"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Tracce di un percorso architettonico in Suzana e Dimitris Antonakakis

Claretta Mazzonetto

English abstract
 

1 | S. Antonakakis, D. Antonakakis, Polykatoikia in via Benaki 118 ad Atene, interno, 1972-75.

Suzana e Dimitris Antonakakis si conoscono al Politecnico di Atene nel 1954. Allievi di Pikionis, profondamente radicati nella loro terra d’origine sia culturalmente che fisicamente – tanto da non aver mai realizzato un’opera al di fuori dei confini nazionali –, sperimentano le possibilità che l’architettura offre loro, reinterpretando una tradizione fatta di forme, di figure, di memorie, di materia, che è intrinsecamente legata al suolo greco.

Il contributo intende affrontare le questioni compositive messe in campo in due progetti costruiti dai coniugi Antonakakis, noti al pubblico come Atelier 66, un collettivo inizialmente fondato nel 1965 assieme ad alcuni colleghi con cui si erano laureati al Politecnico. Il primo caso riguarda la loro casa-atelier in via Benaki ad Atene (1972-1975), situata sulle pendici della collina di Strefi, dalla quale Le Corbusier disegna il fianco settentrionale dell’Acropoli. Un edificio a blocco che si estende su più livelli e ospita un sistema di ville sovrapposte, ossia la tipologia abitativa più comune dei quartieri centrali della capitale greca. Una ‘polykatoikia’ – dal greco poly (molte) e katoikia (abitazioni) –, manifesto della loro idea di architettura per la città, che accoglie nell’attacco a terra lo studio e l’archivio dell’Atelier 66. Il secondo caso presentato è la casa di Alikianos (1974), luogo dell’otium estivo, immersa in un aranceto non distante da Chaniá, nel nord-ovest dell’isola di Creta. Due esempi che vogliono raccontare lo svolgersi della liturgia della vita quotidiana in un rapporto indissolubile tra tradizione e contemporaneità, in un mondo privato che rimanda alle origini in cui gli Antonakakis si identificano, in un passato al quale attribuiscono un profondo valore.

I due casi-studio sono gli spazi che i coniugi progettano e abitano per un periodo lungo 63 anni, condividendo vita e lavoro in un sodalizio che Dimitris dice essere stato possibile “grazie al coraggio, alla perseveranza, al duro lavoro, alla tenera presenza di Suzana” (Antonakakis 2022,7), scomparsa nel 2020. Ancora oggi, la casa-atelier in via Benaki è abitata da Dimitris Antonakakis e il lavoro dell’Atelier 66 continua a esplorare modi di intendere e fare architettura nel territorio greco.

La ‘polykatoikia’ in via Emmanuel Benaki 188, Atene, 1972-1975

All’inizio degli anni ’70, bisogna immaginare Atene come un unico grande cantiere, una città in costruzione che sta cambiando dimensione e carattere e si sta lentamente avvicinando alla conformazione attuale di metropoli-capitale. Per rispondere alle necessità abitative, la città si stava costruendo senza un piano urbano, quindi senza una specifica prefigurazione. In merito al repentino e non programmato aumento di nuove costruzioni, non si può evitare di richiamare il contesto storico-politico della Grecia, che dal 1967 al 1974 si trovò sottomessa a un governo di regime militare, meglio noto come periodo della Giunta o Dittatura dei colonnelli. “In questo contesto politico ed economico, non sorprende che l’architettura residenziale urbana vantasse risultati in termini di quantità piuttosto di qualità” (Tzonis, Rodi 2013, 208). Infatti, la costruzione della città avvenne con architetture ‘costruite’, più che ‘progettate’; il nuovo regolamento edilizio promosso dalla Giunta teneva conto soltanto delle capacità economiche di imprenditori locali e della velocità di realizzazione delle opere, che dovevano essere pensate in serie per risparmiare tempi e costi di progettazione, senza approfondimenti particolari sul piano compositivo e costruttivo. Non a caso, il tessuto residenziale di Atene ci viene restituito oggi come una distesa di edifici a blocco – le ‘polykatoikia’– che trovano una loro somiglianza proprio per essere stati costruiti in serie.

In questo panorama politico, economico e culturale, la ‘polykatoikia’ progettata dagli Antonakakis in via Benaki rappresenta una eccezione perché parte da presupposti diversi, a cominciare dal gruppo di committenti e finanziatori che saranno poi anche i futuri inquilini del sistema di ville sovrapposte. Tra gli inquilini, anche i coniugi Antonakakis che scelgono per loro stessi i livelli più bassi del nuovo edificio, rinunciando alla possibile alternativa di sperimentare la costruzione di una villa isolata, come succede nella parte settentrionale di Atene; molti intellettuali e borghesi scelsero infatti come domicilio i quartiere residenziali di Philotei, Kallithea e Psychikò, città-giardino che si sono rivelate il banco di prova per molti degli architetti greci del ‘900 e che ospitano i progetti di case monofamiliari di Takiz Zenetos, Aris Konstantinidis, Dimitris Pikionis e altri.

2, 3 | S. Antonakakis, D. Antonakakis, Polykatoikia in via Benaki 118 ad Atene, planimetria del contesto e assonometria dei livelli occupati dall’atelier e dall’abitazione, 1972-75.

La scelta di condividere lo spazio con altri inquilini conduce a una riflessione più ampia che vuole ragionare su come gli Antonakakis intendono il loro personale modo di abitare la città, a partire proprio dalla posizione che occupa la ‘polykatoikia’. L’edificio infatti è situato nel cuore di Exarchia, quartiere dalla forte espressione politica e sociale, anche grazie alla presenza della sede della facoltà di Architettura del Politecnico di Atene. È proprio dal Politecnico che parte la più importante rivolta contro la Giunta sul finire del 1973, quando ormai la costruzione della ‘polykatoikia’ in via Benaki era giunta al suo completamento. Una scelta, quella degli Antonakakis, sul luogo dove vivere e dove lavorare, che non può certo definirsi casuale, e anzi è manifesto delle loro ideologie politiche e culturali [Figg. 2-3].

All’angolo della collina di Strefi, a est del Monte Licabetto, dove il suolo inizia a salire in modo significativo, si posiziona l’ingresso dell’edificio affacciato su via Benaki [Fig. 4]. Uno spazio di soglia particolare, un cortile pavimentato semiaperto, una sorta di propaggine di spazio pubblico della strada che conduce all’ingresso. Anche la scala collettiva è posizionata all’aperto, in diretto rapporto con la strada, e manifesta la sua presenza in facciata grazie a quello che sembra un nastro bianco srotolato lungo tutta l’altezza dell’edificio: un elemento pieno in calcestruzzo che costituisce il parapetto della rampa a chiocciola [Fig. 5].

Prerogativa di ogni unità abitativa è la possibilità del doppio affaccio esterno per garantire areazione e illuminazione naturale. Lo spazio domestico interno si protrae esternamente grazie alla costruzione di una serie di spazi all’aperto: tutti gli appartamenti possiedono due balconi per affacciarsi verso la collina a nord e verso il giardino interno a sud, dando vita a una sorta di giardini pensili e concedendo all’appartamento del quarto piano di godere dell’intero piano della copertura [Fig. 6]. Gli Antonakakis abitano l’appartamento posizionato al livello più basso e godono dell’utilizzo esclusivo del giardino interno, dove è presente un grande albero. Il giardino è in comunicazione con il piano terra e il seminterrato che ospita l’atelier e l’archivio, ai quali si può accedere anche da un ingresso secondario, posto in diretto rapporto alla strada. Percorrendo due gradoni e una stretta rampa si arriva al livello inferiore dell’edificio e ci si trova immediatamente di fronte ai tavoli da disegno: lo studio si articola in due livelli con uno spazio a doppia altezza che, tramite una scala di risalita, riconduce al piano terra.

4 | S. Antonakakis, D. Antonakakis, Polykatoikia in via Benaki 118 ad Atene, 1972-75.
5 | D. Antonakakis, Polykatoikia in via Benaki 118 ad Atene, schizzi di studio dell’ingresso, 1972-75.
6 | D. Antonakakis, Polykatoikia in via Benaki 118 ad Atene, rapporto tra pianta e sezione, 1972-75.

Per accedere alla casa privata invece si deve percorrere il primo giro di scala a chiocciola esterna, mantenendo una chiara separazione tra luogo del lavoro e spazio domestico privato. La spazialità interna della casa si articola seguendo un minuto lavoro in sezione così da posizionare ogni spazio a una quota differente, con un continuo cambio di quota che simula un percorso accidentato, continuamente diverso e dinamico. Una “topografia sentimentale” di uno spazio interno, intimo, domestico [Figg. 7-8]. La sintassi spaziale sembra basarsi su transizioni graduali, sulla base di un’articolata geometria ‘spontanea’ che non può sottrarsi a un dovuto rimando agli insegnamenti impartiti da Pikionis. Dimitris Antonakakis ricorda l’autonomia lasciata ai collaboratori da parte di Pikionis, occupato nel minuzioso lavoro alla chiesa di Aghios Dimitrios Loumbardiaris, durante la fase di cantiere dei percorsi di risalita all’Acropoli: una fiducia che insegna la responsabilità nelle scelte di progetto e nella costruzione dell’opera. “E il lavoro sull’Acropoli era un lavoro di fiducia” (Antonakakis 1991, 45).

7, 8 | S. Antonakakis, D. Antonakakis, Polykatoikia in via Benaki 118 ad Atene, piante dei livelli occupati dalla casa-atelier e fotografie degli interni, 1972-75.

Dopo il Moderno e verso una nuova architettura

Citando il lavoro degli Antonakakis, non si può prescindere dal menzionare la pubblicazione che, nel 1985, li ha presentati a un più ampio pubblico internazionale, rendendoli noti al di fuori della penisola ellenica. La monografia curata da Frampton non solo imbastisce un primo regesto delle loro opere, ma le introduce con una riflessione che ruota attorno a un’espressione coniata per la prima volta nel 1981 da Tzonis e Lefaivre, che si riferiscono all’architettura degli Antonakakis con il termine ‘regionalismo critico’ (Lefaivre, Tzonis 1981, 164-178). Questa attribuzione, coniata proprio per il lavoro dell’Atelier 66, merita forse un tentativo di provare a essere sviscerata. Non tanto per la necessità di fornire una definizione dell’architettura progettata, costruita e insegnata dalla coppia di architetti in questione, quanto per provare a comprenderne il significato, al di là della sua altrimenti inutile definizione. La stessa Suzana, infatti, affermava: “I’m not sure about this word, regionalism” (Antonakakis 2023, 237).

Ciò che emerge dai progetti è un’attenzione particolare per quegli elementi dell’architettura vernacolare che i coniugi avevano avuto modo di fotografare e disegnare durante diversi viaggi nella penisola ellenica e nelle isole, sin dai tempi in cui erano ancora studenti, e, con un desiderio insistente, avevano preso a interrogarsi sulla costruzione dello spazio. L’assunzione degli studi delle “antiche case ateniesi”, primitiva ossessione di Konstantinidis, sta alla base dell’importanza assegnata al rapporto tra spazio interno ed esterno nella figurazione planimetrica dell’impianto progettuale. Vi sono poi la maniaca ossessione per la giustapposizione dei materiali trasmessa dagli insegnamenti di Pikionis quando al Politecnico teneva la cattedra di Decorazione, le lezioni impartite da Ghikas che nei corsi di Pittura insisteva sull’importanza della simmetria strutturale e compositiva nell’opera d’arte e, ancora, le parole – spesso citate da Suzana – dei poeti greci, da Ritsos a Seferis e a Kavafis, per tornare indietro fino a Omero e alla scelta mirata delle sue parole più utilizzate: terra, paradiso, cielo, mare, onda, dolore, città [Fig. 9].

9 | S. Antonakakis, Locandina per il ciclo di conferenze tenute dagli Antonakakis all’Istituto Ellenico di Architettura, giugno 2015. Tratta da S. Antonakakis, Αρχιτεκτονική ποιητική. Κείμενα 1959-2019 [Poetica architettonica. Scritti 1959-1960], Iraklio 2023, 547.

Forse sarebbe preferibile non soffermarsi alla definizione di ‘regionalismo critico’ per non scadere nell’accezione romantica, quasi decadente, spesso nostalgica, che talvolta con leggerezza si assume pensando al mondo della tradizione greca, che non può fermarsi all’immagine della casa cicladica, dipinta di calce bianca, immersa nella scoscesa terra rossastra dell’arcipelago egeo, o all’idea di un ritorno impossibile alla campagna arcadica. Forse – qualora se ne sentisse la necessità – sarebbe più utile tornare a riflettere sulle scelte compositive messe in campo da alcuni architetti greci, come gli Antonakakis, che insistendo sugli elementi della tradizione hanno saputo riformulare un linguaggio architettonico capace di comunicare nel loro tempo.

“Il dialogo dei nostri progetti con l’architettura tradizionale, con la ‘natura costruita’ a cui facciamo riferimento, non è sempre in tono amichevole. Contiene quelle contraddizioni che si trovano nei rapporti umani complessi” (Antonakakis 2023, 154) [Fig. 10] In questi termini, allora, si può provare a parlare di uso della storia per la disciplina architettonica nel periodo post-moderno, per riferirsi a due progettisti che operano in un tempo che è accaduto dopo il Moderno. Cosa rimane delle questioni che hanno posto in rapporto al tema dell’architettura domestica? Restano gli esempi concreti di progetti costruiti che aspirano a confrontarsi con il luogo in cui si innestano, rispettandolo, rinunciando a soluzioni autoreferenziali, cercando piuttosto di misurarsi con una tradizione che si rivela sempre attuale nelle scelte materiche e nell’articolazione degli spazi interni in relazione all’esterno, in un tentativo di interpretare il tema dell’abitare nella dimensione contemporanea.

10 | Suzana e Dimitris Antonakakis al loro ritorno da Kea, foto di Yorgos Antonakakis, 1956. Tratta da S. Antonakakis, Αρχιτεκτονική ποιητική. Κείμενα 1959-2019 [Poetica architettonica. Scritti 1959-1960], Iraklio 2023, 12.

Ritorno alle origini. Casa ad Alikianos, Creta, 1974

“È qui che alloggiamo d’estate quando andiamo a Chania” (Antonakakis 2023, 70) [Figg. 11-12]. Rifugio estivo, riparo dalla città durante l’estate afosa, la costruzione del progetto per la casa di Alikianos, coeva alla ‘polykatoikia’ in via Benaki, parte da un impianto planimetrico che si basa sulla giustapposizione di 3 quadrati, ciascuno di lato lungo 5 metri. I quadrati dell’impianto sono tenuti assieme dallo spazio centrale, lasciato vuoto, libero e pavimentato, che ospita con variate disposizioni una serie di giardini di pietra, abitati da larghe sedute e da un tavolo in pietra. Un sistema di risalita esterno rompe la rigidezza dell’impianto e conduce dal livello del suolo alla spaziosa terrazza in copertura, riparata da un pergolato di viti. La scala esterna, posta diagonalmente, lascia all’ulivo posto a ridosso dell’abitazione lo spazio per crescere. La scala interna, definita come “galleria-scala” (Antonakakis 2016, 28), è il perno attorno al quale ruota la disposizione degli spazi più privati della casa, posti ai piani superiori.

11, 12 | S. Antonakakis, D. Antonakakis, Piante e vista dall’esterno della Casa ad Alikianos. Tratto da D. Antonakakis, S. Antonakakis, Οι Κατοικίεσ Τησ Κρήτησ [Le case di Creta], Atene 2016, 28-33.

Inserita nel cuore di un aranceto, la casa di vacanza è un’occasione per riflettere sul valore e sul significato del luogo scelto dagli Antonakakis, sull’interpretazione di un certo tipo di paesaggio greco d’entroterra, dove gli spazi esterni delimitati assumono il ruolo principale nel disegno della composizione. “Il cortile è una casa e una casa è un cortile, questa caratteristica biunivoca dello spazio greco dove lo spazio esterno prende in prestito elementi dell’interno risponde a uno stile di vita adatto al luogo greco” (Antonakakis 2023, 162).

Ogni elemento è radicato nel suolo del Mediterraneo e la casa di Alikianos, villaggio d’origine dei genitori di Suzana, è il primo di una serie di progetti residenziali monofamiliari situati sull’isola di Creta. Quel che emerge da una piccola pubblicazione che raccoglie sei case cretesi (Antonakakis 2016) è che le procedure compositive sottese al progetto della loro casa privata sono le medesime utilizzate anche nelle ville per i loro committenti. L’occasione di progettare per sé stessi non costituisce eccezione nella pratica architettonica, ma sembra inserirsi in una riflessione continua, costante, sul senso dell’abitare. In tutte le case di Creta i volumi costruiti vengono disposti parallelamente all’andamento delle curve di livello del suolo e un’attenzione particolare è riservata ai cortili e alle terrazze che cercano di instaurare un rapporto con la morfologia del terreno. Gli impianti progettati sono pensati per essere in una certa misura indipendenti tra loro, per garantire una certa intimità all’interno degli spazi. La casa di Alikianos, per esempio, era pensata per ospitare anche la famiglia del fratello di Suzana e uno spazio per altri eventuali ospiti e amici. “Anche lo spazio più piccolo, per essere considerato una ‘stanza-casa’, deve acquisire dei limiti. Questo è il primo gesto necessario alla sua stessa esistenza. Il ‘limite’ […] non è dove qualcosa finisce, ma dove qualcosa inizia a dispiegare la sua essenza” (Antonakakis 2023, 161) [Figg. 13-15].

  

13, 14 | S. Antonakakis, D. Antonakakis, Foto, schemi e sezione della Casa ad Alikianos. Tratto da D. Antonakakis, S. Antonakakis, Οι Κατοικίεσ Τησ Κρήτησ [Le case di Creta], Atene 2016, 28-33.
15 | Casa di campagna di Suzana Antonakakis e del fratello Elias Kolokythas ad Alikianos a Creta, 1974. Tratta da S. Antonakakis, Αρχιτεκτονική ποιητική. Κείμενα 1959-2019 [Poetica architettonica. Scritti 1959-1960], Iraklio 2023, 73.

Le costanti di un percorso comune: l’opera architettonica come opera d’arte

Nella raccolta di saggi di Suzana Antonankakis, pubblicata postuma da Dimitris, si possono leggere alcune parole di una lezione tenuta nel 1983, quando, dopo un ventennio di lavoro condiviso, Suzana prova a enucleare alcune questioni che ripetutamente tornano nei loro progetti. L’intervento comincia da un inciso sui ‘dettagli’, quindi da quelli che sono “i pezzi più piccoli” del loro linguaggio architettonico, e afferma che “questo non è causale: vogliamo dare loro l’importanza che meritano, per constatare quanto da essi dipenda lo stile e l’etica dell’edificio. Crediamo […] non debbano essere ulteriori ‘vestiti’ dell’opera, ma debbano nascere e respirare con essa – proprio come nel linguaggio poetico” (Antonakakis 2023, 154). I dettagli che concorrono a definire la riconoscibilità delle loro opere costruite sono rintracciabili in parte negli elementi architettonici, come per esempio i parapetti forati da piccole forme quadrate, l’utilizzo del calcestruzzo tinteggiato da colori sgargianti per gli interni, l’attenta giustapposizione tra diversi materiali, i piccoli sbalzi di quota che disegnano i limiti e le gerarchie dello spazio interno, la presenza arborea spesso solitaria come perno della composizione spaziale all’interno dei cortili segreti. Ma non sono solo i dettagli costruiti a spiegare la poetica architettonica. Anche nelle parole dei due architetti – mai tradotte in lingua italiana – si possono rintracciare degli indizi per comprendere l’orizzonte culturale entro cui operano, assai complesso e contaminato, che tiene insieme riferimenti provenienti da mondi anche lontani. Se è vero che i nomi di Pikionis e Konstantinidis sono i più citati nei loro testi, anche la lezione di Mies van der Rohe, impartita da James Speyer dell’Illinois Institute di Chicago quando fu chiamato come visiting professor al Politecnico di Atene, e quella di Le Corbusier sono riferimenti ben evidenti nell’opera dell’Atelier 66. Per un esaustivo inquadramento del lavoro degli Antonakakis all’interno del dibattito culturale e architettonico greco, il saggio di Lefaivre e Tzonis rimane tuttora un caposaldo dal quale ripartire per comprendere il mondo di riferimenti appartenenti all’architettura, alla letteratura, alla poesia e alla musica che anima il loro lavoro (Lefraivre, Tzonis 1981, 164-178).

Nei testi autobiografici di Suzana si coglie un continuo rimando al mondo intimo dei suoi ricordi, specialmente a quelli d’infanzia, segnati dai forti rumori, dai rifugi, dalle sirene, dai blackout a cui la capitale greca era sottoposta non solo negli anni dell’occupazione, durante la Seconda guerra mondiale, ma anche nei successivi cinque anni di guerra civile, conclusa nel 1955. Poi la tregua e i ricordi gioiosi e spensierati, memorie legate ai luoghi e ai dettagli di alcuni spazi come un cortile pavimentato o un giardino con un melo, un gelsomino, una ginestra. “Di quei giochi nel nostro giardino, ricordo ancora – forse questo ricordo ha qualcosa a che fare con la mia scelta di fare architettura nella vita – l’argilla che, con acqua, paglia e astucci di fiammiferi, era la materia per i mattoncini che essiccavamo al sole; con quelli costruivamo piccole case per le bambole” (Antonakakis 2023, 69). Una memoria infantile del fare architettura. Un insieme di ricordi che corrispondono a delle immagini impresse nella mente, risorsa preziosa per il percorso svolto nella teoria e nella pratica architettonica, con un accento particolare posto sugli spazi aperti ma delimitati, recintati, in qualche modo protetti. “È questo senso di spazio vissuto dentro e fuori casa, il calore della compagnia ma anche il bisogno di contemplazione solitaria e di vagabondare nei mondi fantastici dei libri che da sempre sono stati i miei compagni costanti” (ivi, 75).

Riferimenti bibliografici
  • Antonakakis 1991
    D. Antonakakis, Dimitris Pikionis: elaborazione e improvvisazione, “Controspazio” 5 (settembre-ottobre 1991), 43-45.
  • Antonakakis 2016
    D. Antonakakis, S. Antonakakis, Οι Κατοικίεσ Τησ Κρήτησ [Le case di Creta], Αθήνα 2016.
  • Antonakakis 2018
    D. Antonakakis, S. Antonakakis, Ιχνη αρχιτεκτονικης διαδρομης [Tracce di un percorso architettonico. Suzana e Dimitris Antonakakis], Αθήνα 2018.
  • Antonakakis 2022
    D. Antonakakis, S. Antonakakis, Πολυκατοικία στην οδό Δοξαπατρή ]Polykatoikia in via Doxapatri], Πάτρα 2022.
  • Antonakakis 2023
    S. Antonakakis, Αρχιτεκτονική ποιητική. Κείμενα 1959-2019 [Poetica architettonica. Scritti 1959-1960], Ηράκλειο 2023.
  • Doumanis 1984
    O. Doumanis, Architettura greca contemporanea. Guida 1945-1988, Firenze 1990.
  • Frampton 1985
    K. Frampton, Atelier 66. The architecture of Dimitris and Suzana Antonakakis, New York 1985.
  • Lefaivre, Tzonis 1981
    L. Lefaivre, A. Tzonis, The grid and the Pathway: an introduction to the work of Dimitris and Suzana Antonakakis in the context of Greek architectural culture, “Architecture in Greece” 15 (1981), 164-178. Successivamente pubblicato con lo stesso titolo in K. Frampton, Atelier 66. The architecture of Dimitris and Suzana Antonakakis, New York 1985, 14-25.
  • Tournikiotis 2007
    P. Tournikiotis, Atelier 66. The architecture of Dimitris and Suzana Antonakakis, Αθήνα 2007.
  • Tzonis, Rodi 2013
    A. Tzonis, A.P. Rodi, Architecture of the Junta, in A. Tzonis, A.P. Rodi, Greece. Modern architectures in history, London 2013, 205-222.
English abstract

The contribution intends to address the compositional issues raised in two projects built by Suzana and Dimitris Antonakakis, better known as Atelier 66. The first case concerns the house-atelier on Benaki Sreet in Athens (1972-75), located on the slopes of Strefi Hill, from which Le Corbusier drew the north side of the Acropolis. An Athenian ‘polykatoikia’, manifesto of their idea of architecture for the city, which contains the studio and the archive of Atelier 66 in its basement. The second case is the Alikianos holiday house (1974), a place of summer otium immersed in an orange grove not far from Heraklion, Crete. The two examples are the way to investigate a way to make architecture reinterpreting a tradition made of forms, figures, memories, and matter, which is intrinsically linked to the Greek land.

keywords | Suzana and Dimitris Antonakakis; Atelier 66; Greek modern architecture.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo / To cite this article: Claretta Mazzonetto, Tracce di un percorso architettonico in Suzana e Dimitris Antonakakis, “La Rivista di Engramma” n. 226, luglio/agosto 2025.