"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

78 | marzo 2010

9788898260232

Bill Viola. Pale di altare al plasma nella Cattedrale di St Paul di Londra

Simona Dolari

English abstract

One of the things the camera taught me was to see the world,
the same world that my eye sees, in its metaphoric, symbolic state.
This condition is, in fact, always present, latent in the world around us.
Bill Viola

St Paul’s Cathedral di Londra, vera icona della capitale inglese e capolavoro dell’architetto Christopher Wren (1632-1723), dal 2011 ospiterà in pianta stabile due nuove pale d’altare; già nel giugno 2009 sui maggiori giornali londinesi era apparsa la notizia che non si tratterà di due “traditional altarpieces”, ma di due video del celebre Bill Viola. Temi delle due opere saranno la Vergine Maria e i Martiri: i video saranno proiettati su due enormi schermi al plasma collocati nella zona finale della navata centrale al lato dell’altare principale, accanto all’American Memorial Chapel. Come ha dichiarato lo stesso Tesoriere della cattedrale, Martin Warner, attraverso le opere del famosissimo artista americano (che fin dai suoi esordi gode di un successo popolare davvero insolito per un artista contemporaneo), l’intento della committenza è quello di riuscire ad attrarre un maggior numero di visitatori e di fedeli in un’epoca di netta crisi di proseliti di cui soffre la Chiesa anglicana. Lo stesso Canonico Warner non nasconde anche l’interesse economico che deriverebbe dal maggior afflusso di visitatori, attratti dalle nuove opere dell’osannato Bill Viola. Da tenere in considerazione anche la felice vicinanza della Cattedrale alla Tate Modern, che con il numero imponente dei suoi visitatori (stimato intorno ai cinque milioni annui) costituisce un altro fattore non secondario. L’intento è dunque, espressamente, quello di attrarre all’interno della storica cattedrale non solo i fedeli, ma anche gli amanti dell’arte contemporanea. Ancora una volta l’arte si rivela capace di un enorme potere mediatico, con implicazioni e ricadute non solo religiose ma anche economiche.

1 | St Paul’s Cathedral a Londra: esterno e navata centrale.

2 | Bill Viola, The Messanger, 1996.

3 | Jacopo Carucci detto il Pontormo, La Visitazione, olio su tavola, 1528-1530, 202x156 cm, Pieve di San Michele (Carmignano); Bill Viola, The Greeting, 1995.

4 | A sinistra: Masolino da Panicale, Pietà, affresco, 1424, 280x118 cm, Museo della Collegiata (Empoli).
5 | A destra: Bill Viola, The Emergence, 2002.

6 | Bill Viola, Ocean without a shore, 2007, Chiesa di San Gallo (Venezia).

“L’arte”, sono parole del Canonico Warner, “attualmente cattura palesemente il pensiero e l’immaginazione delle persone molto più di quanto riesca alle parole”, e inoltre “la mancanza di fondi governativi rende necessario l’ausilio di introiti alternativi, nel desiderio di mantenere una struttura efficiente e attraente”. Sullo stesso argomento si era espresso già nel 2005 nel Catechismo della Chiesa Cattolica, in maniera ancora più precisa anche se non esente da venature critiche, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, attuale papa Benedetto XVI, che proprio in relazione al potere educativo delle immagini scriveva: “Oggi piu’ che mai, nella civiltà dell’immagine, l’immagine sacra può esprimere molto più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico”. Per altro né la Cattedrale di St Paul è nuova a esperienze di ospitalità di arte contemporanea, né è la prima volta che Bill Viola si cimenta in opere per contesti sacri: già negli anni ’90 del secolo scorso la Cattedrale di St Paul’s aveva ospitato temporaneamente opere d’arte di artisti contemporanei, da Yoko Ono a Rebecca Horn, a Henry Moore, allo stesso Bill Viola, con il suo famoso e discusso The Messanger: un’opera, originariamente realizzata nel 1996 per la Cattedrale di Durham, “di facile visione e di quasi impossibile comprensione”, come l’ha definita David Jasper.

In The Messanger Viola affrontava, nella chiave simbolico-metaforica che si affermava già da allora come cifra della sua arte, il tema della nascita primordiale: dall’infinito fatto di acqua, qualcosa privo di forma si componeva lentamente in un corpo di uomo e cercava faticosamente il primo respiro di vita, per poi riperdersi verso i recessi più profondi dell’abisso.

La scelta di ospitare un video in una cattedrale fu accolta al tempo con un incredibile successo di pubblico, che superò le polemiche insorte per la nudità, considerata troppo ostentata, del giovane protagonista del video. Problema che d’altra parte si cercò di superare ricorrendo a una serie di pannelli messi a copertura dello schermo. Ciò che aveva incuriosito e colpito gli spettatori era, evidentemente, sia la novità del supporto-video con tutte le implicazioni che questo comporta come oggetto artistico e, più in generale, il formato dell’opera, sia anche l’intensità del soggetto: quella declinazione ‘religiosa’ della spiritualità dei temi da sempre presente nel repertorio dell’artista americano; una spiritualità, rivendicata ripetutamente dallo stesso artista, mistica e filosofica, anche se non direttamente riconducibile all’interno della tradizione iconografica cristiana.

Si trattava tuttavia di un’installazione temporanea, destinata quindi a rimanere all’interno dello spazio consacrato per un tempo limitato. Invece l'attuale decisione dei canonici di St Paul's di commissionare appositamente a Bill Viola un’opera stabile per la Cattedrale londinese, è indubbiamente più forte: di fatto i due video diverranno parte dell’arredo della chiesa e costituiranno, al pari di altre opere d’arte ‘tradizionali’, parte di quel corredo sacro che, insieme alle Scritture, è essenziale nel percorso liturgico e spirituale dei fedeli.

I temi del repertorio di Bill Viola d’altra parte possono generalmente definirsi ‘archetipici’: nascita, morte, affetti, separazione, dolore; così come appaiono archetipici quei rimandi agli elementi naturali che entrano a pieno titolo in una tradizione consolidata: acqua, fuoco, aria e terra, che Viola ama particolarmente riproporre all’interno dei propri video.

Anche il tema di Maria Vergine e dei Martiri, i soggetti delle due pale di St Paul’s, come afferma lo stesso artista, si connotano “come due profondi misteri dell’esistenza umana, come due metafore di vita e di morte”. Maria è, nel suo ruolo e nella sua figura di Madre, simbolo di amore, creazione e conforto; i Martiri tutti, senza specificazioni cronologiche o etniche, sono oggetto e immagine di sofferenza, dolore e sacrificio: proprio come la Capella dei Caduti Americani, con il libro dei nomi dei ‘martiri’ della Seconda Guerra Mondiale, limitrofa allo spazio in cui saranno collocati i due video, rammenta ed enfatizza costantemente. Come l’artista ha più volte apertamente dichiarato, l’obiettivo è quello di riuscire a realizzare due opere che riescano a interpretare quei valori e quei contenuti fondamentali in ogni percorso di spiritualità profonda.

Come noto, quello di Viola è un simbolismo colto e complesso, che attinge a un repertorio di conoscenze molto vaste. Le sue opere sono infatti piene di rimandi tanto alla tradizione classica occidentale, quanto a quella orientale, in una ricerca incessante di lettura e conoscenza sui misteri e sul senso della vita. Anche grazie al formato di elezione delle sue opere – il video – Viola cerca di annullare la staticità dei quadri di tradizione occidentale: ma proprio nel far ciò si confronta abitualmente con la grande tradizione pittorica europea, come mostrano alcune delle sue opere religiose più toccanti. In The Greeting (1995), l’incontro solidale e pieno di affetto di due donne, una giovane incinta e una più anziana, novelle Maria ed Elisabetta, rievoca la grandezza e la potenza della Visitazione di Pontormo della Chiesa di San Michele a Carmignano.

In The Emergence (2002) c’è tutta la plasticità, ma anche l’impostazione e il rimando ai colori della Pietà di Masolino e del Cristo al Sepolcro di Piero. In The Nantes Triptych (1992), Viola adotta addirittura la forma tripartita della pala d’altare trecentesca per mettere in scena da un lato l’atto della nascita, dall’altro quello dell’ultimo respiro, e al centro, quasi a segnare una pausa tra un tempo e uno spazio e l’altro, una figura sospesa in acqua. La donna dai capelli rossi piangente in Dolorosa e l’uomo dai tratti orientali che l’accompagna sono figli dei compianti rinascimentali e, come i loro straordinari precedenti, lasciano spazio solo al silenzio; le facce sofferenti, contrite, deformate dal dolore di The Quintet of the astonished (2000) nascono dalla tradizione figurativa nordica.

Se nelle opere di Bill Viola la prassi iconografica risente di importanti modelli della pittura rinascimentale italiana ed europea, anche il repertorio gestuale e musicale, che segna le diverse esperienze dei passaggi nel tempo, pare rievocare un teatro di Pathosformeln della memoria – una lezione warburghiana di cui l’artista risente come da lontano, forse ereditata dalle sue frequentazioni con Frances Yates, come la sua video-installazione Teatro della Memoria (1985) palesemente ricorda.

In questo contesto un elemento di contraddizione si registra nella decisione, già annunciata dagli stessi religiosi che hanno commissionato le due opere, di voler mandare regolarmente i due video a loop, ma di spegnerli durante le funzioni religiose: è come se alle video-opere contemporanee venisse negato quello statuto di vere immagini religiose, in grado di mettere in comunicazione il fedele con il divino, e i video fossero, di fatto, derubricati a opere d’arte di corredo, fruibili più che altro da un punto di vista estetico. Il motivo del diverso trattamento delle opere di Bill Viola pare risiedere, più che nella trattazione iconografica dei temi affrontati, nel loro stesso formato e nel modo di fruizione che l’artista prevede per i suoi lavori, che viene a cozzare con gli schemi consolidati delle opere d’arte religiose ‘tradizionali’.

Nelle opere di Viola ci sono movimenti lentissimi, e in generale suoni e tempi che sovvertono radicalmente il tradizionale processo della visione da parte dello spettatore: da soggetto attivo, libero di organizzare i tempi e i ritmi della propria visione, lo spettatore dell’opera dinamica è chiamato a entrare nel gioco preordinato dal regista/artista. E muta anche lo spazio dell’opera: non più, soltanto, uno spazio visivo statico, ma uno spazio plastico a tutto tondo, in cui l’opera accerchia e assedia lo spettatore attraverso le sue impressioni sensoriali e i suoi stessi ritmi. Tra astrazione e rappresentazione, l’opera di Viola provoca interrogativi incessanti che, con maggiore prepotenza e invadenza di ogni grande opera d’arte, aprono nuove possibilità mentali e ristrutturano le categorie e i paradigmi che governano il nostro pensare e la nostra immaginazione, e pongono nuove frontiere tra finito e infinito.

Dal punto di vista tecnico-compositivo, i video di Viola, un insieme di fotogrammi ripresi e montati con velocità più o meno accelerate, propongono inevitabilmente un movimento che, per quanto lentissimo, altera inevitabilmente la percezione del tempo come sequenza lineare di momenti di uguale valenza nello spettatore. Nessun istante, nessun fotogramma è posto in evidenza, per esaltarne il significato e per rendere visibile l’andamento narrativo; grazie all’apparente fissità conferita dalla lentezza del montaggio ogni immagine si propone come un’icona assoluta dell’intera opera, il cui significato complessivo non è però recuperabile in alcun singolo momento del ‘dipinto’. L’animazione del film – perché di fatto questo sono le opere di Viola – conferisce una vitalità all’istante, impercettibilmente mobile, tutta diversa dall’immobilità di un quadro, con il risultato che spesso gli spettatori si trovano coinvolti in una sequenza di immagini che richiedono un’attenzione visiva e spirituale totale, e inducono una partecipazione emotiva potente, come spesso è stato dichiarato dagli stessi spettatori. Forse alla consapevolezza di questo coinvolgimento estetico assolutizzante, che distoglierebbe la concentrazione del fedele dalla celebrazione del rito, la riflessione calma e profonda che la liturgia impone, si deve la decisione preventiva di spegnere i video durante le funzioni.

Attualmente nulla si conosce relativamente allo stato di lavorazione delle due pale per St Paul’s Cathedral, e molto probabilmente verrà mantenuta la riservatezza sulle opere fino al momento in cui i video verranno installati e presentati al pubblico. In particolare non si sa se all’artista siano state imposte condizioni o limitazioni di qualche tipo. Da parte loro i canonici di St Paul nel motivare la loro scelta hanno pubblicamente affermato che “attualmente c’è un notevole gruppo di artisti contemporanei in grado di dire cose molto intense e interessanti attraverso i loro lavori, che non ci precluderemo mai di coinvolgere nella nostra chiesa anche a danno di giudizi negativi da parte di terzi”. Da questo punto di vista la commissione londinese, con i soggetti delle due pale, è una sfida complessa e difficile, sia per i committenti che hanno operato una scelta indubbiamente coraggiosa, sia per l’artista che sarà provocato al difficile compito di tener fede al suo genio e, insieme, di non disattendere quella funzione devozionale, contemplativa, e alfine religiosa, che ogni opera posta in uno spazio sacro è chiamata a rispettare.

English abstract

The news given this summer by some of the major British newspapers about the choice taken from the Chapter of St Paul’s Cathedral of London of commissioning two giant altarpieces on the theme of Mary and the Martyrs to be permanently located in 2011 at the end of the Quire aisles flanking the high altar of the Cathedral and the American Memorial Chapel, to the very famous and acknowledged pioneer in the medium of video art Bill Viola, have offered the opportunity to rethink about the value of video-art works in the devotional context. St Paul’s Cathedral, designed by Christopher Wren and built between 1675 and 1710, is not new to this kind of situation, in fact some years ago it had already hosted temporary installations of important living artists like Yoko Hono, Rebecca Horn and Bill Viola himself, with his discussed video The Messanger originally produced in 1996 for the Cathedral of Durham. But the decision taken by the Chapter of St Paul’s to have for the first time in the story two permanent video altarpieces in their church, offers some interesting points to think and reflect about. It’s surely a brave and strong action, with the aim in mind to enhance the number of visitors always more lacking. The idea of this important operation, that will cost about 2 millions of pounds, is to attract more people in the Church that stands even very near the New Tate Modern, visited by roughly five millions of tourists every year, just like the Canon Martin Werner, Treasurer of the Cathedral, sincerely admitted. The intent is to create something very special and attractive for all those who love art and would be ready to get in and enjoy these works of art with all the other beauties inside the church. This will clearly mean a bigger number of people in the Cathedral, that an actual strong devotional crisis reduces day by day, and even a better improvement of the financial situation, that actually, due to the general strong economical crisis, is always worse. Thanks to the power of art that today is even stronger than in the past just like Cardinal Joseph Ratzinger, actual Pope Benedictus XVI, in 2005 declared, and Canon Werner today openly confirms, this looks a goal possible to reach. A big debate arose around the opportunity to display indefinitely Viola’s altarpieces in the London iconic church of St Paul’s. The American artist is not new at all at religious settings of art, in fact some of his works were already exhibited in churches, and even if he is “an eclectic, world-faith melange of Sufism, zen, Buddhism and Christian mysticism” as he has been labelled, his works are always very deep, full of spiritually, and always concerning important aspects of human life: birth, death, sorrow, separation, perception, soul. Viola’s art relies on metaphors and symbols to convey the feelings and sensations to others, considering west iconographic tradition and mental approach and east philosophical knowledge. The Church, for all its dependence on tradition and evocation of ancient authorities, welcomed innovation in imagery that could stimulate the worshipper, and although much of this innovation was a matter of style or form, some of it also affected subject matter. The two themes of Mary and Martyrs as well, symbolise some of the profound mysteries of human existence, just like the American artist announced: “One is concerned with birth and other with death; one with comfort and creation, the other with suffering and sacrifice”. It’ s quite interesting at the end that the two videos, settled in such a prominent location, will be regularly on in a loop mood, except during the liturgical services, just like avoiding considering their function as a religious and contemplative object, regularly recognized to traditional sacred imagines. But there are quite several reasons for this continuing difficulty of video art. Video requires the viewer to occupy real time in order to experience the medium, to stand as a body in public space among other bodies and wonder what to do with yourself, spending from few minutes to an unbearable ten or twenty watching a stream of images on a monitor or projected onto a wall, following the red line given by the director. Video art far from being a rupture that radically changes the terms of art, is one that enables and extends the existing concerns of representation within painting. Without explaining anything, the piece, in fact, shifts the perspective of both time and space so that momentary human experience becomes rich in the assumption of the past and projects forward to the possibilities of the future just waiting for the increasing of the movie. This means that viewer is completely involved in a sort of global representation that captures mind and soul totally and strongly. Almost nothing is known about St Paul’s videos, and probably will be like that until 2011, when they will be unveiled. It’s surely an extremely important occasion for the artist, who just said: “If I will be successful, the final pieces will function both as aesthetic objects of contemporary art and practical object of traditional contemplation and devotion”.

keywords | Visual Arts; Bill Viola; Christopher Wren; St Paul’s Cathedral.

Per citare questo articolo / To cite this article: S. Dolari, Pale di altare al plasma nella Cattedrale di St Paul di Londra, “La Rivista di Engramma” n. 78, marzo 2010, pp. 41-46 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2010.78.0010