"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

230 | Natale 2025

97888948401

Tra i resti del passato e le macerie del presente

Tesori archeologici di Gaza: 5000 anni di storia salvati dalla distruzione (Paris, Institut du Mond Arabe, avril-decémbre 2025)

Valentina Porcheddu

English abstract

1 | Pavimento musivo da Dayr Al-Balah, prelevato nel 1997, datato al periodo bizantino (579); Autorià palestinese, in deposito al Museo d’Arte e Storia di Ginevra. Foto di Flora Bevilacqua.
2 | Lucerna romana tipo Loeschke 1B con scena erotica (h.: 3,5 cm; lung.: 12 cm; larg.: 8,8 cm | C.C.: beige chiaro; V. rossa, forse lucida; S.) | decorazione a rilievo sul medaglione e lungo il perimetro; datata tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.* e proveniente da Gaza, Blakhiyah (antica Anthédon di Palestina). Autorità Palestinese. Foto di Flora Bevilacqua. Precedente attribuzione cronologica: II–III sec. d.C. (scheda preliminare redatta nel 2007 per il secondo volume di Gaza à la croisée des civilisations, mai pubblicato); oppure I sec. d.C. (secondo Gaza à la croisée des civilisations, Genève 2007, 236).
3 | Anfora vinaria da Gaza, V sec. d.C. Foto di Bettina Jacot -Descombes.

È giusto parlare del patrimonio archeologico di Gaza quando decine di migliaia di donne, uomini e bambini sono periti sotto le bombe e continuano a morire per la violazione della tregua e le conseguenze degli intollerabili blocchi umanitari da parte dello Stato d’Israele e dei paesi complici? Perché interessarsi alle civiltà antiche quando gli abitanti di Gaza lottano per la sopravvivenza? Una risposta a queste domande ha provato a darla la mostra Tresors sauvés de Gaza. 5000 ans d’histoire, andata in scena all’Istituto del mondo arabo di Parigi dal 3 aprile al 7 dicembre 2025, con la collaborazione del Museo d’Arte e Storia di Ginevra, del Ministero palestinese del Turismo e delle Antichità, della Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme (Ebaf) e dell’Alleanza internazionale per la protezione del patrimonio (Aliph). Curata da Elodie Bouffard e allestita dagli architetti e designers palestinesi Elias e Youssef Anastas, l’esposizione ha presentato al pubblico un centinaio di reperti che l’esilio ha salvato dalla distruzione. Oggetti scalfiti dal tempo e dalla mancanza di cure, che resistono alla furia della guerra come sentinelle della multiforme e preziosa identità del popolo palestinese.

Nel 1879, nella Palestina ottomana, un contadino scoprì sulla cima di una collina di sabbia a Nuseirat una maestosa statua in marmo raffigurante Zeus seduto sul trono. L’archeologia a Gaza comincia dunque con un rinvenimento fortuito e, sebbene la scultura oggi conservata al Museo archeologico di Istanbul non costituisca un unicum come la Venere di Milo, l’esercito di terracotta dell’imperatore Qin a Xi’an o i Giganti di Mont’e Prama in Sardegna, anche in quel lembo di terra oggi martoriato un dio di pietra si manifestò al più umile degli abitanti, affinché fosse testimone del glorioso passato del suo popolo.

Furono tuttavia gli egittologi britannici residenti al Cairo a svelare, tra il 1922 e il 1948, le ricchezze archeologiche della Palestina attraverso indagini negli insediamenti dell’Età del Bronzo e del Ferro. Ma i violenti scontri che si verificarono sotto il mandato britannico a partire dal 1938 e, successivamente, la creazione dello Stato di Israele nel 1948, arrestarono le ricerche. Gli scavi ripresero in maniera sporadica dopo il 1967, con l’occupazione israeliana di Gaza: a Dayr el-Balah venne allora riportato alla luce un vasto complesso egiziano di epoca cananea (XIV-XIII sec. a.C.) con cinquanta sarcofagi antropomorfi di terra cruda, attualmente esposti in Israele. Il primo ritrovamento nell’ambito dell’archeologia bizantina risale invece al 1918, con la scoperta di un mosaico ad ‘Aïn Shâllâlâh, rimosso dall’esercito australiano e trasferito a Melbourne.

Nel 1994, all’indomani degli Accordi di Oslo, viene finalmente creato il Servizio delle Antichità della Palestina, che già dal 1995, con la collaborazione dell’École biblique et archéologique française de Jerusalem (Ebaf), avvia diversi cantieri di scavo. Si tratta di interventi che hanno soprattutto lo scopo di arginare la distruzione del patrimonio causata dalla caotica urbanizzazione della Striscia. Dal ricco sottosuolo di Gaza riemerge così la memoria delle civiltà che vi si erano succedute dall’Età del Bronzo fino alle ultime influenze turche della fine del XIX secolo. Durante cinque anni e malgrado gli ostacoli connessi alla forte densità di occupazione del suolo – la Striscia di Gaza ha una superficie di 365 chilometri quadrati, in cui vivono oltre 2 milioni di abitanti (700.000 solo a Gaza City) – le scoperte sono numerose e di grande rilevanza: a Nuseirat vengono dissotterrate le imponenti rovine del monastero di Sant’Ilarione, un complesso paleocristiano di circa un ettaro di estensione fondato nel 329, che comprende una basilica e tre santuari sovrapposti, una cripta per i pellegrini, diversi edifici monastici e un impianto termale romano. Nel campo di rifugiati di Jabâliya, a Mukheitim, tornano alla luce una necropoli romana e un complesso funerario bizantino, che consta di 17 iscrizioni e pavimenti musivi in eccellente stato di conservazione. A Blakhiya gli archeologi identificano il porto greco di Anthédon, fondato nell’800 a.C. Nel 1998 la scoperta casuale del sito di Tall as-Sakan apporta nuove e fondamentali conoscenze per lo studio delle prime relazioni egizio-cananee.

Dall’esigenza di preservare e valorizzare tale patrimonio nasce nel 2000 la rassegna “Gaza Méditerranéenne. Histoire et archéologie en Palestine”, promossa dall’Institut du monde arabe (Ima) di Parigi. Un’iniziativa storica che ha consentito di esporre più di 200 oggetti inediti rinvenuti nell’ambito della cooperazione franco-palestinese. La collezione è stata in seguito presentata in diverse città europee e, su questa scia, il Musée d’Art et Histoire (Mah) di Ginevra ha organizzato nel 2006 la mostra “Gaza à la croisée des civilisations”, che ha potuto contare anche sul prestito di 260 oggetti di proprietà dell’imprenditore edile Jawdat Khoudary. Quotidianamente confrontato alla scoperta di vestigia nella Striscia di Gaza, quest’ultimo prende coscienza della complessa gestione dell’archeologia nell’enclave, dove il Servizio delle Antichità non riesce a far fronte, con i pochi mezzi a disposizione, ai progetti immobiliari e alla costruzione di infrastrutture. Sebbene il collezionismo non possa in alcun modo considerarsi un’azione di salvaguardia, è indubbio che in questo specifico contesto Khoudary abbia contribuito a sottrarre al traffico illegale di reperti circa 4000 pezzi antichi.

4 | Architrave con tre rosette da Gaza, epoca ottomana (XIX secolo); Autorità palestinese. Foto di Bettina Jacot -Descombes.
5 | Balaustra in marmo bianco (h.: 15 cm; lung.: 92 cm; larg.: 55 cm; peso: 156 kg [peso della cassa e dell’oggetto]), datata al V-VI sec. (periodo bizantino, secondo Gaza à la croisée des civilisations, Genève 2007, 163); oppure IV-VII sec. (datazione preliminare per le liste di partenza); produzione bizantina, proveniente da Gaza, città vecchia; Autorità Palestinese. Foto di Bettina Jacot -Descombes.
6 | Capitello in marmo bianco (h.: 33 cm; lung.: 44 cm; larg.: 44 cm; peso: 90 kg [escluso il peso della cassa]); produzione romana o bizantina; datato al IV sec. (periodo bizantino); oppure IV sec.-prima metà V sec. (secondo la scheda in A. Chambon 2012); oppure fine V-inizio VI sec. (secondo Gaza à la croisée des civilisations, Genève 2007, 160); oppure V-VI secolo (dossier stampa 2007), proveniente da Gaza, Blakhiyah (antica Anthédon di Palestina) (1992); Autorità Palestinese. Foto di Flora Bevilacqua.

Con la vittoria di Hamas alle elezioni legislative del 2006, falliscono i tentativi per rimpatriare in sicurezza i reperti della mostra itinerante. Da 17 anni, un centinaio di casse contenenti 529 oggetti che rievocano la vita quotidiana, civile e religiosa a Gaza dall’Età del bronzo all’epoca ottomana e che avrebbero dovuto favorire la creazione di un museo archeologico, stazionano nel porto franco di Ginevra. Un esilio che, dopo il violento attacco del 7 ottobre 2023 perpetrato da Hamas e il massacro genocidario inflitto da Israele al popolo palestinese, ha decretato la salvezza insperata di una parte consistente del patrimonio archeologico della Striscia.

È in questa fase di violenza inaudita e di negazione del diritto all’esistenza del popolo palestinese, che si colloca l’esposizione “Tresors sauvés de Gaza. 5000 ans d’histoire”, andata in scena all’Ima di Parigi dal 3 aprile al 7 dicembre 2025, con la collaborazione del Museo di Ginevra, del Ministero palestinese del Turismo e delle Antichità, dell’Ebaf e dell’Alleanza internazionale per la protezione del patrimonio (Aliph). Centotrenta reperti hanno tracciato la storia di un popolo il cui dramma umano offusca qualunque bagliore di bellezza. Eppure, anche in mezzo alla devastazione totale della Striscia, la memoria ha il suo peso perché – come scrive Jack Lang nell’editoriale di presentazione della mostra parigina – “l’animo umano è il frutto di eredità ancestrali, di una successione di civiltà che plasmano il presente, lo rendono così ricco e complesso, lontano dai cliché […]. Niente è peggio dell’abbandono e dell’oblio. Questa mostra, che definirei di salvezza pubblica, rende omaggio a Gaza, vibrante e meravigliosamente giovane”.

Curata da Elodie Bouffard e allestita dagli architetti e designers palestinesi Elias e Youssef Anastas, la rassegna ha offerto un viaggio esplorativo della “Valle di Gaza”, oasi dal ricco passato commerciale e politico, porto mediterraneo al centro delle rotte carovaniere di Africa, Asia e India. “La più grande città della Siria”, secondo Strabone, contesa nel tempo da Egiziani, Assiri, Babilonesi, Persiani, Greci e Romani; e, infine, da Mamelucchi e Ottomani. Per l’Età del Bronzo, sono due i siti specialmente valorizzati: Tall-al Sakan (3500-2350 a.C.), salvato dai promotori immobiliari e scavato a partire dagli anni 2000 da Pierre de Miroschedji (Cnrs), fino alla brusca interruzione delle ricerche a causa di un’incursione militare. Nelle sezioni stratigrafiche riportate alla luce, alte più di 10 metri, si potevano leggere i 1000 anni del Bronzo antico. Da qui giungono una figurina di rana in calcare gessoso, peculiare dell’Egitto predinastico, e un manico di pugnale in osso di bovino con decoro geometrico inciso, simile a esemplari rinvenuti nella fenicia Byblos. Le indagini a Tall al-ĘżAjûl (1900-1200 a.C.), scavato agli inizi degli anni ’30 da Flinders Petrie e poi, tra il 1999 e il 2000, da Peter Fisher della missione austriaco-svedese, hanno portato invece all’acquisizione di nuovi dati sulle pratiche funerarie e fornito preziose indicazioni per lo studio dei sigilli.

7 | Statuetta in terracotta: testa di cavaliere (?) con copricapo appuntito (lung.: 3,2 cm; larg.: 3 cm | C.C. rosato; I. beige; modellata a mano); datata al VI-V sec. a.C. (periodo persiano)*; proveniente da Gaza, Khan Younis, Tell esh-Sheikh Hammudeh. Autorità Palestinese. Foto di Bettina Jacot -Descombes. Precedente attribuzione cronologica: VI-IV sec. a.C. (periodo persiano). 
8 | Lastra decorativa in calcare con motivo a palma (lung.: 33 cm; larg.: 26 cm; spessore: 10 cm); produzione bizantina; datata al VI sec. (periodo bizantino)*; proveniente da Gaza, Città di Gaza, quartiere di Daraj (1997). Autorità Palestinese. Foto di Flora Bevilacqua. Precedente attribuzione cronologica: periodo mamelucco. 
9 | Anfora vinaria rodia, III-II sec. a.C.; proveniente da Gaza, Blakhya (antica Anthédon). Autorità palestinese, ex collezione Jawdat Khoudary, Gaza; in deposito al Museo d'Arte e di Storia di Ginevra. Foto di Bettina Jacot -Descombes.
10 | Vaso a forma di cratere in calcite con motivo a ghirlanda floreale (h.: 26 cm; diametro massimo: 22,5 cm; diametro all’orlo: 17 cm | orlo a cordoncino, alto collo cilindrico e ampio corpo con spalle arrotondate, anse a bastoncello, fondo piatto | V. nera (tracce sotto il collo e sul corpo | Ricavato da un grande blocco, lavorato a scalpello e levigato esternamente). Datato alla seconda metà della XVIII dinastia (J.-L. Chappaz 2007); oppure alla fine della XVIII-inizio della XIX dinastia, XIII sec. a.C. (Christa Clamer in cat. A. Chambon 2012)*; proveniente da Gaza, Tell el-Ajjul (1997). Autorità Palestinese. Foto di Bettina Jacot -Descombes. Precedente attribuzione cronologica: Bronzo Tardo, XIII sec. a.C.

Gaza compare per la prima volta nei testi egizi del regno di Thutmosis III (1504-1450 a.C.) con il nome di Hazattu, da cui deriva il toponimo arabo moderno. Nel XII secolo a.C., con l’arrivo di genti dall’Egeo che stabiliscono empori sulla costa, evolve in una delle più importanti città-Stato della Filistea. A questo periodo risale lo scarabeo in steatite smaltata dall’antica Anthédon (Blakhiya) con rappresentazione del dio Khepri, simbolo della rinascita del sole, e motivi a spirale tipici della dinastia degli Hyksos. Dopo essere stata conquistata dagli Assiri (734 a.C.) e successivamente dai Persiani (539 a.C.), Gaza diviene ‘la perla del Mediterraneo’. Una testina in ceramica con cappello a punta (forse un cavaliere), scoperta nel sito di Tell esh-Sheikh Hammudeh a Khan Yunis e datata tra VI e V secolo a.C., è emblematica dell’influenza assira sulla prospera oasi incastonata tra mare e deserto.

Ancore e anelli per l’ormeggio delle imbarcazioni restituiscono la vocazione commerciale di Gaza, che dopo l’assedio e la distruzione per mano di Alessandro Magno (332 a.C.) mantiene anche durante il regno dei Lagidi e dei Seleucidi il controllo delle coste. Diverse tipologie di anfore e frammenti di ceramica attica sono indicativi di floridi scambi. Grazie alla padronanza delle tecniche di irrigazione e all’adattamento del terreno sabbioso per la coltivazione della vite, Gaza si afferma inoltre come luogo di produzione di vino e di giare, esportate nei principali porti del Mediterraneo (Alessandria d’Egitto, Beirut, Marsiglia) e persino della Penisola Arabica e dell’Oceano Indiano. Una figurina di terracotta datata all’Età del Ferro che ritrae una danzatrice con tamburello (l’iconografia, largamente attestata in Siria e Palestina, è connessa al culto della fecondità) e una piccola scultura ellenistica in marmo da identificarsi con Afrodite (o Ecate) in compagnia del dio Pan bambino, entrambe senza contesto di provenienza, sono indicative dei rinvenimenti al di fuori di scavi archeologici. La statua della dea è stata recuperata dai pescatori nelle acque antistanti Blakhiya e acquistata da Jawdat Khoudari con l’obiettivo di sottrarla al traffico illecito di beni culturali.

Nel 97 a.C. Gaza viene occupata dalla dinastia giudaica degli Asmonei e poi lasciata all’abbandono. Tornerà a splendere nel 61 a.C. con Pompeo, dotandosi di un teatro, un ippodromo e probabilmente di un ginnasio e uno stadio. Nel IV secolo marinai cristiani originari dell’Egitto approdano a Maiuma, il porto di Gaza.  L’aristocrazia romana resta tuttavia fedele a Zeus Marnas fino alla conversione forzata al cristianesimo un secolo dopo. Una basilica bizantina, l’Eudoxia, sorge allora sulle rovine del santuario greco-romano (Marneion) demolito nel 402. Il monachesimo si sviluppa inoltre nella regione su impulso di Sant’Ilarione.

Il grande mosaico policromo asportato nel 1997 a Dayr al-Balah, nel luogo di una chiesa bizantina scomparsa, ha costituito il fulcro dell’esposizione, sia per le sue dimensioni che per la ricercatezza artistica. L’iscrizione consente di datare il pavimento musivo all’anno 646 del calendario giuliano, corrispondente al 579. Circondato da un fregio vegetale, il pannello consta di cinque fasce delimitate da viti rampicanti e riempite con raffigurazioni di animali, personaggi, frutti e strumenti vari.

L’epoca bizantina (IV-VI secolo) è stata ripercorsa attraverso alcuni elementi architettonici – magnifica la lastra decorativa con palma da Gaza City – e un curioso flacone di ceramica in forma di dromedario accovacciato con carico di anfore, proveniente da Anthédon. Impressiona anche il tesoro monetale di circa 20.000 pezzi, coniati tutti alla fine del IV secolo, riportato in superficie dalle reti di un pescatore nelle acque antistanti Gaza. L’ammasso di monete ha preso la forma di un’enorme pera dalla sacca in cuoio che conteneva l’imponente gruzzolo al momento del naufragio di una nave.

Il 637 segna l’arrivo delle armate musulmane ma le comunità cristiana ed ebraica restano fiorenti. Gaza prospera tra artigianato, vigne e giardini fino all’arrivo dei Crociati, che la occupano tra il 1149 e il 1187, erigendo una grande chiesa. Quest’ultima si trasformerà in epoca mamelucca (1260-1277) nella moschea Al-‘Umari. Il declino avviene con il passaggio agli Ottomani nel 1516 e la perdita dell’influenza sui traffici marittimi. Si riferiscono a questo periodo due raffinate architravi con rosoni, che meriterebbero di essere restaurate.

11 | Grande lucerna in bronzo con protome leonina (Forma articolata in due elementi: corpo della lucerna e ansa plastica; l’ansa, in origine saldata, era fissata posteriormente al serbatoio | h.: 7 cm; h.: massima complessiva 20 cm; lung.: 28 cm; larg.: 11,7 cm | Fusione cava per il corpo della lucerna e fusione piena per l’ansa); produzione romana; datata al I sec. d.C. (secondo la scheda in A. Chambon 2012); oppure I-II sec. d.C. (secondo A. Chambon 2007); oppure periodo bizantino, V-VI sec. (secondo Gaza à la croisée des civilisations, Genève 2007, 149); proveniente da Gaza (rinvenimento subacqueo 2004). Autorità Palestinese. Foto di Flora Bevilacqua.
12 | Statuetta in marmo di Aphrodite o Ecate con Pan bambino [perduto] (h. massima: 48 cm (statuetta posizionata verticalmente, base non perfettamente perpendicolare); larg. massima: 21,5 cm (alla base); prof. massima: 9 cm (al corpo); prof. alla base: 8,6 cm; larg. al corpo della statuetta: 19,5 cm); datata al periodo ellenistico o romano; proveniente da Gaza, Blakhiyah (antica Anthédon di Palestina). Autorità Palestinese. Foto di Bettina Jacot -Descombes.
13 | Frammento di pisside attica a figure rosse con cane e pantera affrontati (lung.: 6 cm; larg.: 4 cm | C.C. arancio, V. nera; T.); datata al V sec. a.C.; oppure (inizio) IV sec. a.C. (secondo scheda J. Chamay in cat. A. Chambon 2012); proveniente da Gaza, Blakhiyah (antica Anthédon di Palestina (?)). Autorità Palestinese. Foto di Bettina Jacot -Descombes. 
14 | | Fiaschetta in vetro trasparente leggermente verdastro (Bordo a fascia con due teste umane sui due lati del corpo | h.: 9 cm; diametro massimo: 4,5 cm | Soffiata in stampo); datata al I-II secolo d.C.; produzione romana; proveniente da Gaza, Blakhiyah (antica Anthédon di Palestina), probabilmente da una tomba della necropoli nord (per lo stato di conservazione).  Autorità Palestinese. Foto di Flora Bevilacqua.

Lo scorso 11 settembre, il deposito della Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme (Ebaf) a Gaza City è stato evacuato per ordine dell’esercito israeliano, ma le perdite di antichità si aggirano tra il 20 e il 30 per cento. Da quel momento, i media internazionali hanno iniziato a interessarsi alle sorti del patrimonio della Striscia. Nel quadro di una crisi umanitaria drammatica che conta già 66mila vittime e che si è aggravata in quest’ultimo periodo con l’inondazione di migliaia di tende e rifugi di fortuna e il crollo di numerosi edifici per le piogge torrenziali, è a tutt’oggi difficile valutare i danni al patrimonio storico-archeologico di Gaza. Il gruppo interdisciplinare Gazahistoire afferente all’Università Parigi-Sorbona e al Centro Nazionale delle Ricerche (Cnrs), ha tuttavia stilato un inventario del patrimonio bombardato, che descrive – attraverso schede dettagliate e una carta interattiva a cura di Sébastien Haule – lo stato di 107 siti archeologici, monumenti e spazi culturali prima e dopo il 7 ottobre. Tra i luoghi finora colpiti si annovera il museo collocato all’ingresso dell’hotel al-Mathaf, a nord del campo profughi di Shati. Nato nel 2008 dalla raccolta privata di Jawdat Khoudary illustrava la storia di Gaza fin dalle origini. I crateri provocati dall’esercito israeliano per la ricerca di tunnel hanno invece inghiottito le testimonianze del porto di Anthédon (Al-Balakhiya), lungo 2500 anni sbocco naturale verso la Penisola arabica per il commercio di spezie, profumi, pietre preziose e tessuti colorati. Anche la Grande Moschea Al-‘Umari, nel cuore di Gaza City, è stata gravemente danneggiata dalle bombe. L’edificio, trasformato in luogo di culto musulmano nel XII secolo, era impiantato sulle strutture di una chiesa, che aveva a sua volta sostituito un santuario ellenistico dedicato a Zeus Marnas.

Malgrado le difficoltà estreme affrontate dalla popolazione sopravvissuta ai bombardamenti e al blocco degli aiuti umanitari, una quarantina di giovani archeologi e architetti palestinesi coinvolti dal 2017 nel programma “Intiqal” (dall’arabo ‘trasmettere’) continuano a studiare la documentazione scientifica relativa alle indagini portate avanti sotto la guida di René Elter. Il progetto, promosso dalla Ong “Première urgence internationale”(Pui) e sostenuto dal Ministero palestinese del Turismo e delle Antichità, dall’Ebaf, dalla Fondazione Aliph e dall’Unesco ha formato finora centinaia di giovani ai mestieri del patrimonio, favorendo la partecipazione delle donne agli scavi archeologici nella Striscia. Nel quadro dell’iniziativa Intiqal si sono svolti in questi anni numerosi scavi di salvataggio, che hanno permesso di preservare le vestigia del complesso ecclesiastico di Mukheitim (V-IX sec. d.C.) a Jabâliya con i suoi splendidi mosaici, il monastero di Sant’Ilarione a Tall Umr el-‘ Amr (IV – IX sec. d.C.), inserito nel 2024 dall’Unesco nella lista del patrimonio in pericolo), la necropoli romana di Ard Moarbin (I-III sec. d.C.) e le installazioni vinicole di Der Yassin a Nuseirat. Tra le rovine del passato e le macerie del presente, i giovani del progetto Intiqal rappresentano l’edificio più solido di Gaza, da cui guardare a un futuro di pace.

Riferimenti bibliografici
English abstract

This essay reconstructs the archaeological history of Gaza from the Bronze Age to the Ottoman period, highlighting major discoveries, international research efforts, and exhibition projects that have preserved its cultural heritage. Amid ongoing political conflict and recent devastation, it examines the dispersal, safeguarding, and destruction of archaeological remains, highlighting both the vulnerability and resilience of Gaza’s material memory and the crucial role of local and international initiatives in protecting archeological heritage.

keywords | Gaza; Ottoman period; Anthédon; Tall-al Sakan; Tall al-ĘżAjûl; Tell esh-Sheikh Hammudeh; Dayr al-Balah; Jawdat Khoudary; Mukheitim; Tall Umr el-‘ Amr; Ard Moarbin.

questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e all'international advisory board della rivista

Per citare questo articolo / To cite this article: V. Porcheddu, Tra i resti del passato e le macerie del presente Tesori archeologici di Gaza: 5000 anni di storia salvati dalla distruzione (Paris, Institut du Mond Arabe, avril-decémbre 2025), “La Rivista di Engramma” n. 230, Natale 2025.