"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

91 | luglio 2011

9788898260362

Aristofane e l’attualità della commedia politica: in margine a una traduzione delle Nuvole

Alessandro Grilli

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Michele Battaglia, Nuvole a Siracusa (2008)

Oggi è per fortuna opinione consolidata che la commedia di Aristofane sia sempre commedia politica, anche quando si presta a essere percepita come fantasia d’evasione: è ormai un dato acquisito ad esempio che anche gli Uccelli, la cui lettura romantica più ha favorito l’immagine di una commedia antica fondata sull’utopia autoreferenziale, sono in realtà, in quanto progetto di rifondazione della polis, una riflessione generale sulle possibilità stesse della vita associata. Tutte le commedie di Aristofane sono commedie politiche, dunque anche quando il tema, come nelle Nuvole, sembra lontano da una messa in discussione puntuale dell’amministrazione dell’Atene contemporanea; a fondare l’impatto politico del testo è un semplice presupposto: politico è tutto ciò che determina strutturalmente, in modo diretto o indiretto, la natura della città e i rapporti fra i cittadini. Il problema al centro delle Nuvole, perciò (come siano da educare i giovani Ateniesi), non va classificato come una critica più o meno fine a se stessa delle mode culturali, ma come un monito (in senso tendenzialmente conservatore) sui rischi che può correre l’intera compagine dello Stato se cambiano i principî che ispirano le prassi pedagogiche consolidate. Ne fa fede nel testo una rete capillare di riferimenti espliciti alla vita politica ateniese che mostra come dietro al caso particolare del giovane Fidippide, posto di fronte alla scelta fra l’educazione tradizionale ai valori del Discorso migliore e quella moderna al relativismo sofistico patrocinato dal logocentrico Discorso peggiore, si debba piuttosto riconoscere il tema generale dell’educazione del 'cittadino' – e di quel cittadino esemplare che è appunto l’uomo politico, come rivela l’ironico accostamento di Fidippide a Iperbolo in una battuta di Socrate (vv. 874-876):

πῶς ἂν μάθοι ποθ’ οὗτος [Fidippide] ἀπόϕευξιν δίκης
ἢ κλῆσιν ἢ χαύνωσιν ἀναπειστηρίαν;
καίτοι ταλάντου τοῦτ’ ἔμαθεν ‘Υπέρβολος.

La trama di invenzione delle Nuvole è dunque un caso esemplare di un problema non tanto teorico e generale quanto incombente e rilevantissimo nell’immediata contingenza dei primi anni della guerra di Atene contro Sparta: rivolgendosi al pubblico nella parabasi, Aristofane sottolinea come la degenerazione degli ideali educativi (che gli doveva stare molto a cuore, se già nel 427 l’aveva posta al centro della sua commedia d’esordio) sia solo un caso particolare di una tendenza alle scelte sbagliate che sembrano caratterizzare tutte le decisioni politiche dei suoi concittadini (vv. 581-587):

εἶτα τὸν θεοῖσιν ἐχθρὸν βυρσοδέψην Παϕλαγόνα
ἡνίχ’ ᾑρεῖσθε στρατηγόν, τὰς ὀϕρῦς ξυνήγομεν
κἀποοῦμεν δεινά, βροντὴ δ’ ἐρράγη δι’ ἀστραπῆς.
ἡ σελήνη δ’ ἐξέλειπεν τὰς ὁδούς, ὁ δ’ ἥλιος
τὴν θρυαλλίδ’ εἰς ἑαυτὸν εὐθέως ξυνελκύσας
οὐ ϕανεῖν ἔϕασκεν ὑμῖν εἰ στρατηγήσοι Κλέων.
ἀλλ’ ὅμως εἵλεσθε τοῦτον·

Per i lettori del XXI secolo, e ancor più per gli spettatori che seguono la commedia a teatro, la dimensione politica della commedia è dunque riconoscibile al tempo stesso sul piano del riferimento contingente all’attualità ateniese del V sec. a.C. (la svolta della cultura innescata dal cosiddetto “illuminismo greco”), nonché, più astrattamente, nei termini generali cui può essere ricondotta la questione – quanto e come, cioè, siano rilevanti educazione e cultura per il profilo dei cittadini che di volta in volta vengono chiamati a rappresentare la collettività alla guida dello Stato.

La richiesta di tradurre le Nuvole per la messa in scena nel XLVII ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro greco di Siracusa (per la regia di Alessandro Maggi) mi ha offerto l’occasione di confrontarmi direttamente con la dimensione politica di questa commedia. La volontà di valorizzarne nel modo migliore l’attualità mi ha posto di fronte al problema, molto concreto, di come orientare la traduzione in modo da potenziare al massimo le capacità ricettive del pubblico. Si trattava, in sostanza, di raggiungere un equilibrio fra la specificità contingente del contesto originale (nei riferimenti a persone, cose, riti e costumi dell’Atene di Aristofane) e la pregnanza diacronica di molte situazioni tipiche o generali, agevolmente riferibili anche al contesto dell’Italia di oggi. Si tratta di un equilibrio difficile e delicato, sospeso fra impostazioni traduttive risolutamente divergenti: da un lato quella conforme alla proposta benjaminiana di forzare la lingua d’arrivo per farla convergere il più possibile con l’originale – e di assecondare pertanto la lettera del testo anche in relazione alla resa dei riferimenti politici, a dispetto delle competenze per lo più inadeguate dell’uditorio medio di oggi; dall’altro l’istanza di totale addomesticamento, volta a cancellare le distanze fra i Greci e noi mediante l’esplicitazione didascalica dei punti di contatto o di continuità fra l’antico e il moderno.

La mia opinione – condivisa appieno dal regista Alessandro Maggi – è che il modo migliore di attualizzare consista in una posizione intermedia capace di “familiarizzare mantenendo le distanze”: il pubblico va messo di fronte a un oggetto che, pur perfettamente decifrabile, non camuffi la propria alterità storica e culturale dietro una semplificazione ad effetto. Per intenderci: se un nome antico non è più comprensibile senza una nota di commento, è meglio esplicitare nella traduzione per la scena gli aspetti 'generali' del suo significato con una resa non individuata, piuttosto che mantenere il nome originale, destinato a restare opaco, o introdurre, postulando una reale equivalenza, un nome di analoga connotazione ma specifico della nostra esperienza quotidiana. Se ad esempio il testo menziona come spergiuri i marginali politici ateniesi «Simone, Cleonimo e Teoro» (vv. 399-400), la traduzione migliore sarà un generico «uomini politici», piuttosto che una gigiona strizzatina d’occhio su qualche nome di politico dei nostri giorni. Sarà il destinatario, se lo ritiene, a estendere all’oggi le considerazioni riferite al contesto originario.

A imporre di evitare l’attualizzazione nominalmente individuata dovrebbe essere soprattutto l’idea che al pubblico, oggi come in altri tempi, va riconosciuto il diritto di essere protagonista nella produzione di senso dal testo. La vera attualizzazione del classico non va enunciata didascalicamente dal traduttore o dal regista, ma si deve compiere nel momento stesso della comprensione. È perciò al punto di vista del pubblico, e alle sue competenze presuntive, che il traduttore e il regista devono pensare e badare prioritariamente accingendosi alla messa in scena. È solo attraverso questa forma di costruzione dell’uditorio che si possono evitare spiacevoli paradossi semiotici, ad esempio il fatto che un adattamento troppo specifico e didascalico alla contemporaneità, lungi dal far sembrare più presente e più vivo il testo antico, lo allontanerebbe dando l’impressione di un prodotto scopertamente manipolato: affinché il testo antico sembri 'attuale' a un destinatario non specialista del XXI secolo, infatti, è importante che trovi conferma un’informazione che anche il più ingenuo degli spettatori possiede, ovvero che ad andare in scena è un dramma scritto più di duemila anni prima della nostra epoca. Se il testo contiene inserti smaccatamente specifici dell’oggi, come allusioni a nomi o fatti recenti di pubblico dominio, anche il destinatario più ingenuo non potrà far a meno di capire che lì si annida un intervento adattivo, e che quelle non sono le parole dell’autore. Lungi dal potenziare l’effetto di dirompente attualità del testo, perciò, l’adattamento compiacente crea l’impressione, in un destinatario mediamente colto e non specialista, di una chiara manipolazione dell’originale. E un testo evidentemente manipolato potrà sembrare sì gustoso o esilarante, ma senz’altro non sembrerà 'autentico'. Soprattutto: esso darà l’impressione di una distanza incolmabile, che interventi di pesante integrazione si sforzano di far dimenticare. Lo spettatore vedrà quindi negato in qualche misura proprio il presupposto su cui le stesse riprese del teatro antico si fondano, e cioè che fra 'noi' e 'loro' esista un legame di vitale, profonda affinità.

 English abstract

Alessandro Grilli, Aristophanes and the topicality of the political comedy. Notes in the margin of a translation of Clouds
Aristophanes' comedies are political texts even when their political focus, as in Clouds, is not self-evident. Translating such comedies should lead the audience to take on a more active role in the meaning production. Therefore, domesticated translations through overtly extrinsic features are to be avoided.

 

 

keywords | Aristophanes; Political comedy; Clouds; Translation.