Se la cultura è genocidaria
Presentazione de “K. Revue trans-européene de philosophie et arts”, cahiers spécial 3/2025, Grandeur de Mahmoud Darwish
Irene Calabrò
English abstract

“K. Revue trans-européene de philosophie et arts”, cahiers spécial 3/2025, Grandeur de Mahmoud Darwish
Sommario
Désastre Gaza
The greatness of Mahmoud Darwish, Pierandrea Amato/Luca Salza
La mémoire de l’Holocauste au temps du génocide, Amos Goldberg
Abc d’un génocide, Guido Boffi
La destruction de Gaza : Carthago delenda est, Seloua Luste Boulbina
Thinking after Gaza, Ian Chambers
Gaza as a problem for thought, Fabrice Dubosc
Offendere infinito presente, Patrizio Esposito
Museo Puškin, 1955, Luca Lenzini
Ripensare l’eredità: Fortini e la Palestina, Rosa Alba De Meo
Grandeur de Darwich à l’heure de Gaza: deux poèmes et leur lecture, Victor Martinez
Se tenir au bord du gouffre. La poésie «mineure» de Mazen Maarouf, Joaquim Daniel Dupuis
Actualité de Genet : 16 septembre 1982/7 octobre 2023, complexe image dialectique, Alain Naze
Il tempo della testimonianza. Urgenza e necessità nella poesia di Gaza, Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini, Leonardo Tosti
Interwies
« Gaza est un événement mondial, qui ne laissera
rien inchangé dans nos pensées et dans nos rapports mutuels », Étienne Balibar
À la recherche du temps détruit / « Jusqu’à quand
va-t-on laisser envahir nos jardins intérieurs ? », Michel Khleifi
Écritures du désastre
Sur la grenouille et sur l’amande, Louise Guillemot
Tre dialoghi didascalici sulla poesia palestinese, Andrea Inglese
[Mi conosci?]; [Quanto è crudele la notte sui nostri corpi…], Alaa Al-Din Ahmed
Poèmes palestiniens, choisis et traduits par Kadhim Jihad Hassan
Nous t’invoquons, Samih Al-Qâsim
Camions, Zakaria Mohammed
Porte de l’absolu; Dans le puits, Zuhayr Abou Shayeb
Mariam parmi l’herbe, Yousuf Abou Lawz
Nous perdrons cette guerre (poème pour Gaza), Samer Abu Hawwash
Lettera dal Genocidio, 7 luglio 2025, Haidar al-Ghazali
Mon cœur saigne à Gaza, Meriem Bekkali
Patchwork de l’indicible sur Gaza, Bernoussi Saltani
Le sacrifice d’Aaron qui a pris sur lui des fautes qui n’étaient pas les siennes, Eugenio Mazzarella
Quel che si deve vedere è nel dettaglio. Palestina Giorno 47, Eugenio Mazzarella
Gaza brucia – Gaza brûle, Camilla Cederna
Gaza Strip (memos), English translation John Berger, Yves Berger
Works
AA.VV, Diana Allan, Giovanni Ambrosio, Nabil Anan, Giuseppe Desiato, Patrizio Esposito, Paolo Icaro, Alfredo Jaar, Domenico Antonio Mancini, Marzia Migliora, Shirin Neshat, Adrian Paci, Sohail Salem, Mona Saudi, Vera Tamari, Akram Zaatari, The Arab Image Foundation, The Palestinian Museum.
“K. Revue trans-européenne de philosophie et arts”, diretta da Pierandrea Amato e Luca Salza, nata nel 2018 tra l’Università di Lille e l’Università di Messina, prende il suo nome da una lettera che, in realtà, non vuol dire niente. Forse condivide il suo nome con uno dei personaggi di Franz Kafka, laddove tenta di sfuggire a qualsiasi identificazione con una legge del nome. Ma con Kafka, la rivista condivide soprattutto un gesto: provare inesorabilmente, spesso inutilmente, ad affrontare, scrivendo, la catastrofe di fronte alla quale quotidianamente ci troviamo.
La catastrofe che “K” cerca di fronteggiare in ogni suo numero monografico, ciascuno dedicato alla costruzione di un personaggio concettuale (Antigone, Pinocchio, Jeanne d’Arc, Ettore Majorana…), è provocata dal lavorio silenzioso e invisibile delle trame dei poteri politici ed economici che governano il mondo. All’interno di queste trame, “K” tenta di trovare una via di fuga, attraverso una scrittura della catastrofe che diventa gesto destituente, in grado di aprire un inaudito spazio, formato da differenti discipline (la filosofia, la politica, l’estetica, la letteratura e le arti), dentro-contro-fuori rispetto alle trame di quei poteri.
La rivista, oltre ai numeri monografici, propone, senza regolarità, anche dei numeri speciali in esplicita risonanza con l’attualità. Nel 2020, appare un numero speciale dedicato agli scioperi in Francia tra il 2018 e il 2019, quindi, nel 2022, un altro numero speciale, attraverso cui “K” si fa spazio di scrittura collettiva per riflettere intorno alle pratiche di diserzione dalla guerra che, oramai, è molto più di uno spettro per l’Occidente (e non solo).
Proiezione da Palazzo Degas, Calata Trinità Maggiore, di Qui resteremo, a cura dell’archivio Gaza_Fuorifuoco_Palestina, Napoli, 29 novembre-2 dicembre 2025.
L’ultimo numero speciale di “K” appare nel settembre 2025: Grandezza di Mahmoud Darwish, dedicato al genocidio del popolo palestinese, quindi, in particolare, alla sparizione di Gaza, e che fa eco all’indimenticabile testo Grandezza di Yasser Arafat (1983), scritto da Gilles Deleuze a un anno dal massacro avvenuto nei campi-profughi palestinesi di Sabra e Chatila, in Libano.
Già quasi un anno prima dell’uscita del numero, la redazione di “K” inizia a immaginare di dover prendere la parola, non senza difficoltà, di fronte a una striscia di terra sempre più ridotta a un cumulo di macerie. La difficoltà nasce da una domanda: cosa ha da dire chi dall’altra parte del Mediterraneo lavora, pensa, vive nei Paesi – dall’Italia alla Francia – che hanno permesso e anche coadiuvato per troppi giorni, mesi, anni la distruzione di un popolo e di gran parte della sua terra? In realtà, non bisogna mettere da parte né quella difficoltà, né la vergogna di prendere la parola di fronte a un genocidio, ma anzi – come consiglia Deleuze – si tratta di rimodulare lo spazio collettivo di scrittura che è “K” partendo proprio dalla vergogna di dire in quanto sentimento a cui ogni branca della cultura, prima o poi, deve rivolgersi. Non perché noi tutte e tutti, vivendo nei Paesi che concorrono alla sparizione di Gaza, ne siamo necessariamente responsabili o, ancora di più, colpevoli – è ancora Deleuze che, nel suo Abécédaire, riconoscendo la vergogna quale sentimento più potente della filosofia, ricorda, con Primo Levi, che, di fronte alla barbarie, non bisogna mai confondere i carnefici con le vittime, e nemmeno dire che siamo tutti e tutte colpevoli. Ma si potrebbe facilmente ricadere in un concorso di colpa, nel momento in cui si decide di non prendere la parola di fronte alla barbarie di cui siamo spettatrici e spettatori: risiederebbe qui l’ultimo atto vergognoso dei popoli della parte fortunata del Mediterraneo. Quindi, da dove partire? Definitivamente, per “K”, dalla vergogna che, di fronte al genocidio del popolo palestinese e alla sparizione della sua terra, gran parte degli ambienti culturali d’Occidente in generale, e d’Europa in particolare, non riesce a provare.
Quanti e quante giustificano la condotta genocidiaria del governo che attualmente guida lo Stato di Israele in nome della memoria della Shoah? Quante e quanti non hanno modo, tempo o pazienza di ricostruire la genealogia dell’attacco barbaro di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023 (chiaramente, non per giustificarlo)? Come ha potuto e come può produrre genocidi questa stessa cultura occidentale fondata su grandi, troppo grandi motivi – la cura, quindi l’alterità, il pensiero della differenza che, poi, inauditamente (ma forse non troppo?) giustifica le ragioni folli, genocidarie, colonizzatrici del pensiero dell’Uno di Israele? Di conseguenza – e questa è la vera posta in gioco per “K” –, in che modo riabilitare politicamente la critica (come sembra pensare Walter Benjamin) in quanto luogo principale di ogni battaglia culturale, capace di svelare le contraddizioni del presente, nel momento in cui qualsiasi difesa di Gaza e del popolo palestinese, quindi il rifiuto della condotta genocidaria e colonizzatrice di Israele, viene assolutamente tacciata di antisemitismo o di antisionismo? Nel momento in cui si ingiunge persino di non utilizzare lo stesso termine “genocidio” accostandolo alla condotta di Israele?
Parafrasando Esperienza e povertà (1933), testo che Benjamin scrive in un altro periodo buio per l’Europa e per l’Occidente, “K” si chiede: che cosa fare del patrimonio culturale occidentale, i cui valori sono stati costruiti proprio sulla memoria di un altro genocidio (la Shoah), se oggi la continuazione della Nakba di cui siamo spettatori e spettatrici è sostenuta proprio da chi si riconosce in quegli stessi valori? Cosa fare di fronte a questa catastrofe che assomiglia – come direbbe Jean-Luc Godard – a un’altra vittoria di Hitler?
“K” immagina, allora, di costruire un montaggio di scritture e immagini, per raccontare e mostrare altrimenti – cioè al di là delle sue possibili e diffuse giustificazioni – la storia che stiamo vivendo, la distruzione della Palestina di cui siamo spettatori e spettatrici. Il patrimonio culturale è, in questa operazione, il luogo in cui rintracciare la genesi del genocidio del popolo palestinese e la sparizione della sua striscia di terra, nonché la zona in cui è in gioco la cartografia dei poteri politici contemporanei. Si tratta, quindi, di scovare una maniera per resistere all’interno del discorso dominante della cultura occidentale che giustifica il genocidio del popolo palestinese in maniera oscura, cioè, per dirla in una battuta: in nome dell’umanità. D’altronde, Benjamin, ancora in Esperienza e povertà, mostra come la cultura che, nel 1933, permette e giustifica l’avvento della barbarie, si basi sull’immagine tradizionale di un’umanità a sua volta fondata su logiche sacrificali del passato.
In nome di quale patrimonio culturale, allora, Gaza e il popolo palestinese possono sparire, possono, cioè, essere sacrificati? Come fuoriuscire dal discorso culturale dominante se non creando, al suo interno, uno spazio per rendere visibili le sue stesse contraddizioni?
“K” rintraccia nella poesia la forma d’arte che può sfuggire al discorso culturale dominante, nella misura in cui riesce a invadere le branche della cultura per portarle fuori dalle loro logiche che, oggi, troppo facilmente giustificano atti genocidiari. Mahmoud Darwish è il nome, per “K”, della poesia che parla della vita e della morte della Palestina; la traccia di questa terra e del suo popolo che nella stessa parola poetica trova la sua sopravvivenza. Ma ancora di più: con Darwish, la poesia diventa il luogo in cui la vita, resistendo, si fa politica al di là della storia. La vita e la morte in un sito del disastro – s’intitola proprio “scritture del disastro”, la sezione del numero che raccoglie gli interventi più squisitamente poetici –, dove la parola poetica fa delle macerie di Gaza e dei corpi martoriati dei palestinesi anche l’immagine destinale dei poteri contemporanei che agiscono mondialmente. In questo numero di “K”, allora, è attraverso la poesia che si costruiscono cartografie prima inimmaginabili; è a partire da un impegno politico-poetico, che mira a spingersi al di là del discorso culturale dominante, che la redazione e i membri del comitato scientifico della rivista, assieme all’instancabile lavoro di Patrizio Esposito e a quello di Giovanni Ambrosio, realizzano un montaggio di parole e immagini, in grado di rivelare altrimenti la storia di oggi. Si tessono alleanze con chi, ancora, vive, pensa e cerca assurdamente di lasciare tracce di un popolo distrutto, attraverso fotografie, disegni, versi, film, in una terra che è in via di sparizione; con chi prova a resistere all’ultimo colpo inferto dalla cultura occidentale fondata sulla negazione del genocidio, ma che sembra fare proprio di questo negativo il suo positivo: la sua nuova forma di vita genocidaria.
Il fascicolo di “K” dedicato alla sparizione di Gaza e al genocidio del popolo palestinese ha avuto una presentazione speciale a Napoli, nell’ambito della III edizione di Masarat Al-Funun: percorsi culturali palestinesi. Dal 29 novembre al 2 dicembre 2025, Grandeur de Mahmoud Darwish ha trovato uno spazio amichevole nelle giornate di Scorgere Gaza – negarsi alla cecità, opporsi allo svanire, presso la “CASA – Centro delle Arti della Scena e dell’Audiovisivo”, con sede a Palazzo Degas, diretto da Ludovica Tinghi e Roberto Roberto (che tanto vanno ringraziati per la generosa ospitalità). Di quelle giornate densissime rimane un libretto, che si allega per le lettrici e i lettori di Engramma.
English abstract
The article by Irene Calabrò introduces the special issue of “K. Revue trans-européenne de philosophie et arts” dedicated to Grandeur de Mahmoud Darwish (cahier spécial 3/2025), foregrounding cultural responses to the catastrophic destruction in Gaza and the broader genocidal context facing the Palestinian people. The presentation positions the journal as a multidisciplinary forum that confronts contemporary political and cultural crises through philosophy, literature, and visual arts. It critically examines the ways Western cultural heritage and critical discourse have engaged – or failed to engage – with ongoing violence, urging a reinvigorated commitment to resistance and intellectual responsibility. Poetry, especially through Darwish’s work, is framed as a space where life and political agency persist amid devastation, challenging dominant narratives and redefining cultural critique in the face of systemic injustice.
keywords | K. Revue trans-européenne de philosophie et arts; Mahmoud Darwish; Gilles Deleuze.
Per citare questo articolo / To cite this article: I. Calabrò, Se la cultura è genocidaria. Presentazione de “K. Revue trans-européene de philosophie et arts”, cahiers spécial 3/2025, Grandeur de Mahmoud Darwish, “La Rivista di Engramma” n. 230, Natale 2025.