"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

200 | marzo 2023

97888948401

I luoghi delle feste, dall’architettura alla città

Michele Caja

English abstract

1 | Architects Fowke & Scott, Albert Hall, Londra 1867-71 (da Hilberseimer [1931] 1998).

Il luogo dove si svolgono feste, festività o celebrazioni di varia natura cambia nel corso del tempo, a seconda della natura e del carattere dell’occasione. Da un punto di vista tipologico, i luoghi deputati alle feste nascono all’interno dell’ambiente privato di case, ville e palazzi. Sale, saloni, stanze a tema vengono in occasioni particolari destinate ad accogliere e ospitare ricevimenti, balli e attività ludiche di vario genere. Sarà da qui che lentamente lo spazio destinato a tali attività si individualizza sino a divenire luogo specializzato. Così come la tipologia museale trae origine già in epoca rinascimentale dalle strette e lunghe gallerie di ville e palazzi, luoghi di raccolta di preziose collezioni private (Prinz 1977), così quella delle sale per le feste deriva dallo sfarzo degli ambienti interni di residenze private.

Nel manuale sugli edifici ad aula, Ludwig Hilberseimer dedica un capitolo alle Stadt- und Festhallen, evidenziando come quest’ultime si caratterizzino da altre tipologie – come le Konzerthallen o le sale teatrali (Hilberseimer 1931, 34 e segg.). La differenza riguarda soprattutto la presenza di un grande spazio vuoto centrale, possibilmente coperto con strutture leggere in grado di ridurre al massimo, se non evitare del tutto, l’uso di pilastri e permettere così la continuità ininterrotta dello spazio utilizzabile. La Albert Hall a Londra o la Jahrhunderthalle di Max Berg a Breslavia rappresentano i primi esempi di tipologie edilizie specificatamente destinate alla celebrazione di feste pubbliche di ogni genere. Sarà qui che si concentreranno in seguito gli sforzi maggiori di architetti e ingegneri per la messa a punto di strutture in grado di dare forma a grandi spazi coperti completamente privi di appoggio. Nella loro sempre più essenziale struttura costruttiva, questi grandi spazi divengono i luoghi ideali per contenere grandi adunate popolari, come rappresentate dal celebre fotomontaggio di Mies van der Rohe per il progetto della Convention Hall a Chicago. Il carattere comune di questi luoghi – dalla dimensione privata dei saloni storici alle grandi aule per manifestazioni pubbliche del Moderno – è la delimitazione di uno spazio interno, che autonomamente si pone rispetto alla città.

Lo spazio urbano rappresenta attraverso la storia un altro luogo deputato a mettere in scena – in questo caso all’esterno – il momento collettivo di una comunità. Sin dall’antico, e soprattutto in epoca rinascimentale, strade, vie e piazze della città storica divengono – in certi momenti dell’anno – luogo di svolgimento di eventi pubblici legati a feste e celebrazioni di varia natura. Dagli ingressi trionfali di celebrità politiche e istituzionali alle più popolari, ma altrettanto coinvolgenti processioni religiose, la città diviene scena fissa di tali manifestazioni. Grazie ad allestimenti provvisori e semplici strutture temporanee, per lo più in legno e materiali tessili, lo spazio fisico della città reale diviene teatro di spettacoli popolari contraddistinti da un carattere vitalistico ed evenemenziale. Si pensi ai portali trionfali d’ingresso localizzati nei punti strategici di accesso alla città in occasione dell’entrata di Carlo V a Firenze (Il potere e lo spazio 1980); o ai semplici pali di legno verniciati eretti con cavi in tensione fissati alle facciate lungo le vie delle processioni dedicate ai santi di molte città campane, come quella ancora oggi praticata di Santa Restituita a Ischia. Dove la moltitudine di aste infisse nel terreno rievoca, secondo Giorgio Grassi, il carattere araldico della costruzione, come “l’apparato scenografico di un campo di giostra allestito per un torneo” (Grassi 1974, 46). La natura provvisoria di queste esili strutture temporanee è sufficiente a conferire un carattere di festosità o rappresentatività a luoghi normalmente destinati alla vita quotidiana dei cittadini.

2 | Hans Hollein, Tenda dei Turchi, Vienna 1983 (da Oechslin 1984).

Come ha ben illustrato Werner Oechslin in un volume dedicato alla Festarchitektur (Oechslin, Buschow 1984, 8 e segg.), queste strutture trasformano lo spazio pubblico della città in scena temporanea atta ad accogliere lo svolgimento di feste e spettacoli. Così come i carri che li percorrono, queste strutture derivano dalle “macchine” sceniche di epoca barocca e da attrezzature mobili impiegate in ambito teatrale, ma estese al campo della città.  Questo carattere scenotecnico dello spazio urbano sarà particolarmente sentito e interpretato dalle diverse tendenze e avanguardie degli anni ’70 del secolo scorso. Dal Teatro del Mondo di Aldo Rossi nella laguna veneziana – ispirato a una Venezia pre-palladiana e sansoviniana, come quella presente nei favolosi quadri del Carpaccio (Rossi 1980, 84) – alle macchine mobili – torri, chioschi e labirinti – che John Hejduk allestisce nello spazio frammentario di una Berlino ancora divisa e irrisolta. O anche, nel contesto viennese, alla semplice pedana in legno con cui Gustav Peichl allestisce la festa in onore della visita pontificia in città, all’interno della scenografica Heldenplatz; piuttosto delle tende di Hans Hollein che celebrano retrospettivamente l’ingresso dei Turchi in città. Tutti esempi che trasformano per un momento la realtà dello spazio urbano in una scenografia dove rappresentare l’eccezionalità di un evento particolare. Con il rischio, ad un certo punto, di trasformare la città in scenografia di sé stessa, come la Strada Novissima ci ha mostrato. Qui la celebrazione autoreferenziale di una comunità specializzata – quella degli architetti della città – viene riproposta all’interno di una scenografia che rievoca in forme ludiche e giocose la realtà multiforme della vita urbana: l’immagine esterna della città si riflette all’interno dell’architettura, come un artificioso gioco di specchi di un provvisorio luna-park (Portoghesi 1980, 9 e segg.).

Riferimenti bibliografici
  • Fattori, Bianchi 1980
    M. Fattori, M. Bianchi, Il potere e lo spazio. La scena del principe, Firenze 1980.
  • Grassi 1974
    G. Grassi, L’architettura come mestiere, in H. Tessenow, Osservazioni elementari sul costruire, a cura di G. Grassi, Milano 1974.
  • Hilberseimer [1931] 1998
    L. Hilberseimer, Hallenbauten. Edifici ad aula [Stadt- und Festhallen, in Hallenbauten, Leipzig 1931], a cura di L. Lanini e A. Maglio, Napoli 1998.
  • Oechslin 1984
    W. Oechslin, Festarchitektur. – Zur Kontinuität und Aktualität eines Kompetenzbereiches der Architektur, in W. Oechslin, A. Buschow, Festarchitektur. Der Architekt als Inszenierungskunstler, Stuttgart 1984.
  • Portoghesi 1980
    P. Portoghesi, La fine del proibizionismo, in P. Portoghesi (a cura di), La presenza del passato, Venezia 1980.
  • Prinz [1977] 1988
    W. Prinz, Die Entstehung der Galerie in Frankreich und Italien, Berlin 1977. Ediz. It.: Galleria. Storia e tipologia di uno spazio architettonico, a cura di C. Cieri Via, Modena 1988.
  • Rossi 1990
    A. Rossi, Autobiografia scientifica, Torino 1990.
English abstract

The place where feasts and celebrations take place changes over time, depending on the nature and character of the occasion. From a typological point of view, feast halls originate within the private sphere of houses, villas, and palaces. Hence the Festhallen typology, which is characterised by the presence of a large empty central space, mostly without bearing supports. The common character of these covered places is the delimitation of an inner space, which stands autonomous with respect to the city.
Urban space represents, on the other hand, another place appointed to stage the collective moment of a community. Since ancient times, the streets, roads, and squares of the historical city have at certain moments become the site of public events of various kinds. Thanks to provisional setups, the physical space of the real city becomes the setting for temporary events, as experienced by the various trends and avant-gardes of the 1970s. Hence installations which transform for a moment the reality of urban space into a stage setting where the exceptionality of a particular event can be represented, running the risk, however, at a certain point, of transforming the city into a scenography of itself.

keywords | Feast hall; Urban space; Scenography.

Per citare questo articolo / To cite this article: M.Caja, I luoghi delle feste, dall’architettura alla città. ”La rivista di Engramma” n.200, vol.1, marzo 2023, pp. 155-158 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.200.0056