"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

81 | giugno 2010

9788898260263

Tipo, tecnica, tradizione: l’edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912

Silvia Malcovati

English abstract

Questo scritto parlerà fondamentalmente di due cose: di un edificio e di un libro che lo spiega. Behrens cerca con questo primo progetto di edificio amministrativo (1910-1912) di costruire un ‘tipo’, cioè di individuare alcune caratteristiche della struttura formale della sua architettura, che possano essere applicate ad altre situazioni analoghe, come farà egli stesso negli anni immediatamente successivi con i progetti per la Continental Kautschuk-und Guttapercha-Kompanie (Continental Gummi-Werke) ad Hannover (1913-1920), per la Rombacher a Oberhausen (1920-1921), o per un altro edificio amministrativo sempre a Düsseldorf (1922, progetto non realizzato). Ma non si limita a questo: Behrens scrive un libro, che esce nel 1913, in cui la sua architettura è spiegata certamente con un intento celebrativo e descrittivo (si tratta del discorso tenuto in occasione dell’inaugurazione), ma anche fondamentalmente con un intento manualistico, con l’intento cioè di costruire una teoria della progettazione a partire dall’architettura costruita. Lo scritto di Behrens parla infatti di questo edificio, ma anche del tema dell’edificio per uffici in generale, parla di un metodo di progettazione e del rapporto dell’architettura con la storia e con la città.

Attraverso questo edificio Behrens affronta tutte le questioni cruciali della sua architettura e dell’architettura ‘moderna’, e nelle pagine del libro ne restituisce la portata teorica, in particolare dal punto di vista di tre questioni, sulle quali mi soffermerò: cioè sui temi di Tipo, Tecnica e Tradizione. Dove Tipo riassume la componente distributivo-funzionale (e non solo), Tecnica la componente materiale, e Tradizione la componente storica ed evocativa, il carattere, in sostanza dell’edificio [tutte le citazioni la cui fonte non è specificata si riferiscono a questo scritto, n.d.a.].

  

1 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: disegno prospettico; Zur Erinnerung an die Einweihung des Verwaltungsgebäude der Mannesmannröhren-Werke in Düsseldorf. 10. Dezember 1912, Düsseldorf 1913.

Tipo

La prima osservazione di Behrens, nel suo discorso inaugurale riguarda la piena convergenza di obiettivi tra architetto e committenza, come una condizione necessaria alla realizzazione del progetto. Una condizione necessaria ma non sufficiente. La ‘costruzione’ di una nuova tipologia architettonica, quella appunto dell’edificio per uffici, parte certamente dalle condizioni di realtà del progetto, ma non in senso ‘funzionalista’: queste condizioni devono essere trasformate in problemi di architettura e risolte attraverso gli elementi dell’architettura.

“Per la costruzione di un edificio per uffici per la Mannesmann mi è sembrato che il compito fosse proprio quello di spiritualizzare lo scopo e le necessità materiali dell’edificio attraverso i mezzi dell’arte, cioè dunque aspirare al carattere di un edificio per uffici, a definirne con tutte le intenzioni un tipo. Trovare il tipo è in tutte le arti, ma specialmente in architettura l’obiettivo più importante”. E aggiunge: “Non può essere un caso che nelle epoche artistiche antiche l’architettura tipica sia sorta attraverso il riconoscimento dei bisogni del momento e la loro traduzione in forme architettoniche”.

Se infatti Behrens prende le mosse dal concetto di tipo come standard, che compare per esempio nel celebre saggio Kunst und Technik del 1909 (Behrens 1909a) o in Aesthetik in der Industrie sempre del 1909 (Behrens 1909b) o ancora successivamente negli scritti riferiti al Werkbund (Behrens 1914a, Behrens 1917), in relazione al tema dell’industrializzazione e della riproducibilità dell’opera d’arte, in realtà approda attraverso la pratica dell’architettura a una nozione teoretica, soprattutto riferita al tema cruciale del suo tempo: l’architettura della grande città. “La grande città – scrive nel 1908 – è diventata nella vita culturale ed economica del nostro tempo un fattore che non può essere semplicemente ignorato, in essa si è sviluppato un tipo, che è già un dato di fatto e in questo senso appartiene alla storia” (Behrens 1908).

I temi architettonici posti dalla grande città – e tra questi hanno certamente un ruolo decisivo nel lavoro e nella riflessione di Behrens gli edifici industriali, quelli commerciali e quelli amministrativi –, necessitano di nuove soluzioni tipologiche, destinate, secondo lui, a conferire “un carattere e una concezione stilistica unitaria” alla città contemporanea. Per fare un esempio: “Berlino non ha fino ad ora un simile carattere, anche se già 15 anni fa è stato costruito un edificio commerciale che ha introdotto un tipo, il Wertheim di Messel” (Behrens 1912).

Il grande magazzino Wertheim di Alfred Messel sulla Leipziger Platz è, secondo Behrens, con la sua scala metropolitana, controllata attraverso l’uso della ripetizione di un unico partito architettonico, il paradigma indiscusso di questa nuova architettura, che ha saputo trasformare la realtà socio-economica dell’epoca e le esigenze funzionali del progetto in elementi architettonici: “se lo scopo di tale un edificio – di un edificio commerciale della grande città – che è definito dai requisiti essenziali del suo funzionamento (la maggiore luminosità possibile degli spazi interni, la possibilità di trasformazione nel tempo della loro grandezza e forma, una comunicazione senza impedimenti, la completa fruibilità delle superfici costruite per spazi di lavoro), sarà considerato come tema artistico, allora anche in questo caso il principio ritmico – dove ritmo è insieme misura spazio-temporale della vita metropolitana e costruzione formale dell’architettura – condurrà all’espressione formale più nobile, che si ottiene attraverso l’uso di una armoniosa proporzione. Ma contemporaneamente dal riconoscimento di questo motivo ritmico di base sorgerà un’architettura tipica” (Behrens 1914b). “Se oggi – aggiunge pochi anni dopo – abbiamo raggiunto le competenze necessarie per l’organizzazione di un grande gruppo di lavoro, a partire da questo riconoscimento troveremo anche il tipo architettonico per conferire una forma artistica alle sue masse costruttive” (Behrens 1917).

La forma architettonica non deriva dunque meccanicamente dalla funzione dell’edificio, ma ne ha bisogno come principio di realtà: “Nel caso del problema della forma di tutti gli insediamenti industriali, si tratta sempre di ricavare il loro carattere dall’essenza stessa delle cose a cui si deve dar forma, di cercare di comprenderne il tipo. Tutte le grandi opere d’arte delle epoche passate manifestano anche oggi, a uno sguardo retrospettivo, la loro sublime grandezza proprio perché erano tipiche rispetto alla loro specifica destinazione. Questo non significa altro che prendere in considerazione tutte le condizioni che un progetto pone con i mezzi dell’arte e della tecnica, sostenerle, anzi assumerle a principio e lasciare che questo principio diventi espressione visibile” (Behrens 1919, cit. identica in Behrens 1920 e 1925).

All’interno di questa ricerca dei nuovi tipi architettonici per la grande città, il progetto per l’edificio per uffici diviene un momento centrale di sperimentazione: “Per differenziare le masse costruite e caratterizzarle sia in funzione della loro posizione, sia in funzione della loro destinazione d’uso è stato portato alla piena espressione il principio della verticalità con l’inserimento di elementi orizzontali. In questo modo è stato possibile sublimare la destinazione d’uso e le necessità materiali dell’edificio attraverso i mezzi dell’architettura, che significa dunque aspirare al carattere di un edificio per uffici e a definirlo intenzionalmente come un tipo” (Behrens 1929, Hegemann 1925).

Behrens esplora l’uso dei tipi ma senza arrivare mai a una vera e propria ripetitività seriale, al contrario cerca sempre di trovare un equilibrio tra tipo architettonico e senso del luogo, come si vede nei progetti dei diversi edifici amministrativi, che hanno degli elementi comuni nella struttura formale, ma si piegano facilmente alle diverse declinazioni ‘stilistiche’ – e in questo senso in linea con la definizione di Quatremère de Quincy: “Il modello, inteso secondo la esecuzione pratica dell’arte, è un oggetto che si deve ripetere tal qual è; il tipo è, per lo contrario, un oggetto, secondo il quale ognuno può concepire delle opere, che non si rassomiglieranno punto fra loro. Tutto è preciso e dato nel modello; tutto è più o men vago nel tipo” (Quatremère de Quincy 1832).

2 | Edificio Frank und Lehmann, Colonia 1913-1914; Uffici della Continental Koutchuk- und Guttapercha-Kompanie, Hannover 1913-1920; Progetto per gli uffici della Rombacher, Oberhausen 1920-1921; Edificio amministrativo Hoechst, Francoforte 1920-1924; Progetto di un palazzo per uffici a Düsseldorf 1922.

La prima questione di carattere compositivo che emerge infatti, e che rappresenta l’essenza del tipo, anche in questo vicina alla teoria di stampo illuminista, è quella della modularità, e di conseguenza del controllo dimensionale dello spazio. Il ‘modulo spaziale’ su cui si costruisce tutto il progetto è l’ufficio-tipo, individuato nella “superficie minima sufficiente” di 3,90x7,00 m che costituisce “l’unità della casa, la cellula del corpo architettonico”. Lo spazio è studiato nei minimi dettagli dal punto di vista dell’ergonomia (dimensione di tavoli e sedie, spazio tra sedie e parete, distanza dalla finestra e dai radiatori collocati sotto la finestra, tavoli di supporto per macchina da scrivere e incartamenti, armadi per archiviare il materiale, passaggio interno tra un ufficio e l’altro), ma soprattutto ha una stretta relazione con il sistema costruttivo.

3 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: ufficio-tipo, pianta; Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: ufficio-tipo, veduta.

Tecnica

“Gli elementi portanti della costruzione – scrive Behrens – definiscono i confini di questo spazio”. Infatti il sistema costruttivo a pilastri di 40 cm ha una campata di 3,90 m, ma la scansione ritmica dello spazio, necessaria per la caratterizzazione formale dell’edificio, prevede una campata ‘compositiva’ più serrata, con un pilastro ogni 1,30 m. L’ufficio tipo è definito da quattro campate modulari, i cui pilastri in evidenza determinano la sequenza delle finestre (tre nell’ufficio-tipo) e scandiscono lo spazio distributivo. La disposizione delle finestre è giustificata in termini estremamente ‘funzionali’, come la migliore disposizione possibile per avere una illuminazione uniforme su tutta la profondità della stanza. La struttura puntiforme a pilastri ha però anche altri vantaggi, e in particolare quello della pianta libera. Scrive Behrens: “E così si è definito il principio: invece di muri permanenti, che delimitano stanze di determinate dimensioni, concepire ciascun piano come una superficie libera da poter suddividere a piacimento […]. Per questo anche nella costruzione si è rinunciato ai muri portanti è si è costruita tutta la casa come un sistema di pilastri aperto”. La struttura è in ferro, rivestita in pietra naturale sui fronti esterni e in klinker su quelli interni alle corti. La pianta del secondo piano mostra infatti sul lato sinistro la presenza di sale di grandi dimensioni alternate ad uffici tipo (quattro pilastri e tre finestre), mentre sul lato opposto sono visibili uffici con quattro finestre e studioli a due sole finestre.

4 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: Pianta del secondo piano; Sala Conferenze; Sala conferenze del Direttore Generale; ufficio del Direttore Generale. 

I servizi sono concentrati come un elemento stabile sempre nella stessa posizione a tutti i piani al centro dell’edificio, e la distribuzione avviene tramite un corridoio di 2,20 m , sviluppato ad anello attorno alle due corti, nella forma di una galleria finestrata scandita dal ritmo dei pilastri. La pianta del piano terra mostra gli ingressi all’edificio, quello principale, al centro del lato maggiore, verso il fiume, che si apre sul vestibolo, e quello laterale per i dipendenti, che dà accesso alla zona distributiva di servizio. L’ingresso principale è caratterizzato da un portale dorico, con colonne scanalate senza base, tema tipico dell’architettura neoclassica tedesca, ma anche di alcuni edifici contemporanei, per esempio di Alfred Messel.

5 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: pianta del piano terra.

6 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: portale principale; H. Genz, Edificio della Zecca, Berlino 1798-1800; D. Gilly, Progetto per il Municipio di Landsberg, 1805; A. Messel, Nationalbank für Deutschland, Berlino 1906-1907.

Un particolare attenzione è stata data agli ambienti di rappresentanza, ma non dal punto di vista di una maggiore decorazione, bensì attraverso gli elementi della composizione architettonica e il trattamento dei materiali. Scrive Behrens: “In tutto l’edificio l’intenzione era quella di cercare di ottenere con materiali semplici e forme semplici una forte azione artistica”.

Il tema dell’atrio è sviluppato da Behrens con un chiaro riferimento all’architettura antica, ma anche certamente, ancora una volta, all’architettura neoclassica tedesca (Pfeilerhalle di Gilly), e il carattere dello spazio è ricercato attraverso il trattamento plastico delle superfici e la scelta del materiale “materiali semplici ma naturali”, evitando “ogni lusso superfluo” (l’atrio e la scala sono in marmo di Unterberg). La scala principale è il cuore dell’edificio e il vero e unico spazio di rappresentanza, ed è concepita come un volume plastico, una scatola nella scatola, contraddistinta dal materiale prezioso e dalla cura dei dettagli. Al sistema della scala appartengono anche il ballatoio del primo piano (il volume dell’atrio occupa una doppia altezza) e il vestibolo del secondo piano.

6 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: atrio; F. Gilly, Pfeilerhalle, s.d.; Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: scala principale; Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: ballatoio del primo piano.

Dall’ingresso laterale per gli impiegati si accede invece alle scale di servizio e ai paternoster, ancora presenti anche se non più utilizzati e sostituiti da un ascensore collocato direttamente nel vestibolo. Sempre al piano terra si trovano la cucina e la mensa per impiegati e direttori. Sul lato della cucina il cortile presenta una copertura in vetro all’altezza del solaio del primo piano, così che si realizza una grande sala, che può essere all’occorrenza utilizzata per eventi e manifestazioni. La copertura di questo spazio ha una struttura in cemento armato e blocchetti di vetro, praticabile. La planimetria mostra come Behrens stesso avesse previsto la possibilità di un ampliamento dell’edificio, attraverso l’aggiunta di un volume sempre previsto per spazi di lavoro, che crea un terzo cortile di dimensione doppia rispetto ai due esistenti. L’ampliamento è cominciato nel 1938 da Hans Väth, architetto capo dell’ufficio tecnico della Mannesmann, con la consulenza di Behrens. Per questo l’edificio realizzato da Behrens presenta, fino a quella data, un insolito fronte posteriore, composito, con una testata cieca e il corpo scale in evidenza, e non è rivestito in pietra come i fronti principali, ma in mattoni ceramicati, come l’interno degli altri due cortili.

 7 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: planimetria; fronte posteriore; fronte posteriore; fronte interno del cortile. 

Tradizione

“Il principio della semplicità è stato determinante anche per la forma esterna”. L’edificio, a cinque piani presenta una articolazione solo orizzontale, tripartita: un piano terra/zoccolo rustico in pietra calcarea che prosegue in un basso piano intermedio, una parte centrale, e un coronamento superiore in tufo. Il piano intermedio tra zoccolo e parte centrale ha un passo strutturale più ampio, che denota il fatto che la struttura cade ogni 3 campate rispetto alla più serrata della suddivisione dei piani centrali. I due piani centrali sono tenuti insieme dal pilastro angolare di ordine gigante.

8 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: veduta; Composizione della facciata: Basamento, parte centrale, coronamento (ridisegno di Manlio Michieletto); Schema del sistema strutturale (ridisegno di Manlio Michieletto).

Esempi indiscussi per la chiusura e la massività sono, secondo Behrens, i palazzi italiani del rinascimento, “nella loro semplicità indivisa”. Palazzo Strozzi esempio insuperato di “monumentalità cubica”, o Palazzo Medici-Riccardi, “esempio di grandiosa semplicità” per la “delicata partitura orizzontale”, basata sul contrasto tra la muratura a rustico del basamento e la pietra liscia dei piani superiori.

9 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: veduta; Benedetto da Maiano (Giuliano da Sangallo), Palazzo Strozzi, Firenze 1489-1538; Michelozzo, Palazzo Medici Riccardi, Firenze 1444-1452 (Archivio Alinari).

O ancora esempi di architettura nordeuropea come il Museo di Namur, il Municipio di Paderborn o quello di Gand, in cui secondo Behrens, il trattamento della facciata, costruita secondo le regole della giusta proporzione, e la scansione delle aperture, ampie e regolari, manifestano il carattere collettivo dell’edificio e ne identificano la funzione di sede di una istituzione o di una amministrazione.

10 | Museo Archeologico a Namur, Belgio, XVI sec.; Municipio di Paderborn, Germania 1613-1620; Municipio di Gent (Gand), Belgio, ampliamento rinascimentale 1600-1622.

Ma c’è un altro importantissimo riferimento in questo progetto, che Behrens non nomina apertamente, ma la cui lezione mette in pratica operativamente ed è Karl Friedrich Schinkel. Sappiamo dai suoi scritti, in cui è ripetutamente citato, che Behrens nutriva un grande rispetto per il suo lavoro, e sappiamo attraverso la testimonianza di Gropius che studiava attentamente le sue architetture. “Attrasse la mia attenzione sui segreti rapporti geometrici delle corporazioni medievali di costruttori, e sulla geometria degli architetti greci. Ci recavamo spesso insieme a Potsdam e nei dintorni a visitare gli edifici di Friedrich Schinkel, che egli riconosceva come il suo padre artistico” (Gropius 1960). La passione di Schinkel per la sapienza costruttiva medievale non è un mistero (Riemann 1994), ma non è un mistero neppure la sua abitudine a lavorare per parti (si vedano Schauspielhaus e Altes Museum, Asche 1986) e a trovare nella composizione i principi della monumentalità in architettura (Peschken 1979).

11 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: particolare dell’angolo; K.F. Schinkel, Schauspielhaus, Berlino 1818-1821; Mannesmann versus Schauspielhaus (montaggio di Manlio Michieletto).

Proprio nello scritto sulla Mannesmann Behrens affronta direttamente il tema della monumentalità, riprendendo alcuni passaggi fondamentali dello scritto del 1908 Was ist monumentale Kunst. “Come ho cercato di mostrare, il sistema costruttivo è stato scelto a partire dalle condizioni della pianta”. In questo modo si è costruito uno schema, che è stato il fondamento per l’architettura, una architettura che doveva avere un carattere monumentale degno dell’importanza della società che lo ha commissionato.

Ora, secondo la mia opinione, la monumentalità non risiede solo nella articolazione di un edificio, ma piuttosto nella chiusura cubica e nella grande volumetria, che possono essere raggiunte non solo attraverso una scomposizione ma anche attraverso il tenere insieme, il comporre, e attraverso la semplicità. Perciò anche una dissoluzione del tetto in frontoni e torri, così come una scomposizione della facciata con elementi angolari mi è sembrata da evitare, e mi sono sembrati invece necessari la realizzazione di superfici collegate e il rispetto motivo originario dell’allineamento e della disposizione in serie. La chiusura di una forma non deve essere sempre cercata in ininterrotte superfici murarie piane. Si fonda, in ultima analisi, sulla unità, che può essere raggiunta anche attraverso il principio ritmico dell’allineamento regolare. Anche da questo punto di vista la sequenza di pilastri che ho utilizzato mi è tornata utile.

Un edificio per uffici ha bisogno di luce e quindi di grandi superfici vetrate. Grandi lastre tutte d’un pezzo hanno però l’effetto naturale di buchi e distruggono l’unità della forma. I pilastri disposti più fitti, invece, conferiscono alla casa, come mostra la parte sinistra dell’immagine [fig. sotto], l’effetto di una parete muraria chiusa. “Quando si ha un punto d’osservazione che non è esattamente in asse con la casa […] le finestre non hanno l’effetto di aperture, ma domina la muratura dei pilastri che produce un effetto unitario di facciata” (Behrens 1908). Come ha già sottolineato riferendosi agli esempi storici citati, un ruolo decisivo nella costruzione monumentale dell’edificio è affidato da Behrens alla geometria, alla misura come sistema di controllo della composizione. “La proporzione è l’alfa e l’omega di ogni creazione artistica!” (Behrens 1908).

12 | Edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912: disegno prospettico; Costruzione geometrica della facciata (ridisegno di Manlio Michieletto); Costruzione geometrica della pianta (ridisegno di Manlio Michieletto).

Da ultimo Behrens affronta il tema della città, e prende posizione a favore della sua trasformazione in senso moderno: “Non c’è più alcun dubbio che nelle nostre città moderne le case d’abitazione per una vita sana e piacevole saranno sempre più localizzate all’esterno delle città e nei loro sobborghi ricchi di verde e che, con lo spostamento della residenza dal centro la città storica diverrà sempre più una città degli affari” (Behrens 1908). Ma non si limita a questo, bensì si spinge fino a prefigurare questa città anche in senso formale. “Una città in senso urbanistico deve essere concepita come un’opera architettonica compiuta, e non ci si potrebbe immaginare niente di più sconvolgente della realizzazione di un carattere unitario e di un’unica idea stilistica in un’intera città” (Behrens 1908, poi ripreso in Behrens 1919, 1920, 1925). Se pensiamo questa affermazione insieme a quelle precedenti riferite all’autonomia volumetrica e formale degli edifici per uffici, non facciamo fatica a immaginare l’ansa del Reno costruita come quella della Sprea a Berlino, concepita da Schinkel.

13 | K.F. Schinkel, Perspektivische Ansicht des neuen Packhöfe-Gebäude Von dem Schloßbrücke gesehen 1829-1831; Manlio Michieletto, Ein düsseldorfes Capriccio.

Riferimenti bibliografici
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  • Behrens 1917
    P. Behrens, Neue Ziele der Baukunst, in "Zentralblatt für das deutsche Baugewerbe" 16, 51-52 (21 dicembre 1917), 497.
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    G.P. Semino, Schinkel, Bologna 1993.
English abstract

This reading basically tackles two things: a building and a book that explains it. With this first design for an administration building (1910-1912), Behrens attempted to build a “type”, to identify certain characteristics of the formal structure of his architecture, which can be applied to other similar situations, as he was to do in the following years, for example in the case of the design for the Continental Kautschuk- und Guttapercha-Kompanie in Hannover (1911-1914). But he didn’t stop there: Behrens also wrote a book, published in 1912 for the inauguration, in which his architecture is explained with a celebratory and descriptive aim, but also fundamentally with a manual-oriented intent, to build up a theory of design, starting from the architecture he built.Behrens writing talks about this building, but also about the topic of office buildings in general, focusing on a method of design and the relationship of architecture with history and the city. He uses this building to tackle all the crucial issues of his “modern” architecture and, in the pages of the book, he presents the theoretic capacity, particularly from the viewpoint of three questions; Type, Technique and Tradition. Where Type summarises the distributive-functional component (and not only), Technique concentrates on the constructive and material component, and Tradition the historical and evocative component, in short the character of the building.

keywords | Behrens; Type; Architecture; Design theory.

Per citare questo articolo / To cite this article: S. Malcovati, Tipo, tecnica, tradizione: l’edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-1912, “La Rivista di Engramma” n. 81, giugno 2010, pp. 57-70. | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2010.81.0018