"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

in fieri | numeri in preparazione

 
engramma 211 | aprile 2024 | Under the Volcano. Warburg’s Legacy

a cura di Ada Naval e Giulia Zanon

scadenza per invio contributi: 15 febbraio 2024
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engramma 212 | maggio 2024 | Arte e spiritualità. Omaggio ad Antoni Tàpies

a cura di Victoria Cirlot, Ada Naval, Marta Serrano

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engramma 213 | giugno 2024 | Architettura dei giocattoli (titolo provvisorio)

a cura di Fernanda De Maio, Giusi Scavuzzo

Per la Rivista di Engramma non è una novità occuparsi del gioco come fonte e metodo culturale, o della cultura come gioco. Solo per rimanere in anni recenti si può risalire al numero 161 dedicato a “Alice Underground” e al numero 200 dedicato a “Festa!”, oltre al gran numero di articoli sparsi nell’archivio ultraventennale della rivista dedicati al serio ludere e alle sue molteplici sfaccettature e significati, compresa talvolta l’architettura. Con questo numero che si propone alla comunità scientifica degli architetti e degli studiosi di architettura ed arte – e che potrebbe anche intitolarsi "Architectus Ludens", parafrasando Homo Ludens, il celebre e, secondo Umberto Eco, acerbo studio di Johan Huizinga – una prima questione che proponiamo è l’indagine sull’analogia tra quella che Juan Navarro Baldeweg, in una bella presentazione della collezione di giocattoli di Juan Bordes, chiama la cassetta degli attrezzi dell’architetto, ma in generale dell’homo faber, e le scatole da costruzioni per bambini. 

Il gioco, infatti, è sempre stato descritto dai filosofi come un'attività che, al pari dell’esperienza artistica, coinvolge insieme la sfera della sensibilità e quella della razionalità. Non c'è gioco senza il rispetto delle regole, ma non c'è gioco senza gradi di libertà. Come non si gioca mai perché costretti, ma per una libera scelta, così si rispettano le regole raggiungendo allo stesso tempo una piena libertà. Il gioco è quindi essenziale per l'educazione estetica, proprio perché in esso, come nell'arte, coesistono regola e libertà. I giocattoli, dunque, sono qualcosa di più che semplici strumenti per giocare, sono un condensato materico della sensibilità e razionalità messe in gioco. Spesso sono oggetti che realizzano una mimesi, rappresentano bambini, animali, mostri, case, automobili, astronavi, città, con maggiore o minore approssimazione, ma in tutti i casi si tratta di una mimesi ‘magica’, innescata solo dall’attivazione di chi gioca e solo per la durata e nel contesto del gioco. Ed è ancora Baldweg, nella citata presentazione, ad annotare come “Il bambino intuisce che la sua casa, la città e la sua scatola dei pezzi da costruzione formano una continuità e che egli quando si guarda intorno capisce che il mondo che accompagna la sua quotidianità è, in fondo, un aggregato di cose simili a ciò che è riposto nella sua scatola”. 

Non vi è d’altra parte architetto più o meno maturo che non abbia letto nella autobiografia di Frank Lloyd Wright il debito che l’architetto riconosce al metodo educativo di Friedrich Wilhelm August Fröbel e dei famosi doni fröbeliani – non semplici oggetti mimetici ma, secondo il loro ideatore, strumenti che creano un collegamento diretto tra forme e concetti astratti, per cui il quadrato esprime stabilità e fermezza, il cerchio dinamicità, il triangolo ascetismo. Se il gioco aiuta a crescere perché invita ad andare oltre la condizione data, grazie alla libera espressione delle facoltà cognitive, il parallelo con l’architettura si rafforza, dato che la stessa descrizione potrebbe essere applicata al progetto in architettura, che lancia al futuro una visione muovendo da condizioni date, vincoli, regole e leggi. Come ricorda Gadamer, Bildung è insieme costruire e educare e quindi, parafrasando il filosofo quando scrive Educare è educarsi, potremmo dire che costruire e giocare a costruire è costruire se stessi, o almeno plasmare la propria idea di spazio, e l’attitudine a pensare e proiettare trasformazioni della realtà. Quindi in questo numero si intende anche dar conto di studi recenti che hanno evidenziato il legame tra i giocattoli, specie appunto quelli di costruzione, e lo sviluppo del linguaggio dell’architettura. Interessante per noi, tuttavia, è anche esplorare come questo potenziale insito nei giochi rischi di ridimensionarsi in un contesto in cui i giocattoli – anche quelli di costruzione, ridotti a componenti di forme già decise, da montare come esecutori passivi – obbediscono troppo alla convenzionalità imposta dal mercato per essere davvero stimolanti, incarnando ciò che Roland Barthes aveva già presagito: “Davanti a questo universo di oggetti fedeli e complicati il bambino può costituirsi esclusivamente in funzione di proprietario, di utente, mai di creatore; non inventa un mondo, lo utilizza: gli si preparano gesti senza avventura, senza sorpresa né gioia”. Giocare è una cosa seria, diceva anche Bruno Munari.

Se il tema ampio del gioco e del comporre in architettura è stato già esplorato anche recentemente, questa call intende sollecitare più specificamente riflessioni, memorie, progetti, tra i giocattoli, il loro mondo magico e mimetico, e l’architettura, presentando casi emblematici di giocattoli famosi, ma anche l’esperienza di architetti amanti o creatori di giocattoli, fino ai giocattoli come strumenti di conoscenza, trasmissione e talvolta anticipazione del sapere architettonico.

Alcune ipotetiche sezioni del numero:
• Giocattolo come strumento per l’architetto
• Giocattolo come mimesi
• Giochi di costruzioni
• Gioco e giocattoli e strategie progettuali
• Vertigine

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For the Journal Engramma, it is nothing new to deal with games as a cultural source and method or with culture as a game. Staying with the last few years, we can refer back to issue 161, dedicated to “Alice Underground”, and issue 200, dedicated to “Festa!”, as well as the numerous articles scattered throughout the magazine's archive of over twenty years, dealing with serio ludere and its many facets and meanings, sometimes including architecture. With this issue, which we propose to the scientific community of architects and architecture and art scholars – and which could also be entitled “Architectus Ludens”, in reference to Homo Ludens, the famous and, according to Umberto Eco, immature study by Johan Huizinga – we first propose to examine the analogy between what Juan Navarro Baldeweg, in a beautiful presentation of Juan Bordes' toy collection, calls the architect’s toolbox, and children’s construction kits.

Play has always been described by philosophers as an activity that, like artistic experience, encompasses both the spheres of sensibility and rationality. There is no game without respect for the rules, but there is also no game without degrees of freedom. Just as you never play because you are forced to, but out of free choice, you respect the rules and at the same time attain complete freedom. Play is therefore essential for aesthetic education, precisely because in it, as in art, rules and freedom coexist. As a result, toys are more than just basic things to play with; they are a tangible representation of the sensitivity and reason that are brought to play. Mimesis is frequently produced by items that, with varying degrees of approximation, represent people, animals, monsters, houses, automobiles, spacecraft, and cities. However, in every instance, this mimesis is ‘magical’, occurring only when those play elements are activated and only during the duration and context of the game. Once more, Baldweg makes this observation in the previously mentioned presentation: "The child recognizes that his home, the city, and his box of construction tools form a continuity, and that when he looks around, he realizes that the world that surrounds his daily life is, ultimately, an aggregate of things similar to what is placed in its box".

However, no more experienced architect has not read Frank Lloyd Wright's autobiography and acknowledged the debt he owes to Friedrich Wilhelm August Fröbel's educational approach and the renowned Fröbelian gifts, which are not just mimetic objects but rather, in the words of their creator, tools that establish a direct relationship between shapes and abstract concepts, whereby the square expresses stability and firmness, the circle dynamism, and the triangle asceticism.

The parallel between architecture and the game is strengthened if the latter encourages us to go beyond the limitations imposed by the rules and laws. This is because both games and architecture use the same language to launch forward a vision that departs from predetermined conditions, constraints, rules, and laws.

Bildung, as Gadamer reminds us, is both building and educating. Consequently, we could say that building and playing to build is building oneself, or at least forming one's concept of space and the mindset to think and project transformations of reality, to paraphrase the philosopher when he writes Educare is educating oneself.

As a result, we also plan to provide an overview of current research that has demonstrated the connection between toys—particularly construction toys—and the evolution of the architectural language in this issue. However, it's also interesting to investigate how this inherent potential in games runs the risk of being diminished in a setting where toys, even construction toys, which are reduced to parts of predetermined shapes and assembled as passive executors, adhere too closely to the imposed conventionality from the market to be genuinely stimulating, emulating what Roland Barthes had already predicted: “The infant can only ever define himself as an owner or user in this cosmos of devoted and intricate objects; he does not create a world, only utilises it: are ready to offer him a gesture devoid of excitement, surprise, or adventure”. Bruno Munari also mentioned that playing is a serious job.

This call aims to specifically solicit reflections, memories, and projects between toys, their magical and mimetic world, and architecture. It will present famous toys as case studies, but it will also highlight the experience of architects who create or love toys, as well as toys as tools of knowledge, transmission, and sometimes anticipation of architectural knowledge. 

A few hypothetical sections of the Issue:
• Toys as tools for architects
•  Game and toys as design strategies
 Construction games
• Toys as mime
• Vertigo 

 

scadenza per invio contributi: 10 aprile 2024
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engramma 214 | luglio 2024 | Archeologia e termalismo (titolo provvisorio)

a cura di Maddalena Bassani

scadenza per invio contributi: 10 maggio 2024
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engramma 215 | agosto 2024 | Brucia il classico alla prova del tempo (titolo provvisorio)

a cura di Anna Beltrametti e Monica Centanni

Abbiamo scelto il titolo, Brucia il classico alla prova del tempo, non per il suo timbro suggestivo, ma perché suona polisemico e provocatorio. Ci porta a interrogarci sul patrimonio alla base del nostro lavoro, da qualunque punto di vista lo affrontiamo – letterario, linguistico, archeologico, artistico, filosofico, antropologico – e sul senso stesso del nostro impegno.

In questi tempi di Cancel Culture, che cosa può evocare l'immagine del classico che brucia?
– un possibile rogo dei classici, e quali classici, in nome del politically correct contemporaneo?
– la chiara percezione che le testimonianze e i testi antichi, se opportunamente liberati da interpretazioni classiciste e neoclassiciste che da sempre tendono a edulcorarli e anche a devitalizzarli, sono ancora scottanti? dal teatro alla storiografia, per non toccare che due ambiti particolarmente significativi, i testi ci sollecitano, ci bruciano, su temi conflittuali nell'antichità e ancora sensibili e caldi nel nostro presente;
– la consapevolezza di una crosta interpretativa stratificata e sedimentata nei secoli che ha insistito sugli aspetti edificanti e rassicuranti dell'antico anche contro evidenze filologiche, di filologia delle parole e delle immagini? Quando e dove riteniamo che queste sedimentazioni critiche possano essere messe in discussione e superate? 
– opportuni incroci tra nuove proposte di lettura e ricerca archivistica, alla scoperta dei fondamenti e dei metodi delle numerose e differenziate scienze del classico possono aiutarci a uscire dal senso comune?

Qualunque sia la linea che i collaboratori decidono di preferire, il suggerimento è quello di procedere per casi di studio paradigmatici con eventuali estensioni diacroniche o tematiche.

scadenza per invio contributi: 10 giugno 2024
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engramma 216 | settembre 2024 | Iconogramma. Per una filologia delle immagini

a cura di Concetta Cataldo e Roberto Indovina

Con il numero 216 Engramma si propone di proseguire la riflessione critica sulla relazione testo/immagine con un focus specifico sulla produzione teatrale greca di V-IV secolo a.C. e l’iconografia vascolare ad essa correlata. La ricerca è volta a sottolineare l’interazione dinamica tra testo e immagine e l’indagine si concentra sulle reciproche influenze, trasformazioni e rielaborazioni.

Al tema Engramma ha già dedicato i numeri monografici 107 (giugno 2013), 183 (luglio/agosto 2021) e 195 (settembre/ottobre 2022).

I contributi sono chiamati a mettere in luce le corrispondenze, le divergenze e le innovazioni iconografiche adottate nell’ambito della trasmissione e della ricezione del mito e dei miti teatrali in Grecia e Magna Grecia, a proporre categorie di riconoscimento di segnali relativi alla relazione tra testi teatrali e immagini, ad approfondire i meccanismi di ricezione e diffusione iconografica delle immagini del repertorio ceramico suggestionate dal contesto teatrale. 

scadenza per invio abstract: 20 maggio 2024
scadenza invio contributi: 24 giugno 2024
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engramma 217 | ottobre 2024 | Via mare (titolo provvisorio)

a cura di Maria Bergamo

scadenza per invio contributi: 10 luglio 2024
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engramma 218 | novembre 2024 | Nemi (titolo provvisorio)

a cura di Maddalena Bassani, Christian Toson

scadenza per invio contributi: 10 settembre 2024
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Nota sulle procedure di invio dei contributi e fasi redazionali

Engramma si avvale di un Comitato scientifico composto da studiosi di fama internazionale di Humanity Studies: scienze dell’antichità, storia dell’arte, architettura, filosofia, antropologia, storia del teatro e del cinema. I contributi pubblicati da Engramma (edita con cadenza mensile/bimestrale), sono selezionati dal Comitato editoriale mediante call for papers, inviti individuali e proposte degli autori e, dopo il primo giudizio redazionale, sono sottoposti a valutazione mediante peer review a doppio cieco. Le proposte di saggi da pubblicare in Engramma vanno inviate a classica@iuav.it o all’indirizzo email dei curatori redazionali dei numeri in programma.

I saggi devono essere consegnati in un formato conforme alle Norme redazionali per gli autori. Dopo la consegna, il saggio è sottoposto alle Procedure e alle fasi di redazione. La pubblicazione avviene secondo le norme del Codice etico adottato dalla Rivista.