Ripetizioni, aggiustamenti
Forma del sapere di Pezo von Ellrichshausen, Thymos Books, Napoli 2025
Marianna Ascolese
English abstract
Pezo von Ellrichshausen, Form of Knowledge/Forma del sapere, a cura di M. Moro, Napoli 2025.
Il libro Form of Knowledge/Forma del sapere a cura di Marco Moro ed edito da Thymos Books, raccoglie dieci scritti, venti fotografie e quattro dipinti di Pezo von Ellrichshausen. I testi, redatti in tempi diversi e per la prima volta tradotti in italiano, mettono insieme appunti e pratiche che tratteggiano un pensiero intorno all’architettura. Un’accurata operazione curatoriale che rintraccia nella sequenza di testi e immagini una precisa e specifica interpretazione individuando le radici di un modo di pensare e fare il progetto che si radica in un saldo corpus teorico. Un lavoro che evidenzia un profondo legame nella pratica del progetto toccando le questioni più intime connesse al sentire e all’intrepretare diverse forme di conoscenza con continui rimandi tra teoria e prassi.
I testi ruotano intorno a differenti temi – metodologie della pratica del progetto, condizioni relazionali dell’architettura, costruzione come processo – che sembrano essere connessi da un filo invisibile che si rintraccia in molteplici punti e che segna quella dualità dello sguardo intercettando un modo simbiotico e scambievole di interrogare la realtà e di lavorare al progetto. “Si dovrebbe far attenzione a non distogliere lo sguardo dall’impronta lasciata dall’altro per non uscire dal tracciato, ma allo stesso tempo, sollevare di tanto in tanto lo sguardo per intercettare la presenza dell’altro” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 168), così Mauricio Pezo e Sofia von Ellrichshausen iniziano a interrogare e interrogarsi su come i progetti possano essere affrontati, quali metodi mettere in campo e prima ancora, come il mondo possa essere osservato, appreso e quanto di tutto questo possa essere trasmesso, esprimendo una modalità di cogliere, comprendere e trasferire un sapere che si esplicita nel fare. Un percorso fatto insieme, con quella maestria di camminare in sincrono senza mai perdere la specificità del singolo.
Pezo von Ellrichshausen esplicitano un pensiero incessante verso l’architettura che attraversa azioni quotidiane della vita innestando una forza di riti (Han 2021, 35) che vengono poi tradotti in gesti che naturalmente mettono in campo due modi che si intersecano, ovvero quell’ “iniziare a creare qualsiasi cosa, anche senza una buona ragione, e in secondo luogo, rifarlo più volte, ripetutamente, fino a trovare qualcosa che ci piace” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 220). Iniziare e ripetere rappresentano i due snodi di un metodo per trasmettere il progetto, o meglio, per educare a progettare.
La pratica si registra in un continuo ritornare, un movimento circolare in cui la linea viene ripassata più volte sullo stesso punto quasi a dover ricalcare un percorso che, apparentemente uguale, segna una traccia sempre diversa. Con questo spirito il metodo introdotto da Pezo von Ellrichshausen si sofferma sulla monotonia (Poe [1846] 2012, 29), sulla ripetizione, sulla sottile variazione che si ritraccia anche negli strumenti usati per restituire il progetto. I disegni, o meglio le composizioni, si soffermano spesso sugli stessi elementi osservati con condizioni di luce differenti dove le ombre divengono le protagoniste di uno scenario architettonico che pur essendo sempre lo stesso appare agli occhi dell’osservatore e dell’abitante ancora diverso. Il modello è l’altro strumento che prova a restituire una forma di “insistenza monotona su un’idea semplice, declinata sull’intero edificio o in una sua caratteristica elementare (ad esempio, la dimensione o la proporzione di una finestra), si dissolvono in un archetipo rarefatto. Invece di una connotazione compiuta, della purezza, della perfezione associata a una figura ideale, nella maggior parte dei casi, abbiamo ampliato il repertorio verso quella che potremmo definire la tendenza sostanziale di un tipo edilizio” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 220).
La restituzione e la rappresentazione del progetto proiettano verso visioni future che, attraverso il disegno e il modello, restituiscono molteplici dettagli di uno stesso oggetto con sottili variazioni, e sovrapposizioni che indagano quel lungo tempo del progetto – quasi infinito – che continua a ripercorrere una linea che si sovrappone in quella circolarità del procedimento progettuale.
Una collezione che esprime la necessità di essere ordinata, ragionata e, poi, osservata a una giusta distanza, così che la “classificazione regolare dei casi, il lavoro seriale, si concretizza quindi in piccoli modelli fatti a mano, trasformando le osservazioni individuali in un inventario, ovvero, una grande quantità di piccole idee” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 235).
Una pratica che indaga ed esplora il senso di prossimità, di minime distanze, di affinità che si traducono nella serie di dipinti Finite Format, “una monotona produzione di 2187 disegni a matita su carta. Abbiamo poi disegnato la serie successiva in formato digitale (6561 varianti), senza tradurla in un formato fisico. Con l’aumentare delle variazioni, la transizione da una figura all’altra perde progressivamente rilevanza: le forme, pur essendo uniche, smettono di possedere una vera individualità” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 225). I casi – sotto forma di sequenze assonometriche – opportunamente catalogati e collocati formano quella biblioteca in itinere che rendono Pezo von Ellrichshausen veri e propri collezionisti di un processo del fare in cui, come scrive Benjamin, il possesso è “il rapporto più profondo che in assoluto si possa avere con le cose: non come le cose fossero viventi in loro, piuttosto sono essi stessi che abitano in loro” (Benjamin [1931] 2017, 58). Questa forma di possesso si lega a un sapere profondo per l’architettura, una forma di conoscenza che si radica nelle opere realizzate da Pezo von Ellrichshausen. Una produzione attenta, accurata, lenta, sedimentata, eppure incessante dove la costruzione – minuziosa ed esatta – incoraggia una pratica continua del costruire: un’ossessione che si autoalimenta. In questo processo, fare architettura si porta dietro un pensiero profondo verso l’architettura nella sua concezione più alta che viene nutrita da un assillo incessante e divorata da una necessità di sapere che incoraggia l’errore, l’imprecisione dove continui “aggiustamenti, piuttosto che le strategie generali, rigide e idealizzate” riescono a restituire un “significato autentico per il progetto” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 250).
In questa sequenza di testi viene fuori il significato che per Pezo von Ellrichshausen si radica nell’architettura, un’arte senza parole, dove “la sua immobilità può essere una presenza rumorosa che evoca una rappresentazione, che reinventa quella stessa presenza, e la sua rappresentazione, in un ciclo senza fine” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 237). Così l’architettura esprime il potere evocativo delle forme, o meglio è essa stessa una forma del sapere che proprio per la sua capacità di essere radicata nelle esperienze e di radicarsi nel senso più profondo dell’abitare, esplicita quelle sensazioni nascoste dello spazio che genera emozioni: “Con o senza parole, chiunque potrebbe percepire la luce soffusa che lambisce le pieghe di una tenda e come questa si riflette su un pavimento di legno lucido mentre sfiora le sue venature; o potrebbe ascoltare il vento che s’infrange sul vetro, annusare la cera impregnata sulle assi di legno” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 245). In questo senso, lo spazio architettonico innesta una relazione profonda e ricercata tra il costruire e l’abitare (Heidegger [1951] 1976) che si radica nelle opere realizzate che rincorrono una sequenza di temi più volte ripercorsi, interrogati, esplorati con l’intento di carpirne, ogni volta con una maggiore intensità, il senso del luogo, del tempo e dello spazio dell’azione architettonica. Questa modalità di procedere seguendo le tracce del già fatto, svela le questioni pratiche e impraticabili delle architetture che si schiudono nelle “innumerevoli qualità che si possono percepire in una stanza e, al contempo, come valore universale dello spazio che risiede nel suo potenziale di accogliere qualsiasi forma di vita” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 239).
Le forme costruite esprimono quella conoscenza accurata, costruita in un tempo lungo, che guarda a luoghi specifici, profondamente radicati in un modo di pensare e fare il progetto che fa trasparire la continua ricerca di una “una distanza, un divario da colmare tra la qualità di una stanza e la qualità della vita che essa contiene” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 227).
In questa sequenza di testi emerge, a tratti in maniera latente, l’intento che soggiace alla trasmissione e alla ricerca di un saper fare il progetto, ovvero di rintracciare un metodo che sembra basarsi su quelle arti empiriche, descritte da Diderot, che si accontentano di “‘adattare’ i materiali, dividendoli, tagliandoli, unendoli eccetera senza dar loro ‘una nuova fisionomia’ (attraverso la fusione, la composizione eccetera) come avviene invece con le arti manifatturiere. Prive di un linguaggio proprio, esse non ‘formano’ neppure un prodotto nuovo. Procedono a tastoni. Ma la riorganizzazione e la gerarchizzazione delle conoscenze secondo il criterio della produttività conferiscono a queste arti un valore di riferimento, in virtù della loro operatività, e d’avanguardia, grazie alla loro sottigliezza ‘sperimentale ed empirica’” (de Certeau [1990] 2012, 112). A questa modalità pratica, intesa come indagine per il progetto, corrisponde un approccio teorico che rintraccia «i piccoli vuoti lasciati tra ideologie ed esperienze, tra credenze e rituali obbligati della vita» (Pezo von Ellrichshausen 2025, 222). che spinge Pezo von Ellrichshausen a indagare le crisi e i fermenti che invadono il nostro mondo con un continuo ritorno, con una costante circolarità che ripercorre il già fatto.
Questo volume alimenta un discorso aperto ma al tempo stesso di indagine specifica nella pratica e nel pensiero sull’architettura di Pezo von Ellrichshausen con la volontà di trasmettere un messaggio che si rivolge a chi si avvicina all’architettura, per “coltivare la capacità di essere sensibili e adoperare l’intelligenza […], e che, nell’eccezionale raggiungimento di quella sensibilità e intelligenza, risieda la possibilità di risolvere problemi imprevedibili servendosi di mezzi architettonici raffinati” (Pezo von Ellrichshausen 2025, 229).
Pezo von Ellrichshausen, 72412231616 (Twin n. 02), dittico, olio su tela, 240x180 cm (ciascuno), 240x360 cm (insieme), 2024.
Riferimenti bibliografici
- Benjamin [1931] 2017
W. Benjamin, Tolgo la mia biblioteca dalle casse [1931], Milano 2017. - de Certeau [1990] 2012
M. de Certeau, L’invenzione del quotidiano [ed. or. Paris 1990], Roma 2012. - Han 2021
B.C. Han, La scomparsa dei riti. Una topolodia del presente, Milano 2021. - Heidegger [1951] 1973
M. Heidegger, Costruire, abitare, pensare (1951), in G. Vattimo (a cura di), Saggi e discorsi (Vorträge und Aufsätze), Milano 1976. - Poe [1986] 2012
E. A. Poe, La filosofia della composizione [1846], Milano 2012. - von Ellrichshausen 2025
Pezo von Ellrichshausen, Form of Knowledge / Forma del sapere, a cura di M. Moro, Napoli 2025.
English abstract
Form of Knowledge/Forma del Sapere, edited by Marco Moro, brings together texts and visual works by Pezo von Ellrichshausen, intertwining theory and design practice. Through a process involving repetition, variation and adjustment, architecture is explored as a sensitive form of knowledge rooted in the experience of creation. The contributions explore a practice that unfolds through drawings and models, outlining a methodology based on attentive and critical observation, in which the process itself becomes a critical tool. The result is a poetic and precise vision in which design serves as a means of both learning and transmission, capable of activating collective intelligence and sensitivity.
keywords | Architectural design project; Critical methodology; Theory and practice; Architectural tools.
Per citare questo articolo / To cite this article: Marianna Ascolese, Ripetizioni, aggiustamenti. Forma del sapere di Pezo von Ellrichshausen, Thymos Books, Napoli 2025, “La Rivista di Engramma” n. 226, luglio/agosto 2025.
Per citare questo articolo / To cite this article: Marianna Ascolese, Forma del sapere: ripetizioni, aggiustamenti, “La Rivista di Engramma” n. 226, luglio/agosto 2025, pp. xx-yy | PDF dell’articolo