"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

175 | settembre 2020

97888948401

Autilia e Colorado Dream

Due modelli di città alla “Eurodomus” 2 (Milano 1968) ed “Eurodomus 4” (Torino 1972). Note di ricerche in corso

Anna Ghiraldini

English abstract

Il Fondo Gio Ponti conservato presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma costituisce un patrimonio di straordinario interesse in quanto riunisce l’archivio dell’architetto nella sua totalità e prolificità, per un numero complessivo di 454 progetti realizzati tra la fine degli anni Venti e la fine degli anni Settanta, suddivisi per progetto e ordinati cronologicamente. Tra i materiali del fondo, sono raccolti disegni esecutivi su lucido, copie eliografiche, radex, disegni e schizzi, nonché stampati, corrispondenza, documenti relativi all’attività dello studio e maquettes (Miodini 2001, 11-12).

In occasione della mostra “Gio Ponti. Amare l’architettura” inaugurata al MAXXI di Roma lo scorso 24 novembre, curata da Maristella Casciato e Fulvio Irace con Salvatore Licitra Ponti, Margherita Guccione e Francesca Zanella, è stata condotta una campagna sul fondo volta non solo al restauro dei materiali per la mostra ma anche al riordino, allo studio e al restauro delle maquette del fondo. La fortuita e fortunata opportunità di lavorare di concerto alla responsabile della sezione progetto del CSAC, dott. Lucia Miodini, e alla restauratrice, dott. Lorena Tireni, mi ha permesso di leggere e indagare le fonti primarie in modo trasversale: l’osservazione e l’analisi dei disegni autografi sono state cruciali per ricostruire la genesi dei progetti, attribuire date – e in certi casi anche titoli – ai modelli architettonici e procedere al loro restauro, nel rispetto degli elementi di carattere tipologico, formale e strutturale.

Il lavoro incrociato con i documenti del Fondo Giorgio Casali – conservato all’Archivio progetti dell’Università Iuav di Venezia – ha inoltre consentito di raccogliere informazioni determinanti a costituire il terreno su cui confermare le nostre ipotesi e porci nuovi quesiti.

In particolare, questo contributo prende spunto da due modelli conservati a Parma, a oggi in fase di restauro, per raccontare le ricerche che mi hanno consentito di portare alla luce documenti inediti che chiarificano l’iter progettuale e la temperie culturale entro cui l’attività di Ponti si inserisce a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.

Autilia: per un rapporto moderno tra strade, veicoli, abitazioni

1 | Il Padiglione Domus+Quattroruote alla Eurodomus 2 (1968). “Domus” 461 (aprile 1968).

Negli anni Sessanta, la rivista “Domus”, di cui l’architetto è fondatore e direttore, è promotrice di “Eurodomus. Mostra pilota della casa moderna”, una serie di iniziative fieristiche che avevano l’intento di rappresentare la varietà e la ricchezza delle produzioni moderne italiane qualificate, in fieri e in divenire, nel panorama mondiale, presentando gli esiti di studi e ricerche dei progettisti italiani e stranieri (Redazione 1966, allegato). Quegli anni, presentati a “Eurodomus” come momento di sperimentazione sinergica e trasversale tra l’ambito del design d’arredo e il campo delle arti, segnano il costituirsi di un necessario dibattito attorno al tema dell’abitare; e proprio questa fiera è uno degli eventi catalizzatori tra le spinte artistiche, la cultura del progetto d’avanguardia e la realtà commerciale e produttiva italiana, artigianale e industriale (Frescaroli Lecce 2018, 418). La mostra pilota avrà vita breve: consterà di sole quattro edizioni biennali svoltesi a Genova (1966), Torino (1968, 1972) e Milano (1970).

Nella primavera del 1968, si tiene a Torino “Eurodomus 2. Mostra pilota della casa moderna”, per la cura di Gio Ponti con Gianni Mazzocchi, Cesare M. Casati, Emanuele Ponzio e Gianni Ratto. È in questo frangente che Ponti ha l’occasione di esporre le sue ricerche su una nuova forma di città che sia capace di integrare i propri elementi costitutivi, quelli integrativi delle abitazioni, in modo omogeneo nel tessuto urbano secondo innovativi schemi funzionali. L’automobile, “moderno straordinario caratterizzatore del traffico”, favorisce i ragionamenti verso un nuovo concetto di strada: non più un problema, non più mero collegamento, la strada si fa strumento di disegno urbano, diventando parte essenziale del lessico di creazione della città moderna; l’automobile, in questo senso, è un tema da sviluppare in modo sinergico con le forme del territorio. La scritta/manifesto “per una espressione globale degli elementi di una urbanizzazione moderna – strade moderne – traffico moderno – architettura moderna – arredamento moderno” corona il padiglione di “Domus” e “Quattroruote” che si trova nel cortile d’ingresso alla fiera, dove sono esposte otto tavole illuminate puntualmente da un faretto e un modello a scala urbana, una proposta “per un rapporto moderno fra strade, veicoli, abitazioni”, che esemplifica chiaramente il progetto di Ponti (Ponti 1968b, 5-6) [Fig. 1].

2 | Gio Ponti, Autilia, planimetria, retini su lucido, scala 1:5000, 1967. Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma, Sezione Progetto, fondo Gio Ponti, B049523S.

Un unico pannello di dimensione 113x178 cm realizza il modello di questo insediamento urbano innestato attorno a uno svincolo autostradale: lo schema a quadrifoglio, tipico dei raccordi autostradali, è superato in favore di una strada a scorrimento veloce, nelle sue parole “una arteria ‘aperta’ maggiore – che si dirama dalla metropoli e si spinge in spazi aperti delle campagne, e vi porta i servizi rapidi automobilistici collettivi”, che attraversa la città ed è sovrappassata da “un’arteria minore trasversale”.

Lo svincolo che porta alla città si ramifica in strade a senso unico che ne dividono l’impianto in insulae; scavalcano queste strade carrabili sottili passerelle pedonali che collegano le insulae e le loro reti di sentieri interni, superando il problema degli incroci mortali fra pedone e auto. A questo proposito, è dell’estate 1968 la campagna del Ministero dei Lavori Pubblici sulla sicurezza stradale, illustrata da Sergio Ruffolo, che riporta slogan quali “Attenzione! Il 62% degli incidenti si verifica agli incroci: quasi tutti per motivi di precedenza”, o “Pedoni! Ricordate che i conducenti devono avere il tempo di darvi la precedenza sui passaggi zebrati”. Con il sistema proposto per Autilia, Ponti elimina il concetto di intersezione tra strade: il traffico pedonale e quello automobilistico sono finalmente separati.

Ognuno di questi brani di città è progettato per poter essere autonomo ed è quindi dotato dei propri servizi, tra i quali scuole, aree verdi, edifici alti con “una veduta illimitata, all’infinito; cosa stupenda”). Ogni insula, come si evince dalle tavole che accompagnano il modello, ha il proprio asilo (A), i propri campi da gioco (SP) e sportivi, i propri servizi; gli edifici residenziali, a pianta triangolare che possono ospitare 60 famiglie, sono a gruppi di tre/quattro per insula e sorgono accanto alle strade, ben collegati a parcheggi coperti (PC), scuole nido (N), orti (O). Il centro città è una piazza-belvedere che si eleva su una piastra di parcheggi pubblici e da cui si ha “la più bella veduta naturale del paesaggio moderno” (Ponti 1968, allegato) [Fig. 2].

I materiali che Ponti utilizza per questo modello sono di varia natura: cartone e legno impiallacciato dipinto di verde per le insule e le curve di livello; legno dipinto di bianco per i grattacieli triangolari; cartone per la piazza/piastra, gli altri edifici bassi e le passerelle pedonali che collegano le insulae; il verde urbano è reso con il muschio. Particolare attenzione merita il trattamento materico delle vie carrabili: il modello era in origine illuminato internamente, pertanto il manto stradale è reso mediante un sottile strato di plastica traslucida. La luce è usata anche per il modello del Denver Art Museum, attualmente esposto al MAXXI con un sistema a LED che sostituisce l’originaria lampada a incandescenza, perché “nella mente è presente una nuova evoluzione dell’architettura stessa che per virtù della elettricità, trasformerà l’aspetto notturno delle città, e creerà nuove fantastiche architetture” (Ponti [1957] 2008, 211).

3 | Gio Ponti, Modello di Autilia. “Domus” 461 (aprile 1968).

Autilia, la città moderna, è il manifesto di una città che deriva dalle infrastrutture come risultato diretto del rapporto “disegno del tracciato-velocità di progetto” e “fluidità del traffico-caratteri dello spazio urbano”, descritta attraverso schizzi colorati su lucido, disegnata su una griglia e raccontata attraverso schemi di incroci e di tempo con collage e calcoli. Autilia è dunque uno studio pioneristico che mette al centro del progetto urbano e architettonico della città la strada delle automobili; sorge in uno spazio generato dall’infrastruttura – le aree comprese tra gli svincoli autostradali – altrimenti di scarto, ed è replicabile in qualsiasi punto della rete autostradale italiana. Questa geometria propone una nuova idea di densità urbana a partire da quello che Ponti definisce il “trinomio moderno strada-traffico automobilistico-abitazione” fondato sul flusso di traffico continuo, sulla prossimità tra abitazione e strade veloci e sull’estensione del concetto di strada da oggetto funzionale a soggetto promotore della forma urbana.

Le insulae pontiane riscrivono la morfologia della città e nel contempo diventano parte integrante del codice della strada; le strade non frazionano più la città ma assumono il nuovo ruolo di operatori compositivi, demandando alle loro forme, alle giaciture, alle gerarchie e agli orientamenti la configurazione dei dispositivi di organizzazione della velocità e della sicurezza.

Ponti sviluppa il progetto per questo nuovo modello di città nel biennio 1967-1969, contestualmente allo studio di grattacieli a pianta triangolare che vengono inscritti nel nuovo palinsesto urbano: il progetto lascia un corpus di disegni e modelli, tutti coloratissimi, che esplicitano in pianta l’organizzazione funzionale degli spazi e in alzato una grande varietà di soluzioni formali.

Colorado Dream, sogno colorato

Di nuovo a Torino, tra il 18 e il 28 maggio 1972, si tiene la quarta e ultima edizione di “Eurodomus”. Sotto il motto “il mondo cambia la vita cambia la città cambia la casa cambia”, Ponti firma il prototipo di una “casa versatile”, capace di adattarsi ai ritmi veloci della vita moderna eliminando ogni spreco di spazio attraverso la razionalizzazione e l’accentramento dei servizi e l’uso di pareti a soffietto che consentano la totale trasformabilità e libertà compositiva degli spazi.

Ponti continua qui le ricerche per la “casa adatta” – inaugurate due anni prima in occasione della terza edizione milanese di “Eurodomus” – quando aveva proposto un alloggio ad ambienti integrati, delimitati da pareti pieghevoli completamente apribili, in grado di articolare lo spazio riducendo i disimpegni e abolendo i corridoi, e proseguite nel 1971 alla mostra “Nuove immagini della casa” tenutasi a Torino: esperienze, queste, foriere di un nuovo modo di pensare l’abitazione, versatile perché in grado di adattarsi alle esigenze degli abitanti nella logica del “maggior spazio godibile in minor superficie” (Ponti 1970a, 17-19; Ponti 1970b, 22; Ponti 1971, 34).

Il CSAC conserva due cartelle con i documenti del progetto elaborato da Ponti nei primi anni Settanta attorno al tema della “casa adatta” finalizzate alla realizzazione del prototipo dell’unità abitativa per “Eurodomus 4”. Questa produzione conta materiali estremamente eterogenei tra loro: diversi lucidi, serigrafie e collage descrivono le ricerche formali dell’architetto per l’apparato decorativo del padiglione; due album raccolgono studi dimensionali sugli appartamenti da lui proposti, dalle cui piante flessibili riverbera la totale libertà di composizione delle aperture in facciata; alcune tavole riassumono e spiegano in modo didascalico il progetto di Ponti per edifici multipiano di tipo “due elle” – “una di struttura muraria continua con la linea degli impianti e servizi accentrati, senza sprechi di superficie, lasciando massimo agio allo spazio di godimento della vita, l’altra, ‘l’elle aperta’, con le finestre allineate aperte sul mondo”. C’è poi un dattiloscritto su carta dorata che riporta questo testo:

Nessuna cosa fu creata che non fosse sognata.
Nessuna cosa fu sognata che non fosse poi avverata.
I sogni son segni ed io credo nei sogni.
Questo plastico è un sogno immaginario (tutti lo sono) d’una città immaginaria sul Colorado fiume senza colore che sogna il Colore, e Stato fra gli Uniti che sogna un colore per il suo fiume. Il Colorado è una terra di sognatori, Denver, la capitale, sognò un bellissimo Museo, ed i denverians l’ebbero; Colorado Spring, la seconda città sognò la primavera, e gli springers l’ebbero, perenne; la terza città da un piccolo delizioso old village di “silver roof” i tetti d’argento lungo il Color (stranamente si chiamava così) crebbe a città, e sognò quel che le mancava, il Colore, e si chiamò Colorado Dream, sogno colorato, ed eccola come è ora, colorata essa, colorato il fiume che la attraversa sopra i ponti, sotto lunghissime gallerie acquee, e l’attiguo Lake Colorado.
L’architettura è fatta per guardarla, guardate il vecchio village a sinistra e gli alberghi di fronte, discutibili, ottocenteschi, i bellissimi grattacieli colorati che precorrono, quelli che verranno, e infine i più grandi e sottili come lame.
Vi dirò la mia profezia dell’Italia dipinta.
g.p.

Il documento non entrerà in alcun modo nei materiali e nella letteratura prodotta attorno alla mostra, rimanendo soltanto traccia preziosa d’archivio; ma si tratta di un testo importante poiché introduce al modello in quattro parti accolto all’interno del padiglione di Ponti per questa “Eurodomus”.

Il “grande plastico per la ‘città in colore’ di Colorado Dream in USA” (Ponti 1972b, 51) è la maquette di un insediamento urbano costruito attorno a un corso d’acqua, caratterizzato dalla presenza di un nucleo abitativo in uno spazio verde che ospita anche stecche di edifici produttivi e terziario; dominano un lato del plastico alcuni edifici alti, che si distinguono dal contesto per vivacità di colori e ardore delle forme.

Non deve destare sorpresa il nome di questo modello, poiché è degli stessi anni il progetto per il Denver Art Museum (1966-1971), che Ponti progetta con Jim Sudler e Joal Cronenwett e la consulenza di Otto Bach, direttore del museo. È ipotizzabile, e Ponti stesso lo sostiene, che questa città immaginaria, colorata, che si specchia sul fiume Colorado derivi dai paesaggi del nord America che Ponti ha visto; come per il museo, l’architetto inserisce edifici moderni in un contesto tradizionale ma dinamico, quello americano, figurando le stesse soluzioni avveniristiche anche per l’Italia.

4 | Studio Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Alberto Rosselli, Colorado Dream (1971-1972): foto del modello in costruzione e modello finito. Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti, fondo Giorgio Casali, inv. 184_46306c, 046306-004, 046306-001.

Il modello è costituito da quattro pannelli dalle dimensioni di 62x95 cm, per una superficie totale di 124x190 cm; tavole di truciolato compresso dipinte di bianco e semplicemente giustapposte realizzano la base su cui si snoda un corso d’acqua, reso in acetato di diverse tonalità di blu, traversato da un ponte. Lungo le sue sponde, su alcuni strati di polistirolo, trova posto una città organizzata in tre nuclei: una parte residenziale di case basse in polistirolo rivestito di carta e acetato colorati e tetti a falda in cartoncino grigio, disposte a formare una sorta di cortina edilizia lungo il corso d’acqua e il bordo del modello e realizzando, in questo modo, uno spazio verde che si sviluppa parallelo all’acqua; una parte a vocazione turistica, con alcuni edifici in cartone rivestito di carta colorata, nelle parole di Ponti “alberghi discutibili, ottocenteschi”, con verde sulle coperture piane e aggetti che cercano di conferire un qualche dinamismo alle facciate, che affacciano su una piccola darsena ricavata da uno specchio d’acqua; infine, una parte moderna, dalle tinte brillanti, fatta di sei grattacieli a pianta triangolare, coloratissimi (“tutto sarà coloratissimo”, appuntava l’architetto) e una piastra in polistirolo rivestito da cartoncino argentato su cui sono impostati tre edifici dalla pianta a sviluppo longitudinale [Fig. 4].

Questo plastico, come riporta il pieghevole di presentazione del padiglione, è dedicato “alla Ceramica Pozzi ed a tutta l’industria italiana delle vernici ed ai ‘libri del colore’ dell’Edilclub” e vuole affiancarsi “alle ispirazioni dei ‘verniciai’ italiani di ringiovanire intere contrade delle nostre città”. Colorado Dream è il sogno di Ponti della città dipinta, dell’Italia che rinasce nel colore, perché, riportando una frase di Gropius del 1959:

Forse l’Italia è destinata a chiarire su quali fattori della vita moderna dobbiamo fondarci per recuperare il perduto senso della bellezza e promuovere nell’era industrializzata una nuova unità culturale.

E soprattutto, aggiunge Ponti, in questo momento così cruciale per la cultura italiana.

Il Fondo Casali riporta come titolo dell’unità archivistica che raccoglie il materiale fotografico di questa maquette “Modello d'insieme del progetto di concorso per il centro direzionale di Monaco di Baviera”: l’incrocio delle fonti provenienti dai due archivi ha permesso di individuare, mediante una lettura trasversale di questo modello, il riuso di un plastico per una variante del progetto “October Zentrum. Progetto di concorso per il centro direzionale di Monaco di Baviera” dello Studio Ponti-Fornaroli-Rosselli, datato al 1970. Il centro direzionale, nel progetto, insiste su un lotto trapezoidale compreso tra Prielmaierstrasse e Elisenstrasse: una gradinata a tre rampe porta a una piastra/terrazza giardino a quota 12 m, sulla quale sono impostati, in questa versione, un albergo, un edificio a impianto centrale tondo – la rampa per i parcheggi – e due torri, che Ponti battezza Hansel e Gretel. La piastra ospita negozi nei tre piani fuori terra e parcheggi interrati nei due piani ipogei. Nella città colorata di Ponti, il modello affaccia parzialmente sull’ansa del fiume che si snoda tra gli edifici; inoltre, la piastra sembra aver perso le funzioni che aveva nel progetto originario, circondata su tre lati dal verde.

In aggiunta, come descritto sopra, Colorado Dream include anche sei esemplari del progetto per grattacieli a pianta triangolare del biennio 1967-1968, già presenti nella maquette per Autilia alla seconda “Eurodomus”.

Per concludere: questioni aperte

Si sono proposti qui solo alcuni parziali esiti alle ricerche condotte sulle maquette di Ponti: sono studi in corso, dai quali emerge con chiarezza l’importanza dei modelli architettonici nella produzione pontiana per il recupero della memoria sull’architetto. Accanto a maquette spesso esposte in mostre nazionali e internazionali – fra i vari esempi, la Concattedrale della Gran Madre di Dio a Taranto con il dettaglio della Vela e il Ciborio di Oropa, o l’automobile della Linea Diamante, o ancora il modello dell’Esposizione Internazionale del Lavoro (Torino 1961) – ne sono conservate molte inedite, riferite – o riferibili – a progetti più o meno noti. Qual è, però, l’uso del modello nell’opera di Ponti? Si tratta di modelli realizzati a fini di studio – tesi a verificare ipotesi e a inquadrare il progetto a un determinato stato di avanzamento – o a fini espositivi? E cosa significa esporre un modello di studio? Si delinea l’urgenza di approfondire l’analisi e lo studio delle sue maquette, fondamentali per ricostruire la genesi del suo fare progettuale e per restituire una visione quanto più possibile integrale sul modus operandi dell’architetto.

Fonti
  • Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma, Sezione Progetto.
  • Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti, fondo Giorgio Casali.
Riferimenti bibliografici
  • Aymonino 1996
    A. Aymonino, L’avanguardia incompiuta: utopia, infrastruttura e territorio nei progetti italiani della “nuova (grande) dimensione” 1959-1977, “Architettura Intersezioni” 3 (1996), 98-103.
  • Eurodomus 2. Mostra pilota della casa moderna ispirata dalla rivista “Domus”, catalogo della mostra, palazzo Torino Esposizioni, Torino 22 marzo-8 aprile 1968.
  • Eurodomus 4. Mostra pilota della casa moderna ispirata dalla rivista “Domus”, catalogo della mostra, palazzo Torino Esposizioni, Torino 18-28 maggio 1972.
  • Frescaroli Lecce 2017
    L. Frescaroli, C. Lecce, Eurodomus 1966-1972. Una mostra pilota per la storia degli allestimenti italiani, Atti del convegno internazionale “Esposizioni” a cura di F. Castellani, F. Gallo, V. Strukelj, F. Zanella, S. Zuliani, Parma, 27-28 gennaio 2017, 418-430.
  • Feraboli 2019
    M.T. Feraboli, Tipica-esatta-adatta, in M. Casciato, F. Irace (a cura di), Gio Ponti. Amare l’architettura, Roma 2019, 72-79.
  • Miodini 2001
    L. Miodini, Gio Ponti. Gli anni Trenta, Milano 2001.
  • Ponti [1957] 2008
    G. Ponti, Amate l’architettura, Milano [1957] 2008.
  • Ponti 1968a
    G. Ponti, Per un rapporto moderno fra strade, veicoli, abitazioni, “Domus” 461 (aprile 1968), allegato.
  • Ponti 1968b
    G. Ponti, Eurodomus 2, “Domus” 463 (giugno 1968), 5-68.
  • Ponti 1970a
    G. Ponti, La casa adatta, “Domus” 488 (luglio 1970), 17-19.
  • Ponti 1970b
    G. Ponti, Maggior spazio godibile in minor superficie, “Domus” 490 (settembre 1970), 22-30.
  • Ponti 1971
    G. Ponti, Nuove immagini della casa, “Domus” 500 (luglio 1971), 32-34.
  • Ponti 1972a
    G. Ponti, Il mondo cambia la vita cambia la città cambia la casa cambia, pieghevole della “casa adatta” a “Eurodomus 4”, 1972.
  • Ponti 1972b
    G. Ponti, Ricerca d’un nuovo “spazio d’abitazione”, “Domus” 512 (luglio 1972), 51.
  • Redazione 1966
    Redazione di “Domus”, La mostra Eurodomus nella fiera internazionale di Genova, “Domus” 435 (febbraio 1966), allegato.
  • Venudo 2005-2006
    A. Venudo, Spessori, codici, interfacce. Architetture della strada, tesi del XIX ciclo del Dottorato di ricerca in Progettazione architettonica e urbana, Università degli Studi di Trieste, 2005-2006.
English abstract

Between the Sixties and the Seventies, “Domus” promotes “Eurodomus”, a series of trade fair initiatives aiming to represent the variety and richness of modern Italian qualified productions worldwide, and presenting the results of studies and research by Italian and foreign designers. In 1968, at “Eurodomus 2” Ponti has the opportunity to exhibit his research on a new form of city capable of integrating its constituent elements homogeneously in the urban structure according to innovative functional schemes. Autilia is a pioneering city whose urban and architectural project rises from the automobile road, in the areas between the motorway junctions – otherwise waste spaces – and can be replicated at any point on the Italian motorway network.
Four years later a “large model for the ‘city in color’ of Colorado Dream in the USA” is dispayed at “Eurodomus 4”: the model represents an urban settlement built around a watercourse, characterized by the presence of a residential unit in a green space which also houses productive and tertiary buildings, and tall buildings standing out from the context for the liveliness of colors and forms, projected by Ponti, Fornaroli and Rosselli.
This essay seeks to trace a connection on Ponti’s model production with these two models as a starting point.

keywords | Eurodomus; Autilia; Colorado Dream; architectural model.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio.
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo / To cite this article: Anna Ghiraldini, Autilia e Colorado Dream. Due modelli di città alla “Eurodomus” 2 (Milano 1968) ed “Eurodomus 4” (Torino 1972). Note di ricerche in corso, “La Rivista di Engramma” n. 175, settembre 2020, pp. 183-194 | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.175.0013