"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

223 | aprile 2025

97888948401

Venere o Giuditta

Il dispositivo masochista tra paganesimo e cristianesimo

Francesca Monateri

English abstract

1 | Lucas Cranach il Vecchio, Giuditta con la testa di Oloferne, 1530 ca., olio su tavola, Wien, Kunsthistorische Museum.
2 | Lucas Cranach il Vecchio, Salomè con la testa del Battista, 1510 ca., olio e tempera su tavola, Lisboa, Museu National de Arte Antiga.

I. Introduzione. Non solo paganesimo

Venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch è un testo onnipresente nell’immaginario collettivo grazie alla fortuna del termine ‘masochismo’, da allora in poi impiegato per indicare una vasta gamma di comportamenti fisici o psicologici. Da quando Gilles Deleuze ha pubblicato un’introduzione all’edizione francese del 1967 del libro di Sacher-Masoch, l’interpretazione di quest’opera è rimasta in larga parte condizionata dal confronto a più riprese instaurato con l’ombra di Sade (cfr. R. von Krafft-Ebing [1886] 2006-2014; Deleuze [1967] 1978; Lang 2017). Se il nome di Sacher-Masoch è indissolubilmente legato a quello del marchese, è proprio Deleuze a ricordare come tale associazione derivi da quella che egli considera un’ingiusta dialettica: una sorta di ‘asservimento’ teorico teso a connettere masochismo e sadismo come due poli della medesima perversione. “Non soddisfaceva”, scrive Deleuze, “l’immagine che Wanda dava di sè stessa: la si voleva sadica, poiché Sacher-Masoch era stato masochista” (Deleuze [1967] 1978, V).

Confrontarsi con la complessa analisi deleuziana significa interrogarsi su che cosa distinguerebbe il masochismo dal sadismo, introducendo a tal fine la questione di un ipotetico “spirito giuridico” del primo (Deleuze [1967] 1978, 22), per domandarsi se esso non abbia dunque anche un volto teologico e, in ultima istanza, estetico, proprio in virtù di ciò che quei tre ambiti condividono: la necessità di una messa in forma. In continuità dunque con il testo di Deleuze, il metodo qui adottato subordina “l’eziologia”, ovvero “la parte scientifica o sperimentale della medicina”, alla “sintomatologia”, che ne rappresenterebbe invece “la parte letteraria, artistica” (Deleuze [1967] 1978, 139). È infatti da questo punto di vista che può emergere come Sacher-Masoch sia un autore capace di costruire un’estetica molto differente da quella di Sade, poiché caratterizzata da una dimensione teologico-giuridica. Due tensioni principali attraversano infatti Venere in pelliccia: da un lato, il ruolo ambiguo del diritto nella costruzione del piacere masochista, dall’altro, il rapporto sotterraneo e ancora largamente inesplorato tra il masochismo e la matrice cristiana della modernità. Se dunque Deleuze individua e riconosce a Sacher-Masoch una logica giuridica, questa potrebbe rivelarsi inseparabile dalla concettualità teologica propria della temporalità cristiana e, in particolare, della visione paolina del differimento della fine del mondo (2Ts, 2, 2).

Il testo di Sacher-Masoch, nonostante l’apparente celebrazione di un immaginario pagano, personificato dal personaggio di Wanda e dai numerosi richiami al mito antico (Venere in primis), presenta un “dispositivo masochista” – il contratto, l’attesa, la promessa differita del piacere – che risuona invece profondamente in accordo con l’universo cristiano e soprattutto con la logica del katechon: la forza trattenente che in San Paolo rinvia indefinitamente la fine della storia, garantendo un ordine che impedisce al mondo di cadere nel caos (Monateri 2023).

II. Istituzionalismo masochista? Il contratto

Come ho detto, il ruolo del diritto all’interno della dinamica masochista rappresenta un elemento significativo dell’interpretazione deleuziana che non può fare a meno di riconoscere uno “spirito giuridico” del masochismo (Deleuze [1967] 1978, 22). Paradossalmente, tuttavia, secondo il filosofo francese, sarebbe Sade, e non Sacher-Masoch, a configurarsi come pensatore delle “istituzioni” politiche:

Così come il sadico ha bisogno di istituzioni, il masochista si nutre di relazioni contrattuali. Troviamo nel medioevo la distinzione fra due tipi di demonismo, o due perversioni fondamentali: l'una per possessione, l'altra per patto di alleanza. È il sadico che pensa in termini di possessioni istituita, mentre il masochista in termini di alleanza pattuita. La possessione è una follia propria del sadismo, il patto propria del masochismo (Deleuze [1967] 1978, 9).

Deleuze sta riprendendo un modo di intendere le istituzioni, indipendenti dallo Stato e peraltro contrapposte frontalmente alla legge, che aveva già elaborato in Istinti e istituzioni (Deleuze [1955] 2014; Bottiroli 2023): proprio “Saint-Just”, ai suoi occhi, avrebbe voluto “molte istituzioni e pochissime leggi”, dichiarando che “nulla sarà stato fatto nella repubblica fino a quando le leggi hanno sopravvento sulle istituzioni” (Deleuze [1967] 1978, 74). Diviene allora più semplice comprendere per quale ragione le “istituzioni” del sadismo e lo “spirito giuridico” del masochismo sarebbero da considerarsi come termini antitetici. E tuttavia, solo attraverso una lettura più attenta del significato della legge in Venus im Pelz può emergere come Sade sia in realtà un teorico dell’immanenza, di un erotismo che è completa adesione a un universo ‘naturale’ – tutt’altro dunque che un pensatore delle istituzioni – mentre Masoch un erede della riflessione sulla fictio giuridica che implica forme, più o meno esplicite, di trascendimento.

Nel testo di Sacher-Masoch la legge non reprime il desiderio ma lo rende possibile. Il contratto tra Severin e Wanda, sia nella finzione letteraria sia nella biografia dell’autore, non è il riflesso di un ordine preesistente, bensì un atto fondativo, una creazione giuridica ex nihilo. Contro quel modo univoco di leggere le istituzioni, culminante nella “gabbia d’acciaio” di Max Weber, esse si declinano in Sacher-Masoch nel senso meno conservatore del termine, rifacendosi al significato verbale dell’instituere latino: istituire, dare inizio, stabilire (Esposito 2020; Di Pierro, Marchesi, Zaru 2020; Esposito 2023). Esse appaiono non come elementi basilari di una disciplina, istituti immutabili, valori e atteggiamenti ormai privi di vita, ma piuttosto come sistemi vitali dell’organizzazione sociale. Deleuze ha dunque ragione nell’individuare un “antiestetismo del sadismo”, contrapposto all’“estetismo del masochismo”, ma sbaglia a considerare il primo come espressione dell’istituzionalismo di Sade e il secondo del contrattualismo di Sacher-Masoch (Deleuze [1967] 1978, 139). Al contrario, proprio la centralità del contratto, presente nella prima versione dell’opera e sempre mantenuta anche nelle messe in scena teatrali o cinematografiche, conferma il carattere istituente del masochismo. Masoch non immagina la legge come pura repressione o divieto, ma come dispositivo del piacere; in questo senso, il personaggio di Wanda potrebbe essere interpretato come personificazione della legge, capace di trasformare la punizione in godimento. Non è un caso che il contratto masochista redatto da Severin non abbia mai un carattere ironico o parodico, ma possieda la solennità di un atto fondativo quasi sacro. 

La legge, in quest’ottica, è l’origine del piacere istituito di volta in volta attraverso il contratto. È in primo luogo dal punto di vista del diritto che il masochismo non può essere inteso all’interno di una dialettica sadomasochista: il sadico rifiuta ogni legge affidandosi a un puro determinismo naturale; il masochista costruisce un ordine simbolico, educando la propria dominatrice e persuadendola a redigere un contratto che funge sia da vincolo giuridico che da promessa teologica. Esattamente come alle origini dell’archetipo ebraico-cristiano, la legge può essere ciò che salva il singolo individuo in quanto capace di rivelare dove si nasconde il peccato, oppure ciò che lo opprime differendo il senso ultimo (Taubes [1947] 1997, Scholem [1973] 2001, Derrida [2005] 2011). Il masochista, non il sadico, crede nella forma giuridica: il piacere di Sacher-Masoch richiede l’esistenza della legge e non la sua sospensione, ed egli perviene così a una giuridificazione dell’immaginario erotico che tende concettualmente al differimento messianico.

III. Messianesimo masochista? Il dolore

Nel mondo descritto da Sacher-Masoch, il dolore è necessario a creare uno spazio temporale, una sospensione che sia causa del piacere. Lo scarto è dunque cruciale: il masochista differisce il piacere, lo proietta nel futuro e lo connette a una punizione che deve precederlo per strutturarlo. Il masochismo possiede una specifica grammatica temporale che torna a distinguerlo dall’immediatezza del sadismo. Come in un rituale, infatti, il vero volto del desiderio risiede nella costruzione di una catena sequenziale di eventi per cui il masochista sa di dover differire, e quindi attendere, per poter godere.

Sacher-Masoch invita, più o meno consapevolmente, a ipotizzare una portata messianica di questa logica temporale attraverso il costante paragone di Severin con la figura del martire quale immagine della crocifissione di Cristo. L’autore sembra essere quasi ossessionato da questa parentela confondendo continuamente le figure del martire cristiano, del santo torturato e dell’asceta fustigato, con quella dell’uomo dominato per il quale la produzione del senso non è scindibile dalla sacralizzazione della sofferenza. Nel martirio cristiano, il dolore è la condizione della salvezza, tanto da garantire una redenzione ultraterrena (Esposito, Fulco 2023), che nel masochismo si trasforma in piacere di questo mondo. Eppure, il principio resta il medesimo: il piacere masochista, al pari della beatitudine mistica, è differito e subordinato a una dilazione temporale. I martiri sono quasi sempre raffigurati nell’attimo del supplizio, e non in quello della beatitudine, ed è per questa ragione – in segno di elezione, come prova tangibile della futura felicità promessa – che servono dei segni fisici in ricordo del dolore provato. Nel contratto masochista, Severin chiede a Wanda non solo di punirlo, ma di scrivere sul suo corpo, di lasciare dei segni della punizione come garanzia del piacere futuro. Il godimento richiede una messinscena che rende il corpo del masochista un corpo pubblico, e, prima che simbolico, politico.

La struttura del piacere masochista ripete, quasi alla lettera, quella della salvezza cristiana, fondata sul differimento escatologico. La dilazione della beatitudine o del piacere non è perciò separabile dalla temporalità messianica, dalla più antica promessa mai realizzata della “Seconda venuta”, che pure richiede costanti garanzie per scongiurare il timore di esser caduti in una fascinazione allucinatoria. In modo non dissimile, il segno lasciato sul corpo serve a garantire una continuità tra la promessa passata e la sua futura realizzazione. La struttura escatologica del piacere convive, infatti, con un interesse specifico di Sacher-Masoch per le figure messianiche. L’autore dedica un racconto di grande interesse alla figura di Sabbetay Sevi, personaggio storico che, nella seconda metà del Seicento, prima si proclama Messia e poi, convocato dal sultano turco, si converte improvvisamente all’Islam. La storia di Sevi ha affascinato numerosi interpreti, tra cui Gershom Scholem ([1973] 2001), ma anche Voltaire, che ne commentò con sarcasmo la paradossale vicenda: “fustigato dai ministri della legge, si fece maomettano, e visse e morì tanto disprezzato dagli ebrei quanto dai mussulmani: questo screditò talmente la professione di ‘falso Messia’, che dopo di lui non ne comparvero più” (Voltaire [1764] 1981, 273-74). Nel 1886 Sacher-Masoch scrive la storia di Sebbatay concentrandosi sulla figura femminile che ne accompagnò le vicende: la moglie Miriam. Egli la modella e la descrive come una vera e propria ‘venere in pelliccia’, paragonandola costantemente, al pari di Wanda, ad Afrodite nata dalla schiuma del mare (Sacher-Masoch 1886, 26-38). E tuttavia, anche in questo caso, il riferimento non è solo al mito pagano, poiché la dominatrice dell’uomo folle che si autoproclama Messia è in realtà una nuova Giuditta, come esplicita il sottotitolo del racconto di Masoch: Die Judith von Bialopol. L’eroina che decapita Oloferne ubriaco è, com’è noto, anche la protagonista dell’epigrafe di Venus im Pelz: “Dio lo ha punito e lo ha dato in mano a una donna” (da Gdt 13,15b). Miriam, esattamente come Wanda, è caratterizzata da un riso vittorioso che, tuttavia, nel suo manifestarsi, rivela anche impossibile quel piacere ingenuo e immediato che dichiara. Il piacere di una Venere pagana – come Wanda ama autodefinirsi: “peggio di una eretica, una pagana” – risulta tristemente anacronistico.

L’unico piacere ormai possibile è quello differito del martire cristiano, una sorta di piacere messianico che si realizza solo nella sospensione e nell’attesa. Questo piacere differito rappresenta la risposta a una delle grandi domande della modernità: esiste ancora un piacere dopo la frattura tra arte e vita? Se il piacere pagano è perduto per sempre, il masochismo inventa una nuova forma di godimento, un piacere ritualizzato che si configura come l’unico possibile nel quadro di riferimento del Cristianesimo. In questo senso, la differenza tra Wanda e Severin è anche la differenza tra epica e romanzo: Wanda difende un mondo epico dove arte e vita ancora coincidono; Severin, invece, sembra dare voce al romanzo moderno, dove il piacere non è più esperienza immediata, ma narrazione e attesa, desiderio che si scrive e si differisce.

IV. Conclusione. Il masochismo come piacere dei Moderni

Il percorso che ho tracciato sin qui mira a restituire la complessità del concetto di masochismo al di là delle semplificazioni che lo hanno ridotto a un caso clinico o a una variante patologica del desiderio. L’idea di piacere nutrita dal protagonista Severin non è una semplice perversione, ma una costruzione giuridica, teologica, ed estetica che interroga il significato della Modernità stessa. In questo senso, Sacher-Masoch può essere interpretato come un pensatore della ‘forma’. Se, come suggeriscono molti degli analisti del Novecento, tra cui Carl Schmitt ([1919] 2021), Walter Benjamin ([1928] 1999), e soprattutto György Lukács ([1916] 1994), ogni forma artistica moderna è caratterizzata dalla perdita dell’unità tra arte e vita, il masochismo potrebbe rappresentare la forma estetica di una nuova condizione spirituale: un dispositivo dunque che, perduto l’equilibrio proprio del mondo Antico, tenta di forgiare una nuova forma in cui i Moderni possano sperimentare il conflitto senza esserne travolti. In modo simile a quanto avvenuto nel movimento primo-romantico in Germania, la domanda che sembra porsi all’interno del testo di Sacher-Masoch è la legittimazione di una generazione che si autoconcepisce in contrasto con l’Antico. Così come la Romantik aveva preso avvio, interrogandosi sulla possibilità di una forma (politica ed estetica) adeguata ai Moderni, trovando poi nel romanzo la possibile risposta a quella problematica questione, anche Venus im Pelz, attraverso le figure di Wanda e Severin, sembra riprodurre la contrapposizione tra Antichi e Moderni. La domanda posta dal primo Romanticismo tedesco era:

Qual è il compito della poesia moderna?
Può essere realizzato?
Quali sono i mezzi per realizzarlo? (Schlegel [1797] 2008, 41)

In Sacher-Masoch, nel 1870, la questione estetica si è ampliata, complicandosi ulteriormente. Se i Romantici si erano interrogati sulla natura della poesia (Dichtung) dei Moderni, era divenuto ormai imprescindibile chiedersi quale fosse la forma del piacere: quali sono, parafrasando Schlegel, la natura e il compito del piacere nella Modernità? Sono essi realizzabili? E con quali mezzi? Sacher-Masoch conduce questa esigenza alle estreme conseguenze, facendo del piacere un’esperienza di regolazione formale. Evitando la semplificazione ermeneutica di una lettura anti-cristiana o di elogio unilaterale del paganesimo, in Venere in pelliccia è possibile individuare la presenza di un paradigma paolino che connetta il differimento all’esperienza del piacere.

Riferimenti bibliografici
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English abstract

In analysing Venus in Furs through the lens of Gilles Deleuze’s reflections on Leopold von Sacher-Masoch, this essay highlights two key tensions: the ambiguous relationship between the masochistic device and the law, and the equally complex centrality of Christianity. In Masoch's text, the apparent celebration of a pagan imaginary – embodied by the character of Wanda and the frequent references to the Venus myth – is ultimately misleading. Drawing on Deleuze's critique of the sadism-masochism dialectic, the article argues that Christianity is not merely a cultural backdrop, but the foundational structure that shapes masochistic pleasure. The opposition evoked by the title – Venus or Judith – serves as a framework for exploring the interaction between pagan and Christian mythology. Against this background, the essay interrogates the emergence of a new form of pleasure made possible by the aesthetic and juridical frameworks that inform 20th century interpretations of Sacher-Masoch's work.

keywords | Masochism; Mythology; Christianity; Law; Deleuze.

questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e all'international advisory board della rivista

Per citare questo articolo / To cite this article: Francesca Monateri, Venere o Giuditta. Il dispositivo masochista tra paganesimo e cristianesimo, “La Rivista di Engramma” n. 223, aprile 2025.