"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

111 | novembre 2013

9788898260560

"Fra poco vedremo i nostri Cavalli […] tornare a Venezia". Note di cronaca sul rientro della quadriga marciana (1815-1817)

Isabella Collavizza

English abstract

"Fra poco vedremo i nostri Cavalli, i nostri quadri, i nostri manoscritti da Parigi tornare a Venezia, col nostro Leone. Così i Cavalli avran girato da Corinto a Roma, da Roma a Bisanzio, da Bisanzio a Venezia, da Venezia a Parigi, da Parigi a Venezia": è con un tono di amarezza, ma non privo di un certo compiacimento, che Emmanuele Antonio Cicogna ricorda la vicenda della lunga peregrinazione dei Cavalli di San Marco in una delle pagine più intense dei suoi Diari, compendio dei principali fatti e protagonisti della cronaca cittadina dalla seconda dominazione francese alle soglie dell’annessione all’Italia (per la biografia di Cicogna e sullo stato degli studi sui suoi Diari, si rimanda alla Nota Biografica e bibliografica finale). È una visione ciclica della storia, da cui deriva l’immagine duplice di una Venezia vincitrice e vinta, e l’esempio dei Cavalli risulta più che mai calzante, quella che l’autore fa propria attraverso il nesso imprescindibile tra storia ed arte. Nel ripercorrere la dibattuta vicenda della restituzione delle opere asportate dalle truppe napoleoniche nel 1797, l’erudito non può prescindere dal considerare la stretta relazione tra la situazione politica e il problema della tutela del patrimonio; è in tale ottica che la sua puntuale ricostruzione dei fatti va intesa allora non come un insieme di date e nomi, ma un campo di relazioni all’interno di un più ampio processo storico e culturale.

Illuminante si rivela il dialogo che Cicogna intrattiene con il contemporaneo nella doppia veste di testimone e protagonista e che si traduce da una parte nella raccolta di appunti, riflessioni personali, documenti e oggetti, qui intesi quali testimonianze di una memoria da tutelare, dall’altra nell’impegno concreto nella salvaguardia del patrimonio storico-artistico. Di ciò sono consapevoli studiosi e cittadini impegnati a vario titolo in uno sforzo di indagine conoscitiva del patrimonio locale, quale presupposto indispensabile per la sua conservazione e valorizzazione, attraverso un’ampia e variegata produzione critico-letteraria.

A pochi giorni dall’innalzamento dei “Cavalli Corinzi”, avvenuto il 13 dicembre 1815, Cicogna registra nel suo quaderno l’uscita di una serie di opuscoli descrittivi e di poesie e sonetti dedicati per l’appunto ai tanto attesi bronzi (in merito al significato della cerimonia e alla fortuna critica dell’opera scultorea, si rinvia al contributo di Myriam Pilutti Namer, in questo stesso numero di Engramma):

Si è veduto sui Cavalli 1° l’opuscolo di Cicognara, 2° di Parolari (ossia quel che dice Zanetti), 3° di Bettoni, 4° di Pinelli, ch’è il processo verbale e i discorsi del Governatore e del Podestà, 5° moltissime poesie volanti e nel libretto Bettoni un’ode buonissima del Signor Girolamo Perrucchini [...] (BMCVe, Ms Cicogna, 2844, c. 3079, 21 dicembre 1815).

Mentre l’amico bibliotecario Giacomo Morelli realizzava l’iscrizione celebrativa da esporre presso la basilica di San Marco il giorno della cerimonia inaugurale (BMCVe, Ms Cicogna, 2844, c. 3063, 2 dicembre 1815). L’evento aveva messo in moto, infatti, un’intera comunità di intellettuali impegnata in omaggi letterari e iscrizioni commemorative che, com’è noto, nel corso dell’Ottocento trovano ampia fortuna quale strumento di divulgazione e di propaganda politica, attraverso una pluralità di tipologie mediatiche, dalla letteratura volante alle edizioni illustrate. Giova ricordare come la formula delle pubblicazioni d’occasione, in cui rientrano accanto ai notiziari informativi anche gli articoli di tipo saggistico, sia strettamente legata a eventi e iniziative di carattere pubblico come inaugurazioni, nuovi allestimenti o restauri. E lo dimostra il perdurare del dibattito letterario sorto intorno alla ricollocazione delle opere rientrate dalla Francia. Ancora nel 1847, infatti, sarà l’erudito a voler ricordare che “altri molti libretti uscirono per questa occasione e spezialmente per la riposizione dei Cavalli e del Leone di Bronzo” (Cicogna 1847, 247; più in generale, sulla fortuna dell’epigrafia ottocentesca si veda la "Nota biografica e bibliografica"). Al riguardo va segnalata la presenza di testimonianze diverse, opuscoli e carte sciolte, all’interno del fondo dei Codici Cicogna (sui Cavalli, ad esempio, cfr. BMCVe, Ms Cicogna 1196/3-45; 2039/34; 2949/III; 3007/34). Vale la pena ricordare anche la preziosa raccolta grafica al cui interno si conserva, in particolare, una riproduzione a stampa catalogata dallo stesso collezionista come “Cavalli. Trofeo Veneto 1204. Presi dai francesi 1797. Riavuti dagli austriaci 1815”; cfr. Museo Correr Venezia (MCVe), Stampe Cicogna 470), opuscoli e testi diversi che egli raccoglie, insieme a riproduzioni a stampa, articoli tratti da giornali e appunti manoscritti, in un corposo fascicolo (vide BMCVe, Opuscolo Pd grande 1295 – provenienza Cicogna).

(sin.) Ad Divi Marci Venetiarum, (nota a margine di Cicogna: "autografo d. pie. Bettio dall’Inscriz."), BMCVe, Op. Pd grande 1295 (Provenienza Cicogna).
(des.) Elgin e Lysippus, copia da Studi delle teste dei cavalli del Partenone e dei Cavalli di San Marco di Haydon-Landseer (nota a margine di Cicogna: "Emmanuele Cicogna copiò dall’incisione inglese presso il Nob. uomo Benedetto Valmarana nel luglio 1823"), BMCVe, Op. Pd grande 1295 (Provenienza Cicogna).

Così all’appello non poteva mancare lo stesso Cicogna autore di un epigramma Pel ritorno dei Cavalli, seguito da una breve elegia dedicata al Leone di San Marco (Cicogna 1815 e ibid. 1847, p. 280, n. 1978), simbolo della Repubblica veneziana, prima ancora che monumento da tutelare. Non è certo questa la sede per ripercorrere la fortuna critica dell’opera d’arte già ampiamente trattata a partire dal volume di Bianca Maria Scarfì (1990), quanto piuttosto sembra interessante rivivere i momenti che precedono la sua riapparizione in Piazza San Marco. L’occasione per addentrarci nel vivo del clima di attesa ci viene offerta dalle parole dell’erudito che ricordano la viva partecipazione della città, toccando alcuni aspetti dell’ideologia della cerimonia. I preparativi sono descritti nei minimi particolari:

Si innalzano le cavrie [termine veneto per indicare i macchinari impiegati per trasportare oggetti pesanti; cfr. Boerio, 1856, 154] per tirare giù il Leone foderato di rame, fattura pessima dell’arsenalotto Gio Batta [Poloso]; al momento della venuta di Sua Maestà si riporrà l’altro venuto da Parigi e aggiustato ottimamente […] si acconciano in questi dì i gradini delle due colonne della Piazetta e si mette il capitello della colonna che ha il Leone. Incessantemente si lavora dietro le Procuratie Nuove nel giardino per far una balaustra. Agli otto d’aprile verrà a Venezia sua Maestà (BMCVe, Ms Cicogna 2844, c. 4068, 13 marzo 1816; c. 4078, 27 marzo 1816).

Dopo aver informato sul restauro della scultura, ma qui senza entrare nel merito del problema dei danni subiti dalle opere durante gli spostamenti, Cicogna registra finalmente che:

Nel 17 corrente alle ore 10 e mezza circa fu innalzato il Leone sulla colonna […] alla presenza di Sua Maestà, della figlia di lui, di tute le autorità e del popolo. La manovra non poteva essere più spedita: salì rapidamente, senza fermate e scosse, ed è assai meglio stato innalzato dei Cavalli. (BMCVe, Ms Cicogna, 2844, c. 4091, 19 aprile 1816)

Come si apprende da queste note, la cerimonia viene posticipata per volontà dell’imperatore il quale, più che per problemi di “accomodamento” dell’opera, non avrebbe voluto alcuna “festa” in segno di rispetto per la moglie Maria Lodovica d’Austria, scomparsa da pochi giorni. Particolare questo che, al pari di molti altri presenti ad arricchire le pagine dei Diari, contribuisce a rendere ancora più interessante la lettura dei citati passi, che si confermano fonte imprescindibile per una ricostruzione completa e particolareggiata del momento storico. L’assunto di fondo dell’opera dell’erudito va ricercata nella comprensione dei fatti, svincolata da un giudizio critico o da una presa di posizione politica. Tuttavia, nel suo fermo procedere nella descrizione degli avvenimenti, che lo coinvolgono in prima persona o indirettamente, Cicogna non manca di rivolgersi al suo ipotetico lettore con riflessioni personali che rievocano anche il clima di attesa vissuto dal popolo veneziano.

Proseguendo nella cronaca di questi concitati giorni, l’autore non può fare a meno di soffermarsi sulle operazioni di rientro delle opere d’arte e dei manoscritti, a cui forse vale la pena accennare ma in quanto oggetto delle trattative di pace. Venti, precisamente diciotto dipinti e due sculture, erano state le opere scelte dalla Commissione per le ricerche francesi con l’aiuto del restauratore veneziano Pietro Edwards; le operazioni si erano svolte tra giugno e settembre 1797 (al riguardo, rimangono fondamentali i numerosi rimandi all’interno del volume di Zorzi, 1972, mentre per una puntuale ricostruzione della selezione delle opere si segnala il recente contributo di Tranquilli, 2007, con bibliografia relativa).

È il 19 marzo 1816, siamo dunque negli stessi giorni dei preparativi per l’innalzamento del Leone, quando Cicogna informa dell’arrivo dei beni da Milano:

Portati in Biblioteca 11 ballotti di libri e i quadri in vari cassoni […] nell’Accademia delle Belle Arti alla Carità. L’Abate Bonicelli insieme con l’Abate Bettio e col Cavaliere Morelli sono destinati ad [incontrare] i libri per vedere se ce ne mancano (BMCVe, Ms Cicogna, 2844, cc. 4073-4074, 21 marzo 1816).

Sono, infatti, bibliotecari, tecnici, artisti, personale vario degli istituti di cultura locali, coadiuvati da studiosi volontari, a partecipare alle operazioni di conteggio, controllo e sistemazione delle opere (Zorzi 1987). Intervenendo a proposito dello stato dei dipinti, Cicogna non manca di notare l’assenza delle tre tele di Paolo Veronese provenienti da Palazzo Ducale, precisamente dalla sala del Consiglio dei X e della Bussola, e delle Nozze di Cana, opera quest’ultima rimasta a Parigi per l’impossibilità di ricollocarla nella sede originaria del Convento di San Giorgio Maggiore (BMCVe, Ms Cicogna 2844, c. 3079, 8 gennaio 1816; sulla nota vicenda e sulla fortuna critica del dipinto si veda Pavanello 2007).

Ancora, quale convinto sostenitore del rispetto dell’originalità dell’opera, e quindi contrario a qualsiasi intervento di restauro invasivo, lo studioso segnala il cattivo stato di alcuni dipinti, in particolare della Pala di San Zaccaria di Giovanni Bellini, facendo riferimento ai danni subiti a seguito dei restauri condotti al Louvre, oltre ai problemi in fase di trasferimento. È una descrizione abbastanza particolareggiata dell’esposizione dei quadri rientrati da Parigi quella che Cicogna riporta, infatti, nei Diari, il 26 aprile, il giorno dopo la sua vista alle sale delle Gallerie dell’Accademia di Venezia (BMCVe, Ms Cicogna 2845, c. 4096: la notizia viene confermata da quanto riportato negli Atti dell’istituzione in cui si dà notizia dell’esposizione per cui vd. Archivio Storico dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Atti – 1816, c. 39, 28 aprile 1816).

Su una medesima esaltazione del concetto di “originalità” e di “rispetto” dell’opera, si muove il commento dell’erudito alla sistemazione delle opere nella sede originaria. Partendo dal caso dei dipinti, che certo meriterebbe una riflessione più approfondita, l’autore riprende il discorso sui Cavalli e lo fa invitando il lettore a considerare il problema dell’originaria posizione del gruppo scultoreo.

L’insistita attenzione su tale questione è un elemento che certo merita di essere rimarcato in quanto ci permette di fare luce sul vivace dibattito che anima gli intellettuali del tempo, in primis, com’è noto, Leopoldo Cicognara e Antonio Canova, quest’ultimo promotore di una nuova sistemazione dell’opera presso il Palazzo Ducale (Pavan 1974, 95-97). Acutamente lo studioso, pur approvando la scelta finale della sede della basilica di San Marco, segnala l’errore commesso dall’allora presidente dell’Accademia che

[...] ha fatto di suo arbitro collocare in quella posizione i Cavalli che non erano dapprima, sotto la Repubblica […] ora si guardano l’uno con l’altro, ma allora si guardavano a due a due, come anche vedesi che in una biga a quattro cavalli pari due guardano da una parte e due dall’altra. Eran posti in antico così ))  ((, ora sono ()  () (BMCVe, Ms Cicogna 2845,c. 4351-4353, 25 febbraio 1817).

L’episodio fornisce quindi allo studioso occasione per soffermarsi sull’importanza della lettura iconografica del gruppo bronzeo, in stretta relazione al contesto in cui questo è stato concepito, fatta dipendere non dalla singola scultura, bensì dalla concezione d’insieme, in riferimento anche a quell’origine romana sostenuta peraltro dallo stesso Cicognara.

(sin.) Sui quattro cavalli della Basilica di S. Marco in Venezia. Lettera di Andrea Mustoxidi,  Padova 1816, BMCVe, Op. Pd grande 1295 (Provenienza Cicogna).
(des.) Sui quattro cavali della Basilica di S. Marco in Venezia. Osservazioni del conte Girolamo Antonio Dandolo Viniziano Patrizio, Venezia 1817, BMCVe, Op. Pd grande 1295 (Provenienza Cicogna).

La questione della provenienza dei Cavalli rimane al centro del dibattito tra gli intellettuali del tempo (Pavan 1974, pp. 103-107; Borrelli Vlad, Guidi Toniato 1977, pp. 142-144); l’autore ricorda le posizioni contrapposte del presidente accademico e dello storico Andrea Mustoxidi (Rinaldin 2012) al quale si deve la pubblicazione di uno scritto a sostegno dell’origine greca della scultura bronzea (BMCVe, Ms Cicogna 2844, c. 4170, 6 luglio 1816). A pochi mesi di distanza, siamo nell’ottobre del 1816, è Firenze a rispondere con la pubblicazione di un nuovo opuscolo a firma di Augusto Guglielmo Schelgel (BMCVe, Ms Cicogna 2845, c. 4265, 28 ottobre 1816), seguito dall’articolo del veneziano Girolamo Antonio Dandolo che non manca, anche in questo caso, di suscitare polemiche tra gli studiosi:

Vien criticato Mustoxidi per una risposta a Dandolo sull’opuscolo dei Cavalli, troppo arditamente e con troppo spregio, usando spezialmente le frasi: lodice Dandolo, Dandolo e compagnia, tirar le orecchie ad esso Dandolo. Ma è d’uopo saper che Mustoxidi non colpisce tanto Dandolo, quanto intende di colpire Cicognara, protettor di lui e che avrà posto mano senza dubbio all’opuscolo. Sarà stampata a parte la critica del Mustoxidi (BMCVe, Ms Cicogna 2845, cc. 4423-4424, 12 maggio 1815).

Così non poteva sfuggire al ben informato Cicogna il ritiro dal mercato librario della pubblicazione del presidente accademico a solo pochi mesi dell’inaugurazione dell’opera:

Dicevasi che la dissertazione di Cicognara sui nostri Cavalli fin dal momento della sua pubblicazione fosse stata sospesa per parte della Polizia; non so il motivo; fatto è che quel di dell’innalzamento se ne videro vendibili; dopo non se ne vide più una e non se ne più avere alcuna (BMCVe, Ms Cicogna, 2844, c. 4053, 16 febbraio 1816).

Parole queste che sembrano quasi preannunciare la crisi del rapporto tra Cicognara e il governo austriaco e su cui avrà modo di riferire lo stesso erudito all’interno dei Diari (la questione viene esaminata da Mazzocca 1989). Ma questo ovviamente apre un altro capitolo.

Ciò che sembra emergere allora da questo breve excursus è un duplice sentimento di rivincita, quello di una città che celebra se stessa attraverso le opere d’arte e quello del governo austriaco deciso a ribadire i propri poteri sul riconquistato territorio (cfr. Laven 2002). Si tratta di un sentimento di profonda nostalgia per il passato glorioso della repubblica che rivive nel patrimonio storico-artistico cittadino di cui si fa custode, non solo l’erudito, ma l’intera comunità veneziana.

Così non sorprende che a distanza di anni a essere celebrate siano ancora le spoglie della Serenissima. Siamo nel 1865 e si scrive sul Giove Egioco; per le nozze Menini-Guillion, Cicogna dà alle stampe un breve opuscolo, con numerose “notizie inedite”, sul prezioso esemplare di glittica donato da Girolamo Zulian alla Biblioteca Marciana nel 1795 (cfr. Favaretto, De Paoli, Dossi 2004, scheda p. 151). Lo stesso erudito in occasione del rientro veneziano dell’opera, scortata dai citati Cavalli e dal Leone di San Marco, non aveva mancato di ammirarne la bellezza, insieme al collega bibliotecario Pietro Bettio, come [...] cosa preziosissima di antichità senza pari. Miracolo! Che sia potuto trovar in Parigi e non sia finito trafugato, essendo della grandezza di più di una mano. (Cicogna 1865 e BMCVe, Ms Cicogna, 2845, c. 4053, 15 febbraio 1816).

Le immagini del presente articolo sono state riprodotte grazie all'autorizzazione del Direttore della Biblioteca del Museo Correr. Di tutti i diritti di riproduzione e pubblicazione è titolare la Fondazione Musei Civici Venezia.

English abstract

The present work considers the complex matter about the return to Venice of the artistic heritage taken, by the Napoleonic army, to Paris in 1797. It goes up to the middle of the second decade of XIX century, the history of the return of the much expected Cavalli di San Marco and the bronze Leone with the great number of paintings and manuscripts, as reported in detail by Emmanuele Antonio Cicogna in the valuable and fascinating pages of his Diari. Through personal notes and remarks, the scholar goes over the most important stages of the arrival, control and reinstatement operations of the works, from the end of year 1815 to 1817, and it is clear the atmosphere of expectation lived by the Venice's citizens. In a cyclic view of history, from which comes the double image of Venice as a winner and then won, the Cavalli instance is more fitting than ever, the one the author endorses through the unescapable connection between history and art that translates into the tight connection between the political situation and the protection of the historic-artistic heritage.

 

keywords | Art; War; Venice; Chronicle; Report; Horses.

Nota biografica e bibliografica

Formatosi presso il collegio dei Barnabiti di Udine, da cui deriva la solida preparazione umanistica, Emmanuele Antonio Cicogna (1789-1868) si trasferisce a Venezia nel 1813 dove prende servizio presso la Corte d’Appello. Una vita dedicata allo studio della storia locale, alla ricerca archivistica, ma soprattutto alla redazione della sua impresa editoriale, le Inscrizioni Veneziane (1824-1864), accanto al famoso Saggio di Bibliografia Veneziana (1847) e a varie pubblicazioni d’occasione. Diversi i riconoscimenti ricevuti da accademie italiane e da istituti di cultura, così come da colleghi, intellettuali, studiosi, con cui egli intrattiene rapporti personali e di natura epistolare. Al suo nome si lega la donazione della preziosa biblioteca e della collezione d’arte a favore del civico Museo Correr (1865) per cui si rimanda al saggio di Spina 1995, 295-355. Per un profilo biografico del personaggio rimane valido il contributo di Dorigato 1988, 143-166.

Per i Diari si veda Biblioteca del Museo Correr di Venezia (d’ora in poi BMCVe) Ms Cicogna 2844, volume I (1808-1816); Ms Cicogna 2845, volume II (1816-1836); Ms Cicogna 2846, volume III (1836-1866). Un quarto volume (ivi, Ms Cicogna 2847) riunisce le notizie inerenti gli eventi politici del biennio 1848-1849; il materiale noto come Diario veneto politico dal 17 maggio 1848 in poi a tutto il 30 agosto 1849 è stato di recente pubblicato da Pasini, 2008.

Sulla fortuna dell’epigrafia ottocentesca si veda il volume di Melosi 2011, mentre in specifico sul contributo offerto da alcuni collaboratori di Cicogna si rinvia al contributo di Calabi Limentani, 1997, pp. 377-401, attraverso l’analisi dell’attività di Giovanni Labus, tra l’altro attivo corrispondente dell’erudito veneziano. Per un panorama sulla letteratura artistica con rimandi all’editoria "d’occasione" rimane valido il saggio di Bernabei 1986, 397-428, oltre a Bernabei, Marin 2007, per quanto riguarda in particolare i rapporti con le riviste specializzate ottocentesche.

Bibliografia di riferimento
  • Bernabei 1986
    F. Bernabei, Critica, storia e tutela delle arti, in Storia della cultura veneta. Dall’età napoleonica alla prima guerra mondiale, vol. VI, a cura di G. Arnaldi, M. Pastore Stocchi, Vicenza 1986, 397-428.
  • Bernabei, Marin 2007
    F. Bernabei, C. Marin, Critica d’arte nelle riviste lombardo-venete. 1820-1860, Treviso 2007.
  • Boerio 1856
    G. Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia 1856 (ed. Firenze 1993).
  • Borrelli Vlad, Guidi Toniato 1977
    L. Borrelli Vlad, A. Guidi Toniato, Fonti e documentazioni sui Cavalli di San Marco, in I Cavalli di San Marco, catalogo della mostra, Venezia 1977, 137-150.
  • Calabi Limentani 1997
    I. Calabi Limentani, Tra epigrafia antica e moderna: Giovanni Labus negli anni in cui fu segretario dell'Istituto lombardo. Note dalla sua corrispondenza con Camillo Vacani, "Archivio Storico Lombardo", 113 (1997), 377-401.
  • Cicogna 1815
    E. A. Cicogna, De Leoni aereo Venetias reduci – Epigramma de equis Venetis, Venezia 1815.
  • Cicogna 1847
    E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847 (ed. Bologna 1967).
  • Cicogna 1865
    E. A. Cicogna, Intorno il cammeo intitolato Giove egioco in onice della Biblioteca Marciana, Venezia 1865.
  • Dorigato 1988
    A. Dorigato, Emmanuele Antonio Cicogna bibliofilo e cultore di patrie memorie, in Una città e il suo museo: un secolo di collezioni civiche veneziane, "Bollettino dei Civici Musei Veneziani d’arte e di storia", n.s., 30, 1-4 (1988), 143-166.
  • Favaretto, De Paoli, Dossi 2004
    I. Favaretto, M. De Paoli, M. C. Dossi, Museo Archeologico Nazionale di Venezia, Venezia 2004.
  • Laven 2002
    D. Laven, Venice and Venetia under the Habsburgs, 1815-1835, Oxford 2002.
  • Mazzocca 1989
    F. Mazzocca, Arti e politica nel Veneto asburgico, in Il Veneto e l’Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete 1814-1866, catalogo della mostra, a cura di S. Marinelli, G. Mazzariol, F. Mazzocca, Milano 1989, 40-79.
  • Melosi 2011
    L. Melosi, A perenne memoria: l’epigrafia italiana nell’Ottocento, Roma 2011.
  • Pasini 2008
    P. Pasini, Diario veneto politico di Emmanuele Antonio Cicogna, Venezia 2008.
  • Pavan 1974
    M. Pavan, Canova e il problema dei Cavalli di San Marco, "Ateneo Veneto", 12, 2 (1974), 83-111.
  • Pavanello 2007
    G. Pavanello (a cura di), Il Miracolo di Cana: creazione e riproposizione delle "Nozze di Cana" di Paolo Veronese per il refettorio palladiano di San Giorgio Maggiore, Caselle di Sommacampagna 2007.
  • Rinaldin 2012
    A. Rinaldin, s.v. "Mustoxidi Andrea", in Dizionario Biografico degli Italiani, v. 77 (online).
  • Scarfì 1990
    B. M. Scarfì, Il Leone di Venezia: studi e ricerche sulla statua di bronzo della Piazzetta, Venezia 1990.
  • Spina 1995
    L. Spina, “Sempre a pro degli studiosi”: la biblioteca di Emmanuele Antonio Cicogna, "Studi veneziani", 29 (1995), 295-355.
  • Tranquilli 2007
    G. Tranquilli, Venti capolavori in cambio della libertà: Pietro Edwards, “cittadino amoroso”, partecipa fra orgoglio di patria e tormenti dell’anima all’adempimenti del Trattato di Milano, in C. Cechi, P. Fantelli, F. Flores D’Arcais, Arte nelle Venezie, Padova 2007, 179-190.
  • Zorzi 1972
    A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 1972.
  • Zorzi 1987
    M. Zorzi, La Libreria di San Marco. Libri, lettori, società nella Venezia dei Dogi, Milano 1987.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2013.111.0003