"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Tra Aino ed Elissa, le case manifesto degli Aalto

Fernanda De Maio

English abstract

Francesco Venezia, schizzi interpretativi del patio della casa di Muuratsalo, s.d.

“Questa casa è una sfida” (Venezia 2018). Così si esprime Francesco Venezia in riferimento alla casa sperimentale di Muuratsalo di Elissa e Alvar Aalto, realizzata nel 1953 sulle rive del lago Päijänne, in Finlandia. Va precisato, allora, che chi scrive forse non avrebbe mai rivolto lo sguardo a quella casa, e alle altre due residenze che Alvar Aalto (1898–1976) costruì per sé e per la sua famiglia, con l’attenzione odierna, se non avesse visto tre disegni interpretativi del luogo e del patio di quella casa, di mano dello stesso Francesco Venezia, e non avesse udito il racconto della visita che lo stesso architetto, ancora giovane studente di architettura, fece alla casa per trarne una lezione molto personale “dell’abitare intorno a un patio” e del “fare architettura nella sede speciale del Mediterraneo”.

D’altra parte, sull’indiscutibile autorevolezza della lezione d’architettura di Alvar Aalto è stato scritto moltissimo da autorevoli critici e storici militanti dell’architettura (Giedion [1941, 1949] 19675; Schildt 1984; Reed 1998). Qualcosa è stato detto anche sul suo sodalizio intellettuale con la prima moglie, Aino Marsio (1894–1949), prematuramente scomparsa a causa di un tumore, e non meno si è raccontato della complicità professionale instauratasi con la seconda moglie, Elissa Mäkiniemi (1922–1994), che gli sopravvisse per quasi vent’anni (Giedion [1941, 1949] 19675, 667). Tuttavia, la letteratura sul maestro finlandese, in sostanza, segnala la presenza delle sue compagne come secondaria, quando si tratta di raccontare la forma, lo stile e il linguaggio dell’architettura di Aalto. Tutto ciò accade nonostante i progetti, spesso, appaiano a doppia firma (Giedion [1941, 1949] 19675, ibidem). Non si sottrae a questa interpretazione sulla presenza femminile nella vita di Aalto neppure il racconto di Francesco Venezia, che non può tacerne del tutto la presenza, ma nel corso della narrazione della sua visita alla casa sperimentale di Muuratsalo, commette prima una svista temporale – poiché la casa fu progettata quando Aino era già scomparsa ed Elissa era da un anno la nuova moglie di Aalto, dopo essere entrata a lavorare nel suo studio pochi mesi dopo la morte di Aino – poi, riferendosi ai motivi per cui fu costruita quella casa, come luogo di riposo e tempo libero in mezzo alla natura, cita entrambe le compagne di Aalto come “le signore” che, prima l’una e poi l’altra, abitarono quella casa con il maestro finlandese; cosa impossibile, poiché Aino era morta tre anni prima della sua costruzione.

Piuttosto, è la casa di città – la cosiddetta casa-studio di Riihitie, nel sobborgo di Munkkiniemi a Helsinki, costruita da Aino e Alvar a partire dal 1935 – a vedere l’avvicendarsi delle due compagne di Aalto. Questo lapsus nel racconto di Francesco Venezia sarebbe irrilevante, se non dimostrasse che ancora nel 2018 la percezione del contributo di entrambe queste donne all’attività professionale del talentuoso architetto finlandese appare di poco conto, benché entrambe fossero architette e avessero iniziato il loro sodalizio con Aalto prima come professioniste e solo successivamente come compagne nella vita coniugale.

Una recente mostra e il relativo catalogo del 2023, presso il MAXXI di Roma, per la prima volta pone l’accento, attraverso il titolo “AALTO. Aino Alvar Elissa. La dimensione umana del progetto” sul fatto che isolare il talento di Alvar Aalto rispetto al ruolo femminile è un atto di critica architettonica parziale e, in fondo, scorretto. Non tanto per una questione di equità di genere, quanto perché, isolando la figura e il talento architettonico di Alvar da quello delle sue compagne, non si mette sufficientemente a fuoco l’influenza di un certo metodo di lavoro. Un metodo che, per Space Caviar – il collettivo che fa capo a Joseph Grima, curatore della mostra e del suo allestimento – significa porre l’accento sul trio. Si legge infatti nel loro testo:

In this exhibition we look at the Aaltos afresh, starting by considering them as a trio rather than an individual. To talk about Alvar Aalto, one of the most creative minds of the twentieth century, we must not talk about a singular hero, but about a group. In fact, his genius lies not only in having created a brilliant approach to architecture from a compositional, creative, and human point of view but also in having founded a studio that has promoted talents, primarily his two wives (Space Caviar 2023).

Un modo, in fondo, ancora una volta, per confondere le acque, poiché in realtà Aino ed Elissa pensarono i progetti architettonici insieme ad Alvar in modo diverso, portando ciascuna la propria competenza di architetta già con una certa esperienza lavorativa e con una distinta curiosità. Le case che progettarono e abitarono con lui raccontano, in parte, proprio questa differenza di approccio all’architettura.

Questo articolo cerca dunque di ricostruire, attraverso progetti e fonti pubblicate, il ruolo differente che le due coppie – Aino/Alvar, Elissa/Alvar – ebbero nell’elaborazione della struttura minima e primaria dell’abitare, che qui, parafrasando Curzio Malaparte, definiamo “la casa come noi”. Per fare questo, conviene tornare innanzitutto alla questione della firma sui progetti. A partire da Giedion, grande amico della famiglia Aalto insieme alla moglie Carola, si tramanda, a proposito di Aino, che Alvar “metteva sempre il suo nome prima del proprio, ma Aino insisteva: ‘Io non sono la creativa, Alvar è il creativo’”.

D’altra parte, tracce della presenza di Aino nella formulazione del pensiero architettonico dello studio Aalto si trovano anche nel primo studio realmente monografico sul maestro finlandese (Schildt 1984). Alcune osservazioni in merito sono presenti anche nel saggio di Juhani Pallasmaa contenuto nella successiva monografia su Aalto, in occasione della mostra al MoMA per il centenario della sua nascita (Pallasmaa 1998), successivamente allestita anche a Palazzo Te, a Mantova.

Ma per avere una prova concreta del ruolo di Aino e di Elissa bisognerà attendere il 1992, con le ricerche della storica dell’arte Renja Suominen-Kokkonen sul ruolo delle donne nella professione di architetto in Finlandia (Suominen-Kokkonen 1992; 2007). È infine il nipote degli Aalto a offrire, attraverso la pubblicazione anche in italiano dell’epistolario privato della coppia, spunti interessanti per comprendere l’autonomia del pensiero critico di Aino come architetta. In particolare, si segnala il breve messaggio che Lyli ed Eero Saarinen inviarono alla famiglia Aalto alla notizia della sua scomparsa.

Aino Aalto continua a vivere come nostra ispiratrice. La casa che ha creato come donna, i progetti che ha creato come architetto, la sua integrità, il coraggio, l’attitudine alla collaborazione sono di ispirazione nel nostro campo giorno dopo giorno… in un mondo alla ricerca della stessa bellezza che Aino aveva trovato (Aalto-Alanen [2021] 2023).

Villa Flora

A cosa si riferiscono i coniugi Saarinen quando citano la casa progettata da Aino? Semplicemente a un’atmosfera? Oppure a una casa vera e propria, realizzata da Aino per la famiglia? La critica storiografica attribuisce esclusivamente ad Aino la prima delle residenze realizzate dagli Aalto per sé stessi: si tratta di Villa Flora ad Alajärvi, progettata nel 1926. Situata sulla riva del lago di Pynttäri, la casa è un edificio basso, in legno intonacato di bianco, a un solo piano, originariamente dotato di un tetto a sella ricoperto di erba torbosa. Sul lato rivolto verso il lago si trova un colonnato che occupa l’intera larghezza dell’edificio.

L’edificio originario, composto da soggiorno, camera da letto e cucina, fu ampliato nel 1938 con l’aggiunta di due camere da letto, in uno stile diverso da quello del corpo principale; qui intervenne sicuramente Alvar. In questa vera e propria aggiunta si può infatti riconoscere la prima traccia dell’“anarchia come principio architettonico”, secondo una felice definizione che Carola Giedion-Welcker diede di Aalto in un’intervista rilasciata a Göran Schildt nel 1977. Anarchia intesa come libertà di introdurre elementi eccentrici in un sistema ordinato, più che come rovesciamento delle regole. Così, a Villa Flora:

When the children were old enough to need rooms of their own, the spouses designed a wing which differs from the low, rendered main wing in its siding – vertical weatherboarding – and scale. Besides, the link-up of the two wings breaks all the rules: the extension appears to lie on the back of the main building like an irrelevant but firmly fixed burden. The anarchistic external effect is contradicted, however, by the complete harmony and ideal communications of the interior (Schildt 1984, 247).

a sx | Villa Flora, disegno di Aino, “Alajärvi quando piove”, 1944. ©Archivio famiglia Aalto.
a dx | Pianta e sezioni della casa prima dell’ampliamento, s.d. ©Alvar Aalto Foundation.

Gli Aalto trascorsero volentieri il tempo a Villa Flora, soprattutto negli anni Trenta, ma dopo la morte di Aino, nel 1949, le visite di Alvar alla residenza estiva divennero sempre più rare, fino a cessare gradualmente del tutto dopo il nuovo matrimonio contratto negli anni Cinquanta. Oggi Villa Flora è ancora lì, e vale la pena segnalarla perché introduce quell’interesse per l’informale e per l’interpretazione della costruzione popolare finnica che ritroviamo in diversi articoli di Alvar Aalto – tra cui Architettura careliana – e nella successiva casa che i due costruirono a Munkkiniemi quasi dieci anni dopo.

Questa casa, in altre parole, non solo riflette lo stile di vita degli Aalto in quegli anni e quel bisogno profondamente umano di costruire un rifugio per il tempo libero, a contatto con la natura e con quelle acque interne che rappresentano un elemento geografico pregnante del paesaggio finlandese, al pari dei boschi di betulle, ma racconta anche ciò che Aino e Alvar osservavano in quegli anni iniziali della loro attività di progettisti. Se infatti è difficile ascrivere Villa Flora al novero delle “case manifesto” o delle residenze innovative per l’architettura tout court – come invece, in modo diverso, fu per le altre due case di famiglia – essa esprime tuttavia una contaminazione tra il cottage tipico finlandese e frammenti di altre architetture, fotografate e schizzate durante i loro viaggi di formazione in Europa.

Villa Flora prima e dopo l’ampliamento delle due camere da letto del 1938. ©Alvar Aalto Foundation.

Il portico di Villa Flora e Aino con i figli. ©Archivio famiglia Aalto.

A dire il vero, la prima a compiere il viaggio in Italia fu proprio Aino, nel 1921, insieme ad alcune compagne di studio al termine della laurea in architettura. Aino, di quattro anni più grande di Alvar e all’epoca del viaggio ancora ben lontana da una frequentazione sentimentale con lui, attraversò la Germania visitando Vienna, Venezia e Roma; da qui fece una puntata a Napoli, dove esplorò i quartieri collinari di Posillipo e del Vomero, fino a raggiungere la rocca di Sant’Elmo, Pompei e Capri. Di Capri scoprì la natura selvaggia, che paragonò a quella dell’isola finlandese di Suursaari: ne descrive le grotte, il gusto delle spremute, le canzoni napoletane e il sole che brucia la pelle durante la navigazione nel golfo partenopeo (Aalto-Alanen [2021] 2023).

Il viaggio di Aino è rilevante in questo contesto perché, sebbene sia noto che anche Alvar viaggiò molto in Italia, non vi è dubbio che le tappe della luna di miele della coppia nel 1924 risentirono del primo viaggio di Aino, in particolare nella scelta di visitare Napoli, e non solo Pompei. Colpisce, per esempio, che un disegno di Alvar per l’atrio della casa del fratello Väinö, presentato in un articolo sul rapporto tra interno ed esterno nella casa finlandese e sulla sua rielaborazione alla luce dello studio della casa antica, ricomponga l’architettura dell’atrio della domus pompeiana con un cielo dall’atmosfera chiaramente napoletana.

The atrium of a Roman house at the same time forms the termination of the entrance area and the central space of the whole house. Its ceiling is the sky and the roofed rooms inside open up towards it. Simply by virtue of its ground plan, the atrium beautifully fulfils all the ideas developed here. A Finnish house making use of similar effects is shown here in a little drawing. Again, the hall is placed in the centre of the house, and acquires its character from the doors leading to it from each room and the special treatment accorded to them. […] The hall has the only decorative floor in the house, made of limestone. Thus the architectural character of the room is a little severe, making it a suitable setting for the mistress of the house to receive her guests in. In other words, it is a ceremonial room, but its stiffness is toned down by the glimpse the visitor has of the upper storey of the house, with its bedrooms, children's rooms and a line with drying articles of clothing on it, hanging there as a somewhat careless piece of evidence of the chores of everyday life; the commonplace as a crucial architectural element, a piece of the Neapolitan street in a Finnish home interior! (Alvar Aalto 1926 apud Schildt 1984, 218).

Aino Marsio (a destra) e Aili-Salle Ahide durante il loro viaggio in Italia nel 1921. ©Archivio famiglia Aalto.
Scontrini e fatture del viaggio di nozze di Aino e Alvar del 1924. ©Archivio famiglia Aalto.

Pagine dalla prima monografia su Alvar Aalto in cui è pubblicato l’articolo di Alvar Aalto del 1926 intitolato From Doorstep to Living Room con illustrazioni di opere italiane e del suo progetto per la casa del fratello Väinö.

La realizzazione di Villa Flora s’innesta, dunque, in questo periodo, tra i primi viaggi in Italia e le prime esperienze professionali. Essa rappresenta, nella sua forma e nei suoi dettagli compositivi e costruttivi, la casa in cui, non solo si può notare come la complicità professionale di Aino e Alvar si fonde con quella familiare ma anche come l’opera rappresenti un campo di sperimentazioni ora dell’una ora dell’altro in due diversi momenti della loro vita comune tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso.

La casa-studio di Riihitie

Ed è proprio a metà degli anni Trenta, nel 1935 che Aino e Alvar, realizzano, come già indicato, la loro seconda casa, la casa di città. Pubblicata in tutte le storie dell’architettura da Space Time and Architecture in poi e in tutti gli studi monografici su Aalto, la casa-studio di Riihitie, rappresenta, senza ombra di dubbio, non solo il loro nido ma una vera e propria casa manifesto, perché qui Aino e Alvar vivono e lavorano, affinché si possa conciliare la vita familiare con la professione. In questa casa ricevono gli amici e i colleghi internazionali conosciuti nel corso dei loro viaggi di aggiornamento e dei primi Ciam.

a sx | Alvar Aalto, acquerello della casa di Aino Marsio Aalto, 1943. ©Archivio famiglia Aalto
a dx | Ospiti in visita alla casa di Riihitie appena completata. ©Archivio famiglia Aalto.

Dopo aver acquistato un lotto nel sobborgo di Munkkiniemi – all’epoca non ancora quartiere di Helsinki – all’interno del piano regolatore redatto nel 1917 da Eliel Saarinen, i coniugi Aalto progettano una casa con pianta a ‘L’, piuttosto semplice, su due piani: gli spazi abitativi sono orientati verso il giardino, mentre i locali di servizio si trovano sul lato della strada, con un garage e uno studio disposti sul lato occidentale.

La pianta risente in parte della lezione del Bauhaus – benché gli Aalto, pur diventati intimi amici di Gropius e Moholy-Nagy, non avessero ancora visitato gli edifici di Dessau – e in parte dell’influenza delle fattorie finlandesi. Su quest’ultima discendenza si è espresso in particolare Gustaf Strengell, critico e amico degli Aalto, dopo aver visitato la casa appena terminata, la quale, nella disposizione attorno a un cortile, gli ricordava una delle fattorie conservate presso il Museo Folcloristico Finlandese (Ray 2005).

La reminiscenza della casa con cortile – in miniatura – si ritrova anche al piano superiore, con la terrazza sul tetto rientrante. Realizzata con una struttura in tubolare d’acciaio riempito di cemento e pareti esterne in mattoni imbiancati a calce per rendere visibile la trama dei giunti, la parte abitativa si articola internamente attorno a pareti in legno.

Lo studio privato di Aalto, che si affaccia sullo spazio ufficio a doppia altezza, è dotato di una scala segreta che conduce alla terrazza esterna del piano superiore. Queste scale nascoste e il ballatoio, ma più in generale l’atmosfera particolarissima dello studio, finiranno con l’assumere agli occhi dei bambini di casa Aalto, e delle generazioni successive, una dimensione ludica. Nel ricordo di uno di loro, in particolare, il salire e scendere in spazi di dimensioni contenute ma tra loro molto differenti rende la casa perfetta per giocare a nascondino, (Aalto-Alanen [2021] 2023) al punto che in ogni angolo di questa casa si ritrova quella “adattabilità metodica alle circostanze” che lo stesso Aalto riconosceva nella sua descrizione degli edifici agricoli della Carelia.

Il progetto di questa casa nasce in un momento molto particolare, di svolta, nella carriera di Aino e Alvar. Questo momento di passaggio e di ricerca di un proprio linguaggio si riflette tanto nei fronti esterni della casa quanto nei suoi interni: all’esterno, alle facciate in mattoni scialbati si contrappongono i volumi rivestiti in legno scuro del piano superiore destinato all’abitazione; all’interno, le semplici geometrie rettangolari di matrice modernista sono ammorbidite da una serie di arredi in legno curvato prodotti dalla ditta di famiglia, Artek.

Le variazioni del suolo su cui si insedia la casa offrono l’occasione per realizzare alcuni dislivelli interni che segnano il passaggio tra le diverse stanze. A modulare i passaggi attraverso gli spazi contribuiscono non solo le pareti interne in betulla, profilate e sagomate per ottenere partizioni trasformate in elementi d’arredo, ma anche l’uso di tende in materiali naturali. In materiale naturale – una tela spessa e grezza – è anche la balaustra del ballatoio che si affaccia sullo studio a doppia altezza. In questa accurata scelta di materiali e di tessiture differenti – nei muri, nelle pannellature, come nei tessuti per le tende – per definire le soglie tra un luogo e l’altro della casa, si può rintracciare il coevo interesse di Aino e Alvar per l’arte africana, che avevano visto a Bruxelles nel 1935.

Facciata su strada dell’ala usata come studio. ©Alvar Aalto Foundation.

Un ruolo particolare è assunto dal giardino in pendenza e dal piccolo patio coperto dal volume superiore, accessibile dalla sala da pranzo e delimitato su un lato da un traliccio per le piante rampicanti. Questo giardino è anche il luogo del progetto, mai realizzato, che Alvar Aalto concepì nel 1949 per un monumento funebre e un recinto murato dedicati ad Aino, dopo la sua morte.

In questa casa, coeva di Villa Mairea, costruita in un anno, nei ritagli di tempo tra un incarico professionale e l’altro, gli Aalto sperimentavano temi compositivi e materiali che avrebbero poi usato proprio nella casa dei Gullichsen, divenuta poi uno dei loro capolavori. Qui cominciavano ad usare quegli arredi Artek che insieme disegnavano e producevano, per diffondere nel mondo l’idea dell’abitare moderno finlandese.

a sx Planivolumetrico, s.d. © Alvar Aalto Foundation.
a dx Pianta del piano superiore, s.d.: la terrazza separa l’ala delle camere da letto dall’aa dello studio. ©Alvar Aalto Foundation.

Alvar Aalto nel giardino della sua casa. Photo: Eva ja Pertti Ingervo, s.d. ©Alvar Aalto Foundation.

La ricerca di una bellezza calma, ma confortevole e rilassata, capace di accogliere le variazioni attraverso una composizione fatta di modulazioni spaziali, è un tratto distintivo del carattere di questa casa. Una qualità che tiene insieme, senza contraddizione, la tradizione familiare dei Marsio – votata alla costruzione di una casa bella e accogliente – e la capacità di “tenere il mondo in una mappa” tipica della famiglia Aalto. Il padre di Alvar, infatti, era un agrimensore, e l’unico ricordo d’infanzia che Alvar abbia lasciato scritto riguarda proprio il mondo sopra e sotto il “tavolo bianco” di famiglia (Schildt 1984, 12), sul quale il padre srotolava le grandi mappe della Finlandia, mentre lui, piccolo, tracciava per gioco i suoi primi scarabocchi sotto il tavolo.

a dx Aino e Alvar al tavolo di lavoro, s.d. ©Archivio famiglia Aalto.
a sx Natale in famiglia, s.d. ©Archivio famiglia Aalto.

Tornando ad Aino, ella era cresciuta in una numerosa famiglia operaia. Il padre, Juho Marsio, ferroviere, fu un pioniere nella questione degli alloggi per le famiglie della classe lavoratrice di Helsinki, città in cui la famiglia si era trasferita alla fine dell’Ottocento. A Helsinki nacque Aino, quando i Marsio vivevano ancora in un’abitazione costituita da una sola stanza con cucina. L’arrivo di undici figli rese insostenibile la vita in uno spazio così ristretto e, grazie a una legge che modificava la costituzione delle società per azioni, il padre di Aino poté essere tra i fondatori della prima cooperativa per le famiglie operaie, con lo scopo di costruire alloggi che, con il tempo, sarebbero diventati di proprietà degli inquilini.

Per l’epoca, quelle abitazioni in legno di circa 50 mq – composte da due stanze (camera da letto e cucina), corridoio, dotate di acqua corrente e attrezzate con soffitta e cantina – erano considerate all’avanguardia. Con il tempo, la famiglia Marsio riuscì anche ad affittare l’appartamento adiacente, migliorando sensibilmente le condizioni abitative.

Questa ricerca di una casa dignitosa e dall’atmosfera piacevole – come la casa dei Marsio viene descritta da testimoni autorevoli (Tanner 1947) – unita all’istintiva inclinazione creativa di Aino, fortificata dall’educazione ricevuta, è indubbiamente la matrice da cui si sviluppa il suo particolare approccio al mestiere di architetto. Un approccio meticoloso e preciso, non disgiunto da una vivace curiosità e da una raffinata sensibilità artistica, ma anche profondamente attento al miglioramento delle condizioni sociali degli individui.

Da queste qualità si svilupperà anche la sua passione per la fotografia di architettura: è infatti di Aino – segnata da una profonda amicizia con László Moholy-Nagy – la maggior parte delle fotografie iconiche con cui venne divulgato il sanatorio di Paimio.

La casa sperimentale di Muuratsalo

La scomparsa di Aino segna, inevitabilmente, un punto di svolta anche nel lavoro di Alvar, e una nuova casa di famiglia per le vacanze indica con chiarezza questo nuovo corso, e il modo in cui esso si lega a un percorso bruscamente interrotto. La casa sperimentale di Muuratsalo, del 1953, diventa infatti il manifesto intorno a cui si consolida il successo professionale e privato della nuova coppia Elissa/Alvar.

Elissa entra in scena – come già era avvenuto per Aino – per motivi professionali, ma a questo punto Alvar è già uno degli architetti più noti a livello internazionale, sebbene, a suo giudizio, in Finlandia questo successo stenti ancora a essere pienamente riconosciuto. Per questo motivo la barca che costruiscono poco dopo, per raggiungere la casa di vacanza in costruzione, viene chiamata Nemo propheta in patria.

Elissa e Alvar sulla loro barca Nemo Propheta in patria, realizzata per raggiungere l’isola di Muuratsalo, s.d.

Elissa, giovane architetta, si laurea negli anni Quaranta mentre la Finlandia, alleata della Germania durante la Seconda guerra mondiale, subisce le conseguenze del conflitto e della sconfitta. Studia in condizioni critiche, poiché anche la Facoltà di Architettura di Helsinki viene bombardata. Proveniente dalla Lapponia, appartiene a un ceto borghese; il padre è un militare di carriera, e durante la guerra Elissa è volontaria nel settore comunicazione (Hipeli 2022).

Gli inizi nello studio Aalto non sono facili. In una lettera alla madre del dicembre 1949, scrive:

I’m the only woman there and of course the boys try to demean even the little talent I have. The professor himself has been in America for a month, but I think he’ll be back soon, before Easter at least. Then the excitement starts again…

Poche note rivelano che Alvar, benché ormai avesse raggiunto una respectable age (Hipeli 2022, 25–27), conservava quelle doti di uomo affabile e, soprattutto, affascinante, come testimoniano tutte le fonti consultabili.

Di lì a poco, tra i due nasce una complicità affettiva che si trasformerà in un sodalizio umano e professionale destinato a durare per i successivi quarantacinque anni. A coronamento di questa unione progettano il loro paradiso su un’isola allora irraggiungibile via terra, nella regione dei laghi della Finlandia: Muuratsalo.

Schizzi e planovolumetrico, s.d. ©Alvar Aalto Foundation.

Proprio perché il sito è accessibile solo attraverso i canali interni, progettano e costruiscono una barca, la cui timoniera, per lo più, è Elissa. La casa si sviluppa attorno a un patio. Ma osservando la sua pianta sorge un dubbio: che cos’è una casa? Qual è il significato che Elissa e Alvar attribuiscono al termine ‘casa’, dal punto di vista della sua disposizione e dei suoi usi quotidiani?

Il disegno della casa, infatti, non si esaurisce nel corpo principale: come le briciole di Pollicino, altri annessi si dispongono lungo la proprietà in modo apparentemente casuale, formando una sorta di scia. Questa scia conduce alla sauna, ma ciò che colpisce è che la “casa-cometa” – come la definisce Francesco Venezia nella sua lectio magistralis tenuta a Padova nel 2018 – trova nel famoso patio il suo culmine, ma non il suo centro fisico.

In altre parole, la casa ha una testa e un corpo; sovverte l’idea di casa come insieme chiuso dentro un recinto, e si struttura piuttosto come un percorso. Il recinto è dato dalla condizione insulare stessa: l’assenza di strade terrestri per raggiungere il luogo, almeno negli anni Cinquanta, quando quella localizzazione fu scelta.

Per raggiungere gli altri piccoli edifici occorre percorrere sentieri punteggiati dai tronchi della foresta e interrotti da grandi massi scolpiti da glaciazioni millenarie. Il suolo frastagliato è accolto nel disegno della casa e gioca un ruolo importante, come dimostrano le sezioni nei diversi punti e il modo gentile con cui le fondazioni e l’impalcato del piano di calpestio si adeguano alle asperità più o meno accentuate.

L’esperienza quotidiana della natura non addomesticata rappresenta per Elissa e Alvar un modo diverso di intendere l’abitare: ciò emerge sia nella ricerca di soluzioni architettoniche di dettaglio, sia nella scelta di disporre gli edifici in modo da amplificare questo contatto. Il giardino invece, ossia quella esperienza di natura domestica e addomesticata, dove ciascuno di noi esercita il proprio gusto per il “verde” è tutto all’interno del patio, curato in particolare da Elissa con l’architetto di giardini finlandese Paul Olsson (1890-1973).

Alla testa della “casa-cometa”, dove il laterizio domina la scena, si contrappongono la camera degli ospiti e gli altri annessi, realizzati in doghe di legno. Anche qui, come nella casa di Munkkiniemi – dove però il piano superiore era un volume aggettante in legno scuro – i differenti materiali di tamponamento sono tinteggiati di bianco, con l’eccezione delle pareti interne del patio, in laterizio, e del piccolo edificio della sauna, realizzato in tronchi di legno naturale.

La casa di Elissa e Alvar gioca sui contrasti e sui modi per evidenziarli o attenuarli. È sicuramente intenzionale il contrasto tra il rosso argilla naturale delle pareti del patio, disposte attorno al focolare – risultato di una sapiente composizione muraria che esplora tutte le possibili declinazioni di tessiture e spessori dei giunti, in mattoni e maioliche colorate – e la scialbatura bianca delle alte pareti rivolte verso la foresta.

I volumi sono caratterizzati non solo da variazioni planimetriche, ma anche da differenti pendenze dei tetti, che all’interno generano spazi a doppia altezza, dove si ricavano soppalchi o camere dai rapporti dimensionali molto più contenuti. Dovunque poi Artek, qui come nella casa di Riithie, attraverso i tendaggi e gli arredi interni diventa il filo rosso che lega Elissa ad Aino, che di quella impresa era stata, insieme ad Alvar e ai Gullischen, l’iniziatrice e l’attenta e curiosa responsabile.

Tutto ciò dimostra che questa casa, pur essendo un rifugio per il tempo libero, è anche trasformabile in abitazione e in studio. Il gioco delle sperimentazioni, in altre parole, non si limita all’attenzione alla tecnologia del laterizio, per cui la casa è celebre: essa è anche la prova tangibile di una ricerca intorno all’abitare, che attinge a epoche e viaggi diversi, alle architetture del passato, esplorate da Elissa e Alvar nel corso della loro vita insieme.

Una ricerca, infine, alla scoperta del sacro nel cammino laico della quotidianità, che questa casa incarna pienamente.

La casa nella foresta, s.d. ©Federico Covre.
Il patio in mattoni rossi aperto sulla natura, al centro l’impluvium trasformato in focolare, s.d. ©Federico Covre.
Dettagli dei padiglioni annessi alla casa a patio, s.d. ©Federico Covre.

Interni dell’area studio con soppalco e soggiorno con angolo cottura e camino, s.d. ©Federico Covre.

Riferimenti bibliografici
English abstract

What role did Aino Marsio and Elissa Mäkiniemi play in shaping the projects of the Aalto studio? Through the lens of the three family houses, this text explores the professional and personal relationships that both couples — Aino|Alvar and Elissa|Alvar — developed when they became not only the architects but also the clients of their own domestic projects. What emerges is both the experimental nature of each house and the distinct contributions of Aino and Elissa as architects working alongside Alvar. Although in different ways, all three houses reveal a careful attention to site selection and show how both couples integrated the model of the traditional Finnish farmhouse with a critical rethinking of the modern architectural language of their time. The Aaltos’ “houses like us” also document their travels, the entrepreneurial spirit behind Artek, and a lifestyle rooted in conviviality and well-being. Above all, they stand as a manifesto for architectural practice as a shared endeavor.

keywords | Aino Marsio; Elissa Mäkiniemi; Patio house; Finnish modern architecture.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo / To cite this article: Fernanda De Maio, Tra Aino ed Elissa, le case manifesto degli Aalto, “La Rivista di Engramma” n. 226, luglio/agosto 2025.