"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

111 | novembre 2013

9788898260560

Il Palazzo Reale di Venezia (1806-1813)

con una Appendice con i testi delle relazioni degli architetti

Elisa Bastianello

English abstract

Nel 1813 venne completato a Venezia il fregio del Palazzo Reale delle Procuratie, che insieme al Palazzo Ducale e a Villa Pisani a Strà formava il complesso dei Palazzi Reali destinati alla residenza del Vicerè d’Italia e Principe di Venezia Eugène de Beauharnais durante i suoi soggiorni in laguna. L’edificio delle Procuratie Nuove fu l’ultimo a essere destinato a Palazzo della Corona, il decreto risale solamente al gennaio 1807 (P.A. b.60, doc.76), quando divenne evidente che era troppo difficoltoso cercare di adattare agli scopi della corte il ‘Palazzo di San Marco’ (Palazzo Ducale). Nel primo anno dal rientro a Venezia dei francesi, le Procuratie erano state destinate agli uffici e alloggi della Prefettura dell’Adriatico, ed erano anche state usate dal futuro Vicerè e dalla consorte nei brevi soggiorni veneziani nei quali aveva sovrinteso alla ripresa delle opere navali dell’Arsenale.

G. A. Antolini, Progetto per il Palazzo Reale di Venezia, ca 1806. FCMV neg. M7307, M7308, M7309.

I progetti per l’adattamento delle Procuratie Nuove vennero affidati inizialmente a Giovanni Antonio Antolini, architetto bolognese autore del progetto per il Foro Bonaparte di Milano e ufficialmente responsabile dei Palazzi Reali di Mantova e del Te. Nel giro di pochi mesi vengono sottoposti all’Intendente della Corona o al Vicerè in persona una serie di progetti. Di essi solamente due sono giunti fino a noi: il primo è quello di cui si conservano tre disegni al Correr, in cui il Palazzo viene realizzato incorporando la Libreria Marciana e l’intera ala Scamozziana delle Procuratie, con una seconda Zecca destinata a ospitare il salone da ballo, realizzata simmetricamente all’estremità opposta, verso il Rio della Luna e le Frezzerie (Godoli 1977, 88-89; Romanelli 1978, 169; Biadene 1985, 147; Romanelli 1988, 81). Il secondo (Godoli 1977, 90, n. 23), quello con cui probabilmente si iniziò il cantiere, prevedeva un ingresso monumentale al centro tra le due ali della Procuratie, quella Vecchia realizzata di mano di Sansovino e quella Nuova completata dal Longhena attorno al 1640. Un terzo disegno, simile al primo, ma con alcune varianti al piano nobile, risulta attualmente disperso (Mezzanotte 1966, 277, fig. 177).

L’edificio attualmente realizzato e completato nel 1813 si evidenzia esternamente con la continuazione tra le Prcocuratie Nuove e le Procuratie Vecchie dell’Ala del Longhena e sembra aver privilegiato, per l’inserimento del nuovo palazzo, la mimesis con l’esistente, la continuità dei portici della Libreria Marciana di Sansovino. La realtà che emerge dai documenti è invece, all’opposto, quella di una scelta forte di presa di possesso dei luoghi istituzionali della Repubblica di Venezia, al centro di un grande dibattito tra tutti gli architetti e accademici del tempo. Per capire come si arrivò all’attuale opera bisogna ripercorrere con attenzione le vicende della presenza napoleonica a Venezia.

Entrée des Français à Venise / Tableaux historiques des campagnes d’Italie, ca 1799, stampa, B. M. 1872,1012.1581.

Napoleone, che nel 1797 aveva barattato Venezia e il territorio della Serenissima in cambio del riconoscimento della Repubblica Cisalpina e dell’annessione alla Repubblica Francese dei territori oltre il Reno, aveva profondamente deluso le aspettative di quanti avevano deposto il governo della Serenissima. Dall’Albero della Libertà eretto in Piazza San Marco i Francesi erano passati spogliando e distruggendo. Eppure, almeno secondo l’opinione espressa dal Principe de Beauharnais quando rientrò in possesso della città e di buona parte del suo territorio nel gennaio 1806, la situazione politica era tale che i Veneziani, privati dagli Austriaci del controllo marino e di diritti commerciali in favore di Trieste, pur non entusiasti, erano comunque abbastanza favorevoli al rientro dei Francesi. Gli Austriaci avevano saccheggiato la città, come ci ricordano le cronache, in particolare quella del falò con cui venne bruciato il Bucintoro per recuperare l’oro delle dorature.

L’imperatore, ancor prima del rientro ufficiale a Venezia, raccomanda al figlio adottivo di “trattare bene il popolo degli Stati Veneziani”: scrive infatti da Padova il Beauharnais il 29 dicembre 1805:

Sire, dans la lettre que Votre Majesté m’a fait l’honneur de m’adresser, sous la date du 2 nivôse Votre Majesté me recommande particulièrement deux choses: 1 Bien traiter les peuples des Etats vénitiens. (Beauharnais1858 v2, 4)

È invece direttamente dalla corrispondenza dell’Imperatore che leggiamo la sua esortazione a non umiliare Venezia spogliandola delle sue opere; così scrive in data 17 agosto 1806:

Mon Fils, j’ai désiré que tous les chefs-d’œuvre d’art restassent à Venise, pour ne pas humilier cette ville. Il n’y a pas d’inconvénient à ce que vous fassiez mettre ceux qui appartiennent au Domaine dans le palais royal de Venise ; et, par la suite, vous pourrez les faire venir au palais de la Brenta ou à Monza. Quant aux livres, faites-en faire le dépôt à Padoue d’où vous les distribuerez ensuite comme vous l’entendrez. Le principe de traiter Venise comme Brescia et Bologne est juste; mais il ne faut rien précipiter, surtout dans un temps où Venise souffre dans son commerce par la présence des croisières ennemies. Ce n’est que de la prudence que je demande. Tous les chefsd’œuvre qui ne sont point propriété particulière, faites-les prendre par l’intendant général de la couronne, et alors vous serez le maître de les faire porter où vous voudrez. (Bonaparte 1858 v13)

Da parte sua, ancor prima di recarsi in visita a Venezia, il futuro Principe ritiene che molti abitanti degli ex territori veneti siano tendenzialmente contrari a unirsi al Regno d’Italia e a Milano e preferiscano che il territorio della Serenissima rimanga separato.  Scrive, sempre da Padova:

Peut-être est-il une classe, ou plutôt une portion des habitants, qui aimerait mieux que leur. pays format un État à part qu’une partie du royaume d’Italie; mais cette opinion est loin d’être générale, et ce qui est général, c’est le désir d’appartenir à une’ puissance telle que ses peuples les plus reculées, sûrs d’une haute protection, n’aient pas à retouter que leur pays redevienne souvent le théâtre de la guerre (Beauharnais 1858 v.2, 5-6).

Ingresso di Napoleone a Venezia, 1807, acquaforte, P. D. St. Pal. Duc. 0362.

La scelta del Palazzo Ducale come palazzo della Corona era stata quasi automatica, sovrapponendo in modo diretto la figura del Doge con quella del nuovo regnante. Il Palazzo, però, poco si addiceva all’alloggio, seppur temporaneo, di una corte di tipo francese, anche dopo l’aggiornamento del mobilio con nuovi letti “alla francese”. Napoleone Bonaparte vi risiedette durante la sua visita ufficiale alla fine del 1807, ma si trattò soltanto di una soluzione di ripiego dato che il nuovo palazzo reale delle Procuratie era appena iniziato.

Per ricostruire la storia dietro al nuovo Palazzo risulta fondamentale, molto più che le due serie di disegni, leggere la corrispondenza fra l’architetto Antolini (in qualità di Architetto dei Palazzi Reali di Mantova e del Te) e il Sovrintendente alla Corona che avrebbe dovuto occuparsi della parte finanziaria del progetto. Presso l’Archivio di Stato di Venezia si conserva il ‘copialettere’ dell’architetto relativo al suo soggiorno veneziano, ovvero proprio al periodo di incubazione del progetto (Pavanello 1989). La parola d’ordine, o meglio le parole d’ordine, sono due: decoro ed economia. Il Principe sembra aver imparato dai propri errori e non intende dare carta bianca all’architetto senza aver prima limitato gli esborsi previsti, almeno se mettiamo in relazione gli ordini dell’Intendente della Corona con la paternale che il patrigno Napoleone ha fatto al Principe in seguito alle opere per la sua casa di Parigi, scrivendo accorato il 3 febbraio 1806:

Mon fils, vous avez très-mal arrangé vos affaires à Paris. On me présente un compte de: quinze cent mille francs pour votre maison; cette somme est énorme. MM. Calmelet, Bataille, et ce petit intendant que vous avez nommé, sont des fripons; et je vois qu’ils ont tout embarrassé, de manière qu’il sera impossible de ne pas payer beaucoup. Je vois cela avec peine; je vous croyais plus d’ordre. On ne doit rien faire faire sans un devis avec engagement de ne pas le dépasser. Vous avez fait tout le contraire; l’architecte s’en est donné tant qu’il a voulu, et voilà des sommes immenses jetées dans la rivière. J’ai chargé Berthier de veiller lui-même à ces affaires. Portez plus d’attention et de savoir que cela aux affaires de ma liste civile d’Italie; les architectes sont partout les mêmes. (Beauharnais 1858 v. 2, 58)

I primi sopralluoghi dell’architetto nelle Procuratie sono dell’ottobre del 1806 e al momento del decreto sono già stati sottoposti al Vicerè dei disegni realizzati secondo “l’idea dell’AS” (P. R. b.9 doc. 77.79 del 31 gennaio 1807) che prevedono due sale: la prima nei locali della prima Procuratia (cioè di fianco alla chiesa di San Geminiano) a disposizione del Principe; la seconda nel locale della Biblioteca, a disposizione dell’Imperatore. A febbraio, sollecitato ad aggiungere “una sala assai vasta, e tale che possa capirvi la Corte di S. M. in qualche grande circostanza” (P. R. b.6 doc. 21.20 del 28 gennaio 1807) Antolini invia due disegni, uno dei quali in due copie prevede l’atrio e la scala nell’area di San Geminiano, a disposizione del Principe “perchè possa divertirsi più facilmente facendo e rifacendo a di Lui piacere” (P. R. b.9 doc. 77.95 del 14 febbraio 1807, cfr. Pavanello 1989, 141).

G. A. Antolini, Progetto per lo scalone di accesso agli alloggiamenti imperiali nel luogo della chiesa di San Geminiano, 1807, FCMV neg. V19730 [A-F].

Proprio di questi disegni è conservata una copia proveniente dalla Biblioteca privata del Principe de Bauharnais, il secondo tra i progetti di cui accennavamo all’inizio. Eugène sembra interessarsi personalmente alla progettazione e infatti, quando ad aprile dello stesso anno visita i suoi nuovi appartamenti nella prima Procuratia, discute direttamente le alternative proposte per la localizzazione dello scalone d’ingresso e del salone di rappresentanza e dell’opportunità di spostare la Biblioteca nella sala dei Pregadi ed occupare la Zecca. Non trovando tra le proposte dell’architetto nessuna che lo soddisfi senza che necessità di grosse spese, ripropone la “Sua Idea di fare l’Ingresso e la Scala nella Chiesa di San Geminiano” ordinando all’Antolini di stilare “un preventivo per ciascuno dei progetti compreso quel suo” (P. R. b.9 doc. 77.155 del 15 aprile 1807, cfr. Pavanello 1989, 173-174). L’idea dello scalone a San Geminiano risulta confermata alla data del 22 aprile, probabilmente ancor prima che l’architetto abbia completato le stime richieste e le chiavi della chiesa vengono consegnate il 20 di maggio. A fine luglio “la demolizione della chiesa di avvicina a gran passo al suo termine” (P. R. b.9 doc. 78.33 del 30 luglio 1807), con una rapidità tale che i devoti devono affrettarsi per traslocare il capitello della Beata Vergine presente nell’ultima arcata delle Procuratie Nuove (P. R. b.9 doc. 78.33 del 30 luglio 1807) e Antonio Diedo, segretario dell’Accademia Reale di Belle Arti di Venezia, deve supplicare l’Antolini per salvare l’urna nella cappella del Sansovino:

Nella chiesa di S. Giminiano che sta demolendosi, esiste un urna di marmo, era situata sopra l’imposta dell’arco che mette nella cosiddetta Cappella di Sansovino. Essa urna sarebbe molto propria a ricever decentemente le ossa di quell’insigne architetto, al qual tanto deve questa mia Patria. Però io prego la sua gentilezza di volerne accordare il rilascio, se sta in suo potete, ovvero interessarsi verso chi spetta acciò venga concesso. Certo che la di Lei compiacenza, Sig. Professore, si darà il merito di appagare il voto di questa R. Accademia, colgo volentieri si grato incontro per attestarle i sensi della giusta e vera mia stima. In absenza del sig. Presidente. Diedo Segretario. (P. R. b.9 doc. 78.31 del 4 agosto 1807)

Sulla traslazione dei resti mortali del Sansovino scrive più estesamente il Cicogna, che riporta i verbali delle ispezioni mentre riporta le iscrizioni della chiesa ormai demolita (Cicogna 1834).

A. Canal, Piazza San Marco verso San Geminiano, acquaforte di A. Visentini, 1742, FCMV neg. M21105.

Soltanto dopo la realizzazione del modello, nel settembre del 1807, l’Antolini sembra rendersi conto di un “difetto anteriore”: la chiesa di San Geminiano non si è mai trovata nell’asse della piazza e di conseguenza anche la nuova scala monumentale rischia di essere collocata in posizione irregolare. La soluzione proposta è quella di demolire l’ultima arcata dal lato delle Procuratie Nuove e ricostruirla dal lato di quella Vecchie. Secondo l’Antolini la perdita di un camerino verrebbe ampiamente ricompensata da quanto “guadagnerebbe l’euritmia del fondo della piazza” (P. R. b.9 doc. 78.3 del 27 settembre 1807). Se guardiamo i disegni consegnati al Principe per valutare la sua proposta, il motivo di questa svista appare evidente: l’iconografia generale del piano nobile mostra il corpo dello scalone perfettamente centrato tra le due ali allineate (solo nel dettaglio della pianta si vede che le Procuratie Vecchie non sono allineate ma formano un angolo ottuso). Quanto al prospetto, l’architetto si era tolto d’impaccio disegnando solo quattro arcate dell’ala delle Procuratie Nuove e duplicandole anche sull’altro lato, evitando di mostrare il contrasto che avrebbe generato la continuazione delle arcate delle Prcocuratie Nuove nel punto di incontro con le Vecchie. La chiesa di San Geminiano, infatti, si trovava tra sette arcate dell’ala delle Procuratie Nuove e cinque di quelle Vecchie. Sansovino, realizzandone la facciata, aveva optato per due livelli, come la Libreria Marciana che aveva realizzato, invece che mantenerne tre come nell’ala delle Procuratie Vecchie che aveva contribuito a completare e il Longhena non aveva avuto grandi difficoltà a connettersi dal lato sinistro quando aveva realizzato la sua estensione dell’ala, come ricorda il Martinoni: “Hora, che si termina l’ultima casa delle Procuratie nuove, resta chiusa questa Chiesa [di San Geminiano] da gli Angoli, ò Cantoni di queste due celebri fabbriche, Procuratie nuove e vecchie, servendo per prospettiva da questo capo della Piazza, come serve rincontro all’altro capo quella di San Marco” (Martinoni 1663, 112).

G. Pinali, Progetto del fabbricato da costruire in luogo della chiesa di San Geminiano, biglietto da visita, FCMV neg. M32573.

A sollecitare gli scrupoli tardivi dell’Antolini avevano probabilmente contribuito anche le “Osservazioni comunicate al regio architetto sig. profess. Antolini: sopra la forma dell’edifizio da sostituirsi alla chiesa di S. Geminiano”, libello apparso in forma anonima su testo di Gaetano Pinali che proponeva non solo la facciata posta simmetricamente tra sei arcate di ciascuna Procuratia, ma anche, nel prospetto, un ordine gigante sovrastato da un frontone per togliersi dall’impiccio generato dal dover ricongiungere tra loro un edificio a tre piani con uno a due. Lo scalone avrebbe dovuto trovare posto nel corpo dell’ala dove c’erano in quel momento gli appartamenti del principe. Inoltre sul retro era previsto un approdo di forma semicircolare ottenuto dal prolungamento del Rio della Luna. Anche il Pinali tralascia di segnalare che le due ali sono ortogonali alle rispettive Procuratie che convergono verso il fondo e quindi non allineate tra loro.

Nei mesi finali del 1807 l’attenzione dell’architetto appare quasi completamente spostata sull’imminente arrivo dell’Imperatore in persona alla fine di novembre (P. R. b.3 doc. 15.3). Durante i festeggiamenti in Piazza San Marco si vede ancora la facciata interamente svuotata a fare da quinta scenografica alla pari delle architetture effimere realizzate in Canal Grande.

G. A. Antolini, Scala Regia, Tav. XXII Antolini 1813, e-rara

Antolini tornò alla sua sede ufficiale, Mantova, entro fine anno, lasciando il genero, l’ingegnere Giuseppe Mezzani, come architetto dei Palazzi Reali di Venezia e di Strà, con un progetto di massima, realizzato più per accontentare le ambizioni di progettista del Vicerè che come progetto vero e proprio ed una serie sempre maggiore di problemi da affrontare. Che il progetto in costruzione fosse lo stesso inviato al Beauharnais per potersi sbizzarrire, lo sappiamo dalla riproduzione che l’Antolini stesso pubblica nel volume delle “Idee Elementari di Architettura Civile per le Scuole di Disegno” uscito nel 1813, unendola alla tavola delle Scale (Antolini 1813, tav. LX). A gennaio il Mezzani, che continua a tenere stretti contatti con l’Antolini (Godoli 1977, 97-98) ha già inviato il nuovo disegno, ma sappiamo che a febbraio il muratore Pietro Crovato ha già presentato i conti tanto per la demolizione della Chiesa che per la realizzazione delle fondamenta del nuovo scalone (P. R. b.3 docc. 15.3.3 e 15.3.2 del 29 febbraio 1808). L’idea del Principe è di completare l’opera entro l’anno, ma l’ingegnere si imbatte immediatamente in grossi problemi con le forniture di marmi dall’Istria, a cui si cerca di compensare con il recupero di materiale dagli edifici ecclesiastici soppressi (San Gregorio, San Severo, Sant’Ubaldo, San Vito e San Giovanni Decollato, anche se per gli ultimi due si ammettono delle difficoltà oggettive nel rimuovere le colonne).

G. Pinali, Progetto del fabbricato da costruire in luogo della chiesa di San Geminiano, dettaglio disegno, FCMV neg. V21104b.

inalmente nell’ottobre 1808, dopo la verifica degli Ispettori Luigi Canonica e Giuseppe Soli, il progetto viene aggiornato con le nuove idee che prevedono, su richiesta ancora una volta del Vicerè, l’inserimento del bacino posteriore per l’approdo delle barche e confermano la traslazione di una arcata dell’intero avancorpo. Dalla dettagliata relazione del Mezzani (P. R. b. 16 doc. 164.68 del 8 ottobre 1808) scopriamo che è stato previsto di ridurre “a rettifilo l’asse longitudinale di ambedue” le Procuratie e che la demolizione di una arcata delle Vecchie risulta conveniente in quanto i marmi saranno comunque reimpiegati nella nuova costruzione e le Procuratie Vecchie, essendo in mattoni, sono molto meno dispendiose da realizzare. Di questa fase progettuale rimane traccia grafica solo in uno schizzo del solito Pinali, dal quale deduciamo che lo scalone non parte più con un’unica rampa centrale iniziale, ma con due rampe parallele, come confermano anche le liste di spesa che parlano esplicitamente di quattro rampe. I lavori proseguono per tutto il 1809 con forti rallentamenti sempre dovuti alla mancanza di materie prime, in particolare di pietra, al punto che al posto della pietra dall’Istria l’architetto inizia a valutare le cave del veronese, che però faticano a consegnare a causa della secca dell’Adige.

Il progetto a questo punto non riguardava soltanto la realizzazione del nuovo scalone monumentale e dei saloni di rappresentanza, ma il rinnovamento dell’intero quartiere delle Frezzerie, pur continuando a mantenere in linea generale, almeno nel prospetto verso Piazza San Marco, l’aspetto ideato dall’architetto Antolini nel gennaio del 1807. Prendendo spunto probabilmente dalle Osservazioni del Pinali (che però non si vide mai attribuito il merito delle idee) l’ingresso monumentale al Palazzo Reale doveva essere collocato al centro tra sei arcate dell’ala delle Procuratie Nuove e sei dell’ala della Procuratie Vecchie di fronte alla Basilica di San Marco con un avancorpo in forma di loggiato a due livelli, corrispondente a quello inizialmente proposto dall’Antolini. Dal lato opposto era previsto di creare un approdo coperto a cui si giungeva tramite il prolungamento del rio della Luna e la creazione di un bacino semicircolare. Sul lato del bacino opposto al Palazzo sarebbe stato realizzato:

[...] un semplice e regolare fabbricato con aspetto ad arcate e attico, da cui risulti un ornamento a guisa di Naumachia, e che detto fabbricato sia tutto predestinato a botteghe in due piani, il pianterreno cioè per merci pesanti e l’altro in solaio per oggetti di basso. (P.R. b. 16 doc. 164.68 del 8 ottobre 1808)

La questione delle rendite delle botteghe sotto le Procuratie è ben presente sia nella mente dell’ingegner Mezzani che nei pensieri del Principe, infatti, poco sotto, la relazione dell’ingegnere continua specificando che:

Esaminato il numero da me presupposto delle botteghe da erigersi, come sopra, [il Principe] mi commise di possibilmente aumentarlo, onde poter così giovare a quei bottegai che avremmo a sloggiare dal caseggiato da demolirsi e che vanno ad esser privi dei grandiosi guadagni che loro provengono dalla preziosa situazione, cui null’altra puossi comparare o sostituire.

Non è un caso se di fatto il Fondo Palazzi Reali attualmente conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia non è un normale archivio amministrativo, ma uno stralcio di pratiche, provenienti da fondi diversi, contenenti i fascicoli relativi alle cause di rimborsi richiesti dai proprietari e dagli affittuari dei ‘volti’, oltre che dagli artieri del cantiere (muratori, fabbri, falegnami, intagliatori, scultori solo per citarne alcuni), ancora pendenti in epoca austriaca (P. R. b. 10 doc. 89.4 del 25 agosto 1820). La scelta di realizzare il bacino posteriore aveva obbligato l’architetto a modificare l’impianto della scala, che inizialmente prevedeva una sola rampa centrale in partenza dal piano terreno e una doppia rampa esterna dal pianerottolo al piano di arrivo, con due coppie di rampe simmetriche attorno a un corridoio centrale che avrebbe permesso la comunicazione diretta con il bacino retrostante. Per poter allineare i prospetti delle ali delle Procuratie, ovvero “la regolazione e rettifilo del braccio delle Procuratie Vecchie” sottinteso in quasi tutte le relazioni dato che “ senza tale operazione, la fabbrica del Gran Scalone mai può far corpo unico con esse” (P. R. b. 9 doc. 83 del 2 marzo 1809), la soluzione era tutt’altro che semplice: da un preventivo di spesa scopriamo che l’idea è quella di accostare alla facciata un ponteggio, puntellare tutte le stanze prospicienti la piazza, demolire la facciata in marmo mantenendo i materiali sull’armatura e tagliando i muri retrostanti:

1 Costruzione dell'armatura di legname per la demolizione della facciata delle Vecchie Procuratie risguardante la Piazza, atta a sostenere sui ponti in ciascun piano i marmi ritraibili.
- Puntellatura di cinque solai di tutti i piani, e tetto delle stanze risguardanti la detta facciata e delle botteghe ed ammezzati sotto il portico, e intelaiature occorrenti dei muri.
- Demolizione del Tetto nella pendenza corrispondente sul lato della stessa Piazza.
- Demolizione della facciata di Marmo ritenendo tutti i massi sull'armatura.
- Taglio dei solai, con pavimenti e soffitti presso ai muri della detta facciata.
- Demolizione del muro interno dello stesso portico, e di porzione dei muri divisori delle botteghe ed ammezzati.
- Puntellatura e demolizione della volta del portico attuale e del corrispondente pavimento. L.3000 compreso lo sgombro dei calcinacci e la separazione e collocazione dei materiali.
2. Demolizione di due lati di muro esterni a mezzodì, e ponente facienti angolo verso lo Scalone, e corrispondente sopra la quarta vecchia arcata del portico, in estensione di circa passi quadrati d'un matton grossezza. n. 40 lire (P. R. b. 4 doc. 16.17 del marzo 1810).

Il preventivo si ferma alla demolizione: mancano del tutto le informazioni sulla ricostruzione del prospetto dell’ala con i materiali smontati e trattenuti sul ponteggio che sembra il logico completamento dell’opera. Il palazzo naturalmente non si limita al nuovo ingresso monumentale con scalone e bacino: la fabbrica avrebbe dovuto proseguire con un braccio fino alla laguna che avrebbe delimitato, con un prospetto decorato in maniera simile alla facciata sulla piazza San Marco, i Giardini Reali, fino all’incontro con il secondo braccio creato dalla Zecca.

Tra i progetti dell’Antolini che sono giunti a noi, uno presenta il braccio, decorato esternamente come una seconda Zecca, ospitante al suo interno un vasto spazio circolare. Per la creazione del braccio e dei giardini erano stati demoliti, sul finire del 1808, i Granai di Terranova, i granai pubblici che, costruiti a partire dal 1341, servivano al governo della Serenissima per ammassare il grano con cui fare fronte alle carestie. In epoche successive parte dei locali era stata proposta come ampliamento delle carceri e al momento della demolizione erano ormai noti, più che per la loro funzione originaria, come ‘caserme’ che il Vicerè vedeva come un ostacolo alla vista della laguna dai suoi appartamenti:

E innanzi, che esporre le disposizioni esternatemi circa l’interno del palazzo, credo mi cada in acconcio il parlare delle caserme da demolirsi. S.A. affacciatasi alle finestre da quella parte fu colpito dall’aspetto di quelle rovine, e dal vedere anche in piedi la quarta parte del fabbricato. Me ne fece rimprovero, e così disse, che voleva valersi del suo fondo, e vederlo verdeggiare nella prossima primavera. Risposi, mia non essere quell’azienda, ma bensì del Militare. Mi commise di scrivere la sua precisa risoluzione. Obbedii al cenno, ma non ebbi risposta. Rassegnai l’emergente al D’Arnay segretario di S.M., da cui mi fu detto che avrebbe scritto in persona. Nulla più so, e questo è lo stato della cosa, pur troppo interessante, mentre ogni più breve ritardo controperarà alle idee di S.M. avendosi anco a devese creare anche il suolo vegetabile. Il Canale poi, che divide quell’area del palazzo R. mi comise d’interrarlo, salvo quella porzione, che le rappresentai necessaria ad uso di chiavica, la quale dev’esser conservata, ma chiusa in ambo le estremità da una robusta amovibile inferriata a gran quadri. (P. R. b. 16 doc. 164.68 del 8 ottobre 1808)

Se facciamo fede alle ossequiose parole dell’architetto Antolini e dell’ingegner Mezzani, il progetto in essere era stato interamente concepito dal Principe de Beauharnais, fermamente intenzionato a prendere possesso di Piazza San Marco, mettendosi in dialogo diretto con la Basilica da un lato e con la laguna dall’altro. Al proposito è utile ricordare che prima della realizzazione del collegamento ferroviario con il ponte che arriva direttamente dalla terraferma a Santa Lucia, l’arrivo in città, l’approdo a Venezia per eccellenza, era proprio dal lato del bacino di San Marco.

Purtroppo, nonostante la mole di disegni che venne realizzata per curare ogni dettaglio, sembra che poco o nulla sia rimasto di questa fase progettuale, complice la distruzione, durante la Seconda guerra mondiale, degli Archivi Finanziari conservati presso l’Archivio di Stato di Milano. Un’altra causa della perdita dei documenti possiamo ipotizzare dipenda dall’opinione dell’Intendente Generale dei Beni della Corona, Giovanni Battista Costabili Containi, che di fronte al preventivo di spesa per la realizzazione dei progetti esecutivi, impone di eliminare le copie ed i disegni di dettaglio per evitare di “incontrare una spesa strabocchevole” (P. R. b. 9 doc. 83 del 18 marzo 1809). E in effetti, un preventivo di quasi 400.000 lire per i soli disegni, con il preventivo del solo Palazzo Reale di Venezia che ormai si aggira sui 15.000.000, non deve aver certo giocato a favore dell’architetto che aveva cercato, fra le righe, di veder riconosciuto, oltre ai costi materiali legati a carta, inchiostri e paga dei disegnatori, la sua “opera di invenzione” su cui erano stati sviluppati i successivi progetti – richiesta totalmente ignorata dall’Intendente.

Nel gennaio 1810 c’è un cambio alla direzione dei Palazzi Reali: il nuovo architetto, Giuseppe Maria Soli, è uno dei due ispettori che avevano concertato con il sovrano la creazione del Bacino sulla facciata posteriore. Non è ben chiaro quale sia la ragione precisa dell’allontanamento del Mezzani: della vicenda (come peraltro della sua opera come architetto a Venezia), parla solo il Parma, bene informato dal suo grande amico Pinali, che cita come causa l’“abuso d’ufficio” (Parma1 837, 65, cit. in Romanelli 1988, 126-127 n. 112). Di fatto il Soli, non appena entrato in servizio, deve chiedere al delegato della Corona di intercedere presso il tribunale affinché l’ingegnere possa essere accompagnato nell’ufficio dove sono conservati i disegni e dare dei chiarimenti sulle “invenzioni” non esplicitate sui disegni. Il cantiere è abbastanza avanzato, le rampe del piano terreno sono completate e delle rampe superiori sono stati iniziati le volte di sostegno, la muratura perimetrale e buona parte dell’apparato architettonico del piano terra è completato fino al collarino delle semicolonne. Dell’avancorpo verso la piazza esiste il basamento, mentre le colonne dal lato del palazzo sono già tutte in loco (P.R. b. 4 doc. 16.11 del 7 maggio 1810) e quelle dal lato delle Procuratie Vecchie in parte alzate e in parte pronte per esserlo. I lavori languono ancora per mancanza di materia prima: in una lettera l’architetto Soli sintetizza così la situazione:

Si assicura che le cave dell’Istria somministrerebbero il buono, il bello e la quantità al di sopra d’ogni ricerca, ma il tragitto trovasi impedito, o dalle realtà dell’infezione dei nemici nel Golfo, o dall’opinione degli intraprenditori. Le cave veronesi anno esse pure le loro difficoltà perché mancano di sicura località per invenire il genere di quelle misure occorrenti, o dalla trascuranza di quelli che potrebbero intraprendere tali somministrazioni. Queste sono le opposizioni che si affrontano alla sollecitudine, opposizioni, che converrà superare, con tutti i mezzi che saranno permessi, che risultano dai progetti più vantaggiosi esibiti dalla speculazione di nuovi, più idonei, e coraggiosi intraprenditori. (P. R. b. 4 doc. 16.11 del 7 maggio 1810)

Il Soli, che pure aveva in parte contribuito a tracciare, e comunque aveva approvato dopo il sopralluogo del 1808, il progetto del Mezzani in esecuzione, approfitta della lentezza nell’incedere dei lavori per iniziare ad avanzare nuovi suggerimenti. Con il passare dei mesi le critiche diventano sempre più aperte e dirette: l’avancorpo dell’ingresso non è centrato (anche se gli archi delle Procuratie da entrambi i lati sono uguali per numero, non lo è il passo delle arcate), si trova sul lato minore della fabbrica e costringe a vedere tre diverse architetture accostate; l’approdo sul bacino diventa inagibile in caso di acqua alta; la scala è angusta e buia (P. R. b. 4 doc. 16.29 del 19 luglio 1810).

G. Pividor, Schizzo della statua di Napoleone di Domenico Banti in Piazzetta San Marco, Museo Correr Classe III n.

A questo punto il Soli parte al contrattacco: il Principe sembra aver spostato altrove il suo interesse (altrimenti la critica alla scelta di aver pensato di porre l’ingresso sul lato più corto non sarebbe certo passata inosservata) e la discussione avviene interamente tra architetto e intendente, che dapprima approva purché “le variazioni rilevate doversi fare non alterino in parte alcuna la totalità della fabbrica, minorino il dispendio e sieno a renderla più grandiosa ed armoniosa colle altre parti del fabbricato” (P. R. b. 4 doc. 16.5 del 24 marzo 1810), poi cede al nuovo progetto del Soli, a fronte di un risparmio prospettato sui lavori di oltre un milione di lire. Il nuovo progetto prevede di continuare il modulo delle Procuratie Nuove sull’intera facciata, creando una nuova Bocca di Piazza anche all’angolo con le Procuratie Vecchie, demolendo quanto già realizzato per ricostruire un nuovo e più maestoso scalone, non più perpendicolare ma parallelo all’ala (P. R. b. 4 doc. 16.29 del 19 luglio 1810). Preso nella foga, l’architetto afferma che non ha alcun merito nell’ideazione, in quanto sta completando “una già esistente invenzione del celebre Sansovino”, sebbene fra le sue proposte non manchi quella di demolire e ricostruire (con gli stessi marmi) la Zecca altrove (P. R. b. 4 doc. 16.11 del 7 maggio 1810). La facciata sulla laguna, verso i nuovi giardini, notevolmente semplificata e segnata da semplici cornici, avrebbe permesso di ridurre notevolmente i costi generali, i materiali già in opera sarebbero stati tutti reimpiegati e si sarebbe finalmente posto fine alle continue “astrusità” generate dal progetto in corso di esecuzione.

A settembre il nuovo progetto viene approvato, a ottobre già si stanno gettando le fondazioni del nuovo scalone, a novembre già si iniziano a appaltare i lavori di scultura ai maestri Domenico Banti, fresco autore della statua colossale di Napoleone posta in Piazzetta San Marco nel maggio 1810, e Antonio Bosa. A questo punto i lavori sembrano procedere spediti e nel giugno 1813 il Soli si trova a predisporre gli appalti per la copertura del tetto e la realizzazione delle grondaie.

Calendario del 1813 coi tipi di Picotti, FCMV neg. M32575.

Della parte centrale della facciata, come doveva essere alla fine del 1813, ovvero con lo stemma fra trofei, vittorie alate e armi posto in opera sopra l’attico, abbiamo testimonianza solamente in una incisione che usa le sette arcate mediane “della nuova Facciata del Reale Palazzo” per il “Nuovo Giornale per l’anno 1813”, un calendario stampato da Giuseppe Picotti a Venezia. Pochi mesi dopo, con il ritorno delle truppe austriache si avrà l’immediata rimozione del gruppo dei trofei, insieme all’abbattimento della statua di Napoleone e alla “cancellazione” dal fregio dell’Imperatore in trono. Il bacino posteriore, come anche il corpo avanzato verso la laguna, non vedranno mai luce.

La storiografia del tempo, con la sola eccezione del Parma già segnalata, ricorderà solo ed esclusivamente l’opera del Soli, esprimendo su di essa giudizi antitetici a seconda della matrice politica dell’autore. Le stesse biografie degli architetti di fine ’800 ricorderanno l’Antolini come un architetto senza opere realizzate (egli stesso ometterà interamente la vicenda che abbiamo ricostruito nella sua autobiografia del 1830, pubblicata postuma: Antolini 1842) e dimenticheranno quasi interamente il Mezzani. Nessuna traccia rimane della ferma volontà del Vicerè francese di trasformare Piazza San Marco nella piazza del Palazzo Reale.

La statua di Napoleone abbattuta, acquaforte, ca 1814, Museo Correr P. D. 8134. Sul monumento alle nazioni vincitrici: “AUXILIUM AB ALTO / INGHILTERA / RUSSIA / PRUSSIA / AUSTRIA / PRO BONO PACIS MONUMENTUM GLORIAE / Addi 20 Aprile 1814. Liberazione dell’assedio di Venezia e disfata di Napoleone”; sotto il Sole: “Il mondo stà nel gran Mottor del tutto”; nel raggio che abbatte la statua: “Quella man che ti trasse un dì dal nulla / Te annichillando ride e si trastulla”. La didascalia sul bordo inferiore recita: “Ecco, Giustizia in questo dì l’atterra, per appagar d’gnun le giuste brame / Concordia militar ruppe lo stame stringendo in lacci il gran fellon di guerra”.

Le immagini provenienti dall’archivio digitale Gallica della Bibliothèque Nationale de France, dalla collezione online del British Museum e dal catalogo delle collezioni della Fondazione Musei Civici Veneziani sono pubblicate nel rispetto delle rispettive condizioni d’uso. Per le immagini dell’Archivio Fotografico della Fondazione Musei Civici Venezia è stata richiesta autorizzazione alla pubblicazione senza scopo di lucro. I diritti di riproduzione e pubblicazione sono dei rispettivi titolari.

English Abstract

In fall 1813 the fastigium of the new Royal Palace of Venice completed, at least outside, the front on St-Mark Place of what would become the Napoleonic Wing of the Procuratie. This new addition replicate the style and order that Sansovino had concieved for the Libreria Marciana and that had been used, with “corrections”, by Scamozzi for the the Procuratie Nuove and Longhena for their Wing, as if the idea for the new palce was not to interfere with the Platea Marciana. On the other side, when we check the documents, we discover that there were several changes during the building, from an original idea of the Prince Eugène de Beauharnais himself in 1806 to have the main entrance and staircases realized in place of the church of St. Geminiano, between the original Procuratie Wings, the newer and the older, only to face a series of problems, mostly related to a simplified representation of the area in the first drawings by Giovanni Antonio Antolini (the church and main entrance was not in the middle of the side, the two wings were not aligned and so on) and to continuous changes in the mind of the Prince and his architetcts (addition of a basin on the back side to let the Prince arrive by boat). This caused the deelay of the completation, joint to lack of marbles caused by war and, after three years, the decision of destroying a building that was well advanced, the Procuratie Vecchie Wing that was not aligned to the newer and restart it all with a new concept from Giuseppe Maria Soli in 1810 that lead to the actual building.

 

keywords | Art; War; Venice; Royal Palace; Archicture; Giovanni Antonio Antolini; Giuseppe Maria Soli; Architecture.

Bibliografia
Abbreviazioni
  • B. M.: British Museum
  • FCMV: Fototeca dei Civici Musei Veneziani
  • P. A.: Archivio di Stato di Venezia, fondo Prefettura dell'Adriatico
  • P. D.: Palazzo Ducale di Venezia
  • P. R.: Archivio di Stato di Venezia, fondo Palazzi Reali
Riferimenti bibliografici
  • Antolini 1813
    G. A. Antolini, Idee elementari di architettura civile, Bologna, 1813.
  • Antolini 1842
    G. A. Antolini, Biografia dell'architetto Giovanni Antonio Antolini scritta da sé medesimo, “Giornale Arcadico di Scienze”, Lettere ed Arti, XCI (1842), 340-349.
  • Beauharnais1858
    Mémoires et correspondance politique et militaire du prince Eugène / publiés, annotés et mis en ordre par A. Du Casse, Paris 1858-1860.
  • Biadene 1985
    S. Biadene, L'Ala Napoleonica, in L. Puppi, G. Romanelli, Le Venezie possibili, da Palladio a Le Corbusier, Milano 1985, 147-155.
  • Bonaparte 1858
    N. Bonaparte, Correspondance de Napoléon Ier publiée par ordre de l'Empereur Napoléon III, Paris 1858-1870.
  • Bratti 1930
    D. Ricciotti Bratti, L'ultima ala delle Procuratie e la distruzione di un capolavoro del Sansovino, “Rivista della città di Venezia”, IX, 12 (1930), 584-612.
  • Cicogna1834
    E. A. Cicogna, Delle Iscrizioni Veneziane, IV, Venezia 1834.
  • Godoli 1977
    E. Godoli, Progetti per Venezia di Giovanni Antonio Antolini, Firenze 1977.
  • Martinoni 1963
    F. Sansovino, D. G. Martinioni, Venezia città nobilissima e singolare descritta dal Sansovino con nove e copiose aggiunte di D. Giustinian Martinioni, Venezia 1663.
  • Mezzanotte 1966
    G. Mezzanotte, Architettura neoclassica in Lombardia, Napoli 1966, 277, fig. 177.
  • Parma 1837
    G. Parma, Arti belle dei Veneziani: memoria, Padova 1837.
  • Pavanello 1989
    G. Pavanello, Un “copia lettere” di Giovanni Antolini “regio architetto” di Venezia, “Arte in Friuli arte a Trieste”, 11 (1989), 111-174.
  • Pinali 1807
    Anonimo (G. Pinali), Osservazioni comunicate al Regio Architetto Sig. Profess. Antolini sopra la forma dell'edifizio da sostituirsi alla chiesa di San Geminiano, Venezia 1807.
  • Romanelli 1977
    G. Romanelli, Venezia Ottocento. Materiali per una storia architettonica ed urbanistica della città nel secolo XIX, Roma 1977.
  • Romanelli 1978
    G. Romanelli, Venezia nell'età del Canova, Venezia 1978.
  • Romanelli 1988
    G. Romanelli, Venezia Ottocento: l'architettura, l'urbanistica, Venezia 1988.
Bibliografia essenziale di riferimento
  • Aa. Vv., Guida generale degli Archivi di Stato Italiani, II, F-M, Roma 1983.
  • Aa. Vv., Guida generale degli Archivi di Stato Italiani, IV, S-Z, Roma 1994.
  • Aa. Vv., Le Procuratie Nuove in Piazza San Marco, Roma 1994 119-156.
  • M. Agazzi, Platea Sancti Marci, Venezia 1991.
  • E. Bassi, L’architettura neoclassica a Venezia, “Bollettino CISA”, V (1963), 130-133.
  • L. Cicognara, A. Diedo, G. Selva, Le fabbriche più cospicue di Venezia, misurate illustrate ed intagliate dai membri della Veneta reale Accademia di belle Arti, Venezia-Alvisopoli 1815-1820.
  • E. Concina, Pietre parole storia, Venezia 1988.
  • R. Gallo, Contributi su Jacopo Sansovino, in Aa. Vv., Saggi e Memorie di Storia dell’Arte, Venezia 1957, 96-100.
  • T. Hirte, Il “foro all’antica” di Venezia. La trasformazione di Piazza San Marco nel Cinquecento, Venezia 1986.
  • D. Howard, J. Sansovino, Architecture and patronage in renaissance Venice, New Haven-London 1975.
  • M. G. Marziliano, Giovanni Antonio Antolini architetto e ingegnere (1753-1841), Faenza-Bologna 2000.
  • M. Pigozzi, Gli architetti del pubblico a Reggio Emilia dal Bolognini al Marchelli – Architettura e urbanistica lungo la Via Emilia, Reggio Emilia 1990, 285-286, 301-303.
  • G. Samonà, Piazza San Marco, la storia, l’architettura, le funzioni, Venezia 1970.
  • M. Tafuri, Jacopo Sansovino e l’architettura del ’500 a Venezia, Padova 1972, 144-145,156-157.
  • M. Tafuri, Il problema storiografico, in M. Tafuri, “Renovatio urbis” Venezia nell’età di Adrea Gritti, Roma 1984, 7-55.
  • M. Tafuri, Venezia ed il Rinascimento: religione, scienza, architettura, Torino 1985.
  • F. Sansovino, Venezia città nobilissima e singolare, Venezia 1581.
  • E. Vio, Le trasformazioni urbane dell’Area Marciana, in Aa. Vv., Le Procuratie Vecchie in Piazza San Marco, Roma 1994, 58-110.
  • A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 1984, 223-227.
Appendice. Le relazioni degli architetti
Lettera di Giovanni Antonio Antolini all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano – 15 aprile 1807
Lettera di Giuseppe Mezzani all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano – 8 ottobre 1808
Lettera di Giuseppe Maria Soli all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano – 7 maggio 1810
Lettera di Giuseppe Maria Soli all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano – 19 luglio 1810
Lettera di Giovanni Antonio Antolini all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano, Giovanni Battista Costabili Containi del 15 aprile 1807 (P.R. b. 9 doc. 77.155 Pavanello 1989, 173-174)

Ieri mattina S.A.I. onorò di una visita il nuovo Appartamento, ed ebbe la degnazione di esternare la sua soddisfazione. Passai seco Lui nel suo Gabinetto, ove si occupò per mezz’ora ad esaminare sul Tipo delle Procuratie nuove in modo di ordinare gli Appartamenti Reali. Cominciò col dire che la sua scala ed ingresso erano obrobiosi; che io li avrei potuto migliorare: me che sarebbero sempre stati cattivi ed indecenti. Si scorse sulla carta tutto il Piano, ma o per un motivo, o per l’altro non trovò non potersi fare plausibilmente una buona Scala sulle basi dell’economia. Si giunse coll’occhio alla Biblioteca, sulla quale dissi a S.A. che conveniva pensare. Ei mi rispose fortemente che aveva già deciso doversi questa traslocare nella Sala del Pregadi. Replicai rispettosamente, che se si fosse potuto conciliare il comodo ed il decoro de’ R.R. Appartamenti con la permanenza della Biblioteca, mi sembrava che questa avesse potuto accrescerli, che se mi permetteva gli avrei fatto conoscere tre Idee su tale argomento. Vediamole Egli disse. Glie le presentai in tre Tipi segnati 1. 2. 3. Nel primo dava l’idea di fare l’Ingresso e Scala fra la settima ed ottava Procuratia, ed il Salone di Rappresentazione nella quarta Procuratia verso la Piazza S.Marco. Nel secondo formava l’Ingresso e Scala fra la quarta e quinta Procuratia, ed il Salone nell’Area presentemente occupata dalla Sala e Scala dell’ottava Procuratia. Nella terza idea faceva servire la Scala ed Atrio Superiore della presente Biblioteca; proseguiva l’appartamento occupando il lato più piccolo della Zecca, e la Gran Sala la creava entro i due locali sudetti della Sala e Scala dell’ottava Procuratia. Con una di queste tre Idee credeva di avere esauriti plausibilmente tutti i modi di determinare S.A.I. a risolvere, ma Egli ben osservando e pensando trovò che per lasciare la Biblioteca conveniva entrare in un impegno di spesa assai vistosa io, qualche riflesso facendo ancora sull’occupazione della Zecca, e che in fine non si otterrebbe quella maestà e decoro che si conveniva; e che quando si dovesse fare una spesa vistosa, (disse con molta modestia) che la Sua Idea di fare l’Ingresso e la Scala nella Chiesa di San Geminiano, gli sembrava la più abbracciabile: mi ordinò quindi di occuparmi subito di un Preventivo di ognuno dei Progetti compreso quel suo da poter fare un Confronto, sul quale ora io travaglio indefessamente per presentarglielo colla maggiore solecitudine.

Lettera di Giuseppe Mezzani all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano, Giovanni Battista Costabili Containi del 8 ottobre 1808 (P.R. b. 16 doc. 164.68)

Li ispettori. arch. R. Canonica e Soli, allorquando si decisero alla partenza da Venezia, m’incaricarono di realizzare il progetto da S.A.I. e R. immaginato e loro comunicato nella conferenza che seco loro aveva tenuto, di un approdo cioè al grande Scalone con vasto Bacino, e Canale che partendo dalla Laguna conduca fino al Bacino stesso. Io me ne occupai indefessamente, per quanto me lo concessero l’altre occupazioni, e principalmente per la R. Villa di Strà, ed appunto s’è trovato compito allorquando l’A.S. giunse in Venezia. Come detto poteva forse non aver combinato le idee tutte contemplate da S.A. nell’immaginarlo, così desiderai di umiliarlo alla Stessa, tanto più che la ispezione oculare poteva in un momento sciogliere i dubii che fossero insorti, e che più difficile sarebbe stato usando dei rapporti scritti, dalla lontananza resi talvolta oscuri e che d’altronde era del tutto staccato e indipendente da qualunque altra progettata riduzione del R. Palazzo, si avuto riflesso ai disegni del prof. Antolini, che ai posteriori dell’ispettori Canonica e Soli. Su bontà di S.A. volle onorarmi di una conferenza. Ebbe questa luogo nella mattina del giorno 3 corrente e fu molto protratta, giacchè volle conoscere dettagliatamente il progetto delineato sul tipo che io le aveva umiliato. Ella lo approvò pienamente dopo esser discesa ai più minuti dettagli, osservati anche sulla faccia del luogo e dalle finestre risguardanti le rispettive località del Canale e Bacino.
Eccone i risultati che io mi affretto ad umiliare all’E.V.
Quanto alla situazione del Grande Scalone Ella mi comandò di situarlo in mezzo a quel lato della piazza, demolendo un arco delle Nuove Procuratie ed uno aggiungendone alle Vecchie, cosicchè rimangono sei archi ad ambedue i fianchi dello Scalone e riducendo a rettifilo l’asse longitudinale di ambedue. Mi commise espressamente di non alterare punto il modello già eseguito dal professore Antolini, approvato ed incamminato nella esecuzione. Feci rifletter che il pianterreno andava a soffrire una piccola interna alterazione, giacchè vi si dovevano combinare le due gallerie di comunicazione dello Scalone alle rive del Bacino, per ascendere e discendere dalle barche, alterazione anche approvata dal prof. Canonica quando nella sua missione in Venezia gli feci osservare l’intero progetto. S.A. approvò pur questo. Commise che subito si ponesse mano all’opera e quanto alla demolizione dell’arco della Nuova Procuratia, disse di volerla vedere incominciata sotto ai suoi occhi. Quindi questa è anche in corso di concerto colla R. Agenzia.
Osservò nel disegno il portico a colonne piantate nell’acqua, da cui risulta primo un approdo coperto, capace anche di ricevere la lancia o laicchio di S.M., non che qualunque altra vasta ad alta peota solita a costruirsi in occasione di feste o pubblica rappresentanza, secondo un asilo per conservzione delle barche fisse al servizio Reale. Approvò pure questo.
Fu pure di sua aggradimento la forma del Bacino in segmento di circolo di estensione bastante per aggirarvisi la lancia o laicchio sunnominati, e nel tempo stesso più economica quanto all’acquisto e demolizione di fabbricati per apparecchiare un area maggiore qualora si volesse fare il Bacino semicircolare, attesocche la corda da me fissata pel segmento di circolo risulta la necessaria occorrente distanza, poco maggiore della lunghezza del laicchio, presa da ciascuna delle due colonne angolari del progettato portico ai due angoli formati dalla curva del Bacino colle rette del Canale nelle loro sponde. Da ciò ne viene che i laicchio entrando o sortendo dal portico possa rivolgersi pel Bacino in qualunque senso, quand’anche intorno alle sponde del medesimo sienvi ferme altra barche grandi o gondole.
Fu pure degnata di sua approvazione la larghezza progettata del Canale che dalla Laguna conduce al Bacino (dietro le tracce di un breve e ristretto canale ora esistente, detto Rio della Luna, e la riconobbe sufficiente per dar luogo a due laicchj o peote, che s’incrocicchiassero per una contemporanea entrata e sortita, quand’anche pure vi fossero dalle sponde arrestate altre barche.
Adottò pure che lungo detto Canale ed intorno al sunnominato Bacino ergasi un semplice e regolare fabbricato con aspetto ad arcate ed attico, da cui risulti un ornamento a guisa di Naumachia, e che detto fabbricato sia tutto predestinato a botteghe in due piani, il pianterreno cioè per merci pesanti e l’altro in solaio per oggetti di basso. Ammise che sul dinanzi vi si apra strada di comunicazione con aperture nelle strade o calli Valaressa, di S. Moisè e Frezzaria, non che si ergano due ponti attraversanti il nuovo Canale ne’ due angoli del Bacino per comunicazione colla piazza, il primo in fila al R. Portico detto dell’Ascensione, l’altro in fila al Portico delle Vecchie Procuratie, aprendo sotto al fabbricato di queste un nuovo sbocco in sostituzione all’antico della Bocca di Piazza, che deve esser chiusa.
Esaminato il numero da me presupposto delle botteghe da erigersi, come sopra, mi commise di possibilmente aumentarlo, onde poter così giovare a quei bottegai che avremmo a sloggiare dal caseggiato da demolirsi e che vanno ad esser privi dei grandiosi guadagni che loro provengono dalla preziosa situazione, cui null’altra puossi comparare o sostituire.
Le feci pure osservare che i due sfoghi sotterranei progettati al Bacino, uno nel Rio di San Moisè, l’altro in quello del Cavalletto, forse sarebbero reusciti insufficienti ad impedire il ristagno dell’acqua nel Bacino stesso e le conseguenti modeste esalazioni che se ne avevano degli esempi, e che perciò io reputava miglior cosa l’eseguire un taglio anche dall’altro lato del Bacino per la via più breve; che da ciò pur verrebbe assicurato l’approdo pei canali interni della città allo Scalone, malgrado qualunque perversità di stagione, mentre che in ora non potendosi entrar nel Bacino sennon per la Laguna, le gondole non potranno verificarlo in tempo borrascoso. S.A. degnò approvare i miei riflessi, ma pure mi confermò l’esecuzione, giusta a quanto ora è progettato, solo incaricandomi di estendere il progetto anche per il taglio suddetto, da eseguirsi peraltro dopo tutte le cose sudescritte e senza ritardo o interruzione delle medesime.
Ho avuto poscia campo di passare ad assoggettarle le riflessioni di economia relative alle tra dette operazioni, cioè trasporto dello Scalone, Canale e Bacino. E per farsi dalla prima le ho osservato che questa presa in se stessa, e indipendentemente dal Canale e Bacino, non accresce il dispendio, malgrado che s’abbia ad abbandonare alcuna porzione delle fondamenta fino ad ora eseguite, e ad erigersi un’altra arcata dal lato delle Procuratie Vecchie. Prima di tutto i mattoni impiegati nelle fondamente non essendo ancora in piena presa colla malta possono con facilità, e con certo vantaggio, demolirsi ed usarsi altrove; l’arcata poi delle Procuratie Vecchie è di leggera, agile ed economica costruzione. All’opposto l’arcata delle Procuratie Nuove che si demolisce consiste in gravi e dispendiosi massi di marmi, i quali tutti si rimpiegheranno nella nuova decorazione del portico, e loggia frontale di S.A. immaginata e dal prof. Antolini eseguita in modello approvato e che mi si commette di eseguire fedelmente, come ho esposto di sopra. E’ certo dunque che il valore di questi marmi supererà la spesa del trasporto dello Scalone.
S.A. mi richiese se i marmi commessi e ricevuti finora serviranno egulmente, anche dietro al trasporto ideato, ed io la assicurai che si, giacchè il modello dell’Antolini sul quale sono stati eseguiti non soffre alterazioni di sorta.
Si passò quindi ad esaminare il caseggiato occupante l’area, in cui devonsi scavare il Canale ed il Bacino e che in conseguenza devesi acquistare, le feci osservare che ciò non deve apportare molta spesa o difficoltà alla R. Corona, giacchè quanto al Bacino, l’area è già fatta, colla demolizione di case cedute dal 1 gennaio fino dallo scorso anno, altre di quelle che ancor sono in piedi sono comprese in detta cessione e la Corona n’è già in possesso, ed infine i rimanenti, toltone alcune proprietà di privati, appartenevano al fu Capitolo della soppressa Chiesa di S. Giminiano, e a quello di S. Moisè, sicchè sono facili ad ottenersi; quanto al Canale gli stabili da demolirsi sono pure in maggior parte di ragion Demaniale, cioè la fu Accademia di Belle Arti, la fu Beccheria e l’Oratorio dell’Ascensione colle stanze annesse, cosicchè non v’è di ragion privata che l’osteria detta della Luna ed una casa in angolo all’Oratorio suddetto in parte anche, per fatto del proprietario, demolita, dal che proviene che trattandosi di ottenere i demaniali, che sono poi anche di nulla bellezza, ed acquistare i soli privati, la spesa non sarà molta.
Le ho anche umiliato il progetto di uno spediente che mi parrebbe acconcio, ed è che nella demolizione abbattendosi molte botteghe, che per la loro preziosa situazione sono di molta rendita e di quasi impossibile sostituzione, dimodocchè i proprietari sarebbero pronti a tutto per conservarvisi, e d’altronde avendosi determinato di erigerne altre lungo il Canale ed intorno al Bacino, potrebbersi queste offrire a que’ bottegai che per l’ordine della cosa vanno a restarne privi, coll’obbligo di fabbricarle a proprie spese dietro al disegno, che si darebbe, e coll’obbligo di un canone annuale, e che si poteva prefiggere un breve periodo e contemporaneo per tutti onde aver sollecitamente sgombri i fabbricati da demolirsi. Esposi che quattro a me sembravano i vantaggi provenienti da questo progetto; di adornamento a’ dintorni del R. Palazzo, mentre così si nasconde il caseggiato interno di costruzione ed aspetto irregolare e quasi turpe quando si tratti di fronteggiare il R. Palazzo; di minorazione di spesa; di creazione d’un annuo reddito opportuno agli annuali restauri indispensabili e finalmente di ripago utile a que’ bottegai che cangiando situazione perdono gran parte del loro guadagno. L’A.S. degnò onorare di sua approvazione l’esposto e m’ordinò di redigere un piano sistemato per l’immediata esecuzione.
Ella mi commise che nella costruzione si dello Scalone che del Canale e Bacino io proceda con tale attività, che il tutto sin nella prossima primavera tanto avanzato che nel susseguente autunno sia pienamente servibile agli usi della R. Corte.
M’avvertì specialmente che si avanzi nello stesso tempo si il fabbricato interno che l’estreno verso la piazza, ed il Bacino. Siccome poi ho dovuto rappresentargli la molta difficoltà di ritrarre nello stato attuale delle cose i marmi dell’Austria, mi comandò di continuare con quelli del Dipartimento dell’Adige e di commetter immediatemante ogni cosa opportuna, sicche nullo ostacolo abbia a frapporsi all’erezione del fabbricato.
Siccome poi l’A.S. aggiravasi meco per riconoscere dalle finestre sulla faccia del luogo quali fossero i risultati di tal progetto, si verso la piazza che verso il Bacino e Canale, mi ordinò di demolire i tre muri divisori interni delle tre stanze intermedie tra la fabbrica dello Scalone e la gran sala detta dei Filarmonici, riducendole tutte ad un salone che s’attacchi alla grande Scala. Come il tetto superiore, si alle tre indicate stanze che al salone de’ Filarmonici è in attuale stato di ruina, ne’ suscettibile di restauro, ma abbisogna decisamente di ricostruzione, cambiando porzione dei legnami dell’impalcatura infraciditi, così chiesi quanto tempo concedevami all’esecuzione per poter presentare alla R. Intendenza il bisogno suenunciato, ma ne ritrassi l’ordine preciso che immediatamente e contemporaneamente ponessi mano all’edificazion della grande Scala. Disse ch’io poteva nella rifabrica valermi dei materiali che sarebbero sortiti dalle demolizioni delle muraglie delle tre indicate stanze. Finalmente m’incaricò di regolare a termini di arte la decorazione architettonica esterna verso il nuovo Canale e Bacino, e le aperture delle finestre in armonia ed unità colla decorazione del nuovo fabbricato dello Scalone, col mirare principalmente che le porte di comunicazione, la prima col braccio dell’appartamento di S.A.I. la vice regina verso il campiello dell’Ascensione, la seconda coll’appartamento di S.A.I. il principe vice re verso la piazza.
E innanzi, che esporre le disposizioni esternatemi circa l’interno del palazzo, credo mi cada in acconcio il parlare delle caserme da demolirsi. S.A. affacciatasi alle finestre da quella parte fu colpito dall’aspetto di quelle rovine, e dal vedere anche in piedi la quarta parte del fabbricato. Me ne fece rimprovero, e così disse, che voleva valersi del suo fondo, e vederlo verdeggiare nella prossima primavera. Risposi, mia non essere quell’azienda, ma bensì del Militare. Mi commise di scrivere la sua precisa risoluzione. Obbedii al cenno, ma non ebbi risposta. Rassegnai l’emergente al D’Arnay segretario di S.M., da cui mi fu detto che avrebbe scritto in persona. Nulla più so, e questo è lo stato della cosa, pur troppo interessante, mentre ogni più breve ritardo controperarà alle idee di S.M. avendosi anco a devese creare anche il suolo vegetabile. Il Canale poi, che divide quell’area del palazzo R. mi comise d’interrarlo, salvo quella porzione, che le rappresentai necessaria ad uso di chiavica, la quale dev’esser conservata, ma chiusa in ambo le estremità da una robusta amovibile inferriata a gran quadri.
Ella mi commise pure, che io disponessi le cose in modo, che subito dopo la villeggiatura di primavera, fosse posto mano nell’accennato braccio di appartamento verso l’Ascension, attualmente composto di quattro stanze, due retro-gabinetti, ed una retro-galleria di comunicazione, riducendolo a tre altri saloni susseguenti ai due già come sopra commessimi, cosicchè ne risulti un buono appartamento, compito a tutto il venturo anno 1809.
Per la ventura primavera poi l’A.S. vuole cangiata la disposizione degli appartamenti di suo uso, e dell’Augusta Principessa, e mi disegnò il suo volere. Si dovrà allora far uso principalmente delle scala della Terza Procuratia, destinando alle guardie la prima sala di detta Procuratia, levandone prima l’attuale apparato di damasco rosso e sostituendovi delle tele dipinte a tinte [perla]. L’appartamento di S.A. dev’essere disposto a destra di detta sala fino alla V Procuratia. La sala d’Udienza dev’essere provvisoriamente decorata colle tappezzerie di seta fabbricate dal prof. Milani, e così pure per il Gabinetto di Travaglio, scegliendo la più semplice, e liscia, e meno suscettibile di guasto, e di minor sorranzo in bracciatura, commettendomi, se l’altezza dei teli fosse eccessiva, di impiegarli possibilmente, ovvero di omettere i fregi dei teli stessi, che sono staccati, che se poi avesse alcuna d’esse tappezzerie a soffrir troppo guasto, allora mi commise di addobbar il Gabinetto di Travaglio, ed alcuna altra stanza con una carta bella e conveniente.
Per S.A. la vice regina mi commise di addattare l’altro appartamento a sinistra della III Procuratia sulla piazza, portandolo verso al prima, ed in comunicazione diretta coll’altro verso la Laguna, destinato per S.A.I. la principessina, nonchè col braccio verso il campiello dell’Ascensione, per mezzo della nuova sala Ellittica, e con altra comunicazione secondaria per la galleria retro al detto braccio.
M’ordinò di levare la tappezzeria di damasco cremisi esistente nella prima sala e sostituirne altra più adatta, di tapezzar pure la susseguente stanza minore, di lasciar in posto la tappezzeria attuale nella stanza antecedente alla Ellittica, di restaurare l’altra saletta contigua al gran salone detto dei Filarmonici, e finalmente di tappezzare di stoffa o bella carta l’altra saletta susseguente sopra il cortiletto interno della I Procuratia,dalla quale col ridurre a pozzetto chiuso il ripiano della scala principale di detta prima Procuratia, passare all’indicato braccio di appartamento verso il campiello dell’Ascension, per averne maggiore comodo, oltre a quello a traverso alla sala Ellittica.
Mi comandò pure di aprire alcuna comunicazione per altra sala da pranzo posteriore al proprio appartamento, si per uso delle LL.AA.II., che pel servizio della tavola.
Passata poi alla IX Procuratia mi commise di ultimare l’allestimento, usando della tappezzeria verde fabbricata in Milano, e di far dipingere il gabinetto del bagno, dietro un disegno che ho avuto l’onore di presentarle.
Mi avvertì poi che in tutti questi provvisori addattamenti io dovesi usar in vista di una nuova disposizione da attivarsi dopo la villeggiatura di primavera allorquando si porrà mano all’edificazione di tre saloni descritti nel braccio di appartamento verso l’Ascensione, e susseguenti ai due già mentorati che hanno a costruirsi contemporaneamente alla fabbrica dello Scalone. Allora è volontà di S.A. che invece di usare la scala alla III Procurtia s’usi di quella alla IV, che per le guardie si destini il Salone della IV riducendolo nella sua pristina forma, giacchè ora è diviso in due stanze con ammezzati superiori. Il proprio appartamento poi dovrà allora partire dalla IV fino alla VI, conservando presso poco la disposizione ora commessa, e quello di S.A.I. la vice regina dovrà partire dalla finestra di detta sala nella IV Procuratia e avanzarsi alla I, compensando così la perdita del braccio verso il campiello, che allora sarà in rifabbrica. In detto appartamento, oltre alla comunicazione soltita per la stanza Ellittica, dovrà aprirsene una nuova alla III Procuratia per passare all’appartamento verso la Laguna destinato alla principessina.
Riguardo ai mobili mi ingiunse di far servire gli attuali, con solo aggiungervi quelli che fossero indispensabili per unità di decorazione de’ due appartamenti, si di tavoli che di sediami ricoperti delle stoffe che saranno poste in opera come sopra.
Sono queste le disposizioni che S.A. mi ha onorato. La doverosa fretta che mi son dato di rassegnarle a V.E. m’impedisce di accompagnarle coi relativi disegni, dei quali però m’occupo, nonche dei conseguenti preventivi, compiti appena i quali avrò l’onore di umiliarli all’E.V. per quegli ordini, che reputerà di abbassarmi.
Ho frattanto l’onore di protestarle i sentimenti del più umile, col ossequioso rispetto.

Lettera di Giuseppe Maria Soli all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano, Giovanni Battista Costabili Containi del 7 maggio 1810 (P.R. b. 4 doc. 16.11 Pavanello 1989, 126-129, n. 26)

In adempimento di quelle disposizioni che V.E. si degnò di affidare alla mia direzione con l’ossequiato di lei dispaccio 28 febbraio n. 634 e sucessivi, mi trovo precisamente in dovere di preliminarmente dimostrarle con un succinto dettaglio quale fosse lo stato di fabbrica di questo Reale Scalone al momento dell’assunta mia direzione, ciò che ebbe luogo col principio dell’anno corrente.
Era innalzata la regia fabbrica sulle due prime rampe, sino all’altezza del collarino colonnario del primo ordine, nonche i muri circondanti le rampe stesse, ed erano collocate egualmente al suo luogo le mezze colonne, che corrispondono al peristilio dell’aprodo. Le seconde rampe erano appena indicate dal principiato lavoro dei volti. Del peristilio esterno era costruito tutto il suo basamento sopra al quale dovranno posare le colonne formanti il medesimo. Le colonne conteminati la periferia del lato che costeggia l’attuale regio palazzo, che sosteranno il secondo ripiano si trovavano collocate al loro posto. Erano egualmente innalzate le altre dall’opposto lato, e più ancora trovavasi eretto in gran parte quell’arco stabilito per la comunicazione del porticato colle Vecchie, così dette, Procuratie. Parte delle basi appartenenti al vestibolo, o corpo avanzato, che dovrà costruirsi verso la piazza, erano stabilmente poste alla loro destinazione. La mancanza dei marmi occorrenti, e destinati alla continuazione del lavoro di questa fabbrica reale prodotto aveva un arrenamento totale all’opere di muratore e rendeva languenti quelle del tagliapietra. Erano esausti i magazzini di questo genere, cioè di quello capace alla necessaria stabilita costruzione. I somministratori delle cave Veronesi non avevano corrisposto a quella desiderata pontuale esattezza, e profittando degli articoli vantaggiosamente espressi nel loro contratto avevano fatto constare che la tardanza delle spedizioni proveniva dalla scarsezza delle acque del fiume Adige, in somma tutto si univa a dare un aspetto che quest’opera così decorosa fosse stata abbandonata alla dimenticanza.
L’onore di vedermi prescielto alla direzione di questo lavoro ridestò in me la maggore energia, ma le anzidette circostanze sulla mancanza del più necessario tra i materiali, m’impedirono questa soddisfazione reclamata dal mio dovere, e da quell’inesprimibile attaccamento agli ordini dell’S.V.
Premessa dunque quest’emergenza le sottopongo lo stato in cui attualmente trovasi la real fabbrica affinchè col conforto del già descritto possa l’E.V. riconoscere quali lavori si sono avanzati, supplicando, che per la tenuità dei medesimi non sia incolpata ne’ la mia direzione, ne’ l’attività degli attuali lavoratori.
Le volte delle seconde rampe, che sostengono li gradini sono ridotte al loro temine ed i gradini tutti di cadauna di queste rampe sono sopraposti stabilmente alle volte stesse. Egualmente si trovano poste in opera tutte le rimanenti basi del vestibulo, o corpo avanzato verso la piazza, e sono elevate sopra delle medesime basi, diverse isolate colonne.
Sebbene non siasi potuta spiegare la maggiore rapidità nell’avanzamento dei lavori, pure con le piccole sopraggiunte condotte facienti parte del contratto sopraindicato, sollecitate dalle più forti, e vigorose rimostranze eccittate anche con l’organo del Sig. Delegato Lorenzi, o’ procurato con queste di ravvivare quel sopimento che per la mancanza del genere si era formato, e con questo mezzo, benchè precario, l’opera del tagliapietra, e del muratore s’incamminarono proporzionatamnete con un soddisfacente progresso. I sucessivi eccitamenti che l’E.V. a’ sempre inculcato per un rapido avanzamento onde secondare le intenzioni esternate dalla M.I. in quest’argomento mi anno fatto sentire il massimo dolore, non trovandosi in mio potere di obbedire alle superiori determinazioni.
Non vi sono temperamenti, premure o rigore che possino permettere che i marmi necessari al fondamentale (sollecito) andamento della fabbrica reale possino ottenersi prima della fine del venturo mese di giugno. Tale è la condizione sulle cui basi fu stabilito a contratto fra il defunto Agente della Corona Signor Zanetti, ed il somministratore Giovanni Montresor di Verona. Restava soltanto da far conoscere all’appaltatore suddetto che questa fabbrica reale, esige attualmente e più ancora sarà per esigere rilevante quantità di questo materiale, e che antecipando le spedizioni del genere già contrattato si prometteva a di lui favore tutta la deferenza nei sucessivi contratti, che saranno da effettuarsi salvi sempre i rigurdi dovuti all’interesse della Corona. Tutto ciò è stato al medesimo rappresentato in concorso ancora del S. Agente, e di più è stata col medesimo conclusa una seconda commissione.
Pende tutt’ora lo sviluppo di una maggior sollecitudine, e la verificazione che quest’esternate contemplazioni abbiano prodotto il loro effetto. L’E.V. vorrà degnarmi di riconoscere in queste circostanze le sole cause motrici del ritardo, la maggiore attività che potesse venir spiegata, si per mia parte che per quella degli stessi manifattori si renderebbe del tutto inutile.
Si assicura che le cave dell’Istria somministrerebbero il buono, il bello e la quantità al di sopra d’ogni ricerca, ma il tragitto trovasi impedito, o dalle realtà dell’infezione dei nemici nel Golfo, o dall’opinione degli intraprenditori. Le cave veronesi anno esse pure le loro difficoltà perchè mancano di sicura località per invenire il genere di quelle misure occorrenti, o dalla trascuranza di quelli che potrebbero intraprendere tali somministrazioni. Queste sono le opposizioni che si affrontano alla sollecitudine, opposizioni, che converrà superare, con tutti i mezzi che saranno permessi, che risultano dai progetti più vantaggiosi esibiti dalla speculazione di nuovi, più idonei, e coraggiosi intraprenditori. Le mie attenzioni ed il mio desiderio saranno instancabili nel loro divisamento, onde non lasciare intentato qualunque studio, o fatica per rintracciare i mezzi affinchè sieno distrutte le già descritte obbiezzioni.
Il preventivo generale, che assoggetto all’E.V. a completa evasione del ripetuto ossequiato di Lei dispaccio 634 fa parte delle assidue mie cure, e di quelle dei miei subalterni, senza però essermi allontanato dalle traccie già stabilite, a riserva di piccole variazioni, che o’ creduto più opportune. Per essere ligio alle prescrizioni nel medesimo dispaccio prescritte, avrei dovuto estendere il mio preventivo in sole cinque divisioni che tutte riunite formassero il totale del completo adempimento della vastissima fabbrica.
L’E.V. non vorrà attribuirmi per effetto d’insubordinazione alle pregiate sue prescrizioni, se il ridotto mio preventivo sarà per risultare ripartito in nove divisioni. Il desiderio di far conoscere con più regolare dettaglio la reale occorrenza mi a’ fatto permettere quest’arbitrio, che mi lusingo sarà dell’E.V. scusato.
I. Ultimazione di tutta quella fabbrica che comprende il già intrapreso lavoro del Grande Scalone.
II. Rettifilo di quella porzione di Procuratie Vecchie, che fiancheggia il suddetto grande Scalone, e l’altro lato che forma parte dell’attual Palazzo Reale.
III. Costruzione di un tratto di sponda del nuovo canale che dovrà costeggiare la lunghezza della facciata corrispondente a i quattro saloni, che vengono in seguito del sunnotato grande Scalone.
IV. Ricostruzione dei summentovati quattro saloni.
V. Costruzione del Canale e Bacino costeggiante il restante del reale palazzo, relativo acquisto che attualmente occupano questo suolo e demolizione delle medesime.
VI. Fabbricazione per le botteghe, magazzini ed abitazioni che si potranno erigere lungo il canale e bacino, contro la facciata laterale del reale palazzo.
VII. Facciata del reale palazzo corrispondente sopra i giardini reali e riguardante la Laguna, suoi corpi laterali avanzati, e riduzione dell’abitazione interna.
VIII. Formazione del giardino reale, suo colonnato di pietraviva in contorno, e relativi grigliaggi di ferro, escluse le piantagioni.
IX. Demolizione del fabbricato della Zecca e ricostruzione di questa fabbrica in altra località, col doversi valere delle medesime pietre, che attualmente compongono la decorazioe di detto edificio.
Tralascio gli ulteriori dettagli relativi alle indicate nove divisioni per non complicare il disturbo all’E.V. nella lettura dei medesimi, giacchè le dimostrazioni opportune si vedono rimarcate nel preventivo stesso, e così V.E. potrà riconoscerle nella sua circostanziata e precisa descrizione.
In conseguenza di quanto finora o’ l’onore di sottoporre alle rispettabili deliberazioni dell’E.V. mi faccio in dovere di presentarle in pari tempo i disegni dimostranti le parti integrali di ciò che si deve operare., affinchè V.E. possa più chiaramente conoscere l’effetto che sarà per risultare tanto complessivamnete che ripartitamente nelle diverse viste di queste real fabbrica.
1° Disegno dimostrante l’iconografia del pian terreno del real palazzo, già iniziata dal mio antecessore Signor Mezzani, e completata sotto la mia direzione, e respettive variazioni.
2do Iconografia del piano degli appartamenti reali, disegno fatto di nuovo sotto la mia direzione.
3zo Piano topografico del progetto per la R. Scala comprensivo dell’ingresso per via di terra, sulla piazza di S. Marco, e dell’approdo pel Canale e Bacino, questo disegno esisteva in uffizio.
4to Facciata in elevazione del real palazzo riguardante il bacino e canale. Questo disegno era iniziato, è stato ultimato sotto la mia direzione.
5to Facciata in elevazione del reale palazzo dalla parte corrispondente al giardino reale di faccia alla laguna. Questo disegno è stato interamente fatto sotto la mia direzione.
6to Facciata del reale scalone dalla parte della piazza di S. Marco. Similmente fatto delineare sotto la mia direzione.
7mo Ortografia esterna del nuovo fabbricato lungo il canale e bacino ad uso di botteghe, magazzini ed abitazioni; questo disegno è stato parimenti fatto sotto la mia direzione.
La visione di tante operazioni, che nel suo stato di perfezione ultimate, richiameranno l’amirazione dei popoli, daranno alla posterità quell’idea grandiosa degna soltanto di una disposizione dell’Augusto nostro Monarca, e faranno in pari tempo spiccare la magnificenza e l’elevatezza del di Lui Genio sublime, a di cui atto devono queste operazioni essere consacrate.
L’E.V. felicemente destinato al prescrivere ed ordinare l’andamento di queste disposizioni, vorrà degnarsi con l’inimitabile sua saggezza di contemplare in ogni sua parte il presente mio rapporto, per darmi in seguito le di Lei superiori deliberazioni in attenzione delle quali rispettosamente le protesto gli atti della mia ossequiosa considerazione.

Lettera di Giuseppe Maria Soli all'Intendente Generale dei Beni della Corona a Milano, Giovanni Battista Costabili Containi del 19 luglio 1810 (P.R. b. 4 doc. 16.29)

Preliminare
Onorato la mia speciale delegazione per derigere l’importantissima fabbrica dello Scalone del Real Palazzo di Venezia, avrei creduto di demeritare la superiore confidenza se trascurato avesse di bene esaminare la materia dell’opera affidatami e di suggerirne quei migliori progressi che mi si sono affacciati per il buono andamento, animato sempre più da un superiore dispaccio di S.E. Ill. Intendente Generale del giorno 20 febbraio p.p. n. 1810.
Sebbene le reflessioni che io sarò per assumere forminio un’opposizione al già stabilito, non intendo che debbano essere considerate che sotto l’aspetto di una più digerita ponderazione sopra un progetto che inse racchiude una fabbrica di tanta entità, senza pretendere d’oscurare il merito del primo inventore al quale sarà sempre dovuta tutta la venerazione, e molto più perchè seppe meritare anche un’approvazione superiore. [I miei subordinati suggerimenti si comprendono in una riforma del disegno in corso ad un altro il quale nelle sue modificazioni, come sarò per dimostrare con appositi disegni, sarà per abbracciare alternativamente un miglior esito nei comodi della fabbrica ed unpiù economico dispendio.]
Art. 1 Dimostrazione succinta del disegno in corso.
Nel disegno in corso fu stabilito che il R. Scalone avesse un ingresso sulla piazza e precisamemte dal lato in faccia alla chiesa di S. Marco ed in questo lato già più corto degli altri si determinò un’avancorpo in forma di loggiato come meglio si dimostra sotto il disegno segnato lettera A e relativo alzato, e quindi inalzandosi due branche di scale. La sinistra destinata all’uso di ascendere agli appartamenti reali, la destra del tutto inutile e collocata soltanto per eguagliare la distribuzione del disegno, quali branche replicandosi in due rami per mezzo di 24 gradini per cadauna introducono alle diverse sale come rilevasi nello spaccato segnato egualmente sotto la lettera A.
Per la parte posteriore fu pure stabilito un approdo coperto al quale si passa all’imbarco per mezzo di quell’intermedio corridore che vien formato dalle due branche di scale. Quest’imbarco od approdo separato del tutto da comunicare con le altre diverse rive che somminista questa parte posteriore sul canale, e l’unico destinato a prestare il dovuto servigio alle LL.MM. nelle respettive occorrenze.
Prosegue la fabbrica reale con il lato che costeggia il canale e dal R. Scalone si estende fino alla Laguna facendo un braccio nel quale racchiude per una parte quell’area che destinata viene all’uso dei Giardini Reali e quindi conservando le traccie della gran facciata anteriore passa a decorare la facciata posteriore formando il secondo braccio di lato della zecca, e racchiudendo così l’altra parte dell’area summentovata, e come tutto vedesi delineato sempre sotto la riportata lettera A.
Retrocedendo sul principio di quest’articolo sempre con il dovuto rispetto sembra dover asserire che non sia stata troppo felicemente immaginata la disposizione dell’avancorpo sulla facciata per la parte della Piazza per essere questa il lato più corto e per conseguenza malamente prescelto a questa dignitosa decorazione col confronto dei due lati tanto maggiori che lo circondano. Non pare egualmente armoniosa la distribuzione di questo lato allorchè si esamina che l’imponente fabbrica del Reale Scalone è stata collocata innecessariamente fuori di centro, e che nella sua particolare esecuzione conservando intatta l’attuale decorazione delle Nuove e Vecchie Procuratie, viene a rappresentarci tre differenti pezzi d’architettura che sebbene nella loro stato di separazione potrebbe essere considerabili, formano però riuniti una disarmonica resultanza.
L’approdo posteriore, senza entrare in discussioni [su quanto potrebbe considerarsi in merito alla sua decorazione fatta soltanto il permettere la reflessione che] potrebbe costringere al uso necessario di un ponte ammovibile allorchè succedono le alte maree, essendo costruito di un carattere angusto ed unico per ... evita che l’uso in occasione d’.... d’acque, suscettibili questi fenomeni di accadere in ogni stagione, e molto più nell’invernale. Si esamini il disegno lettera A. [Questa riflessione mi sembra a mio credere bastante per dovere accorrere ad una regolar correzione, mentre è troppo evidente che le LL.MM. non potrebbero essere ne serviti, o seguiti da quel corrispondente corteggio che esige la loro dignità ed in tal circostanza tutto si ridurrebbe a disordine e confusione.]
Art. 2 Descrizione del nuovo progetto
Dandosi esecuzione al già stabilito disegno in corso ne verrebbe la conseguenza di dover demolire quell’origine delle vecchie Procuratie che deve rendersi a rettifilo colla facciata del nuovo fabbricato e delle nuove procuratie ora palazzo reale mi sembrerebbe di perfezionare il totale dell’opera se si ricostruisse l’intera facciata simmetricamente [proporzionata e regolare a rappresentare l’importante oggetto del suo destino, e quell’armoniosa collegazione di decorazioni che possano richiamare il genio e la soddisfazione degli intendenti] misurandosi a continuarla sulle norme di quel lato esistente.
Ma ugual proseguimento di decorazione potrebbe permettersi a tutto l’intiero delle facciata sulle traccie [di quanto somministra] il lato della Nuova procuratia, giacchè la demolizione delle vecche naturalmente ci conduce a poter ciò intraprendere con tutta la maggior precisione, e potrebbesi egualmente far nascere l’altro foro, o sia bocca di piazza che corrispondesse sotto il loggiato delle vecchie procuratie simetrizando così la parte delle nuove. Per render sempre più dignitosa questa facciata nelle rette sue attribuzioni di princiale ingresso, dovrebbesi costruire superiormente all’ordine dorico la decorazione d’un attico il quale servisse a corrispondere alle sale interne una maggiore altezza, nel qual caso coll’uso di una già premeditata armatura farei alzare le volte oltre l’attico l’altezza occorrente.
Tutto ciò abbellito dall’Imp. R. stemma potrebbe frattanto essere l’esterna correzione che io farei per dare a questa fabbrica reale, il di cui effetto può esaminarsi su disegno lettera B. a confronto del già destinato lettera A.
Sopra di queste basi resultando questo lato di un egual’ordine d’architettura conformato sempre sulle medesime linee, potrebbe costruirsi il gran scalone in forma diversa dal già destinato, e come si dimostra in pianta sotto la lettera C.
La maestà delle rampe sarebbe sommamente visibile allorchè le gradinate si allargassero piedi 2 di più di quelle attualmente poste in corso ed una costruzione più spedita e più solida ci allontanerebbe tutte l’inconvenienze.
Passati al piano superiore unendosi il corpo della scala coll’atrio acquisterebbe quella dignitosa grandiosità che formò sempre una nobile, armoniosa nonche simmetrica decorazione. Resterebbe molto più facile e soddisfacente l’introduzione ai reali appartamenti per mezzo della sala ottagonale che una naturale irregolarità d’ingresso ha prodotto l’espediente di determinarla sotto questa forma, onde introducavisi anche diagonalmente per uno dei lati l’occhio non risenta nulla di disgustoso.
L’atrio inferiore corrispondendo esattamente in mezzo al lato ed i due ingressi, cioè quello della piazza S. Marco e l’altro dell’approdo si trovano in perfetta disposizione per condurre alla facile accesso della reale scala, e togliendosi all’atrio ogni suddivisione di peristili si renderebbe più spazioso onde potervi distribuire guardie e seguito al passaggio dei sovrani. I diversi effetti possono considerarsi col far anello esaminandosi lo spaccato del disegno incorso segnato sotto le lettere D e l’altro che riguarda il presente progetto sotto la lettera E.
Essendo in pratica oggetto di somma difficoltà il costruire un approdo coperto allorchè questo sia destinato all’uso di molte barche, e barche di maggior grandezza dell’ordinarie, come appunto deve ritenersi il servigio del sovrano, e prese ugualmente in considerazione la circostanza prodotta dall’alta e bassa marea, appoggiandomi sulla generale esperienza di costruire gli approdi scoperti, così per evitare ogni inconveniente ho divisato di distribuire nella totale estensione di tutto il palazzo ed adiacenze reali tre approdi. Il principale sarà quello che si ostenta per quanto è largo il lalto posteriore della facciata d’ingresso, comodo divenendo all’approdo e all’imbarco in qualunque grado si trovino le maree, vasto per raccogliere le barche del seguito, e facile per la corrispondente vastezza dell’atrio di avere permanentemente il sovrano il corteggio presso di lui.
Degli altri due approdi ne ho immaginato la costruzione all’estremità dei lati formanti i due bracci che racchiudono i giardini reali, cioè quello dalla parte del canale e l’altro dalla Zecca, in forma di due atri poligoni. Questi atri comunicando con i portici si presentano a portata d’introdurre alle diverse scale secondarie e reali adiacenze, nel tempo stesso che profittando del naturale loro collocamento potrebbero decorarsi di terrazzine onde godere i differenti punti di vista che si offrono alla propria situazione. Le disposizioni di questi secondari approdi si vedano delineati all’estremità della pianta sotto le lettere F. G. non che nel suo rispettivo alzato.
Prendendo argomento dalla costruzione del nuovo braccio di fabbricato necessariamente voluto, allorchè non debbasi demolire l’attuale edificio della Zecca, che sarà come si disse ad accompagnare il braccio opposto dal lato del canale, come vedesi nella pianta segnato, potrebbesi opportunamente profittare dell’accennata separazione che somministra la sunnominata Zecca per stabilire alla parte posteriore del Palazzo reale riguardante i reali giardini una decorazione che proseguisse ancora su tutto il lato che costeggia i canale e che arriva fino al bacino dove a luogo il fabbricato della regia scala. Questa decorazione potrebbe costruirsi in maniera semplificata, e conseguentemente men dispendiosa di quella già prefissata dal progetto generale e che attesa la lunga sua estensione risulterebbe significante il vantaggio economico.
Non porterebbe questo nuovo pensiere veruna alterazione nei piani, i quali conformandosi sempre nello stato prefissato dal progetto generale nella loro ricorrenza di linee e nella trabeazione, la soppressione dell’ordine dorico inferiore darebbe campo di sostituire l’ordine ionico superiore più grandioso e proporzionato alla estesa larghezza della facciata, con la distribuzione delle finestre quadrilatere, e non arcate, le quali tanto meglio si accordano coi tempi, autorevoli e di tanto migliore effetto risultano in pratica. Un attico superiore contribuirebbe ad innalzare la facciata, la quale senza ciò sembrerebbe per effetto della sua estensione troppo bassa, se limitare si volesse la sua estremità alla trabeazione ionica già motivata, e quest’attico non solo sarebbe necessario alla decorazione dovuta, quanto opportunissimo a destinarvi i varj e diversi appartamenti per uso delle persone addette al real servigio circostanza troppo imponente da non doversi trascurarare, e che fu dimenticata nell’estensione del generale prospetto.
In questa riforma di progetto risultando dispari le dimensioni dell’arcate nel piano inferiore, viene per conseguenza a formarsi l’arcata in centro perfetto della facciata grande e per l’istessa distribuzione resultano tre regolari arcate all’estremità dei due bracci ove sono gli atrij poligoni, perfezione che non avevasi potuto ottenere nel rimentovato prospetto generale. Il disegno segnato sotto la lettera H somministra l’effetto dell’esposto progetto di questa riformata decorazione.
Onde rendere completamente perfetta un’opera così importante potrebbesi costruire in centro al lato maggiore della piazza di S. Marco un altro ingresso terrestre il quale per mezzo di un peristilio desse accesso alle scale secondarie ed intermedie del palazzo reale, e che direttamente corrispondesse ad un ingresso per introdursi nei giardini reali, ma come questo peristilio sebbene in centro della facciata principale non resulterebbe però in centro dalla parte dei giardini, così diverrebbe necessaria la costruzione di un altro peristilio per quella parte onde il tutto fosse con simetria distribuito e questo secondo peristilio oltre la decorazione esterna per la parte dei reali giardini avrebbe l’immediata comunicazione con i cortili i quali restando aperti da non interrotti intercolunj apparirebbero sempre più ampli e grandiosi conformando il rettifilo dei due ingressi laterali, come chiaramente si dimostra in pianta.
Tutto ciò che può essere stato stabilito relativamente alla decorazione delle botteghe e magazzini che ricingono il canale e bacino nella parte opposta del reale palazzo è convenientissimo e da ritenersi nel suo modo premeditato. La situazione di diversi ponti che traversano il canale che conduce all’approdo maggiore potrebbe variarsi col formar dei ponti movibili, qualora lo esigisse una maggior dignità ed un bisogno di passarvi dei legni guarniti di qualche albero.
Art. 3 Effetti
Le proposizioni di riforma espresse nel precedente aticolo potrebbero apparentemente rappresentare una ragionevole sorpresa giacchè l’esternato progetto porterebbe l’indispensabile conseguenza di demolire il già fatto prima dopo tante spese incontrate e dopo anche avere si lungo tempo ottenuto si precario progresso; pure l’effetto è molto diverso dall’apparenza, giacchè sono indubitate le resultanze che questo nuovo progetto non sia per divenire d’una minore spesa di quanto è concluso nel progetto generale sebbene si dovesse demolire tutto il già fatto per derigersi sulle norme ora proposte.
Convien riflettere che la demolizione del già finora fabbricato non porterebbe perdita alcuna nel parte dei meteriali. Le colonne destinate nel primo progetto ad un dato collocamento servirebbero egualmente ad un altro nel progetto ora proposto e così di tutti gli altri massi di minore importanza, e la riformata costruzione di quest’edifizio porterebbe ad un significante risparmio di ferro che ora trovasi in argine per tener collegato tutto l’insieme del fabbricato come nel premeditato disegno in caso che senza un tale provvedimento non resulterebbe la necessaria solidità.
Ne sia un’evidente ripresa che se il preventivo generale del 7 maggio p.p. trasmesso al’E.V. Sig. Intendente Generale dettagliatamente in ogni sua repartita spesa ammontava nel suo totale a L. 15,402,764 si può assicurare che il nuovo progetto tutte comprese anche le spese di demolizione non ammonterebbe al di là delle 14,245,620 di modo che si otterrebbe con questo mezzo l’economico risparmio di L. 1,157,144, colla differenza di avere ottenuto il vantaggio suddetto anche l’altro di tutti gli ammezzati che potrebbero costruirsi sopra il piano nobile, ove non corrispondano le sale, i quali non sono stati considerati nella spesa del progetto generale, giacchè in quello non vi potevan esser costruiti per mancanza d’altezza.
Conclusione
Il Genio inimitabile del più augusto Monarca che accoppia sempre in ogni sua azione la Grandezza, la Clemenza e l’attenzione ai suoi sudditi, darebbe anche in questa, per Lui benchè piccola circostanza, un segno manifesto della sua paterna deferenza a questa popolazione, la quale attaccatissima a tutto ciò che forma la parte più bella di questa illustre città vide sempre con ribrezzo che si fosse premeditato l’esecuzione di un lavoro che al giudizio de’ più intendenti veniva reputato inconveniente per tutte quelle ragioni che già ho sommessamente esternato nel primo articolo. La destinazione del mio progetto come rimarcasi nel disegno già nominato sotto la lettera B. non potrebbe produrre questo contrario effetto, mentre sembrami incontrastabile che l’Architettura sarebbe eguagliata su perfetta armonia e ridotta a quallo stato di perfezione assai superiore a quanto esisteva nei primi tempi. Il mio progetto figlio della sola ponderazione la quale non ha provocato altro ajuto che la semplice verità a diretto i suoi passi sotto la mia guida di una già esistente invenzione del celebre Sansovino per completare nella miglior perfezione quest’opera, che sarebbe restata imperfetta.
Questa felice città non godrebbe di questi migliori ed utili adornamenti s’or non avesse fatto parte delle gloriose gesta di Napoleone il Grande che con sentimenti di clemenza seppe prescriverne l’adempimento.
Alle sempre sagge ed autorevoli reflessioni di S.E. Illustrissimo Intendente Generale dei Beni della Corona si rimette riservatamente il presente progetto per quello uso che credesi più opportuno in attestatto di venerazione e rispetto.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2013.111.0005