"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

111 | novembre 2013

9788898260560

Storie di un Martirio

Intervista a Lionello Puppi sulle vicende del restauro e della non restituzione del Martirio di San Lorenzo di Tiziano

a cura di Alessandra Pedersoli

English abstract

Il Martirio di San Lorenzo di Tiziano Vecellio, opera fino a tempi recenti conservata nella chiesa Chiesa di Santa Maria Assunta (detta I Gesuiti) nel Sestiere di Cannaregio a Venezia, fu realizzata dall'artista cadorino in un arco temporale piuttosto ampio, tra il 1547-1548 e il 1558. La genesi del Martirio vede in Elisabetta Querini – la nobildonna veneziana che è considerata una sorta di archaeological advisor di Tiziano, moglie del committente Lorenzo Massolo – la figura chiave per la scelta di alcuni particolari iconografici di ispirazione archeologica che si riconoscono nel dipinto.

L'opera fu realizzata originariamente per la Chiesa dei Crociferi, l'ordine soppresso da papa Alessandro VII (1655-1672), i cui beni e proprietà furono poi ceduti alla città, che successivamente li rivendette ai Gesuiti. L'edificio di culto, giudicato troppo piccolo per le nuove esigenze, fu successivamenete abbattuto e, nel 1715, fu costruita una nuova chiesa su progetto di Domenico Rossi, in cui furono riallestite anche le opere conservate nell'edificio precedente, tra cui il Martirio di Tiziano. La tela, che com'è noto rappresenta uno dei primi esempi di pittura in notturno della storia dell'arte veneta, è stata oggetto di numerosi, e spesso poco attenti, interventi di restauro: fra l'altro era parte del bottino che Napoleone Bonaparte portò Parigi, dove fu sottoposta a un invasivo restauro, e tornò poi a Venezia con il recupero delle opere d'arte predate alla città, dopo la caduta di Napoleone. Sulla cronologia, la committenza, le interpretazioni iconologiche, le vicende storico-artistiche e materiali della tela, si veda la recente monografia La notte di San Lorenzo. Genesi, contesti, peripezie di un capolavoro di Tiziano, a cura di Lionello Puppi e Letizia Lonzi, con saggi di Maria Agnese Chiari Moretto Wiel, Martina Frank, Augusto Gentili, Letizia Lonzi, Matteo Mancini, Anna Rosa Nicola, Lionello Puppi, Maria Giovanna Sarti, Allison Sherman, Terra Ferma Edizioni, Crocetta del Montello, 2013).

Nel 2012 l'opera, che versava in condizioni alquanto precarie, è stata oggetto di un importante restauro promosso da Lionello Puppi, finanziato dalla Banca d'Alba e realizzato dal Laboratorio Nicola di Aramengo, in provincia di Asti, sotto la direzione di Anna Rosa Nicola Pisano (in rete è disponibile la pubblicazione realizzata per conto della Banca d'Alba in occasione dell'esposizione nella città di Alba dopo il restauro, con una scheda di presentazione dell'opera a firma di Lionello Puppi e un importante contributo della restauratrice Anna Rosa Nicola Pisano).

Dopo il recente restauro, il capolavoro di Tiziano è stato coinvolto in due esposizioni, la prima assai modesta a Venezia (Gallerie dell'Accademia, 21 dicembre 2012 – 24 febbraio 2013), la seconda a Roma, subito a seguire, di ben altro richiamo mediatico (Scuderie del Quirinale, 5 marzo - 16 giugno 2013). Le due impreviste esibizioni dell'opera hanno interrotto l'iter che prevedeva, dopo il restauro e l'esposizione ad Alba, la restituzione del Martirio di San Lorenzo alla originaria sede nella chiesa veneziana, a seguito del completamento del progetto di restauro che doveva interessate anche la cappella ai Gesuiti. Era inoltre in programma una mostra sulla genesi e la fortuna del dipinto e del soggetto, che avrebbe dovuto esporre, uno accanto all'altro, l'esemplare dei Gesuiti e la variante dello stesso Martirio di mano di Tiziano conservata all'Escorial.

In questa intervista abbiamo provato a ricostruire, con Lionello Puppi la nuova, recentissima, tappa del 'martirio' di un capolavoro conteso tra l'etica della conservazione e le ragioni dello show business.

Tiziano Vecellio, Il Martirio di San Lorenzo, olio su tela, 1547-1558, Venezia, Chiesa dei Gesuiti. La tela prima (a sinistra) e dopo il martirio.

Alessandra Pedersoli Il momento del restauro rappresenta una fase delicatissima che può (in alcuni casi) anche compromettere l'integrità di un capolavoro, ma può rappresentare altresì un'occasione importante per lo studio e l'analisi formale, iconografica e iconologica di un'opera: questo è stato quanto è avvenuto, fortunatamente, nel caso del recente restauro del Martirio di San Lorenzo di Tiziano. Le chiediamo di raccontarci quali siano state le motivazioni che hanno condotto all’operazione finanziata dalla Banca d'Alba e soprattutto perché la scelta dello sponsor piemontese è caduta proprio su quest'opera, così lontana dall’area geografica in cui è insediato l'istituto bancario.

Lionello Puppi La Banca d’Alba aveva deciso di mettere a disposizione risorse importanti per il restauro di un capolavoro artistico che si trovasse in particolari difficoltà dal punto di vista della conservazione. Aveva affidato questo messaggio a un noto Laboratorio di restauro che era stato designato per operare il recupero dell’opera stessa. Il laboratorio Nicola di Aramengo (Asti) mi ha passato la segnalazione e ho indicato il caso di un dipinto che mi preoccupava da tempo: il Martirio di San Lorenzo di Tiziano della Chiesa dei Gesuiti. I dirigenti della Banca d’Alba avevano ricevuto una quantità notevole di segnalazioni ed è stato per loro anche alquanto difficile operare la selezione. La scelta è caduta sul capolavoro di Tiziano in quanto il soggetto dell'opera è il martirio di San Lorenzo e San Lorenzo è il patrono della città di Alba: nell’imbarazzo di una scelta che diventava sempre più difficile, determinante è stato il quindi soggetto legato alla tradizione e alle pratiche devozionali della città in cui opera l'istituto bancario.

A. P. ll dipinto, realizzato per la Chiesa dei Crociferi tra il 1546 e il 1558 è di dimensioni notevoli (493 x 277 cm) e nel corso della sua vita secolare ha subito numerosi e spesso controversi interventi di restauro. Quali sono gli strumenti che uno storico dell’arte può impiegare per accompagnare gli interventi tecnici sull’opera?

L. P. In questo caso c’è stato un rapporto felice di scambio di conoscenze e di informazioni, fertile e importante anche dal punto di vista metodologico, tra lo storico dell’arte e il restauratore, Anna Rosa Nicola Pisano (si rimanda ancora al saggio della restauratrice contenuto nella pubblicazione realizzata in occasione del restauro). Occorre un dialogo in cui le competenze vanno messe a confronto: allo storico tocca accertare le condizioni dell’opera e come queste condizioni sono andate via via modificandosi nelle varie fasi della vita dell'opera stessa. Vanno predisposti i dossier dei vari interventi che l'opera ha subìto, per poter ricostruire infine ricostruire il quadro complessivo della vita materiale del dipinto; l'insieme di queste conoscenze della realtà materiale dell’opera, nel momento in cui essa viene presa in carico dal restauratore, vanno affidate al tecnico, che mette in gioco tutti i suoi strumenti e le sue competenze. Strumentazione e competenze oggi molto articolati e sofisticati, la cui qualità è determinante nel progettare l’intervento.

A. P. Quali sono le problematicità che si incontrano nell’intervenire su un opera tanto nota quanto preziosa? Come ovviare ai possibili contrasti tra restauratori e storici dell’arte?

L. P. Più che contrasti, che comunque presuppongono uno scambio, purtroppo capita che di rado ci sia dialogo tra restauratore e storico dell’arte. Spesso e volentieri il restauratore si arroga il pieno dominio della conoscenza materiale dell’opera e rivendica all'ambito del suo sapere la scelta e l'applicazione degli strumenti utili a realizzare l’intervento di restauro. All’interno dell’organo istituzionale di competenza – il Ministero e la Soprintendenza – accade molte volte che qualcuno voglia ascrivere completamente a sé la gestione del restauro di un'opera importante e pretenda di gestirne in proprio la sorte, specie se si tratta di un capolavoro. E qui avvengono i disastri perché manca proprio il confronto, il dialogo tra competenze diverse indispensabile per la riuscita dell'operazione e per il bene dell'opera. Sarebbe necessario definire un protocollo operativo e un luogo di dialogo, anziché lasciare all’iniziativa e alla buona volontà dei singoli la possibilità di una concorrenza positiva di competenze. Le Soprintendenze tendono spesso a corazzarsi contro quella che reputano un’incursione degli storici dell’arte e degli studiosi che operano nelle Università. È difficilissimo dialogare: c’è molta diffidenza. Ma a volte ci sono anche importanti aperture. La vicenda dell'ultimo restauro del San Lorenzo di Tiziano è un caso abbastanza atipico: un caso fortunato da proporre come esempio di una felice collaborazione fra le competenze che derivano dalla conoscenza della storia dell'arte, e quelle che attengono all'arte del restauro.

A. P. Quando è stata presa la decisione di restaurarlo, il Martirio di San Lorenzo si trovava dunque in uno stato precario, che la preoccupava: cos'era successo nei secoli che ci separano dall'epoca di realizzazione dell'opera?

L. P. Il Martirio ha sofferto moltissimo nel tempo per il progressivo degrado dello spazio in cui era collocata, anche per le esalazioni chimiche che provenivano dalla sepoltura dei morti, già negli anni subito successivi alla sua prima collocazione. Ma, a quanto abbiamo potuto riscontrare proprio in occasione dei lavori di quest'ultimo restauro, i danni maggiori sono stati causati all'opera dai restauri effettuati nel tempo: già a partire dal Seicento sono stati apportati interventi per sanare i danneggiamenti probabilmente conseguenti alle esalazioni delle sepolture e poi per rimediare alle prime apparenze di sofferenza per umidità. Il restauro più catastrofico però venne effettuato a Parigi, quando Napoleone se lo portò via, sommando l'invasività dell'intervento al disagio del viaggio di andata e ritorno [si vedano, in questo stesso numero di Engramma 111, diversi contributi sugli effetti dei viaggi andata e di ritorno delle opere d'arte veneziane, in seguito alle spogliazioni napoleoniche]. Fino al penultimo restauro, eseguito in occasione della splendida mostra tizianesca del 1990 a Palazzo Ducale, dove Otorino Nonfarmale, probabilmente spinto da ragioni di fretta per presentare l’opera in tempo per la mostra, realizzò un intervento approssimativo: il Martirio era determinante per quella mostra – la più importante mostra su Tiziano degli ultimi decenni – ma il restauro, sebbene compiuto da un ottimo restauratore, decisamente non fece bene all’opera.

A. P. I cambi di collocazione possono incidere pesantemente sullo stato conservativo delle opere d'arte, ma allo stesso tempo sono occasione preziosa per riscoprirle e studiarle. Nel caso del Martirio di San Lorenzo le ultime esposizioni avevano già evidenziato alcune criticità legate soprattutto al luogo di conservazione, la Chiesa dei Gesuiti vicino alle Fondamenta Nove a Venezia, aggravate dal sempre difficile equilibrio climatico lagunare. In questi casi sarebbe plausibile (o addirittura auspicabile) un cambiamento di collocazione a garanzia della conservazione del dipinto?

L. P. Il Martirio di San Lorenzo rappresenta un caso abbastanza particolare: l’opera è stata realizzata per un contesto spaziale che non esiste più ed è stata poi successivamente ricollocata nello stesso luogo, quando la chiesa fu riedificata. Per cui, nel caso specifico, la condizione generale climatica non è mai cambiata. C'è da dire che nel momento in cui sappiamo che la collocazione attuale non è propriamente quella originaria, uno spostamento non sarebbe da considersi una violenza sull’opera: potrebbe anche essere plausibile, se ovviamente portasse consistenti vantaggi nel senso della conservazione. Ma questo ragionamento ci porterebbe lontano: a riflettere sulla leggibilità del Museo come spazio disancorato dai contesti per cui le opere erano state pensate e realizzate. In linea di principio, insomma, l’opera potrebbe essere messa al sicuro da un’altra parte. Però esistono anche altri motivi che vanno tenuti in conto: al di là dell’apprezzamento estetico e delle ragioni conservative ci sono le ragioni della devozione: l'opera, trasferita dalla chiesa dei Crociferi alla chiesa dei Gesuiti, non ha conosciuto soluzione di continuità dal punto di vista spaziale. Si tratta della devozione a un santo che è abbastanza popolare a Venezia e la cui celebrazione più nota e frequentata stava proprio là, ai Gesuiti.
Anche da questo punto di vista si può porre la domanda in termini diversi. È possibile, lasciando l’opera dov’era, garantirne la conservazione con i mezzi che la tecnologia oggi ci consente di mettere in atto? Io credo assolutamente di sì. Già soltanto risanando lo spazio della cappella dalle infiltrazioni di umidità, che hanno costituito il fattore che più ha influito sulle condizioni generali del contesto e sul degrado del Martirio, e aggiustando qualche altro fattore negativo di carattere climatico, avremmo già una buona garanzia di conservazione. E si tratta di operazioni tutto sommato nemmeno tanto costose o complesse. Volendo accrescere addirittura la buona salute dell’opera si può ricorrere anche a forme più energiche di conservazione come una gabbia climatizzata o altro. Ma in realtà io credo  un risanamento della cappella – che nel corso del tempo è marcita per l’umidità – e dell’altare sopra cui l’opera è collocata, con un monitoraggio delle condizioni contestuali e specifiche dell'opera basterebbe a dare buone garanzie.

A. P. Sappiamo che per il Martirio di San Lorenzo dopo essere esposto ad Alba dove erano state trovate le risorse necessarie al restauro, era previsto un iter che avrebbe dovuto riportare l'opera 'a casa', nella cappella della Chiesa dei Gesuiti. Invece l'opera è stata intercettata e, tra dicembre 2012 e giugno 2013 esposta in due mostre, la prima a Venezia, la seconda a Roma. In Italia la normativa che regola i prestiti e gli spostamenti dei beni del Patrimonio culturale italiano vede nel Ministero dei Beni Culturali il principale interlocutore, sebbene siano le Soprintendenze ad avere l’ultima parola. L’articolo 48 del Decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42) relativo all’autorizzazione per mostre ed esposizioni, indica in 6 mesi il termine entro cui avanzare la richiesta di prestito. Cos’è avvenuto nel caso del Martirio di San Lorenzo? Pare che i termini non siano stati del tutto rispettati… In questo caso l’Istituzione garante non potrebbe aver creato un precedente ‘pericoloso’, che potrebbe essere applicato e riprodotto anche in altre circostanze?

L. P.  Il caso è assolutamente pericoloso perché tutti i termini previsti dalla legge sono stati disattesi, anzi addirittura offesi. Sarà bene ricostruire fase per fase cosa è accaduto: la decisione di effettuare un restauro tocca soltanto ai proprietari dell’opera – nel caso la Compagnia del Gesù – ma occorre che la Soprintendenza sia informata e non solo approvi, ma anche segua il progetto complessivo del restauro, garantendo la sua sorveglianza. Tutto questo è avvenuto regolarmente. Poi, terminato il restauro, in pieno accordo con i proprietari, l’opera doveva rientrare nello spazio suo originario, nel momento in cui questo spazio fosse stato bonificato e messo nelle condizioni tali da garantire la conservazione nel tempo dell’opera. Nel frattempo l’opera restaurata era esposta, con tutte le garanzie del caso, in uno spazio appositamente dedicato dalla Banca d’Alba, che per l’occasione era stato aperto gratuitamente al pubblico: il patto era che restasse nella sede piemontese in condizioni di sicurezza e visibilità, finché non fosse completata la bonificata la cappella. La Soprintendenza per i Beni artistici passava così la mano alla Soprintendenza dei Beni architettonici cui spettava di sorvegliare sul restauro della cappella.

Contemporaneamente era stata mia cura approntare due iniziative. Per prima cosa mi rivolsi a Save Venice, nella persona di David Rosand, impegnandolo a perorare la causa – costosa – del restauro della cappella dei Gesuiti; dal canto suo la Banca d’Alba si era dichiarata disposta a intervenire nel risanamento della cornice presente nella stessa cappella. Rosand prese l’impegno di investire del progetto il consiglio di Save Venice. Nel contempo parlai con il Sindaco di Venezia per immaginare un ritorno dell’opera in città nelle fasi finali del restauro della cappella, progettando una piccola mostra: l'idea era di esporre anche l'esemplare dell’Escorial, mettendo insieme le radiografie dell’una e dell’altra opera. Il progetto stava avanzando e procedendo a grandi passi: probabilmente poteva concludersi alla fine della estate scorsa.

Nel frattempo a Roma c'era grande agitazione per la riuscita della mostra tizianesca, in programma per la primavera 2013 alle Scuderie del Quirinale. Scalpitando a destra e a manca erano riusciti a mettere insieme una serie – discutibile dal punto di vista della coerenza – di capolavori tizianeschi, quasi tutti da musei italiani: tre soltanto dal Prado di Madrid, uno solo dal Kunsthistorisches di Vienna, nessuno dall’Ermitage di San Pietroburgo. Naturalmente un boccone ghiotto era il Martirio di San Lorenzo, appena restaurato. A questo punto arriva un’ingiunzione da parte della Soprintendente al polo museale veneziano rivolta al Presidente della Banca d’Alba, affinché il dipinto sia restituito nel giro di pochi giorni: l'ordine è di farlo trovare al Tronchetto di Venezia entro il tal giorno, alla tal ora. Si è trattato di un vero e proprio sopruso anche perché, dal punto di vista formale, l’ingiunzione avrebbe dovuto essere indirizzata alla Compagnia del Gesù, ovvero ai proprietari dell’opera: i quali invece, nella persona del parroco dei Gesuiti, ricevettero solo per conoscenza l’ingiunzione che era stata inviata direttamente al Direttore della Banca d’Alba. Va da sé che la Direzione dell'istituto bancario piemontese, disgustata a questo punto di tutta l’operazione, ha ritirato la sua disponibilità a partecipare a ulteriori interventi di restauro.

A questo punto l’opera è stata di fatto sequestrata da parte della Soprintendenza; la Compagnia del Gesù non ha potuto avvalersi del diritto di proprietà e non ha potuto far altro che consentire, a cose fatte, dando solo un assenso postumo all’esposizione alla mostra alle scuderie del Quirinale. La Soprintendenza sistema l’opera a Venezia, alle Galleria dell'Accademia, installata in una piccola mostra, che costituisce una specie di sponda per poi passarla a Roma. Nell’esposizione romana si completa l'offesa all’opera, che di dimensioni notevoli, viene postata all’ingresso, sacrificandone visibilità e comprensione. È stato quindi disatteso il diritto dei proprietari, il diritto dei fedeli a riavere la loro opera, e anche il patto con lo sponsor privato al quale è che è stata fatta l’ingiunzione per la restituzione dell’opera che aveva appena fatto restaurare e che si apprestava a restituire completando l’operazione di restauro alla cornice. Una serie di soprusi con l’unico fine di avere l’opera all’interno di una mostra realizzata nelle Scuderie del Quirinale, con la determinante interferenza di poteri forti.

A. P. Sempre nell’articolo 48 del Decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42, si legge che spetta al Ministero dei Beni culturali monitorare la qualità scientifica delle manifestazioni culturali, e in generale i prestiti delle opere richieste. Poco opportune ingerenze dello show business del mondo dell’arte rischiano però di provocare danni alle opere. Qual è il punto di vista dello storico dell’arte? Esposizioni di alto richiamo mediatico sono o meno un’effettiva opportunità per lo studio, per la ricerca, la salvaguardia e la fruizione o è meglio perseguire altre vie?

L. P. Le mostre sembrano essere l’occasione perfetta per non fare le cose buone che lei elenca. Lo show businnes è devastante, lo studio è un’altra cosa. Si creano continuamente eccezioni, precedenti. E la ratio di tante mostre risponde soltanto al business: non c'è giustificazione alcuna perché dal punto di vista dello studio e della ricerca non servono a nulla e comportano una seria messa a rischio delle opere d’arte. È il disastro. Al di là delle malefatte fiorentine [raccontate in questo numero della rivista nel contributo Le pietre e il popolo di Tomaso Montanari], se ne possono citare molte altre in tante nostre mostre di provincia e non. Per evitare il disastro basterebbe rispettare il testo legislativo.

A. P. Qual è la situazione attuale dell'opera? Dato che la cappella dei Gesuiti, che non è stata risanata, non può riaccogliere il capolavoro restaurato di Tiziano, dove si trova ora il Martirio di San Lorenzo?

L. P. Il lavoro di risanamento della cappella non è stato portato a compimento per tutto quanto è successo e abbiamo ricostruito nel corso di questa conversazione: l’operazione era già in itinere quando nel percorso di ritorno dell'opera a Venezia è sopravvenuto il colpo di mano dei poteri forti romani. Oggi, a fine novembre 2013, l’opera non è tornata alla sua sede e – sarebbe da fare una qualche verifica – ma di fatto non si sa dove sia.

English Abstract

On 2012 Titian's Martyrdom of Saint Lawrence of the Gesuiti church in Venice, has been restarted thanks to the financial help of Bank of Alba. The masterpiece, which belongs to the Compagnia del Gesù, after several months of accurate work at the Nicola Restauri lab in Aramengo after the supervision of Anna Rosa Nicola Pisano, should remain in the town of Alba till the end of the restoration of the cappella in the Gesuiti church. But the Venice Soprintendenza (arts office) asked the Martyrdom back before the time in order to present it in two several exhibitions. The needs of the show business interrupted the work restitution process in its place of preservation according to the Bank president and the owners. The art historian Lionello Puppi talked to us about the abuse of power that lead the whole operation.

 

keywords | Art; War; Venice; Interview; Il martirio di San Lorenzo; Tiziano Vecellio; Restoration.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2013.111.0006