"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

200 | marzo 2023

97888948401

San Giovanni Battista, l’eroe solare signore delle acque

Un’ipotesi tassonomica

Franco Cardini

English abstract

1 | Pontormo, Visitazione, olio su tavola, 1528-1530, Carmignano, Propositura dei Santi Michele e Francesco.
2 | Bill Viola, The Greeting, Video and sound installation, 1995, 10 min. 22 sec.

“E domani è San Giovanni, / fratel caro; è San Giovanni. / Su la Plaia me ne vo’ gire, / per vedere il capo mozzo / dentro il Sole, all’apparire, / per veder nel piatto d’oro / tutto il sangue ribollire”.

Nella Scena Prima dell’Atto Primo della più celebre – e forse la più bella – delle insopportabili tragedie di Gabriele D’Annunzio, La Figlia di Iorio, scritta e rappresentata nel 1904, così Ornella formula nel mattino della vigilia del 24 giugno il proposito di ascendere l’alta cima vicina per assistere al prodigio che si ripete ogni anno, all’alba del giorno solstiziale. In quel giorno Ornella, una delle sorelle del pastore Aligi che sta per convolare a nozze, ripete il proposito di abbigliarsi interamente di verde in onore del santo – “Tutta di verde mi voglio vestire – tutta di verde per santo Giovanni” – che forse l’ha fatta innamorare in primavera di qualche giovane vestito magari a sua volta del verde primaverile dei cavalieri novelli: “…ché in mezzo al verde mi venne a fedire”. 

In questa prodigiosa festa di riti e di simboli folklorici veri e falsi torrenzialmente evocati dall’Imaginifico, trionfano quelli archetipici del Sole, del Sangue e della Testa mozzata: tre simboli che in modo differente richiamano all’elemento empedocleo del Fuoco: ma di un Fuoco già minacciato dall’Acqua del segno del Cancro, caldo e umido. 

Chi scrive sta seguendo da tempo la questione del rapporto tra alcuni simboli archetipici – nell’accezione tanto lévi-straussiana quanto junghiana quanto eliadiana – e la loro dimensione storico-antropologica che, senza lasciarsi troppo tentare dai seducenti fantasmi delle analogie comparativistiche, non può nemmeno finger di non rilevare la loro talvolta imponente presenza. A ciò mi era già capitato di lavorare alcuni decenni or sono intorno a un saggio di carattere agiografico-folklorico, La festa di San Giovanni e le acque in Italia, pubblicato nel 1990: e a Giovanni il Battista – il Precursore, quel Prodromos che nella tradizione iconica bizantina è raffigurato come provvisto di due grandi ali che lo rendono molto simile all’immagine di Chronos sono incidentalmente tornato studiando, nella monografia dedicata a Samarcanda del 2016, le analogie presenti nelle leggende martirologiche di san Miniato a Firenze, di San Dioniso o Dionisio (Saint-Denis) a Parigi e dello shahid (cioè martyr) Qusam ibn al-Abbas, nipote del rasul Allah Muhammad a Samarcanda: tre storie di martiri per decapitazione e di altrettante miracolose cefaloforie che presentano impressionanti analogie formali (sul tema del santi celafori ho pubblicato nel 2017 un contributo in “Engramma” 150).

Ma limitiamoci in questa sede a Giovanni il Battista, il cui carattere solare viene sottolineato dalla data quasi esattamente solstiziale del suo martirio, il 24 giugno e da un’alta quantità di elementi iconici: come il grande piatto cerimoniale conservato nella cattedrale di San Lorenzo a Genova, occupato al centro da una splendida immagine della testa decollata del Battista. Si è dinanzi a una perfetta rappresentazione di quel che sarebbe poi stato descritto nei versi dannunziani, che molto probabilmente vi si ispirarono.

Ma al Precursore è lecito avvicinarsi secondo due metodi esegetico-narrativi: quello evangelico, che tenga esclusivamente presente la vicenda del personaggio quale si presenta nella tradizione testuale evangelica – e sulla “storicità” della quale, con i relativi limiti, si continua da molto tempo a discutere –, e quello tout court storico. Esili e molto generici i punti di contatto tra questi due ambiti.

Il Giovanni dei Vangeli, profeta annunziatore del Cristo e fustigatore dei costumi, ci è ben noto. Sappiamo che, ancora nel grembo della madre – Elisabetta cugina di Maria – sobbalza di esultazione allorché nel villeggio di Ein Kerem tra le montagne della Giudea, dove Elisabetta viveva, la Vergine venne a visitare la cugina. Lo troviamo poi lungo il Giordano, presso il luogo nel quale il fiume s’immette nelle acque del Mar Morto, dove egli impartisce a Gesù il battesimo. E infine lo troviamo sulla costa sudorientale di quel medesimo lago, nella fortezza di Macheronte costruita da Erode III il Grande per godere delle fonti d’acqua calda delle terme di Calliroe sul versante di sud-est del medesimo “Mare di Sale”, dove tradizionalmente a Giovanni venne mozzata la testa per ordine di Erode IV Antipa, pieno di superstiziosa paura nei confronti del Profeta ma sedotto dalla danza della giovinetta Salomè.

Su questo Giovanni e sulla sua testa si addensano le tradizioni e le leggende in campo tanto cristiano quanto musulmano, ma non si può propriamente dire che egli sia il Giovanni della storia. Quest’ultimo, per paradossale che ciò possa sembrare, è quello più concretamente presente nella vita e nelle tradizioni dei fedeli: si può pertanto sostenere che il Giovanni storico coincide non col personaggio del I secolo brevemente evocato nelle fonti evangeliche bensì con quello agiografico-santorale; e non è quindi nato alla fine del I secolo a.C., bensì principalmente intorno al VI secolo.

Intendiamoci: non che un culto giovanneo non vi fosse anche prima. C’era, era forte e con esso erano nati anche i primi elementi sulla strada dell’acculturazione dei culti delle acque, al Battista come vedremo connessi. Ma un approccio a quest’ordine di problemi richiede anzitutto una prospettiva storico-astronomica. Suo protagonista è il 24 giugno: una data grosso modo solstiziale, per quanto tra riforme calendariali, errori di computo e così via, il solstizio - come tutte le grandi date di riferimento cosmico – abbia finito col riferirsi a una fascia, a un gruppo di giorni, piuttosto che non a un solo giorno: e lo stesso accade per gli equinozi. Non a caso infatti i sistemi religiosi o mitico-religiosi che ci interessano, e che hanno tutti una sensibilità particolare per i quattro momenti fondamentali dell’intersezione tra la linea dell’equatore e le aree celesti, e cioè i due solstizi e i due equinozi, situano in questi quattro punti cardinali della nostra geografia astrale, ma anche temporale, gruppi di feste che solitamente durano più di un giorno: anzi durano in generale un certo numero di giorni. Le feste ‘solstiziali’ natalizie cominciano in realtà all’inizio dell’ultima decade di dicembre e vanno avanti fino a dopo quella che per noi è l’Epifania, mentre in molte chiese orientali il 6 gennaio è la vera festa della Natività del Cristo.

Le feste ‘solstiziali’ estive comprendono in generale una buona parte dell’ultima decade di giugno, periodo del solstizio d’estate: le feste dell’equinozio di primavera coincidono per i cristiani con le festività pasquali. Siamo in un’area di feste di una certa lunga durata: anzi questa, molto moderna, della festa che coincide con un giorno solo, è un’idea che il mondo preindustriale non era uso praticare: è vero che esiste sempre tuttavia un giorno che è il vero momento centrale di una certa celebrazione festiva. E allora ecco il discorso formale portante: quello delle feste legate ai grandi momenti astronomici dell’anno, solstizi ed equinozi. Nel nostro caso il solstizio d’estate. L’antropologia potrebbe guidarci a un esame formale dell’evento; la storia consiglia evidentemente un altro tipo di esame.

Cerchiamo di percorrere rapidamente entrambi i percorsi. Dal punto di vista morfologico siamo davanti a una festa che collega molto strettamente due elementi che sentiamo come antitetici ma che in realtà, più che antitetici, sono al solito complementari: gli elementi base dell’acqua e del fuoco. Nelle feste solstiziali, nella nostra cultura mediterraneo-europea (e si potrebbero fare collegamenti anche con altri tipi di culture), il solstizio d’estate è sentito fondamentalmente come un momento pericoloso; tali sono sempre i solstizi. Essi sono sempre le porte attraverso le quali l’universo entra e grava sul mondo dei viventi; sono anche le porte attraverso le quali il mondo dei viventi comunica in maniera particolare con l’ordine cosmico. Non insisterò in maniera troppo noiosa su cose che poi molti di voi conoscono già bene perché si ridicono sempre a proposito dei solstizi, visto che ho avuto la malaugurata idea di pronunziare la parola porta, lo Yâna indoeuropeo inteso come ‘via’, quindi ‘accesso’. Il rapporto fra i due Giovanni comporta una duplice figura, sulla quale – non al livello teologico, bensì a quello popolare e talvolta anche a quello liturgico – regna una certa confusione; e sovente protagonista di questi casi è l’accostamento.

Da tutto ciò è emersa nel passaggio tra mondo pagano e mondo cristiano la figura di un Signore del Limite, frequente in più contesti specie in quel IV secolo a lungo dominato da culti misterici o comunque ispirati a una qualche forma di monoteismo soterico di tipo solare non troppo diverso a livello morfologico dal cristianesimo. Perciò il passaggio dell’universo cultuale ufficiale dal culto del Sol comes invictus, al Cristo soterico, al Cristo salvatore, non fu affatto traumatico. E al riguardo due grandi studiosi, Arnaldo Momigliano e Franz Altheim, hanno scritto cose che restano fondamentali. Dal punto di vista simbologico e formale – diverso discorso merita quello intimo e religioso – la “rivoluzione cristiana” non fu poi tanto rivoluzionaria: al contrario, l’impero si cristianizzò quando i tempi erano maturi e non un attimo prima, e quindi scelse non la via più rivoluzionaria ma quella, più ovvia, della consuetudine istituzionale.

Dal punto di vista morfologico siamo quindi anche nel caso giovanneo in presenza di un culto solstiziale, segnato dalla compresenza del due elementi dell’acqua e del fuoco i quali, nell’armonia cosmologica zodiacale, che bisogna tener presente in questo caso, tornano di continuo: l’emisfero zodiacale aperto col capricorno e quindi l’universo zodiacale aperto dal solstizio d’inverno, dove il sole prevale perché le giornate si allungano e pertanto l’elemento solare diventa sempre più forte (con una interessante connotazione – fondamentale per il cristianesimo: o meglio, per la cristianizzazione – il nascere e il crescere del sole bambino) va contrapposto invece al solstizio estivo, in cui il sole entra nella costellazione del cancro che è sede del luminare notturno, la luna e l’universo zodiacale relativo è dominato dall’acqua mentre la forza e il calore solari decrescono.

A questo punto il nostro discorso si può chiudere con un paio d’osservazioni riguardanti il racconto evangelico e il rapporto fra esso e l’assetto sidereo dell’universo. La geografia astrale dell’anno liturgico è nota. Gesù nasce in un certo punto dell’anno, quindi viene concepito in un altro punto, precedente di nove mesi. Maria, appena ricevuto l’annunzio dell’angelo, si è sentita pregna: si è recata a render visita alla parente Elisabetta, la quale ha più esperienza di lei e attende da sei mesi un figlio. Ed ecco il famoso viaggio di Maria sulle montagne della Giudea, ad Ain Karem, il riconoscimento da parte non solo di Elisabetta, ma anche del bambino che essa aspetta e che le sobbalza in seno: tutte quelle cose che racconta Luca nella pagina che poi culmina con il Magnificat.

Se le due gravidanze si sono sviluppate fisiologicamente normali, il Battista è più anziano di Gesù di circa sei mesi. Una volta incardinato il momento della nascita del Cristo al solstizio d’inverno, tutto il resto viene di conseguenza; e vi accorgete che non sono soltanto i solstizi a questo punto chiamati in causa, bensì veramente i quattro momenti cosmico-geografici basilari dell’assetto tradizionale dell’universo: che non corrisponde a quello che noi sappiamo essere quello reale, ma la cosa non ha una grande importanza nel nostro contesto: una volta fissata la nascita di Gesù al solstizio d’inverno, viene immediatamente necessario sulla base di San Luca fissare al solstizio d’estate, sei mesi prima, la nascita del Battista; ed è importante che questi sia in tutto un precursore di Gesù, anche dal punto di vista dell’anzianità, della nascita: il famoso versetto del Vangelo “Egli deve crescere ed Io devo calare” è stato interpretato anche dai Padri della Chiesa con un valore precisamente astrale. È il sole d’estate che parla così del sole d’inverno. Naturalmente per il cristianesimo ciò non ha nessun significato di carattere astrale: è soltanto una metafora della realtà storica avvenuta con l’incarnazione. Detto questo però non bisogna dimenticare che il cristianesimo si è modellato su una quantità di esperienze misterico-soteriche di carattere astrale, a cominciare da quella del Sol comes: quindi evidentemente l’importanza dell’elemento solare era e resta centrale. I Padri della Chiesa ci ricordano sempre che si tratta di una metafora.

Giovanni il Battista figura solare, quindi: ma un “sole” Signore delle Acque, fondatore del battesimo e precursore di Colui che battezzerà in Spirito e Verità. Che a questa figura solare si dedicassero templi la protagonista dei quali era l’acqua, e che sul piano propriamente strutturali derivavano pertanto dai ninfei, è pertanto cosa profondamente radicata in questa tradizione.

Nota

Questo contributo è stato concepito come sintesi e aggiornamento dei temi e delle argomentazioni presenti in alcuni contributi che ho pubblicato nel corso di tre decenni: F. Cardini, La festa di San Giovanni e le acque in Italia, Padova 1990; F. Cardini, Samarcanda. Un sogno color turchese, Bologna 2016; F. Cardini, Teste tagliate e santi cefalofori tra Cristianesimo e Islam, “La Rivista di Engramma, n. 150, ottobre 2017, pp. 261-267.

English abstract

In this text, the author explores the relationship between archetypal symbols and their historical-anthropological dimensions. He discusses the celebration of Saint John's Day, which is described in Gabriele D'Annunzio’s play “La Figlia di Iorio”. The protagonist, Ornella, intends to climb a nearby mountain on the day of the summer solstice to witness the annual sunrise phenomenon. The festivity involves a plethora of folklore and symbolic representations, but the most prominent ones are the sun, blood, and a severed head. These symbols allude to the Empedoclean element of fire, which is threatened by the water of the sign of Cancer. The author draws attention to Saint John the Baptist, whose solar character is emphasized by the date of his martyrdom, which is almost exactly the summer solstice. The article suggests that there are two methods for approaching the figure of Saint John the Baptist: the evangelical and the historical. The former focuses exclusively on the character as he appears in the Gospel texts, while the latter considers historical and cultural contexts.
**This English abstract was written by ChatGPT and strictly unedited by the editors of this issue.

keywords | Saint John the Baptist; Solstice; Sol invictus.

Per citare questo articolo / To cite this article: F.Cardini, San Giovanni Battista, l’eroe signore delle acque. Un’ipotesi tassonomica ”La rivista di Engramma” n.200, vol.1, marzo 2023, pp. 177-182 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.200.0044