"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

60 | dicembre 2007

9788898260058

Immagini identitarie del territorio romeno: i riflessi dell’antica Roma

Irina Baldescu | Sapienza, Università di Roma

L’eredità romana è diventata, nella Romania del XX secolo, uno dei perni delle politiche di immagine dei regimi: i calchi della colonna di Traiano come affermazione delle radici, retorici restauri di ricostruzione di ruderi antichi, il recupero della toponomastica romana – sono alcuni elementi di questo poliedrico fenomeno.

Immagini identitarie del territorio della Romania: i riflessi dell'antichità romana. Die Alterthümer Daciens in heutigen Siebenbuergen: la Transilvania e l'antica Dacia (sec. XVI- XVII)

Il ricordo dell'antichità è un elemento che compare costantemente nell'immagine riflessa dell'identità del territorio romeno (costituito da province dai destini diversi come Transilvania, Valacchia, Moldova, Dobrogea) nella prima epoca moderna. Le radici romane vengono fortemente percepite dai viaggiatori stranierisoprattutto in Transilvania, non solo per la lingua del popolo, che sembra latino, ma anche per le antiche vestigia che segnano il paesaggio: tratti di un’antica strada lastricata e resti di antichi edifici; epigrafi, statue o antichi gioielli che vengono rinvenuti spesso nelle vigne e nei campi; dal canto suo, il vescovo di Alba Iulia, l'antica Apullum, possiede una ricca collezione di antichità.

Il rapporto con l’antica Dacia è evidente anche nella cartografia dell’epoca, come mostrano per esempio le edizioni di Tolomeo curate da Giacomo Castaldi, dove il territorio della Transilvania è identificato come Dacia, oppure le carte pubblicate nelle diverse edizioni del Theatrum Orbis Terrarum. Per esempio, su una mappa del 1558 le regioni Valacchia e Moldavia sono identificate come “Romania” (termine in quel periodo ancora fortemente carico del senso di “regione dei romani”). Nel Settecento, l'epoca in cui il Grand Tour diventa di prammatica nel percorso formativo del gentiluomo europeo, anche la Transilvania diventa oggetto di ricognizioni archeologiche, come la pubblicazione a Vienna, nel 1975, di Die Alterthümer Daciens in heutigen Siebenbuergen, dedicata dall'autore Hohenhausen all'imperatrice Maria Teresa. L’interesse scientifico continua quindi a consolidarsi durante l'Ottocento, quando molti studiosi (tra cui Ackner, Gooss, Neigebauer) sono a contatto con l'ambiente accademico tedesco, e collaborano – fornendo informazioni – alle raccolte del Corpus Inscriptionum Latinarum di Theodor Mommsen; il giovane Franz Cumont si reca in Transilvania per studiare i rinvenimenti connessi al culto mitraico.

Le radici romane e l'identità del nuovo stato romeno

Dopo la costituzione dello stato moderno romeno nel 1859, attraverso l'unione dei principati della Valacchia e della Moldova, le politiche pubbliche scelgono come riferimento soprattutto il Medioevo, e in particolare la componente greco-bizantina della storia romena, come rispecchiato puntualmente nelle architetture dei pavillon romeni presenti alle Esposizioni Universali di Parigi, nel 1867 e nel 1889. La situazione sembra cambiare dopo l’annessione della Transilvania nel 1918, quando l’eredità romana viene integrata nell’immagine nazionale: ne è un segno la lunga serie di copie della Lupa capitolina, che in questo periodo vengono ad abbellire le piazze delle più importanti città romene (1921: Cluj; 1924: Targu Mures; 1926: Timisoara; 1933: Alba Iulia), secondo il modello di Bucarest, che aveva ricevuto nel 1906, da parte del comune di Roma, una prima copia della Lupa con Remo e Romolo. Negli anni Quaranta, nell’ambito dell’Asse, tra la Romania e l’Italia di Mussolini si svolge un sostenuto scambio di simboli connessi alle comuni origini romane. A Roma viene eretta, con un finanziamento della Banca Nazionale Romena, l'Accademia di Romania in Roma, come segno dell'amicizia tra i due popoli e governi, fatto puntualmente testimoniato da un'epigrafe apposta nella hall dell'edificio. Non solo per adeguarsi al contesto architettonico della Valle Giulia, ma anche per rinforzare tale linea simbolica, all'architetto Petre Antonescu viene imposto un progetto neo-classico, anche se, nelle prime varianti, egli aveva proposto un edificio dal cosiddetto stile neoromânesc, una forma di revival nazionale nell'ambito dell'Art-Nouveau, in quel periodo in voga in Romania. Dopo circa sette decenni dal momento in cui il problema si era posto per la prima volta, nel 1939 si trovano i fondi per commissionare a Roma dei calchi della colonna di Traiano, destinati al Museo Storico Nazionale di Bucarest, una mossa politica in sintonia con la retorica del momento.

I simboli romani e la retorica del potere, post 1947

Dal 1970 in poi, dopo un periodo di glorificazione dello slavismo, la memoria dell’antico inizia a essere recuperata in modo aggressivo nella propaganda dello stato comunista. L’ultimo dittatore assume l'immagine imperiale romana come ‘piedistallo artistico’ dell'assolutismo, secondo una prassi di lunga tradizione presso i monarchi europei, facendosi ripetutamente ritrarre accanto alle figure di Traiano e dell’antico re dei Daci, Decebalo. Sembra che uno degli assi semantici principali di questa politica dell’immagine sia proprio la colonna di Traiano, forse a causa della forte impressione che destano nel popolo romeno i calchi della colonna, arrivati a Bucarest da Roma solamente nel 1967. Sulla stessa linea politica, fondi notevoli vengono erogati per un progetto di grande retorica come la ricostruzione del monumento di Traiano ad Adamclisi (Tropaeum Traiani). Dal canto suo, il pittore del regime Sabin Balasa fa riferimento nelle sue opere all'antichità romana, filtrata attraverso le visioni di De Chirico (un riferimento che forse la censura non coglie pienamente).

Ambigue sono oggi le politiche ufficiali di immagine dello stato romeno; sembra che si voglia promuovere per lo più la componente bucolico-etnografica del territorio. Nondimeno, il progetto di inculcare la consapevolezza della componente romana dell'identità nazionale rimane pur sempre ben attuale.

L'autrice ringrazia il dott. Valentin Bottez del MNIR, per il materiale messo a disposizione, e la dott.ssa Mihaela Mustatea dell’Università di Bucarest.

Bibliografia di riferimento
  • Comunismul în România 1945-1989, catalogo della mostra, Muzeul National de istorie a Romaniei, Bucarest 2007.
  • Institutul de Memorie Culturala si Institutul de arheologie Vasile Parvan (Bucurest), Arhive Digitale de Arheologie, 2003 – 2005.
  • G. Muscardini, La Lupa Capitolina e la continuità daco-romana, in “Chroniques Italiennes”, Parigi 2006, 4.
  • L. Teposu-Marinescu, G. Trohani, Copia Columnei lui Traian la Bucureşti, in AA.VV. Dacia Augusti Provincia. Crearea provinciei, a cura di L. Teposu-Marinescu, G. Trohani, catalogo della Mostra, Muzeul National de Istorie a Romaniei (MNIR)- Soprintendenza archeologica di Roma, Bucarest 2006.
  • L. Vlad, Imagini ale identităţii naţionale. România şi Expoziţiile universale de la Paris, 1867-1937, Bucurest 2001.
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