"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

224 | maggio 2025

97888948401

“A Roberta lascio il mio archivio …”

Rossella Santolamazza

English abstract

Luca Ronconi e Roberta Carlotto a Radio Tre (1997), ASAC, Archivio Luca Ronconi (Sezione 6 Eventi b.81, fascicolo 1, sf. 1)

Eravamo nella primavera del 2015 quando ha preso avvio quello stretto e proficuo rapporto tra il mio istituto – la Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche – e Roberta Carlotto, già presidente e poi anche direttore del Centro Teatrale Santacristina di Gubbio. Luca Ronconi si era spento da poco a Milano lasciando nella sua residenza di campagna in Umbria – vicina al suo Centro Teatrale – cospicue tracce del suo intenso e sterminato lavoro.

Da allora, insieme con Roberta, abbiamo iniziato a percorrere un lungo cammino, passando per tanti luoghi e coinvolgendo tante persone; un cammino che ci ha fatto scoprire prima, sistemare poi, conoscere e valorizzare infine, un archivio che, costituitosi come sedimentazione inconsapevole di materiale di lavoro e d’uso di un uomo di teatro, si è pian piano trasformato in un più o meno “organico insieme di documenti, e non solo”, grazie all’attenzione, all’interesse e alla tenacia della sua conservatrice e grazie alla cura che noi archivisti siamo soliti dedicare alle nostre amate carte.

Il 16 e 17 dicembre 2021 a Firenze, l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana ci chiamò a raccolta in tanti, provenienti da diversi ambiti disciplinari, professionali e istituzionali, per parlare delle carte d’arte e d’artista e di quel convegno, dal significativo titolo Le Muse in archivio (Mineo et al. 2023) sono stati successivamente, nel 2023, pubblicati gli atti. Nelle conclusioni del volume, nelle sue Note a margine del convegno, Giorgetta Bonfiglio-Dosio (2023), una delle più valenti archiviste italiane, sottolinea come lavorare sulle carte di un artista susciti in chi si accinge a riordinarle, un particolare coinvolgimento intellettuale e scientifico, per la necessità di confrontarsi con del materiale assai poco tradizionale e piuttosto eterogeneo, inusuale e inaspettato, che porta l’archivista a dover rielaborare e reinterpretare le certezze della disciplina e ad affrontare la complessità di ciò che riordina. Lavorare sulle carte d’arte e d’artista – ci ricorda sempre la Bonfiglio-Dosio – suscita anche un profondo coinvolgimento emotivo, che costringe l’archivista a tenere a freno quella passione che tali archivi generano per le loro stesse caratteristiche intrinseche.

Tutti gli archivi di persona sono, in generale, sicuramente sui generis. Sono sempre il prodotto dell’attività di chi, svolgendola, finisce per lasciar traccia di quanto ha fatto. Ma, in realtà, quanto questa sedimentazione documentaria può essere considerata azione consapevole da parte di quello che in archivistica chiamiamo il “soggetto produttore”? Ciò che si è accumulato in armadi, cassetti, cantine, soffitte, librerie, uffici, studi si genera perché si lavora, si pensa, si riflette, si crea, si legge, si scrive, ma non necessariamente resta per l’espressa volontà di chi l’ha prodotto, a beneficio di chi vorrà ricordare. È, questa, una problematica prepotentemente presente in tutti gli archivi di persona, ma ancor di più nelle carte d’arte e d’artista.

Veniamo, allora, al nostro artista e al nostro archivio. “Ho sempre preferito non lasciare traccia” – ripeteva Luca Ronconi – ma “a Roberta lascio il mio archivio…”: ecco già una contraddizione. Nel testamento di Luca Ronconi, conservato in archivio – un testo manoscritto e da lui sottoscritto, datato Milano 25 settembre 2013 – è proprio Roberta Carlotto ad essere individuata ed indicata come colei che avrebbe dovuto raccogliere quelle tracce, non disperderle, che sarebbe dovuta diventare la custode di documenti, foto, libri, oggetti, memoria tangibile della sconfinata produzione artistica, della sua vita professionale ed anche privata.

E chi meglio di lei? Roberta Carlotto, che non è stata sicuramente scelta a caso, ha potuto – con audacia e perseveranza e con il prezioso contributo di Claudia Di Giacomo – assumersi la responsabilità di raccogliere questa eredità, di individuare le strutture e le persone che potessero trovare un luogo per accogliere non solo tutto quello che Luca Ronconi aveva lasciato nella sua casa umbra, ma anche quanto si trovava al Piccolo Teatro di Milano, dove stava ancora lavorando fino a pochi giorni prima della sua morte.

Per due anni – dal 2015 ad aprile 2017 – è stata l’allora Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche, ad aprire le sue porte per avviare e concludere il riordinamento e l’inventariazione del materiale ronconiano, di cui mi sono occupata personalmente. Poi per cinque anni, fino all’inizio del 2022, sempre per conto del Ministero della cultura, è stato l’Archivio di Stato di Perugia a garantirne la conservazione. Infine, dal 2022, tale compito è stato ereditato dall’Archivio storico delle arti contemporanee della Biennale di Venezia, in un contesto sicuramente più accogliente, soprattutto per gli aspetti di valorizzazione dell’archivio, che già dal 26 aprile 2016 era stato dichiarato di interesse storico particolarmente importante dal soprintendente archivistico umbro e quindi era divenuto a tutti gli effetti un bene culturale sottoposto alla disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio. L’Archivio storico delle arti contemporanee della Biennale di Venezia costituisce senz’altro un luogo nel quale potrà più facilmente essere accolto altro materiale che riguarda il teatro di Ronconi, presente in tanti altri fondi di artisti in senso lato, che con lui hanno lavorato e collaborato.

Quello di Luca Ronconi, essendo un archivio d’artista, è dunque – quasi per definizione – un archivio inusuale ed è stato sicuramente inaspettato per me, quando ho iniziato a scoprirlo. È arrivato in disordine, all’interno di tanti scatoloni che poi, strada facendo, si sono trasformati in 793 fascicoli, raccolti in 173 faldoni. Si va dal 1951 al 2015, con carte più antiche – dal 1913 – per la presenza di un piccolo nucleo documentario che si riferisce alla mamma di Ronconi, Fernanda Nardi. Lavorandoci ed iniziando a riflettere su questo lavoro, e poi ad illustrarlo in tante occasioni che si sono presentate, l’ho chiamato un “unicum un po’ speciale” (Santolamazza 2017). Che è poi quell’unicum inusuale che ci riporta alla Bonfiglio-Dosio.

Alla documentazione di tipo più tradizionale, e cioè ai copioni, ai programmi di sala, alle locandine, ai manifesti, alla corrispondenza, alle fotografie, alla rassegna stampa, alle tavole, piante, prospetti, planimetrie, disegni delle scene, agli inviti, agli appunti, ai progetti, alle lettere di incarico, contratti e fatture, alle tesi di laurea sui suoi spettacoli, allo stesso materiale audiovideo, ai documenti che si riferiscono alla vita privata, si affiancano, infatti, medaglie, targhe, coppe, sculture, quadri, oggetti. Tante cose, quindi, che potrebbero essere altro, ma che sono state comprese in quel vincolo di appartenenza, determinato dalla sedimentazione e conservazione comune, e che ci fa parlare di questo, come di un archivio in senso lato.

Riordinarlo ha significato passare dal disordine iniziale all’ordine archivistico, dando una struttura al materiale di cui si compone, struttura che, in partenza, nemmeno l’archivista più esperto sa bene quale sia. Ed io non lo immaginavo nemmeno! Occorre, quindi, in una certosina analisi dei singoli documenti, individuare quelle che nel nostro linguaggio tecnico si chiamano le ‘serie’, cioè i vari livelli descrittivi di un archivio, alle quali poi bisogna riportare i singoli documenti, secondo quei criteri che la dottrina archivistica ha stabilito e che ogni archivista modella volta per volta al materiale specifico che tratta.

Nell’archivio Ronconi, a riordinamento concluso, le serie risultano 19, alcune suddivise in sottoserie e costituiscono, nell’insieme, la rappresentazione delle scelte operate, tra fedeltà alla dottrina e qualche piccolo comportamento eretico. La prima serie si chiama Attività giovanile, ed è qui che è stato sistemato – nel fascicolo 12 della busta 1 – il manoscritto della commedia Guerra ed estate; la seconda è la serie Regie, il fulcro dell’archivio, suddivisa in tre sottoserie Teatro, Lirica, Documentazione non attribuita; quest’ultima un colpo al cuore per l’archivista, perché ci sono foto e documenti legati all’attività teatrale che, nonostante le tante richieste di aiuto, non è stato possibile attribuire a nessuno spettacolo. Ai comportamenti eretici dell’archivista si può riportare, in particolare, la scelta di costituire alcune serie nelle quali per il materiale non documentario costituito da oggetti tridimensionali sono stati creati dei fascicoli (in realtà di solo rimando al pezzo fisico conservato altrove) condizionati nei faldoni. Scelta che tenta di riportare l’“inusuale” all’archivistico.

Anche l’archivio di Luca Ronconi, come la maggior parte, ha vuoti e pieni. Tanti, ma non tutti, sono ad esempio gli spettacoli (sia di teatro che di lirica) di cui qualcosa è stato ritrovato. I vuoti sono dunque le tracce mancanti di opere assenti dai titoli dei fascicoli descritti, ma ci sono anche vuoti all’interno degli stessi fascicoli, talvolta troppo poveri per essere la fonte documentaria di spettacoli tanto ricchi e complessi. I ‘pieni’ sono le tracce presenti, sono tutto quel materiale che c’è, che va oltre gli spettacoli teatrali e lirici: c’è la realizzazione di mostre importanti, ci sono l’attività formativa e le scuole di teatro, ci sono gli scritti di Ronconi e le interviste. Tra i ‘pieni’, poi, si nascondeva qualcosa che non si conosceva bene, e sicuramente si cela ancora qualcosa che varrà la pena ricercare ed approfondire. È nel fascicolo 26 della serie Scritti ed interviste – intitolato Autobiografia incompiuta ed inedita – che si colloca, per esempio, quel dattiloscritto in due copie, simili ma non uguali, che non si conosceva bene.

Per illustrare l’archivio è stato prodotto quello che la disciplina archivistica considera il più completo strumento di ricerca da mettere a disposizione degli studiosi: l’inventario analitico. Risale al settembre 2017, al termine del riordinamento del fondo, e si presenta nella forma estrinseca come un inventario tradizionalissimo, neanche redatto con un software di descrizione archivistica (si tratta di un pdf, registrato con codice ISBN e pubblicato online nei sistemi dell’Amministrazione archivistica italiana dedicati alla descrizione degli archivi). In copertina ha il suo titolo Regia e vita. L’archivio di Luca Ronconi; ha poi la sua premessa, la nota dell’archivista, l’introduzione biografica dedicata a Luca Ronconi e alla sua mamma – i due soggetti produttori – e l’introduzione archivistica, la schedatura analitica del contenuto dei singoli fascicoli; in fondo ci sono la bibliografia e l’indice generale.

A conoscere e studiare l’archivio, invece, ha già iniziato Giovanni Agosti che, a partire dai due documenti sopra citati, sapientemente interpretati ed arricchiti dalla sua profonda conoscenza del teatro ronconiano, ha dato corpo a due volumi, entrambi editi da Feltrinelli: Prove di autobiografia (Ronconi 2019) e Guerra ed estate (Ronconi 2024). Da archivista penso che valorizzazione migliore di un archivio non potesse essere pensata e realizzata. Giovanni sa, e con lui tutti quelli che si occupano di ricerca storica, che faldoni e fascicoli conservano il conosciuto, ma nascondono anche quell’ignoto che stimola la nostra curiosità e il nostro bisogno di conoscenza.

Non ho avuto modo di conoscere Luca Ronconi e non ho mai visto un suo spettacolo dal vivo, ma ribadisco, avendolo già scritto in altre occasioni, che anche solo attraversando i suoi documenti ho potuto cogliere il profondo valore creativo ed innovativo della sua arte, come pure ho capito che – nonostante quella dell’archivista sia una professione poco conosciuta e poco compresa ed il suo lavoro possa apparire ai più noioso e routinario – la passione, la dedizione, la pazienza e la curiosità che un archivista deve avere per riordinare e descrivere un archivio assomigliano molto alla passione, dedizione, pazienza e curiosità che un artista deve avere per dare forma alla propria opera, per saperne modellare i contorni, per trasformare in un evento creativo un’idea, un testo, una storia, dei personaggi, un copione. Per questo tra un archivista ed un artista può crearsi un rapporto un po’ ‘speciale’. Percorrere l’archivio di Luca Ronconi, creare la sua struttura, descriverlo cercando di far emergere il maggior numero possibile di spunti di riflessione e di approfondimento per quanti dedicano il loro lavoro allo studio del teatro e dello spettacolo, costituisce, dunque, per me una grande soddisfazione, tutta chiusa in quel lascito testamentario. Ringrazio, quindi, Luca Ronconi, per avermi regalato – inconsapevolmente – una delle più formative esperienze di lavoro della mia lunga carriera di funzionaria archivista!

Riferimenti bibliografici
  • Bonfiglio-Dosio 2023
    G. Bonfiglio-Dosio, Note a margine del convegno, in Mineo et al., Roma 2023, 365-371.
  • Mineo et al. 2023
    L. Mineo, I. Pescini, M. Rossi (a cura di), Le muse in archivio. Itinerari nelle carte d’arte e d’artista, Roma 2023.
  • Ronconi 2019
    L. Ronconi. Prove di autobiografia, a cura di G. Agosti, Milano 2019.
  • Ronconi 2024
    L. Ronconi, Guerra ed estate, a cura di G. Agosti, Milano 2024.
  • Santolamazza 2017
    R. Santolamazza (a cura di), Nota dell’archivista in Regia e vita. L’archivio di Luca Ronconi, Inventario analitico, 2017, 7.
English abstract

The contribution reports some reflections on the methodologies and theoretical implications related to the work of systematization and inventory of the private archive of Luca Ronconi, inherited by Roberto Carlotto and carried out by the author, an official of the Archival Superintendency of Umbria and Marche, from 2015 to 2017, returning the story of the archivist's encounter with the artist's papers.

keywords | Luca Ronconi; Archive; Inventory.

Per citare questo articolo / To cite this article: Rossella Santolamazza, “A Roberta lascio il mio archivio… ”, “La Rivista di Engramma” n. 224, maggio 2025.