur Orientforschung
Archiv fur Schreib- und Buchwesen
Archives Alsaciennes
Archivio della Società Romana
Arte Español
Artibus Asiae
Atelier
Beiträge, Hamburger, z. Geschichte des kritischen Idealismus
Beiträge, Neue deutsche
Berichte, Kritische, zur kunstgeschichtlichen Literatur
Bibliografia general espagnola
Bibliotheca Spinozana
Blätter fur deutsche Philosophie
Briefmarkenjournal
Byblis
Byzantinisch-neugriechische Jahrbücher
Das Weltall
De Gids
Denkmalpflege
Der Hammer
Der Morgen
Der Stern
Epsteris
Forschungen, Tübinger, zur Archaologie
Forschungen, Kleinasiatische
Forschungen zur Völkerpsychologie
Gebrauchsgraphik
Gespräche, Europäische
Gymnasium, das Humanistische
Hermeneus
Het Book
Ipek
Jahrbuch fur kosmo-biologische Forschung
Jahrbuch der deutschen Museen
Jahrbuch der Musikbibliothek Peters
Jahrbuch fur Philologie
Jahrbücher, Neue fur Wissen- und Jugendbildung
Jahresbericht der neueren deutschen Literatur
Journal of the Palestine Oriental Society
Journal of Religion
Keilinschriftliche Studien
Kunstwart
La Cultura
Library Journal
Muratori
Museum der Gegenwart
Neue österreichische Biographie
Nordisk Tidskrift for Bok och Bibliothekswesen
Old Master Drawings (Una di più copie)
Oriens christianus
Oudheidkundig Jaarboek
Palaographia Latina
Palästina Jahrbuch
Print Collector’s Quarterly (Una di più copie)
Revue des études Armeniennes
Revue musicale
Revue de Philologie
Rivista d’arte (Una di più copie)
Rivista Indo-Greca-Italica
Rupam
Samnium
The Jewish Quarterly Review
The Nation
Times weekly (Times Literary Supplement)
Transactions of the Bibliographic Society
Universitätskalender
Vierteljahreshefte, Kölner fur Soziologie
Volksbildung
Volksbildung, Freie
Volkstum und Kultur der Romanen
Weltanzeiger, Philosophischer
Zeitschrift fur Denkmalpflege
Zeitschrift fir Geschichte der Juden
Zeitschrift fur Individualpsychologie

Disdette da marzo 1932

Annales Institutorum
Annuals of the British School of Athens
Astro-Magazin
Beaux Arts
Bibliographie der Philosophie-Psychologie
Bibliographischer Monatsbericht
Bollettino del Reale Istituto di Archeologia e storia d’arte in Roma
Bulletin of Detroit Institute of Arts
Bulletin de l’Institut francais d’Archeologie du Caire
Bulletin de l’Institut International de cooperation intellectuelle
Bulletin of the Museum of Fine Arts, Boston
Bulletin de la Société Nationale des Antiquitaires de France
Byzantion
Die Sterne
Die Tat
Erkenntnis (zugl. Annalen der Philosophie)
Euphorion
Hamburger Universitats-Zeitschrift
Hermes, Zeitschrift für klassische Philologie
Historia
Il mondo classico
Internationales Adressbuch der Antiquare
Islamica
Jaarboekje van “Oud Utrecht”
Jahrbuch der Bücherpreise
Jahrbuch fur Kunst & Kunstpflege in der Schweiz
Jahrbuch fur Philosophie und phanomenale Forschung
Jahrbuch der Sammlung Kippenberg
Jahresbericht über die Erscheinungen aus dem Gebiet der Germanischen Philologie
Kalender der deutschen Universitäten
L’Aretuse
La Diana
La Critica
La Escultura Andalucia
Literarische Berichte aus dem Gebiet der Philosophie
Literaturwissenschaftliches Jahrbuch der Görres-Gesellschaft
Minerva-Zeitschrift
Morgenland
Nordelbingen
Philosophischer Anzeiger
Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken
Revue d’Histoire ecclesiastique
Rivista del Reale Istituto d’Archeologia e Storia d’Arte
Rivista Venezia
Roma
Scientia
Studi estruschi
The Year’s Work in Classical Studies
Wren-Society
Zeitschrift fur Menschenkunde
Zeitschrift fur Völkerpsychologie

Cancellazione da società e associazioni

Berliner Gesellschaft für Anthropologie, Ethnologie und Urgeschichte
Deutscher Verein fur Buchwesen und Schrifttum
Gesellschaft zur Erforschung judischer Kunstdenkmaler
Luther Gesellschaft
Touring Club Italiano
Verein fur vorgeschichtliche Forschung
Vorderasiatisch-Ägyptische Gesellschaft

Sigle
  • DBI
    Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1965 segg.
  • KBW
    Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg
  • PSS
    Paul Sacher Stiftung, Basel
  • UB
    Öffentliche Bibliothek der Universität Basel
  • WIA, GC
    Warburg Institute Archives, General Correspondence, London
Bibliografia
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    P. Borowsky, Die Philosophisce Fakultät 1993-1945, Bd.2, in E. Kruse, L. Huber, H. Fischer, Hochschulalltag im ‘Dritten Reich’. Die Hamburger Universität 1933-1945, 3 Bd. Berlin 1991, 441-457.
  • Bredekamp, Diers, Schoell-Glass 1990
    H. Bredekamp, M. Diers, C. Schoell-Glass (hrsg. v.), Aby Warburg. Akten des internationalen Symposions, Hamburg 1990.
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    L. Burkart, Die Träumereien einiger kunstliebender Klosterbrüder... Zur Situation der Kulturwissenschaftlichen Bibliothek Warburg zwischen 1929 und 1933, “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, 63 (2000), 89-119.
  • Burkart 1999
    L. Burkart, Versäumnisse. Die KBW und die Schweiz, “Neue Zürcher Zeitung”, (6./7. Februar 1999).
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    G. Casati, Dizionario degli scrittori d’Italia, 3, Milano 1934.
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    R. Chernow, Die Warburgs. Odyssee einer Familie, Berlin 1994.
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    M. Diers, Warburg aus Briefen. Kommentare zu den Briefkopierbüchern der Jahre 1905-1918, Weinheim 1991.
  • Diers 1993
    M. Diers, Porträt aus Büchern. Bibliothek Warburg & Warburg Institute. Hamburg – 1933 – London, Hamburg 1993, 14.
  • Dilly Wendland 1991
    H. Dilly, U. Wendland, “Hitler ist mein bester Freund [...]” Das Kunsthistorische Seminar der Hamburger Universität, Bd. 2, in E. Kruse, L. Huber, H. Fischer, Hochschulalltag im ‘Dritten Reich’. Die Hamburger Universität 1933-1945, 3 Bde, Berlin 1991, 607-623.
  • Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1965.
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    O. Franke, Der kosmische Gedanke in Philosophie und Staat der Chinesen, in Vorträge der Bibliothek Warburg, 1925-26, Leipzig 1928.
  • Galitz, Reimers 1995
    R. Galitz, B. Reimers (hrsg. v.), Aby M. Warburg. “Ekstatische Nymphe… trauender Flussgott”. Portrait eines Gelehrten, Hamburg 1995.
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English Abstract

Engramma presents the Italian translation by Costanza Giannaccini of Lucas Burkart's article Die Träumereien einiger kunstliebender Klosterbrüder... Zur Situation der Kulturwissenschaftlichen Bibliothek Warburg zwischen 1929 und 1933, published in 2000 in issue 63 of the journal "Zeitschrift für Kunstgeschichte"(89-119). Referring to the future plans of Warburg Library, Edgar Wind once talked about the “fantasies of some art-loving brethren”. A brief piece by Rolf Petri, author of a note on the subject published in Engramma in 2004, serves as introduction to the essay.

keywords | The Warburg Library; M.M. Warburg & Co.; The Warburg Institute.

Per citare questo articolo/ To cite this article: L. Burkart, “Le fantasticherie di alcuni confratelli amanti dell’arte...”. Sulla situazione della Biblioteca Warburg per la Scienza della Cultura tra il 1929 e il 1933, traduzione di C. Giannaccini, con una Introduzione di R. Petri, “La Rivista di Engramma” n. 176, ottobre 2020, pp. 145-198 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.176.0005