"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

175 | settembre 2020

97888948401

Gio Ponti: “con la costruzione daremo la casa arredata”

Maria Teresa Feraboli

English abstract

1 | Mobili smontabili e riponibili della ditta Berardi. “Domus” 126 (1938).
2 | Tre elementi per divano componibile. “Domus” 126 (1938).
3 | Anatomia per arredatori di G. B. Repetto. “Stile” 39 (1944).
4 | Mobili riponibili Saffa. “Stile” 42 (1944).
5 | Pagina pubblicitaria dei mobili riponibili Saffa. “Stile” 12 (1944).
6 | “Casa a tutti”. “Stile” 1 (gennaio 1945).
7 | Colori e interni di una piccola casa semirurale. “Stile” 12 (1944).
8 | Colori e interni di una piccola casa di campagna. “Stile” 1 (1945).
9 | Colori e interni di una piccola casa. “Stile” 4 (1945).

“Un appartamento per tutti. Ogni stanza si chiude in un mobile” (Una nostra iniziativa 1938, 42-45). È il mese di giugno del 1938 e Gio Ponti ha ottenuto che la ditta fiorentina Giovanni Berardi dia esecuzione pratica a una sua idea, già presentata su “Domus” l’anno precedente nei disegni di Alessandro Pasquali e ora affidata a Pier Niccolò Berardi (La risposta 1937, 40-43). Da tempo – scrive il direttore – i lettori di “Domus” chiedono consigli e informazioni per avere “mobili realmente mobili”, cioè leggeri, maneggevoli, facilmente spostabili da un’abitazione all’altra senza spese eccessive. Ecco che Ponti, considerata la recente conquista dell’Etiopia (1936), estende il concetto di “casa per tutti” per assecondare le necessità lavorative di chi deve trasferirsi nelle colonie, come ufficiali, funzionari e commercianti.

I disegni di Pasquali prima e di Berardi poi mostrano una camera da letto e una stanza da pranzo i cui arredi si smontano e si ripiegano sino a essere raccolti all’interno dell’armadio (due comodini, una sedia e spalliere del letto) o della credenza (quattro sedie e un tavolo); sono così eliminati gli imballaggi e il successivo assemblaggio dei pezzi è facile, tanto da essere sufficiente l’ausilio di un cacciavite. Simili nel principio ai mobili oggi resi famosi dal colosso svedese Ikea, erano destinati a essere prodotti in castagno dalla ditta Berardi che li avrebbe realizzati su ordinazione con l’ottima manifattura e le forme lineari auspicate da Ponti, in autonomia di progetto e di risultato [Fig. 1].

L’indagine sull’arredo affianca, dunque, la ricerca sulla “casa tipica” avviata all’inizio degli anni Trenta con le “domus” di via De Togni a Milano, ed evoluta nell’idea di “casa esatta” degli anni Quaranta: è un’ulteriore conferma dell’interesse dell’architetto per il miglioramento degli standard edilizi e della sua volontà di non limitarsi agli incarichi affidatigli da committenze altolocate. In quest’ottica e sin dai primi numeri di “Domus”, Ponti ha proposto non solo arredi di recente produzione da acquistare presso ditte e mobilieri, ma anche progetti di mobili e persino di interni regalati ai lettori: disegni in scala da affidare al falegname perché il suo insegnamento fosse meglio compreso o semplicemente riprodotto, così da diffondere la qualità in un numero crescente di abitazioni (Feraboli 2019a).

Tra essi si possono cogliere alcune delle intuizioni che l’architetto metterà a sistema nel tempo, nell’intento di ottenere un ambiente domestico trasformabile e dotato di ogni comfort, indipendentemente dalla dimensione e dalla tecnica di costruzione dello stesso. Ne sono esempio gli arredi affidati a Berardi, antesignani dei ‘mobili riponibili’ realizzati con l’azienda Saffa negli anni del conflitto; ma non sono l’unica proposta: vi sono anche studi di divani componibili, come le due sedute racchiuse da scaffali laterali in funzione di braccioli, oppure il componibile a tre sedute che permette di comporre cinque differenti soluzioni (1-2-3 Divano ad elementi componibili 1932, 301; Tre elementi 1938, 46-47) [Fig. 2].

Quest’ultimo progetto è accompagnato dall’esergo: “L’arredamento della vostra casa deve essere trasformabile al massimo”, in cui si condensa l’obiettivo della ricerca pontiana sullo spazio abitato, per altro già presentata pubblicamente con l’alloggio dimostrativo per la VI Triennale di Milano (Ponti 1936, 15-22; Piccolo appartamento 1936, 156). Qui, insieme alle principali soluzioni spaziali inventate dall’architetto (il grande ambiente soggiorno-pranzo, la riduzione al minino dei corridoi, le porte scorrevoli per articolare lo spazio senza chiuderlo rigidamente, le finestre vetrine e le terrazze che rafforzano la relazione interno-esterno) vi sono arredi leggeri e facilmente spostabili: tra essi, oltre ai mobili a rotelle, figura il divano divisibile a due sedute il cui principio progettuale viene poi offerto in regalo su “Domus”. Il divano divisibile, le poltrone combinate con il pouf, il letto-divano e il letto a rotelle per signora dell’alloggio dimostrativo sono imbottiti in gommapiuma Pirelli e fanno parte di una sperimentazione promossa dall’azienda per applicare tale materiale all’arredamento: ne rendeva conto Franco Albini, con l’opuscolo La Gommapiuma Pirelli alla VI Triennale di Milano, per i tipi dell’editoriale “Domus” (1936), in cui il testo era accompagnato dalle fotografie degli arredi in gommapiuma presentati da diversi autori alla Mostra dell’abitazione e alla Mostra dell’arredamento della VI Triennale di Milano (v. in proposito il commento di Bosoni 2014).

Va sottolineato che le soluzioni distributive mostrate alla VI Triennale animano l’intera opera residenziale di Ponti ed evolvono successivamente dalla “casa esatta” – prima tappa di una civiltà industrializzata in cui unificazione e prefabbricazione svolgono un ruolo fondamentale – sino alla “casa adatta” presentata negli anni Settanta a Eurodomus (Irace 2009). Tale evoluzione è esemplificata con efficacia dai due edifici per abitazioni nel quartiere Harar Dessiè a Milano (1951-1955), dai prototipi di case prefabbricate alla X e XI Triennale (1954; 1957), dalla casa e dall’appartamento dello stesso Ponti in via Dezza (1956) e infine dagli alloggi allestiti per Eurodomus (1970; 1972).

“Con la costruzione daremo la casa arredata”

Le potenzialità insite nei progetti apparsi su “Domus” si profilano con chiarezza durante il secondo conflitto mondiale grazie agli studi sulla “casa per tutti” promossi da Ponti su “Stile” (1941-1947), la nuova rivista da lui fondata e diretta. Tale impegno emerge in maniera continuativa dopo i gravi bombardamenti subiti da Milano nel 1943: Ponti manifesta l’intenzione di coinvolgere progettisti e industrie per rinnovare il cantiere e la produzione edilizia attraverso l’unificazione e la normalizzazione dei componenti edili e degli arredi, e giungere così a un miglioramento generalizzato delle abitazioni. L’architetto raduna dunque intorno alla rivista progettisti interessati ad affrontare tali argomenti e con alcuni di essi intrattiene anche rapporti professionali, come per esempio con Adalberto Libera e Giuseppe Vaccaro. Ne deriva un intreccio di ricerche e di contributi che troverà ordine nella visione complessiva di Ponti sul futuro della ricostruzione: i progetti di piccole case, di interni e di arredi ‘regalati’ ne fanno parte e sottolineano ulteriormente la distanza tra la “casa per tutti” pontiana e la “casa popolare” razionalista (Ciucci 2019, 252-259).

Ponti, infatti, rifiuta la monotonia che deriva dalla totale eguaglianza delle case-tipo cui oppone la “coordinata mescolanza di tipi (e di colori)” e mostra alcuni esempi italiani di recente realizzazione i cui interni, arredati con vecchi mobili, contrastano con l’assetto comunque moderno degli edifici, dimostrando l’impreparazione degli abitanti di fronte alla contemporaneità. Obiettivo dell’architetto è sviluppare ogni aspetto della nuova civiltà dell’abitare, che si otterrà assicurando l’armonia tra contenitore e contenuto e, quindi, tra architettura e vita; pertanto, nell’ultima didascalia dell’articolo, afferma ambiziosamente: “Con la costruzione daremo la casa arredata” (arch., Casa a chi lavora 1943, 6-10).

Non sono parole di occasione: Ponti sta davvero avviando fattive collaborazioni con le maggiori aziende italiane (come Saffa, Montecatini, Breda) affinché producano tanto elementi costruttivi quanto mobili normalizzati e unificati da comporre in maniera diversificata a partire da una vasta gamma di soluzioni progettuali predefinite, sia per la città sia per la campagna. È la casa “esatta” che si forgia nella fucina di “Stile” e vuole essere la “casa per ciascuno” (Libera, Ponti, Vaccaro 1943, 12), cioè la casa in cui ogni singolo individuo può riconoscersi e ricavare il conforto spirituale che scaturisce dall’ideale di abitazione pontiano – dichiarato su “Domus” sin dal 1928 con La casa all’italiana, e mai abbandonato anche nel ridursi delle dimensioni dell’alloggio.

Il programma complessivo di tale nuovo sistema di progettare e costruire si sarebbe dovuto tradurre in una serie di pamphlet a più autori, di cui Ponti intraprende la pubblicazione nel 1944, alternando dati statistici, esortazioni morali e profezie sull’architettura, sino a giungere a un primo ‘abbecedario’ per la ricostruzione urbana – Verso la casa esatta (1945) – e indicare così la possibile via per la rinascita del Paese (Irace 1988; Irace 2009; Irace 2019, 164-173). Tali volumetti, inoltre, avrebbero dovuto comprendere l’articolazione degli interni e l’arredamento, coinvolgendo i nomi di Adalberto Libera e Giuseppe Vaccaro, Guglielmo Ulrich, Giovan Battista Repetto e Mario Dal Fabbro. Sarà stampato soltanto La stanza da letto di Libera che, apparso anche su “Stile”, doveva far parte di La tecnica funzionale e distributiva dell’alloggio, rimasta inedita (Garofalo, Veresani 1989, 174-176; Marzari 2019, 268-270). Non avrà seguito Anatomia per arredatori, la rubrica che dal 1943 Repetto cura per “Stile” dopo un’analoga esperienza per l’americana “Interiors”; mentre gli studi di mobili affidati da Ponti a Mario Dal Fabbro proseguiranno nella ricca manualistica pubblicata nell’immediato dopoguerra dall’editore milanese Görlich [Fig. 3].

10-11 | Pranzo e camera da letto esposti da Nordiska Kompaniet a Stoccolma. “Stile” 3 (1941).

È necessario, infine, ricordare che, sin dagli inizi del 1941, su “Stile” erano comparsi esempi positivi di interni provenienti dalla Svezia: commentando un’esposizione di arredi ambientati di Nordiska Kompaniet – l’equivalente di La Rinascente a Stoccolma – Ponti scriveva di apprezzarne il carattere semplice, la libertà nella disposizione dei mobili e nella scelta dei materiali. Sono le stanze di un alloggio fotografate in presenza di attori che mimano momenti di quotidianità domestica dimostrando l’aderenza dello spazio abitato alle esigenze della vita moderna. Gli arredi sono pensati in maniera da supportare future aggiunte o spostamenti, assecondando le possibilità economiche o la crescita del nucleo familiare (Prima casa piccola 1941, 78-81). È una casa che sa evolvere senza perdere la sua atmosfera armoniosa ed è quanto il progettista indica come obiettivo agli italiani, sia progettisti sia lettori, incitandoli a svilupparne una propria versione [Figg. 10, 11]. 

E se questo è il fine ultimo – rendere la “casa per tutti” un ambiente empatico e confortevole –, il percorso indicato dall’architetto suggerisce la produzione di ‘mobili-tipo’ (Tipus 1942, 32). Così, nel 1943, “Stile” presenta i risultati del concorso sulla tipizzazione dell’arredo bandito dal suo editore, Garzanti: vengono selezionate le proposte di Mario Dal Fabbro e Carlo Mollino perché, pur esprimendo due differenti concezioni del mobile, sono entrambe efficaci, la prima per il contingente e la seconda per il futuro dell’industria del settore. Il progetto di Dal Fabbro, infatti, fornisce indicazioni per mobili pratici e di facile esecuzione, adatti alla normativa vigente e alle capacità dei falegnami; mentre quello di Mollino prevede ‘elementi-tipo’ per la composizione di ogni arredo e si protende al dopoguerra, alla ricostruzione sognata da Ponti nel segno dell’industrializzazione (Due indirizzi 1943, 24-32; Proposizioni 1943, 33-36).

L’architetto sostiene dunque entrambi i metodi e, commentando alcuni esempi tratti dalla produzione tedesca, precisa il ‘suo’ concetto di ‘tipo’ nell’ambito dell’arredo, parallelo a quanto andava proponendo per gli edifici:

Tipo […] non deve significare un tipo solo per tutti, ma una serie di modelli diversi che siano stati tanto ben studiati esteticamente, tecnicamente, economicamente, da costituire, ciascuno, un tipo: più degni quindi di ogni altro di essere distribuiti fra la gente (P., Questi mobili 1943, 22-23).

“La casa entro l’armadio”

Giugno 1944. “L’industria ha ‘attaccato’ il problema dell’abitazione. Ecco alcuni modelli escogitati dai progettisti della Saffa – e ulteriormente perfezionati – che rispondono a necessità di spazio e di trasporto” (La casa entro l’armadio 1944, 40). Sono i mobili MPS (Mobili Pronti Saffa), uno dei ‘tipi’ auspicati da Ponti e nati dall’intesa con la Società Anonima Fabbriche Fiammiferi e Affini (S.A.F.F.A.) cui, sin dal gennaio del 1943, ha donato numerosi schizzi che rinnovano e ampliano di suo pugno l’iniziativa affidata negli anni Trenta ad Alessandro Pasquali e Pier Niccolò Berardi. Dall’aspetto semplice, in legno di rovere o castagno, sono arredi facilmente trasportabili poiché, come i precedenti, si smontano e si ripongono all’interno dell’elemento di maggiori dimensioni: l’armadio contiene testiere con mensole, materassi pieghevoli e cuscini di due letti singoli, più un tavolino da notte, un comò, una toletta e due sedie; la credenza raccoglie sei sedie e un tavolo per la stanza da pranzo, mentre la libreria riunisce gli elementi dello studio. Seguono anche cucina, soggiorno e anticamera, studiati con il medesimo sistema. Ponti li illustra nel pieghevole pubblicitario La casa entro l’armadio e li promuove su “Stile” ricordando che sono stati presentati presso Casa e Giardino a Milano e sono “in fabbricazione di grande serie”: vogliono essere una risposta all’emergenza ma saranno un contributo “essenziale per l’attrezzatura futura delle abitazioni” [Figg. 4, 5]. Si aggiungono alla produzione Saffa di capriate, porte e finestre unificate, volute dall’architetto per accrescere l’abaco di componenti costruttivi con i quali i progettisti avrebbero realizzato i diversi volti della “casa esatta” – come prima le scale pronte PM, già sviluppate con la Montecatini.

L’applicazione di tali prodotti (di edilizia e di arredamento) appare talvolta dai testi degli articoli, talvolta direttamente dalle piante dei progetti di condomini per la città e di piccole case per la campagna che “Stile” pubblica con frequenza: “gli ambienti sono stati studiati in funzione dell’arredamento, un arredamento tipo” (Casa operaia 1944, 19). Ne è dimostrazione la cucina dove spesso è indicato un sistema di scaffale-credenza con tavolo e panchette ribaltabili, nonché sostegni pieghevoli che possono fungere da cornici, una volta che l’insieme è chiuso, come dimostra la documentazione presso gli archivi privati di Ermanno Tunesi e dell’ingegner Pietro Molla (Bosoni, Picchi, Strina 1995, 59-64); sono previsti anche tavoli pieghevoli (rotondi, quadrati, rettangolari), scrivaniette a muro, letti a scomparsa, complementi componibili e sovrapponibili.

Le piccole case e i loro interni

L’architetto è convinto che ogni progettista debba ‘sentire’ la vita che animerà i suoi interni e immaginare il contesto, costruito o naturale, in cui ambienterà le sue case (Gio Ponti, Esperienze 1941, 2): per questa ragione introduce nei suoi disegni le silhouette degli abitanti e tratteggia la vegetazione. Sostiene anche che ogni alloggio, urbano o fuori città, debba essere ugualmente luminoso e colorato grazie a intonaci, pavimentazioni, tendaggi: è la vita che auspica per sé e che propone per tutti (Gio Ponti, La casa colorata 1941, 9-10). Così, dall’autunno del 1944 inizia a pubblicare indicazioni sistematiche sulla progettazione di piccole case per le zone semiperiferiche della ricostruzione, per la campagna, per le aree semirurali [Fig. 6]. Ogni numero di “Stile” aggiunge precisazioni che configurano spazi abitativi confortevoli in dimensioni limitate e con capienza variabile: da poco più di 40 mq per 2-3 posti letto a un massimo di circa 130 mq per 10-12 persone, con letti a castello o divani letto. L’articolazione interna è necessariamente meno flessibile di quella pensata per l’alloggio urbano che, come mostrerà in Verso la casa esatta, prelude all’esemplare libertà planimetrica raggiunta poi nella casa in via Dezza a Milano (1956-1957). È, però, sempre presente, oltre al rispetto dei criteri di corretta esposizione, aerazione e illuminazione, la volontà di creare infilate visuali che dall’ingresso invitino lo sguardo ad attraversare il piccolo soggiorno sino all’esterno retrostante la casa. Così come è fondamentale il ruolo che colore e materiali hanno sia all’interno sia all’esterno dell’abitazione.

L’architetto dovrà farsi ‘pittore’ e comporre le abitazioni nell’ambiente e le stanze dentro le abitazioni: le piccole case potranno essere intonacate in rosa con finestre verdi oppure in bianco con finestre verdi o azzurre o blu, o ancora rosse con finestre bianche, per inserirsi nell’armonico variare del paesaggio italiano, dal mare alla montagna sino alla pianura. Altrettanto dovrà essere per le finiture interne che dal bianco monocromo possono sfumare in un gioco di colori che tramuta di stanza in stanza soffitti (bruno, rosso, verde) o pareti (rosa, azzurro, giallo), rendendo la vista degli ambienti simile ai dipinti che ne raffigurano l’infilata (Cinquanta progetti 1944a, 18-25; Cinquanta progetti 1944b, 24-30; Proseguiamo 1944, 6-9; Cinquanta progetti 1944c, 16-19). Ma le possibili combinazioni contemplano anche la possibilità di applicare la tinta unita in verde oliva, giallo sole, rosa per le pareti interne e lo stesso materiale con ugual disegno (graniglia, marmette, piastrelle di ceramica veneziana, legno, cotto, linoleum) per i pavimenti.

Ponti, dunque, ribadisce implicitamente l’importanza di un atteggiamento ‘pittorico’ nel trattare i muri: pareti, soffitti e pavimenti devono essere composti con gli altri elementi e materiali dell’abitare, ma mai ricoperti o sopraffatti da essi. Accanto ai mobili pronti Saffa, dunque, compaiono accorgimenti come il passavivande tra ‘alcova-cucina’ e soggiorno, i davanzali ad altezza regolata sull’inserimento di mobili sottostanti, l’anticipazione della testiera attrezzata per la zona giorno e la zona notte e, talvolta, le porte a soffietto [Figg. 7, 8, 9].

In seguito alla Liberazione, “Stile” proporrà nuove case di campagna suggerendo di arredarle con i mobili pieghevoli e componibili, che la Saffa avrebbe dovuto produrre proiettandosi nel futuro prossimo, quando gli alloggi avrebbero ridotto le proprie dimensioni e le stanze avrebbero dovuto ospitare più funzioni diverse, per esempio di pranzo-soggiorno o di soggiorno-studio. L’azienda, però, aveva sospeso la produzione degli arredi a causa degli eventi bellici e al momento della ripresa, anziché puntare sulla proposta di Ponti, preferirà avviare una nuova produzione all’insegna delle ricerche condotte dal suo tecnico, Dino Vailati, insieme al più giovane architetto Augusto Magnaghi (Tunesi 2015; Tunesi 2019).

Il tentativo di trasformare il settore edile, collegando la casa, e l’arredamento, nel segno dell’industrializzazione, si conclude con un primo insuccesso, soprattutto perché la ricostruzione intrapresa dalle istituzioni si rivolge al cantiere edile tradizionale. Ma Ponti non si perde d’animo e, negli anni Cinquanta, torna a perseguire tale obiettivo dando vita a un programma di ricerca denominato “casa pilota”, con il quale intende coinvolgere nuovamente le aziende e sviluppare abitazioni industrializzate. Tale iniziativa mira anche a ottenere l’appoggio di istituti pubblici come la Gestione Ina-Casa e la Gescal (Gestione Case per i Lavoratori), restando purtroppo senza successo.

La proposta di una “casa all’italiana per tutti”, infatti, rimarrà confinata ai soli studi e alle sperimentazioni: nel 1970 lo dimostra la terza Eurodomus milanese, quando l’architetto torna a presentare un’abitazione di piccole-medie dimensioni definita “casa adatta” (Feraboli 2019b, 72-79). Quest’ultima, in sintonia con i mutamenti della società e con i ritmi di vita contemporanei, è attrezzata con vivaci mobili a rotelle realizzati per l’occasione dalla ditta Walter Ponti, ma in precedenza proposti a Tecno (Bosoni 2011, 190-191); in forme adeguate al momento storico, tali arredi riscoprono il principio di mobilità già suggerito nell’alloggio per la VI Triennale. È la conferma dell’intima coerenza della ricerca pontiana e dell’ampiezza della sua concezione dell’abitare che spesso ha trovato supporto nelle aziende, mentre è stata sottovalutata del settore pubblico.

Bibliografia
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    Piccolo appartamento, in Guida della sesta Triennale, Millano 1936, 156.
  • Proposizioni 1943
    Proposizioni sui mobili tipo di Mollino che i costruttori sono invitati a leggere, “Stile” 30 (1943), 33-36.
  • Proseguiamo 1944
    Proseguiamo in queste pagine la presentazione dei cinquanta progetti di piccole case iniziata nel mese di settembre, “Stile” 11 (1944), 6-9.
  • Tipus 1942
    Tipus, Verso i prodotti tipo, “Stile” 22 (1942), 32.
  • Tre elementi 1938
    Tre elementi compongono questo divano, “Domus” 126 (giugno 1938), 46-47.
  • Tunesi 2015
    E. Tunesi, Il mobile dorato, Boffalora d’Adda 2015.
  • Tunesi 2019
    E. Tunesi, L’archivio Saffa nella storia. Dai primati del dopoguerra ai mobili 1920-1950, Boffalora d’Adda 2019.
  • Una nostra iniziativa 1938
    Una nostra iniziativa, “Domus” 126 (giugno 1938), 42-45.
English abstract

During the Second World War, Gio Ponti assiduously explored the problem of the ‘home for everyone’, developing it both through the professional activity of his office and through the new magazine he founded, “Stile”, which he published and directed between 1941 and 1947.
The ‘home for everyone’ is designed in the hope of future reconstruction after the war and is developed both as urban housing and as a small house (that can also be combined in row houses) for the suburban areas of the city or for the countryside; in any case, it is conceived on the basis of standardized construction and furnishing elements, designed in accordance with major Italian industries. Ponti’s proposal will not ultimately succeed but the architect will continue to study this problem until the 1970s.

keywords | Gio Ponti; “Stile”; furniture; interior design; reconstruction.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio.
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo / To cite this article: Maria Teresa Feraboli, Gio Ponti: “con la costruzione daremo la casa arredata”, “La Rivista di Engramma” n. 175, settembre 2020, pp. 149-161 | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.175.0011