"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

68 | dicembre 2008

9788898260133

Il gioco della verità e della politica: Michel Foucault e le lezioni parigine sulla parrhesia
a cura di Monica Centanni


Parrhesia – il parlare franco, il parlare ‘vero’ – non è una procedura retorica, né didattica, né persuasiva. L’atto del prendere parola è un’azione efficace che si impone, fin dalle sue prime definizioni nell’Atene del V secolo, come dispositivo principe della democrazia in statu nascenti. Parrhesia non è, semplicemente, ‘libertà di parola’: incrociando testimonianze di Tucidide, di Euripide, di Plutarco e di Polibio, Foucault ci insegna che isonomia (uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alle leggi) e isegoria (diritto di parola assicurato pariteticamente a tutti i cittadini) sono bensì presupposti necessari alla parrhesia: isonomia e isegoria garantiscono, infatti, il quadro costituzionale e giuridico entro cui si iscrive l’azione del parresiasta. Ma solo l’atto di parrhesia compie ed invera il dispositivo democratico: parrhesia è precisamente l’azione per cui, nell’assemblea in cui le leggi sono uguali per tutti i cittadini e tutti i cittadini hanno garantito il diritto di parola, un cittadino si alza in piedi e prende parola, giocando in questa mossa la sua aretè, le sue virtù di sapienza, di tecnica retorica, di coraggio individuale.

Rispetto alla reticenza tutta apollinea dell’oracolo che “non dice e non nega”, rispetto alla apofatica della sapienza ‘aurea’ che gioca di riflesso con la luce, parrhesia è atto di coraggio tutto umano, tutto politico. Anche nella tragedia (ad esempio nello Ione di Euripide, uno dei testi che Foucault utilizza come fonte e trama del suo ragionamento), l’uomo si pone ritto di fronte alla reticenza del divino e gli chiede ragione delle sue azioni. Nessun dio è titolare di parrhesia: contro l’aurea reticenza dell’oracolo soltanto l’uomo può stare ritto e arrischiare la potenza del logos. In questo senso Foucault riconosce nell’alethourghìa – nella drammaturgia del disvelamento della verità – uno dei processi di disvelamento e di soluzione del meccanismo tragico.

L’atto di parrhesia è un atto di coraggio individuale: il ‘Pericle’ tucidideo si alza in assemblea e mette a rischio il ruolo acquisito, dicendo la verità alla sua città, arrischiando per il bene della polis il proprio ascendente e il proprio prestigio. La parola vera si fa parola efficace: ma è questo un atto pericoloso – così insegna l’esempio storico di Efialte che, agli albori della rivoluzione democratica, mette nel gioco costitutivo della polis la posta della sua stessa vita. Se infatti il re della città arcaica (di cui una perfetta immagine e l’Eteocle eschileo dei Sette contro Tebe) era solo al governo della nave, solo nella responsabilità della vittoria e della sconfitta, il ‘principe’ della città democratica fa un passo avanti in assemblea, chiede la parola, esprime francamente il suo progetto davanti a cittadini che, se ne sono capaci, hanno tutte le garanzie di legge e le condizioni di diritto per poter contrapporre al suo il loro parere. A questo punto del procedimento assembleare, Pericle, sulla sua opzione, formulata per l’interesse comune e modulata nello stile parresiastico del ‘discorso vero’, chiede voto e consenso, esponendosi al rischio di una sconfitta ai voti: ma poi, sia che il suo progetto abbia successo, sia che abbia insuccesso, pretende garantita la condivisione della responsabilità attiva dei cittadini che hanno votato in favore della sua mozione. Sottoporre a giudizio, in assemblea, il proprio progetto, pretendere la verifica del voto, assumere collettivamente la responsabiltà della decisione condivisa, è pratica squisitamente democratica che emancipa l’etica arcaica traducendo il pregio dell’aretè e il senso del prestigio e dell’‘onore’ individuale nella dimensione pubblica, del bene politico condiviso. Nella polis l’eroe dell’epica è diventato il cittadino che, educatosi alla libera parola contro la sopraffazione e l’ingiustizia, prende la parola e dice il vero, per il bene della città.

L’atto del parresiasta non è la mesta e impotente ribellione del più debole, non è neppure l’atto romantico del martire , che contrappone la propria postura orgogliosa contro l’ingiustizia del più forte. È, invece, atto di coraggiosa e arrischiata libertà che nella struttura dinamica e agonistica della polis democratica, riesce vittorioso, si fa potenza politica: chi sa (chi ha abbastanza virtù) per alzare la voce di fronte al potente conquista sul campo la possibilità di usare questa sua stessa virtù per diventare potente egli stesso, per vincere il gioco agonale della città e quindi (per quanto precariamente) dirigerne le sorti. Salvo rimettere puntualmente in gioco l’efficacia della sua parola, saggiando la sua potenza contro altre, libere, parole.  

Scriveva Alessandro Dal Lago presentando questo testo di Foucault: “Il contesto è l'Atene della guerra del Peloponneso, la scena è l'agorà, la cornice è una relazione di potere, o se vogliamo di governo, in cui governanti e governati possono ancora vedersi in faccia, parlare ad alta voce e assumere i loro rischi”.

Parrhesia si fonda come dispositivo politico, all’interno delle condizioni di isonomia e isegoria ed è quindi un elemento costitutivo dello stile democratico. Solo in un secondo momento, con la crisi della polis del V secolo, parrhesia si converte a divenire parte dell’ethos del filosofo o del discepolo. parrhesia è quindi un atteggiamento, uno stile dell’azione politica: sia esso il cittadino vs. l’assemblea, il filosofo vs. il tiranno, il discepolo vs. il maestro, la postura coraggiosa di un individuo virtuoso capace di esercitare al meglio l’areté dell’umano, e che si alza in piedi e prende la parola di fronte al potere, per mettere in crisi e poi, eventualmente, conquistare proprio il potere. parrhesia è atto efficace, non semplicemente ‘performativo’: dopo l’arrischiato ‘franco parlare’ l’assemblea democratica potrà decidere di votare o non votare la mozione del cittadino, il tiranno potrà prestare ascolto o mettere a morte il filosofo, il maestro potrà apprezzare la libertà che ha insegnato al discepolo o allontanarlo da sé. Ma comunque, di fronte all’atto parresiastico, non si da una reazione di neutralità il mondo non è più lo stesso perché la voce libera ha messo in crisi il suono compatto e unitario del mondo: dissonando ha rivelato la possibilità di un’altra, più complessa, armonia.

Cittadino filosofo, discepolo: figure della parrhesia che è pratica difficile, paradossale, che politicamente si compie soltanto nella cornice costituzionale democratica ma che istituendo, nuove relazioni di potere, minaccia il fondamento egalitario della stessa democrazia. “In fondo - ci dice Foucault - la libertà di parola che irrompe tra gli uomini, nel pericolo di chi la pronuncia, echeggia nella polis, declina con essa e ad essa ritorna, nelle forme ambigue, ma comunque date, del presente” (Alessandro Dal Lago).

Aspro il nucleo etico, il gioco agonistico di coraggio e di valore, che anima lo spirito inquieto e fragile della democrazia: un gioco che – come insegna Foucault in questo prezioso seminario di cui qui di seguito presentiamo la scelta di alcuni passaggi – il nostro tempo ha urgenza di recuperare per rifondare, coordinate, procedure, dispositivi e stile della vita pubblica.
 


Michel Foucault, Paris 1983 (Archive Foucault)
 

Il testo da cui sono tratti i brani che seguono è Michel Foucault, Le gouvernement de soi et des autres, Cours au College de France 1982-1983, Gallimard-Seuil, Paris 2008.
Il tema della parrhesia venne ripreso, in forma molto meno approfondita, in una serie di lezioni presso l’Università di Berkeley nello stesso 1983: le lezioni americane sono pubblicate in Italia in Michel Foucault, Discorso e verità nella Grecia antica, Donzelli, Roma 1996.


Per una definizione di parrhesia
(dalle lezioni del 12 gennaio 1983)

parrhesia è dire la verità: anzi è “un certo modo di dire la verità”
On peut dire que la parrhesia, c’est bien une manière de dire vrai, mais ce qui définit la parrhesia ce n’est pas ce contenu même de vérité. La parrhesia, c'est une certaine manière de dire la vérité. Mais qu'est-ce que c'est qu'une ‘manière de dire la vérité’? comment est-ce que l'on peut analyser les différentes manières de dire la vérité? Où situer cette manière de dire la vérité qui caractérise la parrhesia? […]Les différentes manières de dire vrai peuvent apparaître comme autant de formes soit d'une stratégie de la démonstration, soit d'une stratégie de la persuasion, soit d'une stratégie de l’enseignement, soit d'une stratégie de la discussion. Est-ce que la parrhesia fait partie de l'une de ces stratégies, est-ce que la parrhesia est une manière de démontrer, est-ce qu'elle est une manière de persuader, est-ce qu'elle est une manière d'enseigner, est-ce qu'elle est une manière de discuter?

parrhesia non è una strategia della dimostrazione
Il est évident que la parrhesia ne relève pas d'une stratégie de démonstration, ce n'est pas une manière de démontrer. […] Donc la parrhesia peut en effet utiliser des éléments de démonstration. Il peut y avoir de la parrhesia à faire certaines démonstrations. Et après tout lorsque Galilée écrira ses Dialogues, il fera preuve de parrhesia dans un texte démonstratif. Mais ce n'est pas la démonstration, ni la structure rationnelle du discours qui vont définir la parrhesia.

parrhesia non fa parte della strategia di persuasione retorica
Deuxièmêment est-ce que la parrhesia est une stratégie de la persuasion? Relève-t-elle d'un art qui serait celui de la rhétorique? Là évidement, les choses sont un peu plus compliquées parce que, d'une part la parrhesia comme technique, comme procédé, comme manière de dire les choses, peut et souvent doit effectivement utiliser les ressources de la rhétorique; d'autre part, dans certains traités de rhétorique la parrhesia (le franc-parler, la véridicité) va trouver pIace, et trouver, comme une figure de style, figure de style d'ailleurs assez paradoxale, assez curieuse. […] La parrhesia, du point de vue de Quintilien […], c'est une figure de pensée, mais comme le degré zéro de la rhétorique, là où la figure de pensée consiste à n'utiliser aucune figure. Il n'en reste pas moins, vous le voyez, qu'il y a, entre parrhesia et rhétorique, tout un foyer de questions, tout un réseau d'interférences, proximités, intrications, etc., qu'il faudra essayer de débrouiller. Mais on peut dire, d'une façon générale, que la parrhesia ne peut pas simplement se définir, à l'intérieur du champ de la rhétorique, comme un élément relevant de la rhétorique. D'une part parce comme vous l'avez vu, la parrhesia se définit fondamentalement, essentiellement et premièrement comme le dire-vrai, alors que la rhétorique est une manière, un art ou une technique de disposer les éléments du discours de manière à persuader. Mais que ce discours dise vrai ou non n'est pas essentiel à la rhétorique. […] Donc la parrhesia n'est pas, je crois, à classer ou à comprendre du point de vue de la rhétorique.

parrhesia non è una pedagogia

Elle n'est pas non plus une manière d'enseigner, ce n'est pas une pédagogie. Car s'il est vrai que la parrhesia s'adresse toujours à quelqu'un à qui on veut dire le vrai, il ne s'agit pas forcément de lui enseigner. On peut lui enseigner, c'est ce que Platon voulait faire, mais il y a dans les scènes dont je viens de vous parler, toute une brutalité, toute une violence, tout un côté abrupt de la parrhesia, qui est tout à fait différent de ce que peut être une procédure pédagogique. Le parrèsiaste, celui qui dit vrai dans cette forme-là, eh bien il lance la vérité à la tête de celui avec lequel il dialogue, ou auquel il s' adresse, sans que l' on puisse trouver ce cheminement propre à la pédagogie qui va du connu à 1'inconnu, du simple au complexe, de l'élément à l' ensemble. On peut même dire, jusqu' à un certain point, qu' il y a dans la parrhesia quelque chose qui est tout à fait contraire à au moins certains des procédés de la pédagogie. En particulier, rien de plus éloigné […] que la parrhesia de ce qu'est la fameuse ironie socratique ou socratico-platonicienne. Dans cette ironie socratique, de quoi s'agit-il? Eh bien, il s'agit d'un jeu dans le quel le maître feint de ne pas savoir et mène l'élève à formuler ce qu'il ne savait pas savoir. Dans la parrhesia au contraire, comme si c'était une véritable anti-ironie, celui qui dit vrai jette la vérité à la face de cet interlocuteur, une vérité si violente, si abrupte, dite d'une façon si tranchante et si définitive que l'autre en face ne peut plus que se taire, ou s'étrangler de fureur, ou encore passer à un tout autre registre, qui est, dans le cas de Denys à l'égard de Platon, la tentative de meurtre. Loin que ce soit celui auquel on s'adresse qui découvre en lui-même, par l'ironie, la vérité qu'il ne savait pas savoir, là il est en présence d'une vérité qu'il ne peut pas accepter, qu'il ne peut pas ne pas rejeter et qui le conduit à ce qui est l'injustice, la démesure, la folie, l' aveuglement... On a là un effet qui est très exactement, non seulement anti-ironique, mais même anti-pédagogique.

parrhesia non è un modo di discutere, non è procedimento eristico
[…] Est-ce qu'alors la parrhesia n'est pas une certaine manière de discuter? Elle ne relève pas de la démonstration, elle ne relève pas de la rhétorique, elle ne relève pas de la pédagogie. Est-ce qu'on pourrait dire qu' elle relève de l' éristique? Ne serait-elle pas, en effet, une certaine manière d'affronter un adversaire? N'y aurait-il pas dans la parrhesia une structure agonistique entre deux personnages qui se font face et qui entrent en lutte l'un et l'autre autour de la vérité ? En un sens, je crois qu' on approche déjà bien plus de la valeur de la parrhesia quand on fait valoir sa structure agonistique, Mais je ne crois pas que la parrhesia fasse partie d'un art de la discussion, dans la mesure où l'art de la discussion permet de faire triompher ce que l' on croit vrai. En fait […] il ne s'agit pas tellement d'une discussion où l'un des discours chercherait à l'emporter sur l'autre. Il y a d'un coté l'un des interlocuteurs qui dit vrai, et qui se préoccupe au fond de dire vrai le plus vite, le plus haut, le plus clairement possible; et puis, en face. l'autre qui ne répond pas, ou qui répond par autre chose que des discours.

parrhesia: lo stile pericoloso di dire il vero
Résumons […] disons que la parrhesia est donc une certaine manière de dire vrai, et il faut savoir ce que c'est que cette manière. Mais cette manière ne relève ni de l'éristique et d'un art de discuter, ni de la pédagogie et d'un art d'enseigner, ni de la rhétorique et d'un art de persuader, ni non plus d 'un art de la démonstration. Ou encore, on ne rencontre, je crois, ce qu'est la parrhesia, on ne peut l'isoler, on ne peut saisir ce qui la constitue ni dans l'analyse des formes internes du discours ni dans les effets que ce discours se propose d'obtenir. Elle ne se rencontre pas dans ce qu'on porrait appeler les stratégies discursives. Alors en quoi est-ce qu'elle consiste, puisque ce n'est pas dans le discours même et dans ses structures? Puisque ce n'est pas dans la finalité du discours qu'on peut situer la parrhesia, où peut-on la situer? […] quelles que soient les formes dans lesquelles cette vérité est dite, quelles que soient les formes qui sont utilisées par cette parrhesia lorsqu'on a recours à elle, toujours il y a parrhesia lorsque le dire-vrai se dit dans des conditions telles que le fait de dire la vérité, et le fait de l'avoir dite, va ou peut ou doit entraîner des conséquences coûteuses pour ceux qui ont dit la vérité. […Il y a] gens qui pratiquent le parrhesiazesthai, qui pratiquent la parrhesia, dans la mesure où ils disent en effet actuellement la vérité et où, la disant, ils s' exposent eux-mêmes, eux qui l' ont dite, à payer le prix, ou un certain prix pour l' avoir dite. […] Les parrèstiastes sont ceux qui, à la limite, acceptent de mourir pour avoir dit vrai. Ou plus exactement, les parrèsiastes sont ceux qui entreprennent de dire le vrai à un prix non déterminé, qui peut aller jusqu' à leur propre mort.

l’irruzione del vero: parrhesia non sortisce un effetto, apre un rischio

[…] dans la parrhesia, quel que soit le caractère habituel, familier, quasi instutionnalisé de la situation où elle s'effectue, ce qui fait la parrhesia, c’est que l'introduction, l'irruption du discours vrai détermine une situation ouverte, ou plutôt ouvre la situation et rend possible un certain nombre d'effets qui précisément ne sont pas connus. La parrhesia ne produit pas un effet codé, elle ouvre un risque indéterminé. […] ce qui va définir l'énoncé de la parrhesia, ce qui va faire précisément de l' énoncé de sa vérité dans la forme de la parrhesia quelque chose d' absolument singulier, parmi les autres formes d'énoncés et parmi les autres formulations de la vérité, c'est que dans la parrhesia il y a ouverture d’un risque. Dans le cheminement d'une démonstration qui se fait dans des conditions neutres il n'y a pas parrhesia, bien qu'il y ait énoncé de la vérité, parce que celui qui énonce ainsi la vérité ne prend aucun risque. L'énoncé de la vérité n' ouvre aucun risque si vous ne 1'envisagez que comme un élément dans une démarche démonstrative. Mais à partir du moment où l'énoncé de la vérité, qu'il soit d' ailleurs à l'intérieur […] ou à l'extérieur d'une démarche démonstrative, constitue un événement irruptif, ouvrant pour le sujet qui parle un risque non défini ou mal défini, à ce moment-là on peut dire qu'il y a parrhesia. C'est donc le contraire en un sens du performatif, où l'énonciation de quelque chose provoque et suscite, en fonction même du code général et du champ institutionnel où l'énoncé performatif est prononcé, un événement tout à fait déterminé. Là au contraire, c'est un dire-vrai, un dire-vrai irruptif, un dire-vrai qui fait fracture et qui ouvre le risque: possibilité, champ de dangers, ou en tout cas éventualité non déteminée.

parrhesia come pratica non neutra, non indifferente
[…] dans la parrhesia, et ce qui fait la parrhesia, c'est que non seulement [l’] indifférence n'est pas possible, […] je crois qu'il y a, à l'intérieur de 1'énoncé parrèsiastique, quelque chose que l' on pourrait appeler un pacte: le pacte du sujet parlant avec lui-même. Pacte qui a lui-même deux niveaux: le niveau de l'acte d'énonciation et puis [celui], implicite ou explicite, par lequel le sujet se lie à l'énoncé qu'il vient de dire, mais se lie aussi à l'énonciation. Et c'est en cela que le pacte est double. D'une part le sujet dans la parrhesia dit: Voilà la vérité. Il dit qu'il pense effectivement cette vérité, et en cela il se lie lui-même à l'énoncé et au contenu de l'énoncé. Mais il fait pacte aussi en ceci qu'il dit: Je suis celui qui a dit cette vérité; je me lie donc à l' énonciation et je prends le risque de toutes ses conséquences. La parrhesia [comprend] donc l'énoncé de la vérité, puis, au-dessus de cet énoncé, un élément implicite qu'on pourrait appeler le pacte parrèsiastique du sujet à lui-même, par lequel il se lie et au contenu de l'énoncé et à l'acte même de l'énoncé: Je suis celui qui aura dit cela. Et [à travers] la joute, le défi, la grande scène de l'homme se levant devant le tyran, et, aux yeux de toute la cour, aux oreilles de toute la cour, disant la vérité, eh bien c'est ce pacte-là qui est manifesté.

il coraggio di mettere in atto la libertà dell’individuo che parla

Ce qui caractérise l' énoncé parrèsiastique, c'est que justement, en dehors du statut et de tout ce qui pourrait coder et déterminer la situation, le parrèsiaste c'est celui qui fait valoir sa propre liberté d'individu qui parle. […] Alors que l' énoncé performatif définit un jeu déterminé où le statut de celui qui parle et la situation dans laquelle il se trouve déterminent exactement ce qu'il peut et ce qu'il doit dire, il n'y a parrhesia que lorsqu'il y a liberté dans l' énonciation de la vérité, liberté de l'acte par lequelle le sujet dit la vérité, et liberté aussi de ce pacte par lequel le sujet qui parle se lie à l'énoncé et à l'énonciation de la vérité. Et dans cette mesure-là, au coeur de la parrhesia, on ne trouve pas le statut social, institutionnel du sujet, on y trouve son courage.

parrhesia come etica del dire vero, nel suo atto arrischiato e libero
La parrhesia […] est donc une certaine manière de parler. Plus précisément, c'est une manière de dire vrai. Troisièmêment, c'est une manière de dire vrai qui est telle que l'on ouvre pour soi-même un risque par le fait même que l'on dit vrai. Quatrièmêment, la parrhesia est une manière d'ouvrir ce risque lié au dire-vrai en se constituant soi-même comme partenaire en quelque sorte de soi lorsque l'on parle, en se liant à l'énoncé de la vérité, et en se liant à l'énonciation de la vérité. Enfin la parrhesia c'est une manière de se lier à soi-même dans l'énoncé de vérité, de se lier librement à soi-même et dans la forme d'un acte courageux, La parrhesia, c'est le libre courage par lequel on se lie soi-même dans l'acte de dire vrai. Ou encore la parrhesia, c'est l'éthique du dire-vrai dans son acte risqué et libre.

parrhesia come una forma 'drammaturgica' del dire vero

Il me semble que la parrhesia est très exactement ce qu’on pourrait appeller un des aspects et une des formes de la dramatique du discours vrai. […] L' analyse de la parrhesia, c’est1'analyse de cette dramatique du discours vrai qui fait apparaìtre le contrat du sujet parlant avec lui-même dans l'acte du dire-vrai. Et je crois qu’on pourrait, de cette manière-là, faire toute une analyse de la dramatique et des différentes formes de dramatiques du discours vrai: le prophète, le devin, le philosophe, le savant. […] En prenant donc comme arrière-plan général la question philosophique du rapport entre l'obligation de la vérité et l'exercice de la vérité, en prenant comme point de vue méthodologique ce qu'on pourrait appeler la dramaturgique générale du discours vrai, je voudrais voir si l' on ne peut pas, de ce double point de vue (philosophique et méthodologique), faire l'histoire, la généalogie, etc., de ce qu' on pourrait appeler le discours politique.

drammaturgiche politica del discorso vero

Y a-t-il une dramatique politique du discours vrai, et quelles peuvent être les différentes formes, les différentes structures de la dramatique du discours politique? Autrement dit, lorsque quelqu'un se lève, dans la cité ou en face du tyran, ou lorsque le courtisan s'approche de celui qui exerce le pouvoir, ou lorsque l'homme politique monte à la tribune et dit: “Je vous dis la vérité”, quel est le type de dramatique du discours vrai qu'il met en oeuvre?

parrhesia politica, parrhesia filosofica, parrhesia rivoluzionaria
Comment, d'une parrhesia, qui, vous allez le voir tout à l 'heure ou la prochaine fois, va caractériser l'orateur public, est-on passé à une conception de la parrhesia qui caractérise la dramatique du conseiller qui, à côté du Prince, prend la parole et lui dit ce qu'il faut faire? […] Et enfin, bien entendu, on pourrait repérer une […] grande figure dans la dramatique du discours vrai dans l’ordre de la politique, qui est la figure du révolutionnaire. Qu' est-ce que c'est que celui qui se lève, au milieu d'une société, et qui dit: “Je dis vrai”, et je dis vrai au nom de quelque chose qui est la révolution que je vais faire et que nous allons faire ensemble?

Polibio II, 38, 6: demokratia, isegoria, parrhesia
Dans le texte de Polybe (II, 38, 6), le régime des Achéens [est défini] par trois grandes caractéristiques. Il dit que, chez les Achéens, on a des cités dans lesquelles on trouve: demokratia (la démocratie); deuxièmêment, isegoria; troisièmêment parrhesia. demokratia, c'est-à-dire la participation, non pas de tous, mais de tout le demos, c'est-à-dire de tous ceux qui peuvent être qualifiés comme citoyens, et par conséquent comme membres du demos, à participer au pouvoir. isegoria se rapporte à la structure d'égalité qui fait que droit et devoir, liberté et obligation sont les mêmes, sont égaux, là encore pour tous ceux qui font partie du demos, et par conséquent qui ont le statut de citoyen. Et enfin, troisième caractéristique de ces États, c'est le fait qu' on y trouve la parrhesia. On y trouve la parrhesia, c'est-à-dire la liberté pour les citoyens d'y prendre la parole, et d'y prendre la parole bien sûr dans le champ de la politique, champ de la politique étant entendu tant du point de vue abstrait (l' activité politique) que d'une façon très concrète: le droit dans 1'Assemblée, et dans 1'Assemblée réunie, même si l' on n'exerce pas de charge particulière, même si l'on n'est pas un magistrat, de se lever, de parler, de dire le vrai, ou de prétendre qu'on dit le vrai et d'affirmer qu'on le dit. C'est cela la parrhesia: une structure politique.


parrhesia e gioco della polis
(dalle lezioni del 19 gennaio 1983)

parola persuasiva, nel gioco agonistico con altre parole
Je crois que la parrhesia est en quelque sorte une parole d’au-dessus, d'au-dessus du statut de citoyen, différente de l'exercice pur et simple du pouvoir. C'est une parole qui exercera le pouvoir dans le cadre de la cité, mais bien sûr dans des conditions non tyranniques, c'est-à-dire en laissant la liberté des autres paroles, la liberté de ceux qui eux aussi veulent être au premier rang, et peuvent être au premier rang dans cette sorte de jeu agonistique caractéristique de la vie politique, en Grèce et surtout à Athènes. C'est donc une parole d'au-dessus, mais une parole qui laisse la liberté à d'autres paroles, et qui laisse la liberté de ceux qui ont à obéir, qui leur laisse la liberté, au moins en ceci qu'ils n'obéiront que s’ils peuvent être persuadés.
L'exercice d'une parole qui persuade ceux auxquels on commande et qui laisse la liberté dans un jeu agonistique aux autres qui veulent aussi commander, c'est, je crois, cela qui constitue la parrhesia. Avec, bien entendu, tous les effets qui sont associés à une pareille lutte et une pareille situation. Premièrement: que la parole que l'on prononce ne persuade pas et que la foule se retourne contre vous. Ou encore que la parole des autres, à laquelle on laisse place à côté de la sienne propre, ne 1'emporte sur la vôtre.

il rischio del gioco politico del logos

C'est ce risque politique de la parole laissant la pIace à d'autres paroles et se donnant pour tâche, non de plier les autres à sa propre volonté mais [de] les persuader, c'est cela qui constitue le champ propre à la parrhesia. Faire jouer cette parrhesia dans le cadre de la cité, qu'est-ce, sinon précisément, et conformêment à ce qui a été dit tout à l'heure, manipuler, traiter à la fois, avoir affaire à la fois au logos et polis? Faire jouer le logos dans la polis – logos au sens de parole vraie, parole raisonnable, parole qui persuade, parole qui peut se confronter aux autres paroles, et qui ne vaincra que du poids de sa vérité et de l'efficience de sa persuasion – faire jouer cette parole vraie, raisonnable, agonistique, cette parole de discussion dans le champ de la polis, c'est cela en quoi consiste la parrhesia. Et cette parrhesia, encore une fois, ce n'est ni l’exercice effectif d'un pouvoir tyrannique ni le simple statut de citoyen qui la peut la donner.


La libera parola umana e l’aurea reticenza del dio (Ione di Euripide)
(dalle lezioni del 26 gennaio 1983)

la voce dell’uomo che si eleva contro il canto divino
Apollon étant le dieu de la lyre et du chant, dans la mesure où c'est lui qui a appris aux hommes le chant et qui leur a enseigné à se servir de la lyre. Ici [nello Ione di Euripide], les choses ne sont pas tout à fait comme cela, et cette distribution entre le dire-vrai du dieu et le chant de reconnaissance des hommes, cette distribution ne joue pas. Au contraire, il est évident que dans toute la pièce le chant et l'oracle sont du même côté. Le dieu est celui de l' oracle, mais d'un oracle passablement réticent. Il est aussi le dieu du chant, et ce chant est également en quelque sorte modulé, sa valeur, sa signification sont modifiées: ce n'est pas le chant de reconnaissance des hommes à l'égard des dieux. Dans ce chant, ce ne sont pas les hommes qui chantent le dieu, c'est le dieu qui chante pour lui-même, dans l'indifférence aux hommes, dans l'indifférence aux malheurs des hommes qu'il a lui-même provoqués. C'est le chant de la désinvolture du dieu, beaucoup plus que le chant de la reconnaissance des humains. Donc chant et oracle vont être groupés ensemble, et leur lien se comprend puisque l'oracle, conscient de sa propre injustice, n'ose pas dire les choses jusqu'au bout, et il s'enrobe, il s'habille en quelque sorte de ce chant, de ce chant de l'indifférence à l'égard du souci des humains. [Dans] le texte […], en face de ce chant-oracle, ce chant indifférent et cet oracle réticent, ce qui va venir du côté des hommes n'étant plus le chant, qui, lui, a basculé du côté des dieux et dans l'indifférence, qu'est-ce qui va s'élever du côté des hommes? Ce n'est pas le chant, ça va être le cri: le cri contre l' oracle qui refuse de dire la vérité, contre le chant du dieu qui est indifférence, désinvolture, une voix s'élève. Encore une voix. Vous voyez, c'est toujours de la voix qu'il s'agit, mais c'est la voix de la femme [Creusa] qui, contre le chant joyeux, va élever le cri de la douleur et de la récrimination, et qui, contre la réticence de l' oracle, va procéder à l'énoncé brutal et public de la vérité.

l’accusa al dio
Contre le chant, des pleurs; contre l'oracle réticent, la formulation de la vérité même, de la vérité brute. Et cet affrontement, ce déplacement qui fait que le chant n'est plus de l' ordre humain mais de l' ordre divin et que, du côté de l' ordre humain, c'est le cri qui va s' élever, et qui va s'élever contre le chant et l' oracle du dieu, eh bien ceci apparait assez facilement dans le texte même: […] “Je t'accuse [dieu du chant] à la face de ce jour qui m' éclaire !” […] Et voilà que le dieu de l'oracle se trouve, par le cri de la femme, juridiquement interpellé. On avait l'oracle et les chants, l'oracle par lequel le dieu parle aux humains, le chant par lequel les hommes parlent aux dieux. Voilà que tout est renversé. En tout cas le chant passe du côté du dieu, devient le chant d'indifférence; et, du côté des hommes, la parole [devient] parole par laquelle on bouscule l'oracle.

l’oro divino contro la parola umana

[Autre] modulation, la modulation du thème de l'or. Apollon est donc le dieu d'or, et cette présence de l'or est obsédante dans le texte. […]. Le dieu apparait comme le dieu d'or: le dieu étincelant, le dieu à la chevelure dorée qui éclaire le monde et qui, dans cette lumière et dans cet éclat, par cette lumière et cet éclat, va séduire la jeune fille.[..] lui le dieu du soleil, lui le dieu qui trône au-dessus de la terre, lui le dieu qui trône à Delphes, et qui toujours, partout est assis sur le trône d'or -, il a en face de lui une femme, une femme noire, une femme maudite, une femme stérile, une femme qui a perdu son enfant et qui crie contre lui. L'or cette fois, c'est l'or du dieu, et, en face, il n'y a que cette petite silhouette noire.

parrhesia dell’uomo che dice la verità contro la sopraffazione

Quand l'iniquité des puissants nous tue et qu'il faut réclamer justice, que peut-on faire? On peut faire ce que précisément Créuse fait, fait tout au long de la pièce, […]: c'est la parrhesia […] – parrhesia au sens politique du terme, entendue comme le droit pour le plus fort de parler et de guider raisonnablement por son discours la cité – pour que ce droit soit obtenu par lon, ce droit qui dans ce texte est appelé parrhesia, il faut toute une alèthurgie, toute une série de procédures et de procédés qui vont dégager la vérité. Et parmi ces procédés, celui qui apparaît en premier lieu et qui va constituer le centre même de la pièce, c'est ce discours de la victime impuissante de l'injustice qui se tourne vers le puissant, et qui parle avec ce qu' on appellera la parrhesia.

parrhesia che fonda la potenza politica
Le plus-de-pouvoir qui est nécessaire à Ion pour qu'il puisse comme il faut diriger la cité, ce plus-de-pouvoir, ce n'est pas le dieu, ce n'est pas l’autorité du dieu, ce n'est pas la vérité oraculaire qui va le fonder. Mais ce qui va lui permettre, par le choc des passions, d'apparaître, ça va être ce discours de vérité, ce discours de parrhesia en un autre sens qui est le discours presque inverse: [celui] du plus faible adressé au plus fort. Pour que le plus fort puisse gouverner raisonnablement, il va falloir […] que le plus faible parle au plus fort et le défie de ses discours de vérité.

ambiguità della parrhesia: il debole prendendo parola contro il forte fonda la potenza politica
C'était la raison pour laquelle je voulais insister, car nous avons là une ambiguïté fondamentale[…] dans […] de deux formes de discours qui se font face, [ou plutôt] qui sont liées prolondément l'un à l'autre: le discours raisonnable qui permet de gouverner les hommes et le discours du faible reprochant au fort son injustice. Ce couplage-là est très important, parce qu'on va le retrouver, dans la mesure où il constitue toute une matrice du discours politique. […] Le discours du faible disant l'injustice du fort est une condition indispensable pour que le fort puisse gouverner les hommes selon le discours de la raison humaine.

reticenza di Apollo, epifania di Atena
La mechané descend sur la scène – et on voit apparaître... qui? Apollon. Pas du tout, on voit apparaître Athéna, Athéna qui vient, avec son char. se poser sur le temple d'Apollon, superposant son autorité à celle du dieu qui n'a pas voulu parler. Et c'est elle, c'est elle qui va tenir le discours de la vérité et du droit, le discours et de la vérité de la naissance de Ion et du droit qu'a Ion d'exercer maintenant le pouvoir à Athènes. [..] Discours de prophétie, mais discours qui, [en tant qu'il est] tenu par Athéna, déesse à la fois de la cité et de la raison, fonde effectivement le droit dans la cité. Le dire-vrai du dieu, que le dieu lui-même n'a pas pu formuler, c'est la déesse fondatrice de la cité, c'est la déesse qui pense, c'est la déesse qui réfléchit, c'est la déesse du logos et non plus de l'oracle qui va dire cette vérité. […] non pas par le dieu oraculaire mais par le dieu raisonnable, d'un dire-vrai qui, d'une part, laisse régner sur la vérité toute une part d'illusion, mais, au prix même de cette illusion, instaure l' ordre où la parole qui commande pourra être une parole de vérité et de justice, une parole libre, une parrhesia.


La fondazione del potere politico
(dalle lezioni del 2 febbraio 1983)

definizione di democrazia: isonomia + isegoria + parrhesia
La démocratie se caractérise […] par l'existence du nomos, c'est-à-dire par le fait que la règle du jeu politique et de l'exercice du pouvoir se fait dans le cadre de quelque chose qui est loi, qui est tradition, qui est constitution, principe fondamental, etc. On rapporte aussi la démocratie à l'isonomia, ou plutôt on fait de l'isonomia un caractère de la démocratie. Et en particulier la démocratie athénienne se vante, se fait forte [de pratiquer l']isonomia, c'est-à-dire, en gros, une égalité de tous, devant la loi. Et puis, autre caractère qu'on invoque, c'est cette isegoria, c'est-à-dire, au sens étymologique du terme: l'égalité de parole, c'est a dire la possibilité pour tout individu, pourvu bien sûr qu'il fasse partie du demos, qu'il fasse partie des citoyens, d'avoir accès à la parole, la parole devant être entendue en plusieurs sens: ce peut être aussi bien la parole judiciaire lorsque, soit pour attaquer soit pour se défendre, on peut parler devant les tribunaux; c'est aussi le droit de donner son opinion, soit pour une décision, soit encore pour le choix des chefs par le vote; l’isegoria c'est enfin le droit de prendre la parole, de donner son opinion au cours d'une discussion, d'un débat. Si c'est cela l'iségoria, alors qu'est-ce que c'est que la parrhesia?
Qu'est-ce que c'est que cette notion qui se réfère à la prise de parole? Et comment peut-il se faire que Polybe, voulant caractériser de la façon la plus brève possible ce qu'est la démocratie en général, ce qu'est la véritable démocratie, ne lui donne que deux caractères, qui tous les deux touchent bien sûr à ce problème de la parole (isegoria et parrhesia ), et comment se fait-il qu'il utilise ces deux notions si proches et qui semblent si diffìciles à distinguer? Quelle est la différence entre le droit constitutionnel de chacun à parler et puis cette parrhesia qui vient s' ajouter à ce droit constitutionnel et qui est, selon Polybe, le second grand élément par lequel on peut caractériser la démocratie? [Qu'en est-il] de ces deux notions par rapport à la démocratie, [comment les] distinguer quant à l'usage politique de la parole?

nessun dio è titolare di parrhesia
D'une part aucun des dieux n'est titulaire de la parrhesia. Ni l'oracle si réticent d'Apolon, ni le dire proclamatoire d' Athéna à la fin de la pièce [Ione di euripide] ne sont de l'ordre de la parrhesia, et jamais, dans la littérature grecque, les dieux ne seront dotés de parrhesia. La parrhesia est une pratique humaine, c'est un droit humain, c'est un risque humain.

circolarità essenziale tra parrhesia e democrazia
la parrhesia est un des traits caractéristiques de la démocratie. C'est une des dimensions internes de la démocratie. C'est-à-dire qu'il faut qu'il y ait démocratie pour qu'il y ait parrhesia. Pour qu'il y ait démocratie, il faut qu'il y ait parrhesia: pour qu'il y ait parrhesia, il faut qu'il y ait démocratie. On a là une circularité essentielle.

struttura dinamica e struttura agonistica della parrhesia
La parrhesia caractérise une certaine position de certains individus dans la cité, position dont vous voyez bien qu'elle n'est pas définie simplement par la citoyenneté ni par le statut. Elle est caractérisée, beaucoup plutôt, je dirais par une dynamique, par une dynamis, par une certaine supériorité qui est aussi une ambition et un effort pour se trouver dans une position telle que l'on peut diriger les autres. Cette supériorité n'est pas identique du tout à celle d'un tyran, lequel tyran exerce le pouvoir en quelque sorte sans rivaux, même s'il a des ennemis. Cette supériorité liée à la parrhesia est une supériorité que l'on partage avec d'autres, mais que l'on partage avec d'autres sous la forme de la concurrence, de la rivalité, du conflit, de la joute. C'est une structure agonistique. Je crois que la parrhesia est liée, beaucoup plus qu' à un statut, même si elle implique un statut, à une dynamique et à un combat, à un conflit. Structure dynamique et structure agonistique de la parrhesia.

parlare vero per avere potere nella città: polei kai logoi chresthai
Or vous le voyez, dans ce champ agonistique, dans ce processus dynamique par lequel un individu va en quelque sorte se déplacer à l'intérieur de la cité pour y occuper le premier rang, dans cette joute perpétuelle avec ses égaux, dans ce processus où s'affirme la prééminence des premiers, citoyens à l'intérieur d'un champ agonistique, la parrhesia est explicitement, toujours dans ce texte, associée à un type d'activité qui est désigné comme étant: polei kai logoi chrestai. Polei chrestai., c'est s'occuper de la cité, prendre en main ses affaires. logoi chrestai, c'est se servir du discours, mais du discours raisonnable, du discours de vérité. Je crois par conséquent qu'on peut résumer tout ceci en disant que la parrhesia est quelque chose qui va caractériser beaucoup moins un statut, une position statique, un caractère classificatoire de certains individus dans la cité, qu'une dynamique, un mouvement qui, au-delà de l'appartenance pure et simple au corps des citoyens, met l'individu dans une position de supériorité, position de supériorité où il va pouvoir s' occuper de la cité dans la forme et par l'exercice du discours vrai. Parler vrai pour diriger la cité dans une position de supériorité où on est en joute perpétuelle avec les autres, c'est cela, je crois, qui est associé au jeu de la parrhesia.

parrhesia come stile egemonico nel quadro costituzionale di isegoria
L'isegoria, c'est le droit de parler, le droit statutaire de parler. C'est le fait que, en fonction de ce qui est la constitution de la ville (sa politeia), chacun a le droit de donner son avis, encore une fois soit pour se défendre devant les tribunaux, soit par le vote, soit même éventuellement en prenant la parole. Ce droit de parole est constitutif de la citoyenneté, ou encore il est un des éléments de la constitution de la cité. La parrhesia, elle, est bien liée et à la politeia (à la constitution de la cité) et à l'iségoria. Il est bien évident qu'il ne peut pas y avoir de parrhesia s'il n'y a pas ce droit des citoyens à prendre la parole, donner leur opinion par un vote, attester en justice, etc. Il faut donc, pour qu'il y ait parrhesia, cette politeia qui donne à chacun le droit égal de parler (l'isegoria). Mais la parrhesia est quelque chose de différent. Ce n'est pas simplement le droit constitutionnel de prendre la parole. Elle est un élément qui, à l'intérieur de ce cadre nécessaire de la politeia démocratique donnant le droit de parler à tout le monde, permet aux individus de prendre un certain ascendant les uns sur les autres. Elle est ce qui permet à certains individus d'être parmi les premiers, et, s'adressant aux autres, de leur dire ce qu'on pense, ce qu'on pense être vrai, ce qu'on pense vraiment être vrai – c'est cela chresthai logoi – et par là, en disant le vrai, de persuader le peuple par de bons conseils, et ainsi de diriger la cité et de s'en occuper. L'isegoria définit simplement le cadre constitutionnel et institutionnel où la parrhesia va jouer comme libre et, par conséquent, courageuse activité de certains qui s'avancent, prennent la parole, tentent de persuader, dirigent les autres, avec tous les risques que cela comporte.

parrhesia come gioco di potere
Le mot grec dynasteia désigne la puissance, l'exercice du pouvoir – plus tardivement il prendra le sens d'oligarchie, vous verrez assez facilement pourquoi. Mais prenons-le, si vous voulez, dans son sens le plus général: c'est, en somme, l'exercice du pouvoir, ou le jeu par lequel le pouvoir s'exerce effectivement dans une démocratie. Les problèmes de la politeia, ce sont les problèmes de la constitution. Je dirais que les problèmes de la dynasteia, ce sont les problèmes du jeu politique, c'est-à-dire: de la formation, de 1'exercice, de la limitation, de la garantie aussi apportée à l'ascendant qui est exercé par certains citoyens sur certains autres. La dynasteia, c'est aussi l'ensemble des problèmes des procédures et techniques par lesquels ce pouvoir s'exerce (essentiellement, dans la démocratie grecque, dans la démocratie athénienne: le discours, le discours vrai, le discours vrai qui persuade). Enfin le problème de la dynasteia, c'est le problème de ce qu'est en lui-même, dans son personnage propre, dans ses qualités, dans son rapport à lui-même et aux autres, dans ce qu' il est moralement, dans son ethos, l'homme politique. La dynasteia, c'est le problème du jeu politique, de ses règles, de ses instruments, de 1'individu même qui l'exerce. C'est le problème de la politique – j'allais dire comme expérience, c'est-à-dire de la politique entendue comme une certaine pratique, devant obéir à certaines règles, indexées d'une certaine manière à la vérité, et qui implique, de la part de celui qui joue ce jeu, une certaine forme de rapport à lui-même et aux autres.

parrhesia e nascita della dimensione della politica come eccedenza rispetto alla dimensione costituzionale
Il me semble que ce qu'on voit naître autour de cette notion de parrhesia, ou, si vous voulez, ce qui est associé à cette notion de parrhesia, c'est tout: un champ de problèmes politiques distincts des problèmes de la constitution, de la loi, disons de l'organisation même de la cité. Ces problèmes de la constitution de la cité, ces problèmes de la politeia existent. Ils ont leur propre forme, ils impliquent un certain type d' analyse et ils ont donné lieu, ils sont au point d'origine de toute une forme de réflexion politique sur ce qu'est la loi, sur ce qu'est l'organisation d'une société, sur ce que doit être l'État. Deuxièmêment, les problèmes de la dynasteia, les problèmes de la puissance sont au sens strict les problèmes de la politique, et rien re me paraît plus dangereux que ce fameux glissement de la politique au politique employé au masculin (‘ le’ politique), qui me paraît dans beaucoup d'analyses contemporaines servir à masquer le problème et 1'ensemble des problèmes spécifiques qui sont ceux de la politique, de la dynasteia, de l'exercice du jeu politique et du jeu politique comme champ d'expérience avec ses règles et sa normativité, comme expérience dans la mesure où ce jeu politique est indexé au dire-vrai et dans la mesure où il implique de la part de ceux qui y jouent un certain rapport à [soi]-même et aux autres. C'est cela la politique, et il me semble que le problème de la politique (de sa rationalité, de son rapport à la vérité, du personnage qui la joue), on le voit naître autour de cette question de la parrhesia. Ou disons encore que la parrhesia, c'est très précisément une notion qui sert de charnière entre ce qui est de la politeia et ce qui est de la dynasteia, ce qui est du problème de la loi et de la constitution, et ce qui est du problème du jeu politique. La parrhesia est quelque chose dont la place est définie et garantie par la politeia. Mais la parrhesia, le dire-vrai de l'homme politique est ce par quoi va être assuré le jeu convenable de la politique. C'est en ce point charnière que se trouve, me semble-t-il, l'importance de la parrhesia. En tout cas, il me semble qu'on trouve là l'enracinement d'une problématique qui est celle des relations de pouvoir immanentes à une société et qui, différente du système juridico-institutionnel de cette société, fait qu'elle est effectivement gouvernée. Les problèmes de la gouvernementalité, on les voit apparaître, on les voit formulés – pour la première fois dans leur spécificité, dans leur relation complexe, mais aussi dans leur indépendance par rapport à la politeia – autour de cette notion de parrhesia et de l'exercice du pouvoir par le discours vrai.

genealogia della politica come gioco e come esperienza: parrhesia come limite al potere dei maestri
La question est ] la généalogie de la politique comme jeu et comme expérience […] à partir du moment où on n'a pas la parrhesia on est […] obligé de supporter la sottise des maîtres. Et rien de plus dur que d'être fou avec les fous, d'être sot avec les sots. Cette mention du fait que sans parrhesia, on est en quelque sorte soumis à la folie des maîtres, cela veut dire quoi et montre quoi ? Eh bien, cela montre que la parrhesia a pour fonction justement de pouvoir limiter le pouvoir des maîtres. Quand il y a de la parrhesia, et que le maître est là – le maître qui est fou et qui veut imposer sa folie –, que fait le parrèsiaste, que fait celui qui pratique la parrhesia ? Eh bien justement, il se lève, il se dresse, il prend la parole, il dit la vérité. Et contre la sottise, contre la folie, contre l'aveuglement du maître il va dire le vrai, et par conséquent limiter par là la folie du maître. À partir du moment où il n'y a pas de parrhesia, alors les hommes, les citoyens, tout le monde est voué à cette folie du maître. Et à ce moment-là, rien n'est plus douloureux que d'être obligé d'être fou avec les fous. La parrhesia va donc être la limitation de la folie du maître par le dire-vrai de celui qui doit obéir mais qui, devant la folie du maître, se trouve légitimé à lui opposer le vrai.

parrhesia non è garantita per statuto, ma è atto di virtù individuale
il est tout à fait clair que la parrhesia n'est pas simplement donnée par le statut. Même s'il faut bien le statut de citoyen pour avoir la parrhesia, il y faut quelque chose de plus: la qualité morale des ascendants […]: c'est une qualification personnelle qui est nécessaire pour pouvoir bénéficier de la parrhesia.

legame necessario (e pericoloso) tra parrhesia e democrazia
Le lien parrhesia / démocratie est un lien problématique, un lien difficile, un lien dangereux. Une mauvaise parrhesia est en train d'envahir la démocratie. Alors c'est ce problème de l'ambiguité de la parrhesia.

coordinate della parrhesia
ce sera donc dans la forme de la joute, de la rivalité, de l'affrontement, avec par conséquent nécessité, de la part de ceux qui veulent tenir un langage de vérité, de manifester leur courage (ce sera le sommet moral). Condition formelle: la démocratie. Condition de fait: l'ascendant et la supériorité de certains. Condition de vérité: c'est la nécessité d'un logos raisonnable, Et enfin condition morale: c'est le courage, le courage dans la lutte, C'est ce rectangle, avec un sommet constitutionnel, le sommet du jeu politique, le sommet de la vérité, le sommet du courage, je crois, qui constitue la parrhesia.

parrhesia democratica: il modello eccellente di Pericle
je crois qu'on en a un modèle très explicite, on en trouve une description très exacte dans les textes de Thucydide consacrés à Périclès et à la démocratie péricléenne, bien que le mot parrhesia ne soit pas employé dans cette série de passages. Je crois que la démocratie péricléenne était représentée comme un modèle du bon ajustement entre une politeia démocratique et un jeu politique tout entier traversé par une parrhesia indexée elle-même au logos de vérité. En tout cas, [avec] ce bon ajustement de la constitution démocratique au dire-vrai par le jeu de la parrhesia, il s'agit du problème: comment la démocratie peut-elle supporter la vérité? ce qui n'est pas, vous le savez, un mince problème. Eh bien, ces trois grands discours (le discours de la guerre, le discours des morts et le discours de la peste) que Thucydide met dans la bouche de Périclès aux livres I et II de la Guerre du Péloponnèse – laissons le problème évidemment de savoir jusqu'à quel point c'est le discours de Périclès ou celui de Thucydide, pour ce que je veux vous dire ça n'a pas d'importance très grande, mon problème c'est représentation de ce jeu entre démocratie et parrhesia à la fin du Ve siècle –ces trois discours, me semble-t-il, nous donnent un exemple de ce que Thucydide se représentait comme ce bon ajustement. […]Nous avons là, si vous voulez, la représentation, enfin l’indication de ce que j'appelais le sommet de la politeia dans le jeu de la parrhesia: Athènes fonctionne comme une démocratie, avec une assemblée où les gens sont réunis et où chacun des assistants est libre de prendre la parole. C'est la politeia, c'est l'isegoria qui est très exactement indiquée par ce passage [Tucidide I, 139]). Et puis, chacun ayant donné son avis et les avis se trouvant partagés, “enfin Périclès, fils de Xanthippos, s'avança à la tribune. C’était l'homme le plus influent d'Athènes, le plus habile dans la parole et l’action. Voici les conseils qu'il donna aux Athéniens”. Alors là, vous avez le second sommet du rectangle dont je vous parlais tout à l'heure, celui de l'ascendant. Dans le jeu de la démocratie, aménagé par la politeia, qui donne à chacun le droit de parler, voilà que quelqu'un arrive pour exercer son ascendant, qui est l'ascendant qu'il exerce dans la parole et dans l'action. Et il est bien dit que c'est l'homme le plus influent d'Athènes. Sans doute vous me direz que là, nous ne sommes pas tout à fait dans le jeu que je vous avais indiqué tout à l'heure, puisque j'avais insisté sur le fait que ça ne doit jamais être le pouvoir d'un seuI qui est exercé dans la parrhesia. Pour qu'il y ait parrhesia, il faut bien qu'il y ait joute entre différentes personnes, il faut que ça ne soit pas le pouvoir monarchique ou tyrannique mais que, au premier rang, il y ait un certain nombre de gens qui sont les plus influents. En fait, c'est précisément – nous y reviendrons tout à l'heure et Thucydide le dit - à la fois le paradoxe et le génie de Périclès d'avoir fait en sorte qu'à la fois il était l'homme le plus influent, le seul et pourtant la manière dont il exerçait par la parrhesia son pouvoir n’était pas une manière tyrannique ou monarchique, mais bel et bien une manière démocratique. De sorte que Périclès, tout seul qu'il soit, tout en étant le plus influent, et non pas parmi les plus influents, est le modèle de ce bon fonctionnement, de ce bon ajustement politeia/ parrhesia. Donc, arrivée de Périclès: c'est le sommet de l'ascendant, l'angle de l'ascendant dans le jeu de la parrhesia.

Pericle: il rischio di prendere la parola in assemblea
De quoi s'agit-il, dans cette fin de l'exorde du discours de Périclès? Eh bien, il s'agit précisément du risque. A partir du moment où un homme se lève, parle, dit la vérité, dit: Voilà mon opinion, et entraîne avec lui la décision de 1'Assemblée et de la cité, eh bien les événements vont se dérouler, et il se peut que les événements ne tournent pas comme on s'y attend. Et à ce moment-là qu'est-ce qui doit se passer? Faut-il que les citoyens se retournent contre celui qui a provoqué cet insuccès? Je veux bien, dit Périclès, que vous vous retourniez contre moi en cas d'insuccès, à condition que vous ne vous attribuiez pas le mérite de la victoire, si nous remportons le succès. Autrement dit: Si vous voulez que nous soyons solidaires dans le cas où nous obtenons la victoire, il faut que nous soyons solidaires aussi dans le cas où nous rencontrons l'insuccès, et que, par conséquent, vous ne me punissiez pas individuellement d'une décision que nous aurons prise ensemble, après que je vous aurai persuadés, grâce à mon discours de vérité. Vous voyez là apparaître ce problème du risque, ce problème du courage, ce problème de ce qui va se passer entre celui qui a obtenu la décision et le peuple qui l'a suivi. C'est ce jeu-là du risque, du péril, du courage qui est indiqué, avec, si vous voulez, ce pacte parrèsiastique: […] je vous dis la vérité; vous la suivrez si vous voulez: mais si vous la suivez, considérez que nous serez solidaires des conséquences quelles qu’elles soient, et que je n'en serai pas le seul et l'unique responsable.

Tucidide II, 35- ss.: il discorso di Pericle e la definizione di democrazia
Chacun va pouvoir parler, mais il n'en reste pas moins que pour la participation aux affaires publiques et dans ce jeu de la participation aux affaires publiques, c'est le mérite personnel qui va assurer à certains un ascendant, ascendant qu'il est bon précisément qu'ils exercent, puisque c'est cela qui sera la garantie de la survie de la démocratie. Et il est remarquable que Périclès, juste avant ce passage d'ailleurs, ait dit qu’ Athènes mérite bien le nom de démocratie. Athènes mérite bien de recevoir le nom de démocratie, pourquoi? Parce que, dit-il, la cité est administrée dans l'intérêt général, et non dans celui d'une minorité. Vous voyez qu'il est remarquable que Périclès ne définisse pas la démocratie par le fait que le pouvoir est exactement réparti de façon égale entre tout le monde: ne définit pas la démocratie par le fait que chacun peut parler et donner son avis, mais par le fait que la cité est administrée dans l'intérêt général. C'es -à-dire que Périclès se réfère, si vous voulez, à ce grand circuit, à ce grand parcours de la parrhesia dont je vous parlais où, à partir d'une structure démocratique, un ascendant légitime, exercé par un discours vrai, exercé aussi par quelqu'un qui a le courage de faire valoir ce discours vrai, assure effectivement que la cité prendra les meilleures décision pour tous. Et par conséquent c'est cela que l'on pourra appeler la démocratie. La démocratie, au total, c'est bien ce jeu, à partir d'une constitution démocratique au sens étroit du terme qui définit un statut égal pour tout le monde. Circuit de la parrhesia: ascendant, discours vrai, courage, et par conséquent, formulation et acceptation d'un intérêt général. Tel est le grand circuit de la démocratie, telle est l'articulation politeia/parrhesia.

Tucidide II, 60: il discorso della peste e la rottura del patto parresiastico
Enfin, troisième discours de Périclès dans Thucydide, c'est le discours dramatique de la peste. La peste donc est en train de ravager Athènes, et les insuccès, les revers militaires se multiplient. Les Athéniens se retournent contre Périclès. Nous voilà du côté de ce quatrième sommet du risque. Le pacte parrèsiastique, que Périclès avait proposé aux Athéniens dans l'exorde du premier discours, le discours de la guerre, ce pacte parrèsiastique est en train de se rompre. Les Athéniens en veulent à Périclès, veulent le poursuivre. […] L'homme politique, celui qui a proposé le pacte parrèsiastique dans le premier discours, au moment où on se retourne contre lui, au lieu de flatter les citoyens ou au lieu de faire dériver sur quelque chose d'autre ou sur un autre la responsabilité de ce qui s'est passé se retourne contre ses citoyens et leur fait des reproches. Vous me faites des reproches, mais je vous fais des reproches. Vous me reprochez les décisions qui ont été prises et les malheurs de la guerre, eh bien je me tourne maintenant vers vous, et sans vous flatter aucunement, je vais vous adresser, moi, les reproches que j’ai à vous faire. Ce retournement courageux de l'homme qui dit vrai lorsque le pacte parrèsiastique qu'il a passé est rompu par les autres, ceci est caractéristique de celui qui a véritablement le sens de la parrhesia dans la démocratie.

paradosso e fragilità della relazione tra discorso vero e democrazia
Je crois que le problème nouveau de la mauvaise parrhesia au toumant du Ve et du IVe siècle à Athènes, [et plus généralement] le problème de la parrhesia, bonne ou mauvaise, c'est au fond le problème de la différence indispensable, mais toujours fragile, introduite par l'exercice du discours vrai dans la structure de la démocratie. D'un côté en effet, il ne peut y avoir de discours vrai, il ne peut y avoir de libre jeu du discours vrai, il ne peut y avoir accès de tout le monde au discours vrai, que dans la mesure où il y a démocratie. Mais, et c'est là où le rapport entre discours vrai et démocratie devient difficile et problématique, il faut bien comprendre que ce discours vrai ne se répartit pas et ne peut pas se répartir également dans la démocratie, selon la forme de l'isegoria. Ce n'est pas parce que tout le monde peut parler que tout le monde peut dire vrai. Le discours vrai introduit une différence, ou plutôt il est lié, à la fois dans ses conditions et dans ses effets, à une différence: seuls quelques-uns peuvent dire vrai. Et à partir du moment où seuls quelques-uns peuvent dire vrai, où ce dire vrai a émergé dans le champ de la démocratie, à ce moment-là se produit une différence qui est celle de l'ascendant exercé par les uns sur les autres. Le discours vrai, et l'émergence du discours vrai, est à la racine même du processus de gouvernementalité. Si la démocratie peut étre gouvernée, c'est parce qu'il y a un discours vrai.
Et alors vous voyez apparaître maintenant un nouveau paradoxe. Le premier était: il ne peut y avoir de discours vrai que par la démocratie, mais le discours vrai introduit dans la démocratie quelque chose qui est tout à fait différent et irréductible à sa structure égalitaire. Mais, dans la mesure où il est vraiment le discours vrai. où il est de la bonne parrhesia, c'est ce discours vrai qui va permettre à la démocratie d'exister, de subsister. Pour que la démocratie puisse, en effet, suivre son cours, pour qu’elle puisse être maintenue à travers les avatars, les événements, les joutes, les guerres, il faut que le discours vrai ait sa pIace. Donc la démocratie ne subsiste que par le discours vrai. Mais d'un autre côté, dans la mesure où le discours vrai dans la démocratie ne se fait jour que dans la joute, dans le conflit, dans l'affrontement, dans la rivalité, eh bien le discours vrai est toujours menacé par la démocratie. Et c'est là le second paradoxe: pas de démocratie sans discours vrai, car sans discours vrai elle périrait; mais la mort du discours vrai, la possibilité de la mort du discours vrai, la possibilité de la réduction au silence du discours vrai est inscrite dans la démocratie. Pas de discours vrai sans démocratie, mais le discours vrai introduit des différences dans la démocratie. Pas de démocratie sans discours vrai: mais la démocratie menace l'existence même du discours vrai. Ce sont là je crois, les deux grands paradoxes qui sont au centre des rapports de la démocratie et du discours vrai, au centre des rapports entre la parrhesia et la politeia: une dynasteia indexée au discours vrai et une politeia indexée à l'exacte et égale répartition du pouvoir. Eh bien, à une époque, la nôtre, où on aime tant poser les problèmes de la démocratie en termes de distribution du pouvoir, d'autonomie de chacun dans l'exercice du pouvoir, en termes de transparence et d'opacité, de rapport entre société civile et État, je crois qu'il est peut-être bon de rappeler cette vieille question, qui a été contemporaine du fonctionnement même de la démocratie athénienne et de ses crises, à savoir la question du discours vrai et de la césure nécessaire, indispensable et fragile que le discours vrai ne peut pas ne pas introduire dans une démocratie, une démocratie qui à la fois rend possible ce discours vrai et le menace sans cesse.