"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

O. ZUCCARI (1628)

O. Zuccari, Parallelo tra la Calunnia d'Apelle e del Cavalier Federico Zuccaro, in Idea de' concetti politici, morali e christiani di diversi celebri Autori..., Bologna 1628

Apelle nel quadro della sua calunnia figurò a sedere in una sedia Reale un huomo con gl'orecchi lunghi, che pareva Mida, appresso al quale erano due donne l'una figurata per l'Imprudenza, e l'altra per la Sospettione. Più là discosto da queste vi fece la Calunnia, la quale gli veniva incontro, et era ricevuta da lui con porgerli la destra mano. Era costei tanto bella di viso et ornamenti, che pareva nel Mondo non se potesse trovare una simile, ma era poi altre tanta perversa, e cruda. Portava con la mano sinistra una facella di fuoco accesa, e con l'altra si tirava dietro una fanciulla, che teneva per li capelli, quale haveva disteso le mani al Cielo chiamando in testimonio li Dei. Avanti ad essa andava uno con aspetto crudele, guardatura torta, magro, e macilente di modo che pareva che fosse stato un tempo amalato, e ciascheduno haverebbe pensato, che fosse l'Invidia. Haveva per compagnia due donne. Una era la Fraude, e l'altra il Tradimento. Non molto discosto da queste, ne seguitava un'altra tanto mesta, e tanto male in arnese, che era una meschinità, e questa era la Penitenza. Costei vergognandosi, et essendo però divenuta rossa, teneva gl'occhi bassi, temendo d'una donna grave, et honesta, che veniva doppo lei, qual era la Verità. Così è appunto la Natura della calunnia, la quale essendo guidata, e mossa dall'Invidia, accusa l'Innocente, ma la penitenza la conduce poi a patir le pene della sua malitia.

Il Cavaliere Federico Zuccari fece anch'egli un quadro intitolato la calunnia ad imitatione di questa d'Apelle, ma con pensieri assai differenti, poiché se nella calunnia d'Apelle era a sedere in una sedia Reale un huomo con gl'orecchi lunghi figurato per Mida, nella calunnia del Zuccari si vede il medesimo Mida, non a sedere, ma levato di sedia tutto infuriato, che con un braccio minaccia, e con l'altro fa prova di sciorre il furore, che sta ligato, e effettuarebbe, se da Pallade figurata per la ragione superiore non fosse raffrenato. Seguitava nel Quadro d'Apelle la Calunnia, che accompagnata dall'Imprudenza, e dalla Sospitione, se ne veniva verso il Re Mida, portando in una mano una face accesa, e tirandosi con l'altra un fanciullo, che haveva le mani distesse al Cielo chiamando in testimonio della sua innocenza i Dei. Et in questo del Zuccari si vedono appresso del Re Mida la Calunnia con la face accesa, e l'Insidia, che gli sta all'orecchie persuadendoli quello, che dalla Calunnia gli vien proposto. E se Apelle finse, che la Calunnia si tirasse dietro un fanciullo, che rivolto al Cielo chiamava I Dei in testimonio della sua innocenza, il Zuccaro figurò un Giovane calunniato vestito d'una pelle di Bove, con una ghirlanda d'edera in capo in premio della servitù fatta a quel Signore dalla cui servitù partendosi, come ciò vien dimostrato per li gioghi, e catene rotte, che gli stanno sotto i piedi addita una bellissima donna, che gli va innanzi con un armellino in mano, figurata per l'innocenza sua, et lo fece anco abbracciato da Mercurio, per dinotare che un innocente non vien mai abbandonato dall'aiuto Divino, facendovi per motto: IMPAVIDUM FERIENT. Figurava appresso Apelle uno con aspetto crudele, e guardatura torta, magro, macilente, qual era l'Invidia, et haveva in sua compagnia due donne, una figurata per la Fraude, e l'altra per il Tradimento. Et il Zuccaro nella sua calunnia figurò una donna secca, e nera medesimamente appresso la Calunnia per l'Invidia, et in oltre vi fece vari animalacci, come la volpe, il lupo, il rospo, l'harpia, e simili per donotare la Crudeltà, la Malitia, l'Avaritia, e l'Ingordigia, che regnava ne' ministri del detto Mida, et alla fine vi figurò un mezo huomo, et un mezo serpe, che con un mazzo di vipere percoteva detto Giovane, per la Fraude. E finalmente detto Zuccari, per allegoria della sua muta poesia, pose nel mezzo di detto quadro un quadretto dove è ‘l contadino, che quando pensa raccorre il bramato frutto di tante sue fatiche, se ‘l vede da improvisa tempesta torre, volendo perciò denotare, che quando l'uomo pensa di racorre il dovuto frutto delle sue fatiche il più delle volte gli viene da mala, e perfida linqua levato e tolto.

Ma perché se si considera questo quadro nel primo aspetto, par che tolga l'animo a ciascheduno di affatigarsi virtuosamente, per tanto il Zuccari nel fregio di detto quadro figurò in un ovato di chairo, e scuro un Giovane con un ramo d'oro in mano, figurato per Enea, quando si finge che andasse all'Inferno per il ramo d'oro che denota il desiderio della Virtù; e li sotto finge doi puttini che l'uno chiude all'altro, figurato per la verità, che chiude la bocca alla bugia.

Dipinse appresso nell'ovato di basso il medesimo Giovane con detto ramo in mano, che desiderando salir il monte della Virtù vien travagliato da molti vitii, che l'impediscono, come l'Ignoranza, Lascivia, Lussuria, e simili, figurati per il lupo, asino e porco cigniale, che gli traversano la strade, et impediscono il viaggio, e dall'altra parte del medesimo ovato dipinse il monte della Virtù, con il Tempio dell'istessa Virtù alla cima di esso, et a piedi di quello una strada piana dove stavano molti danzando, e pigliandosi vari piaceri, il fin de' quali era poi di cadere in un gran precipitio. E perché la via della Virtù è molto difficile per tanto finse, che molti che salivano detto monte, quando erano al mazo, o verso la cima di esso, traboccavano al basso, figurando nel medesimo ovato una Nave in alto Mare, combattuta da ferocissimi venti, per denotare quanto sia difficile ai Giovanni di passar la lor gioventù virtuosamente. E perché non si può giungere al Tempio della Virtù senza gran fatiga, però da una parte di detto ovato figurò un Giovane, che abbraccia il bove, e dall'altra uno che rompe un giogio, che tutti dui denotano la fatiga per la quale si auquista la Virtù.

Nel terzo ovato a man sinistra figurò il detto Giovane, che havendo superato tutti i vitii, che lo distoglievano dalla Virtù, già era pervenuto al Tempio della Virtù con farli nella mano destra una palma per segno di vittoria, et nella sinistra un hasta con la quale percote vari mostri, che tiene sotto di i piedi figurati per gl'inimici della Virtù. E perché ad uno che giunga a questo segno non se gli deve altro che laude, per tanto sotto detto ovato figurò doi puttini, che dan fiato alla trombe per le quali vien denotate la fama, e la gloria, che si deve ad un virtuoso.

Ma perché ad uno che arriva a questo segno non resta altro che di godere la pace, e la tranquillità dell'animo di qui è, che il detto Zuccari nel quarto ovato di spora figuro Giunone in un carro tirato da i suoi pavoncini, et il Mar tranquillo con le boccje de' venti senza fiato, e l'Alcioni che fanno I suoi nidi sopra dell'onde Marine. E perché per godere questa felicità, e tranquillità bisogna haver un'animo generosa, et elevato al Cielo, pero a man destra e figurato un Giovane che abbraccia l'Aquila, et il Leone, che rappresentano pensieri alti, e nobili, et a man sinistra figurò Ercole, che doppo d'haver ammazzato d'Idra rimira la pelle, volendo denotare, che alle passioni nostre non si deve dar altr'orecchie, se non per guardarsi da quelle, accio più liberi, e sciolti ce ne possiamo salire al Cielo.

Questo Quadro come in sé è di bellissima inventione, e contiene bellissimi documenti, così fue desiderato da Prencipe, Amatori d'ogni Virtù, che fu l'Eccellentissimo Sig. Don Verginio Orsini, quale di esso volse ornare la sua Sala a Roma nel Palazzo di Monte Giordano, e fu già intagliato da Cornelio, valentissimo intagliatore in Rame, e poi rintagliato da molti altri, se bene per non esservi questa dichiaratione, da pochi è forse inteso quello che in esso si contiene.