Reperti di una civiltà teatrale molto illustre che ora appare lontana, le fotografie che qui sono presentate sono frutto della selezione operata dallo stesso Tommaso Le Pera, all’interno delle non numerosissime immagini che il fotografo ha dedicato a spettacoli di Luca Ronconi. Nel tentativo di mettere in luce quale tipo di collaborazione si fosse instaurata fra di loro nel tempo, se avessero dei momenti preparatori specificamente dedicati alle sessioni fotografiche, se discutessero insieme della messinscena, se fossero in armonia o in contrasto, se l’interesse da parte del regista verso l’azione documentaria fosse, a sua memoria, fondata su puri obblighi istituzionali o, viceversa, su di una curiosità artistica personale verso lo specifico del medium, così dichiara il fotografo:
Non ne parlavamo assolutamente mai, soprattutto perché la documentazione fotografica non gli interessava molto, non dava nessuna importanza alle fotografie, non ha mai interferito con me anche perché si sa che se il fotografo ha l’incarico di documentare, deve fotografare tutto. Comunque, non ho mai parlato con Ronconi dei suoi spettacoli, anche perché io intervenivo non durante una prova o alla prova generale, quando il regista è li presente. Io fotografavo in repliche successive e dovevo farlo con grandissima discrezione: proprio per questo non ho molti scatti di quegli spettacoli. Tranne per Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus, il cui reportage fu eseguito l’11 novembre 1990 nella ex Sala Presse del Lingotto di Torino, quando ne ho parlato con lui e questo è successo perché in quell’occasione avevo l’incarico ufficiale da parte del Teatro Stabile di Torino come anche, ad esempio, per La pazza di Chaillot di Jean Giraudoux, il cui reportage è avvenuto il 23 gennaio 1991 al Teatro Carignano di Torino. Ricordo che si preoccupava, mi diceva di stare attento perché negli Ultimi giorni dell’umanità si muovevano varie parti di scenografia, carrelli, treni ecc. (dall’intervista a Tommaso Le Pera presso il suo studio-archivio a Roma, dicembre 2024).
Come avverte nella conversazione citata, tranne nei casi del Teatro Stabile di Torino, nel periodo in cui Luca Ronconi era Direttore, Tommaso Le Pera non ebbe incarichi ufficiali per realizzare la documentazione fotografica dei suoi spettacoli. Si è sempre trattato di una sua scelta, certamente condivisa e approvata dal regista, eseguita per proprio conto e per completezza d’archivio, spesso ma non sempre, durante le repliche. Così si esprime a tale proposito:
Sai che spesso andavo a fotografare spettacoli anche se non avevo ricevuto un incarico ufficiale: lo facevo unicamente per arricchire il mio archivio. Ovviamente non pubblicavo mai immagini se non avevo avuto l’autorizzazione, anche per rispetto verso i colleghi e così avveniva per Ronconi, il quale poi voleva le mie fotografie e io gliele regalavo, naturalmente. Del resto, nessun regista dà mai vere indicazioni al fotografo, magari a volte solo delle minuzie e poi Ronconi pensava alla sua arte, al suo lavoro, ai suoi attori e finiva lì (dall’intervista a Tommaso Le Pera presso il suo studio-archivio a Roma, dicembre 2024).
Va evidenziato come tali circostanze, vale a dire la realizzazione delle sessioni fotografiche durante la processualità dello spettacolo, comportavano enorme attenzione e una ridotta possibilità di muoversi e scattare, posta la presenza del pubblico in sala: non si trattava quindi di una condizione ottimale, quale quella della prova generale o comunque di un momento esclusivamente dedicato allo shooting vero e proprio.
Si rende necessario introdurre una breve parentesi che circoscriva l’attività di Tommaso Le Pera, prestigiosissimo fotografo di teatro stanziato a Roma, ma ancora oggi immerso in un viaggio continuo attraverso le compagnie, gli spettacoli e i festival, ‘sul campo’ dalla metà degli anni Sessanta, colonna portante della documentazione dello spettacolo dal vivo in Italia. Molto conosciuto e apprezzato, finanche ‘temuto’ da tutto il mondo dello spettacolo, oltre che in primo luogo per la tecnica inossidabile, per la sua sincera e incondizionata passione nei confronti del teatro, della sua cerimonialità laica, delle singole e diversissime personalità di cui si compone, per il suo dichiarato apprezzamento verso la figura dell’attore, che ritiene essere il pilastro dell’arte performativa, Tommaso Le Pera ha costruito un archivio documentale immenso, certo uno dei maggiori al mondo dedicato dello spettacolo.
Va infatti messo in rilievo che i suoi oltre 4200 spettacoli documentati, corrispondenti a milioni di scatti, a partire dai primi anni Settanta sono stati da lui catalogati secondo una scheda i cui campi descrittivi sono stati elaborati e progettati dallo stesso fotografo, dando così origine non solo a un’immensa memoria documentale ma a una struttura d’archivio. La funzionalità della catalogazione, messa a punto e scrupolosamente mantenuta nel corso di decenni, ha reso possibile e rende tuttora possibile il reperimento rapido, dettagliato, fondato su dati certi, delle fotografie corrispondenti ai singoli eventi. Avere contezza dell’impressionante architettura di tale archivio, non promosso da alcuna istituzione pubblica bensì frutto di un’intuizione soggettiva e di una disciplina costante, permette di maggiormente apprezzare la presenza delle immagini qui pubblicate (una rara eccezione è stata l’istituzione negli anni 1990-1996 della commissione da parte della Biblioteca e Raccolta Teatrale SIAE per realizzare la documentazione fotografica).
Le variabili entro cui è avvenuta la selezione delle fotografie riprodotte sono da rinvenire, da un lato, nella qualità tecnica delle immagini e, dall’altro, nel loro apporto significativo a una documentazione che privilegia lo statuto attorico, che pone cioè al centro, celebrandola, l’arte degli attori. Nel caso delle rappresentazioni di Luca Ronconi dove, come risaputo, l’attenzione allo spazio era massima, Tommaso Le Pera poneva estrema cura anche agli elementi della scenografia, della luce, dei costumi. Ma la selezione qui proposta accentua piuttosto gli interpreti all’interno degli spettacoli, valorizzando la loro presenza, diciamo pure il loro protagonismo. In tal senso, le fotografie scelte narrano soprattutto di una civiltà teatrale patinata e distante da quella attuale, dominata da individualità di immenso carisma, in cui la cornice della rappresentazione non era posta in discussione, in cui la corrosiva e destrutturante lettura post-moderna del Personaggio non aveva assunto il peso attuale.
La forma fotografica dove precipita tale presupposto estetico, sociale e forse anche produttivo è il primo piano e il piano americano, inquadrature che dicono della centralità dei ‘grandi attori’ nelle intenzioni di Tommaso le Pera, a paragone con il campo medio e lungo che presentano una vocazione all’insieme, piuttosto che alle singole personalità. Fotografo quasi sempre freelance, come detto, da decenni i suoi scatti dello spettacolo dal vivo sono sempre a colori, secondo un deciso e argomentato presupposto: quello della pregnanza semantica del colore all’interno del linguaggio scenico, che la resa in bianco/nero va a modificare. Così, anche delle immagini a colori riprodotte va tenuto in considerazione tale aspetto cui Tommaso Le Pera è molto legato, vale a dire la non alterazione dello status quo del performativo, detto altrimenti, la volontà di non introdurre o di limitare al massimo interpretazioni soggettive da parte dello stesso autore delle immagini.
Le fotografie che qui vengono pubblicate sono presentate e analizzate non tanto dal punto di vista della documentazione, come è pure evidente che concorrano a essere, ma piuttosto, in un’inversione dell’approccio, come testimonianza di una processualità dell’azione del fotografo, delle strategie messe in atto, delle intenzionalità, del contesto e delle condizioni concrete che hanno dato origine alle immagini. Le fotografie acquistano in tal modo una più evidente centralità e vengono a costituire l’apice di un percorso, invece che essere considerate un ovvio dato di partenza. L’immenso archivio fotografico di Tommaso Le Pera può riservare così anche la sorpresa di contribuire a una storia del processo e non solo dell’esito dello spettacolo e della fotografia (v. per approfondire: Bertolone 2021).
1 | Orestea di Eschilo, regia di Luca Ronconi. Mariangela Melato-Cassandra, 5 luglio 1973. Spoleto Chiesa di San Nicolò. Foto di Tommaso Le Pera.
Lo spettacolo debutta il 20 settembre 1972 al BITEF di Belgrado e dopo alterne vicissitudini e difficoltà, dovute soprattutto a un impianto scenografico considerato potenzialmente pericoloso per il pubblico, viene riproposto l’anno successivo a Spoleto per volontà di Romolo Valli, allora Direttore del Festival dei Due Mondi. Contro l’attore-interprete, contro la sua attitudine a primeggiare, caratteristiche che Tommaso Le Pera viceversa costantemente esalta nelle fotografie, riporto quanto scrive lo stesso Ronconi che riferisce della sostituzione di Glauco Mauri con Umberto Orsini, nella ripresa dello spettacolo per il Festival dei Due Mondi di Spoleto nel luglio 1973:
La tragedia come uno spaccato, una sedimentazione di parole solenni e di morte vestigia. Ovvio che la scelta cadesse su una recitazione antipsicologica, dall’esasperante sfaccettatura delle frasi, una segmentata scansione, che intendeva esprimere la fredda furia, l’ancestrale demenza, il balbettamento del mito, per una vicenda ormai indecifrabile, da interpretare forse solo attraverso l’emozione antropologica. C’era in questo spettacolo un andare e venire continuo tra personaggi e spettatori che teneva conto di come, all’interno della struttura tragica, il coro non potesse escludere gli spettatori, in una commistione tra presente e passato. Insomma c’era tutto quello che del passato sappiamo; ma accanto alla documentazione c’era anche posto per l’illazione, per l’ipotesi. Agli attori che recitavano nell’Orestea si chiedeva proprio di sapere restituire l’idea di un viaggio dentro un personaggio. Peccato che proprio l’attore, che, sulla carta, sembrava il più giusto – Glauco Mauri – si sia lasciato irretire dall’idea di ‘interpretare’ Oreste. Tant’è che lo perdemmo per strada e a Spoleto, nella ripresa del 1973 voluta da Romolo Valli, c’era Umberto Orsini (Ronconi 2019, 279).
Il ‘paternalismo’ del giudizio di Luca Ronconi nei confronti di Glauco Mauri, che si sarebbe lasciato tentare dall’interpretazione e che viene presentato come un bambino colto a rubare la marmellata, costituisce un retroterra pregiudiziale totalmente assente in Tommaso Le Pera. Viceversa, il fotografo ha sempre perseguito l’intento di mettere in risalto proprio le qualità istrioniche degli attori, al di là delle figure registiche e in tal senso va letta anche la fotografia n. 1.
Dall’inquadratura con piano americano emerge una Mariangela Melato con l’abito-corazza disegnato da Enrico Job, fasciato completamente il capo, con una postura ampia delle braccia che la fotografia sembra contenere. È Cassandra nella prima parte dello spettacolo monstre Orestea, appena giunta da Troia quale schiava e concubina del vittorioso Agamennone. In preda al delirio profetico, invocando Apollo, prevede la sua tragica sorte insieme alla propria, per mano di Clitennestra. Immobile o, per meglio dire, immobilizzata nel costume e senza compiere azioni di alcun tipo, tranne una breve forma di inginocchiamento, nella scena tutto rimane affidato allo sguardo, alla gestualità delle mani e delle braccia, alla vocalità. Su questa si appunta la ricerca espressiva della Melato che, ovviamente, la fotografia non può comunicare se non per via indiretta. Viene qui esaltata la dimensione tragica di un personaggio fra i più celebri della cultura greca attraverso la veemenza che l’immagine fa trasparire, a dispetto dell’impedimento a muoversi, confinata in una area d’azione che la fa sembrare più una statua o una divinità, che un essere umano disperato e sconfitto.
Tommaso Le Pera, autore del volume di fotografie dell’attrice Magnetica Mariangela (Le Pera, Testa 2016), ha scattato questa immagine durante una replica dello spettacolo all’interno del sedicesimo Festival dei Due Mondi di Spoleto, nella Chiesa di San Nicolò, in una sala così gremita di gente che non solo gli era impossibile spostarsi per effettuare altre inquadrature, ma non aveva spazio sufficiente per utilizzare il cavalletto. L’immagine, scattata con una camera Hasselblad e con un obiettivo da 200 mm, è stata quindi eseguita a mano libera.
2 | Fedra di Jean Racine, regia di Luca Ronconi. Annamaria Guarnieri-Fedra, 13 marzo 1985, Roma Teatro Quirino. Foto di Tommaso Le Pera.
La potente immagine che ritrae Annamaria Guarnieri nel personaggio raciniano di Fedra [Fig. 2], secondo quanto riferisce Tommaso Le Pera, è una delle preferite dalla grande attrice ed è stata utilizzata in numerose mostre e pubblicazioni. La si può anche ammirare in una galleria di fotografie nel foyer del Teatro Quirino, dove compaiono quelle che si riferiscono a rappresentazioni avvenute nel teatro romano. Lo scatto venne eseguito infatti al Teatro Quirino il 13 marzo 1985, durante la ripresa dello spettacolo che aveva già avuto una lunga tournée, a partire dal Teatro Comunale di Alessandria nel dicembre 1984.
Fedra di Jean Racine, produzione del Teatro Stabile di Torino, aveva debuttato il 26 aprile 1984 al Teatro Metastasio di Prato. Era nato da una proposta della stessa Annamaria Guarnieri, desiderosa di misurarsi con un mito teatrale indiscusso quale appunto la tragedia raciniana, che aveva anche suggerito il nome di Luca Ronconi per la regia. Nella ripresa dello spettacolo, sostanzialmente identico sia nel testo con traduzione di Giovanni Raboni, sia nello stile della recitazione, sia nella scenografia, sia nei costumi vagamente ispirati alla raffinatezza austera di Balenciaga, sia nelle luci, due gli elementi di differenza da segnalare: la sostituzione di Paola Mannoni da parte di Paola Bacci e quella del datore luci Giancarlo Salvatori che aveva preso il posto di Sergio Rossi.
L’immagine di Tommaso Le Pera (che si avvale in questo caso di un obiettivo da 180 mm.) viene eseguita al debutto romano dello spettacolo con pubblico in sala e, come riferisce spesso il fotografo, questa condizione ovviamente lo ostacolava nei movimenti e finanche nella quantità di scatti. Oggetto di reportage da parte di Maurizio Buscarino e di Marcello Norberth, Fedra di Racine per la regia di Ronconi viene dunque documentata anche da Tommaso Le Pera che, come evidente dall’immagine, sottolinea la centralità della protagonista, colta in un movimento subitaneo, dai contorni spiralatici, in preda al terrore. Difficilissimo fotografare gli attori in scena durante il flusso dello spettacolo, mentre parlano o compiono gesti e movimenti che possono dare origine a effetti di deformazione dei tratti, oppure di distorsione ottica se non si è in grado di padroneggiare la tecnica. Per tale modalità di documentazione, cioè durante l’evento e non secondo la pratica delle pose fisse, che Tommaso Le Pera ha sperimentato per primo in Italia sin dalla fine degli anni Sessanta, il fotografo ha attribuito la definizione di ‘fotografia dinamica’.
Altrettanto arduo cogliere con precisione il momento più connotativo di un’interpretazione che, sebbene in questo caso costruita su di una voluta distanza anti-psicologica, su di una ricercata intenzionalità anti-naturalistica da parte del regista, tuttavia si esprime necessariamente attraverso un’espressività corporea che questa immagine ha catturato. Dichiara Luca Ronconi nel volume in cui sono riprodotte le fotografie in bianco/nero di Maurizio Buscarino, realizzate alla prova generale del Teatro Comunale di Alessandria il 16 dicembre 1984:
Più che altro è una recitazione aderente alla lettera di quel testo. Se il testo non è naturalista la recitazione non può esserlo e non esiste una categoria stilistica della recitazione al di fuori della rispondenza delle cose che vengono dette. Non esiste una recitazione naturalista, esistono gli attori naturalisti e quelli che si trovano a mal partito in un tipo di scrittura più oggettiva. Ma questo riguarda gli attori e non la recitazione; per esempio, un’attrice come Anna Magnani si sarebbe trovata a mal partito in un testo come quello di Racine, non perché non è brava, ma perché è un tipo di scrittura che non le si confaceva. Quindi ho scelto gli attori in base alla loro possibilità di adeguamento a questo tipo di recitazione e di scrittura (De Lorenzis 1988, 156).
Il piano americano mette qui a fuoco il protagonismo di Annamaria Guarnieri, prendendo il sopravvento sugli altri elementi di cui si componeva lo spettacolo così come sul resto della compagnia, facendola emergere dallo sfondo scuro e isolandola in un ritratto che ben corrisponde alla fondamentale solitudine intra-psichica del personaggio, al suo ineluttabile destino suicida. Si tratta dunque di un perfetto esempio di foto di scena che riesce nell’intento di sintetizzare e coagulare l’acme della tensione.
3 | L’aquila bambina di Antonio Syxty, regia di Luca Ronconi. Valeria Milillo-Rosa, 1 ottobre 1992, Roma Teatro Valle. Foto di Tommaso Le Pera.
Dopo aver assistito allo spettacolo come spettatore, Tommaso Le Pera effettua le fotografie nel corso di una replica al Teatro Valle di Roma il 1° ottobre 1992, utilizzando una camera Leica e un obiettivo da 135 mm. ma, caso eccezionale, il progetto degli scatti seguirà un andamento molto diverso dal solito. Il fotografo decide infatti di eseguire il lavoro non in chiave di documentazione, non al fine di arricchire il proprio archivio, ma piuttosto con l’idea di trarne delle immagini per una mostra. Come lui stesso riferisce, sarà proprio lo stile della recitazione, una essenzialità dei gesti, il disegno luci, la linearità della scenografia, l’importanza degli oggetti a motivarlo verso un allestimento espositivo delle immagini, che in effetti avviene alla Fiera di Roma, Terzo Salone di Fotografia, dal 20 al 23 novembre 1992. In quell’occasione sono esposte quindici fotografie dell’Aquila bambina, fra cui anche quella qui pubblicata con protagonista Valeria Milillo nel ruolo di Rosa [Fig. 3], la figlia adolescente di Felix, interpretato da Massimo Popolizio e amica di Helix, personaggio interpretato da Almerica Schiavo.
Una vicenda complessa e scabrosa, la relazione incestuosa fra i protagonisti cui si aggiunge la tematica omosessuale fra le due giovani, con un finale violento, è al centro della fabula di questo testo insignito del Premio di produzione Riccione 1991 per la messa in scena di drammaturgia contemporanea. Sull’Aquila bambina il suo autore, Antonio Syxty, così si esprime all’interno del programma di sala:
L’Aquila bambina è per me un punto di arrivo e di passaggio per una scrittura che si prefigge lo scopo di affrontare temi e argomenti forti, con un carattere mitico. Naturalmente il mio problema è quello del linguaggio da usare, in un paese dove la lingua – quella che si usa per scrivere teatro – è fortemente sovraccarica di motivi del passato e quindi poco contemporanea. Nel senso che il teatro che si scrive oggi in Italia – e mi riferisco principalmente alla mia generazione – è un teatro che affronta la scrittura per la scena in modo decisamente ‘minimalista’, o esageratamente melodrammatico, quando non è solo comico-surreale. Con il termine minimalismo vorrei intendere uno schema di scrittura che, pur affrontando temi di indubbia contemporaneità, non si pone il problema, che per me è fondamentale, del teatro inteso come rito, quindi mitico […] In un’epoca di feticci, la parola deve diventare il feticcio supremo del nostro unico momento rituale ancora esistente: il teatro (Sixty 1992)
Se sono state probabilmente proprio le caratteristiche sintetizzate nella citazione che dovettero attrarre Luca Ronconi ad affrontare la regia dell’Aquila bambina, gli stessi elementi di vocazione ‘rituale’ hanno agito da propulsore per il lavoro fotografico. L’immagine qui pubblicata non asseconda la grammatica fotografica delle linee rette (specie se si tratta di spazio e architettura), ma è fortemente obliqua, sbilenca, ‘fuori sesto’, appunto in una resa di quegli elementi di dissesto delle relazioni umane che è la fabula dell’opera. Così i colori accesi e flou, antinaturalistici e alterati, vengono registrati nello scatto di Tommaso Le Pera che, come già evidenziato, da decenni privilegia il colore nella documentazione fotografica dello spettacolo, rispetto al bianco/nero, ritenendo la componente cromatica un veicolo semantico imprescindibile per il teatro.
4 | Quer pasticciaccio brutto de via Merulana da Carlo Emilio Gadda, regia di Luca Ronconi. Scena d’insieme con coreografia delle Piccole Italiane, 20 febbraio 1996, Roma Teatro Argentina. Foto di Tommaso Le Pera.
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana con la regia di Ronconi è stato oggetto di molti studi non solo per lo spettacolo in sé, ma anche per una serie di trascrizioni/adattamenti similari del romanzo gaddiano cui inevitabilmente è stato accostato. Si va dalla sceneggiatura Il palazzo degli ori dello stesso Gadda, al celebre film di Pietro Germi Un maledetto imbroglio del 1959, nonché alla trasposizione televisiva dello spettacolo firmata da Giuseppe Bertolucci, che propone una sintassi decisamente originale rispetto all’usuale documentazione video dello spettacolo, fondata in modo prevalente su lunghi piani sequenza. Matteo Palumbo sostiene che vada rintracciato nel finale, notoriamente ‘aperto’, non risolto e ambiguo, il punto più complesso e quello che meglio disvela la relazione delle varie opere con l’archetipo del romanzo: “[…] il finale costituisce il luogo strategicamente più delicato dell’intera trama e il confronto tra il Pasticciaccio romanzo, il film di Germi e lo spettacolo di Ronconi prova a spiegare le soluzioni che i singoli autori hanno privilegiato” (Palumbo 2012).
Lo spettacolo è fotografato da Tommaso Le Pera al debutto assoluto avvenuto al Teatro Argentina di Roma (di cui Luca Ronconi era da poco divenuto Direttore, provenendo dalla direzione del Teatro Stabile di Torino) il 20 febbraio 1996 [Fig. 4]. Come in molti altri casi di regie di Ronconi, anche per questa occasione il fotografo non ha l’incarico ufficiale della documentazione, affidata a Marcello Norberth. A tale proposito, Tommaso Le Pera sottolinea la consuetudine diffusa da parte dei registi di avvalersi nel tempo delle stesse figure professionali sia nel caso delle scene e dei costumi, sia delle luci, sia dei direttori di scena e finanche dei macchinisti, così come per quanto concerne la documentazione fotografica. Tommaso Le Pera, ottenuta l’autorizzazione da parte di Luca Ronconi, fotografa dunque senza incarico ufficiale durante il debutto dello spettacolo cui non aveva assistito prima e utilizza una macchina Leica con obiettivo di 120 mm. La posizione da cui esegue gli scatti è sul lato destro del palcoscenico, osservando verso la sala e durante le cinque ore di spettacolo non realizza che una trentina di fotografie, sempre senza uso del flash, proprio per evitare di creare disagio agli spettatori e ancor più agli attori impegnati in scena.
Spettacolo dove non si può scorgere un unico protagonista, dal momento che si tratta di un affresco corale fedele al romanzo di Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana è descritto dal fotografo come quello da lui più amato con Luca Ronconi regista, complice la viscerale ammirazione per la prosa gaddiana. Tommaso Le Pera ricorda i numerosi momenti di stupore suscitati dagli interventi coreografati del saggio ginnico delle Piccole Italiane e le improvvise cadute della facciata del cosiddetto Palazzo degli ori di via Merulana n. 219, certamente una scena molto ‘effettistica’ e tuttavia talmente breve e inaspettata da avergli impedito di realizzare un’immagine da lui ritenuta tecnicamente perfetta. L’immagine selezionata dal fotografo vuole dunque essere un omaggio alla struttura di complesso dell’intera rappresentazione, nonché al palcoscenico del Teatro Argentina, uno dei teatri più celebri di quella Roma dove è ambientato il capolavoro letterario, sulla cui scelta così dichiarava il regista: “Pur avendo la possibilità di mettere in scena il romanzo in uno spazio non convenzionale, ho scelto il palcoscenico dell’Argentina proprio perché la struttura di un tradizionale teatro all'italiana impone di risolvere i problemi del racconto scenico in termini di drammaturgia, senza alcun ausilio ‘esterno’ alla scrittura (vedi La Fontana 1996,115; “The Edinburgh Journal of Gadda Studies”).
Il palcoscenico del Teatro Argentina che appare nella fotografia, con tutte le sue botole, con i suoi ingranaggi e macchine è infatti centrale nella regia di Ronconi, come illustrato da Roberto Tessari:
Ronconi si ‘limita’ ad usare la volumetria interna della ‘scatola all’italiana’ sfruttandone il massimo potenziale di latitudine e di profondità, sino a renderla (secondo la sua vocazione ideale) illusorio vacuum microcosmico […] se lo spettatore medio contemporaneo si è orami dimenticato – dato il tipo di allestimenti cui assiste in genere – della presenza di botole sull’impianto del palco, la regia del Pasticciaccio non si esime dal ricordargliela, prevedendo (non una sola volta) che i personaggi del romanzo gaddiano emergano a sorpresa ‘dal sottosuolo’ (Tessari 2001, 208-209)
5 | In cerca d’autore. Studio sui sei personaggi di Luigi Pirandello, regia di Luca Ronconi. Sara Putignano-Madre, 2 marzo 2013, Roma Teatro India. Foto di Tommaso Le Pera.
L’immagine a colori ma quasi con un effetto in bianco/nero, è stata realizzata al Teatro India di Roma il 2 marzo 2013 nel corso della ripresa dello spettacolo che aveva debuttato al Festival dei Due Mondi di Spoleto il 7 luglio 2012 e che aveva avuto una lunga gestazione avvenuta al Centro Teatrale Santacristina [Fig. 5].
La fotografia coglie l’espressione persa e inerme della Madre, interpretata da Sara Putignano, sul finire dello spettacolo quando i due figli minori trovano la morte. Qui avviene uno dei rari interventi di riscrittura del testo da parte di Luca Ronconi, che attribuisce alla Figliastra una partecipazione concreta alla loro morte, in un caso facendo affogare la bambina, nell’altro aiutando ad impugnare la rivoltella al ragazzo. La dolente figura della Madre, molto evidenziata nei toni lamentosi, lugubri e nei gesti di afflizione, come sospesa contro la parete e il pavimento candidi, sembra restituire perfettamente la novità dell’interpretazione ronconiana della più celebre commedia di Luigi Pirandello. Sottolineata in molti articoli di stampa, salutata come efficacemente innovativa rispetto alla predominante lente della meta teatralità, la lettura del regista rigenera l’idea stessa della sostanza dei sei più celebri personaggi della storia del teatro. La loro materia consisterebbe in una presenza larvale all’interno della mente dello scrittore, di cui sarebbero inconsapevolmente prigionieri, secondo uno slittamento dei piani di realtà imposta dalla digitalizzazione massiccia e dalla virtualizzazione del mondo. A tale proposito così aveva affermato Anna Bandettini:
Fin dal titolo, In cerca d’autore, esprime la volontà di cambiare le cose e di fare del più classico e conosciuto dei testi di Luigi Pirandello, una storia diversa, nuova. Luca Ronconi affronta per la prima volta nella sua lunghissima vita teatrale, i Sei personaggi in cerca d’autore e ne fa una novità assoluta, una sorta di Matrix, dove la realtà virtuale si rivela invadente e gli stati mentali una seconda dimensione di vita […] Ronconi ha liberato il testo dal “ron ron raziocinante pirandelliano” come dice lui stesso, ma anche dall’ormai trito gioco del teatro nel teatro, lo ha messo in una stanza qualunque, vuota, uno spazio mentale dove sono prigionieri quei personaggi (un padre, una madre, una figliastra, una bambina, un ragazzino e un ragazzo), ossessioni, stati mentali, fantasmi del regista-capocomico che reclamano vita (Bandettini 2012).
Si è trattato dell’ultimo saggio con gli allievi dell’Accademia Silvio d’Amico ad essere fotografato da Tommaso Le Pera che ha all’attivo fotografie anche del primo dei saggi con Luca Ronconi regista, cioè Una partita a scacchi di Thomas Middleton del 1973 al Teatro Studio Eleonora Duse. Alcune immagini di entrambi i saggi compaiono sul volume interamente dedicato alle fotografie di Tommaso Le Pera per l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, tra cui non figura però quella qui riprodotta (Le Pera 2015).
Tommaso Le Pera effettua lo scatto qui pubblicato dopo aver assistito ad una replica precedente sempre al Teatro India ed è quindi maggiormente consapevole del processo, delle azioni e dei movimenti nello spazio, dell’impianto scenografico, della complessiva interpretazione registica. Tali elementi sono di estrema importanza perché gli concedono più libertà, oltre alla capacità di vagliare in modo preventivo, di progettare cosa e come fotografare. L’immagine, realizzata con una camera Nikon e obiettivo da 50 mm., mette in risalto la protagonista che sembra quasi colta di sorpresa. Tuttavia, l’elemento che valorizza e in certo senso materializza il suo stato mentale alterato è la linea obliqua del pavimento, di cui non si coglie né la parte iniziale, né quella finale, in un effetto di precario equilibrio.
Nella memoria di Tommaso Le Pera, la sincera stima artistica di Luca Ronconi nei suoi confronti si era consolidata nel tempo e divenuta una relazione umana più espansiva soprattutto negli ultimi periodi. Così lo rammenta:
Ricordo il suo rigore assoluto, secondo me più di Strehler, che comunque era una specie di narcisista, mentre Ronconi no ed infatti era difficile anche fargli qualche fotografia personale. Non voleva essere fotografato. Era molto ascetico, mentre Strehler era pirotecnico. Il teatro era la sua casa e leggenda vuole che, non appena poteva, passava le giornate intere da solo in palcoscenico a riflettere. Non era solo una leggenda del resto (dall’intervista a Tommaso Le Pera presso il suo studio-archivio a Roma, dicembre 2024).
Riferimenti bibliografici
- Bandettini 2012
A. Bandettini, Pirandello inedito versione Matrix firmato Luca Ronconi, “La Repubblica” (24 giugno 2012), anche “Ariel”, II-3 (gennaio-giugno 2012). - Bertolone 2021
P. Bertolone, Tommaso Le Pera. Un archivio fotografico per il teatro, Roma 2021. - De Lorenzis 1988
A. De Lorenzis, Ronconi e Racine. La regia della Fedra, Napoli 1988. - La Fontana 1996
G. La Fontana, Conversazione con Luca Ronconi, programma di sala de Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, 2 voll, 1996. - Le Pera 2015
T. Le Pera, L’Accademia nazionale d'arte drammatica Silvio d'Amico nelle fotografie di Tommaso Le Pera, Roma 2015. - Le Pera, Testa 2016
T. Le Pera, A. Testa, Magnetica Mariangela, Imola 2016. - Palumbo 2012
M. Palumbo, La riscrittura di un imbroglio. Da Gadda a Germi e Ronconi, “Cahiers d’Études Romanes” 25 (2012), 179-193. - Ronconi 2019
L. Ronconi, Prove di autobiografia, a cura di G. Agosti, Milano 2019. - Sixty 1992
A. Syxty, Il teatro come presentimento, programma di sala dell’Aquila bambina, 1992. - Tessari 2001
R. Tessari, Il ‘Pasticciaccio’ secondo Ronconi: anomalia drammaturgica e spettacolo ‘infinito’, in A. Andreini, R. Tessari (a cura di), La letteratura in scena. Gadda e il teatro, Roma 2001, 191-222.
English abstract
The article focuses on a selection of stage photos of performances directed by Luca Ronconi, shooted by Tommaso Le Pera in different moments and theatres, namely the photos for Orestea by Eschilo, Fedra by Racine, L’aquila bambina by Syxty, Quer pasticciaccio by Gadda, In cerca d’autore. Studio sui sei personaggi by Pirandello. This selection, made by the photographer himself, originates from his archive (containing millions of shots) dedicated mostly to Italian performances starting from the Sixties and still in progress. With the aid of several interviews specifically organized with Le Pera, the article provides detailed information and news about the circumstances of those shots, not neglecting the technics. Giving space to Le Pera’s memoirs and by analyzing the photos selection in connection with reviews, essays and Ronconi’s statements about his own work, the article highlights their artistic relationship, lasted forty years.
keywords | Luca Ronconi; Tommasa Le Pera; Photographic Archive.
La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio
(v. Albo dei referee di Engramma)
Per citare questo articolo / To cite this article: Paola Bertolone, Le fotografie di Tommaso Le Pera per Luca Ronconi, “La Rivista di Engramma” n. 224, maggio 2025.