"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

129 | settembre 2015

9788898260744

Ri-trarre dall'antico

Presentazione della mostra Drawn from the Antique: Artists & The Classical Ideal (Sir John Soane’s Museum, London, 25 giugno / 26 settembre 2015)

Maria Bergamo, Simona Dolari

English abstract

Joseph Michael Gandy, 1811, View of Dome Area in Sir John Soane's Collection (Sir John Soane's Museum, London 14/6/5)

“La mia attenzione è completamente presa dal vedere e dall’esaminare gli inestimabili e infiniti resti dell’antichità...”
John Soane, lettera da Roma alla famiglia, maggio 1778

Le parole del venticinquenne John Soane – che nel maggio del 1778 giunge a Roma, destinazione principale del suo Gran Tour d’Italie, durato tre anni – rivelano la fascinazione e lo stupore del giovane inglese di fronte alla grandezza delle rovine e dei monumenti antichi. A Roma, Soane – destinato a diventare uno degli architetti più importanti dell’Inghilterra del XVIII secolo – entra in contatto non solo con le vestigia dell’antichità, ma anche con quella passione per il collezionismo di reperti archeologici e sculture antiche, e altresì di calchi, disegni, riproduzioni, che in Italia caratterizzava, da oltre due secoli, il rapporto di artisti e intellettuali con la classicità. Ben presto l’architetto importerà questo insaziabile desiderio d’antico in Inghilterra, con la progettazione della sua residenza londinese (oggi uno dei musei più attraenti della  città) in cui Soane raccolse la sua infinita collezione di disegni (quasi settemila), una vastissima biblioteca con testi classici tra cui varie edizioni del De Architectura di Vitruvio, sculture e resti archeologici di varie epoche, accumulati secondo criteri che quasi sembrano riprodurre la varietà e l'ebbrezza di quel primo incontro romano con gli “inestimabili e infiniti resti”, da compulsare in un Grand Tour che oggi definiremmo ‘virtuale’. 

Decisamente appropriata, dunque, la scelta della localizzazione della piccola ma importante mostra Drawn from the Antique: Artists & The Classical Ideal, aperta nella sua versione inglese dal 25 giugno al 26 settembre 2015 al Sir John Soane’s Museum dopo essere stata presentata a marzo al Museo Teylers di Haarlem, a cura di Adriano Aymonino e Anne Varick Lauder. Tra i mirabilia che costellano la casa-museo non va dimenticato il gran numero di calchi in gesso, perché – dato fondamentale per il concept della mostra stessa – oltre a essere la casa di un intellettuale e di un collezionista, al 13 Linconl’s Inn Fields aveva sede anche un’Accademia dove i giovani studenti di arte e architettura si incontravano e si dedicavano al disegno dall’antico, strumento necessario e materia primaria nella formazione ed educazione artistica del tempo (Soane stesso, per altro, fu professore presso la Royal Academy).

Le trentaquattro opere tra disegni, stampe e dipinti – molti di straordinaria qualità e mai esposti precedentemente – provenienti dalla collezione privata di Katrin Bellinger, altri in prestito da grandi musei internazionali (J. Paul Getty; Rijksmuseum; Kunsthaus Zurich; British Museum; Royal Academy of Art; Victoria & Albert Museum e Courtauld Gallery) illustrano il tema dell’artista nella sua veste di ‘disegnatore dall’antico’ nel cruciale periodo che va dal XVI al XIX secolo. La mostra, che per la dimensione contenuta si distingue dalle sempre più frequenti mostre blockbusters che si succedono con regolarità in tutti i maggiori musei del mondo, rappresenta un raro esempio di raffinatezza sia per la straordinaria qualità di alcune opere, sia per la scelta del tema: evitando di trattare genericamente il topic ‘culto dell’antico’, il percorso mira dritto a esporre il complesso rapporto dell’artista con le vestigia della scultura classica, rapporto dalle molte sfaccettature e che varia nei secoli, dalle ricerche delle prime accademie all’ossessione del canone, dalla fascinazione idealizzata fino alla più quotidiana e concreta pratica di bottega.

Il tema è strettamente connesso al contesto della cultura anglosassone, dove la penetrazione della tradizione classica conosce una storia peculiare e in ritardo rispetto al continente, mediata proprio dal collezionismo antiquario del XVIII secolo: basti ricordare che un'istituzione importante come la Royal Academy fu fondata soltanto nel 1768. A partire dal principale nucleo tematico dell'esposizione si possono rintracciare anche altri, più sottili, collegamenti all'ambito degli studi contemporanei di Storia della tradizione classica. La mostra è cresciuta insieme al progetto di riedizione e ampliamento del fondamentale testo Taste and the Antique. The Lure of Classical Sculpture 1500-1900, a cura di Nicholas Penny, Adriano Aymonino e Eloisa Dodero. Dal catalogo della mostra si percepisce bene l’ampio orizzonte critico in cui si situa il lavoro dei curatori, tanto che i saggi riescono – come di rado succede – a mantenere un alto profilo scientifico insieme a una narrazione più divulgativa: è come se vi fosse una storia, una storia degli studi e più in generale un racconto della tradizione classica, che necessitano di essere raccontate, diffuse, comprese, non solo confinate in saggi ultraspecifici per addetti ai lavori. Altra connessione, ideale ed elettiva, si crea con la mostra Portable classic. Ancient Greece to Modern Europe a cura di Salvatore Stettis e Davide Gasparotto allestita alla Fondazione Prada di Venezia dal 9 maggio al 13 settembre 2015 (e a cui Engramma dedica il presente numero monografico). La piccola mostra londinese sembra rispondere infatti ad alcuni specifici interrogativi sollecitati dall'esposizione veneziana: a Portable Classic in qualche modo Drawn from the Antique fa eco, ampliandone e articolandone alcune sezioni, come ad esempio le 'stanze' 3 e 4 dedicate a Emulazione e Collezionisti (si veda, in questo stesso numero di Engramma, la Galleria commentata degli allestimenti di Milano e Venezia). È significativo, infatti, che le opere fisicamente presenti ed esposte nelle vetrine di Ca’ Corner della Regina a Venezia si ritrovino rappresentate nei disegni del Soane’s Museum, e che repliche degli stessi gessi posti nell'andròn del palazzo veneziano popolino anche le sale delle accademie ritratte nelle stampe londinesi.

Enea Vico da Baccio Bandinelli, 1545/50, The Academy of Baccio Bandinelli (Katrin Billinger collection, inv. no. 1998-039)

Le due incisioni che aprono la mostra – una eseguita da Agostino Veneziano nel 1531 e l’altra datata tra il 1545 e il 1550, opera di Enea Vico – raccontano di una delle prime attività istituzionali di copia dall’antico nell’intimo e ristretto circolo di allievi delle botteghe-accademie promosse da Baccio Badinelli tra Roma e Firenze. Nella prima immagine la scena, più idealizzata, ritrae un piccolo ambiente a lume di candela dove alcuni studenti, evidentemente gli eletti, sono intenti a disegnare, sotto la supervisione del Maestro, piccole statuette, copie portatili di capolavori famosi dell'arte antica. Nella seconda immagine, lo studio è diventato uno spazio più vasto e strutturato, e accanto agli oggetti archeologici compaiono anche resti di scheletri e parti anatomiche, a testimoniare un ulteriore passo fondamentale nell’educazione del giovane artista: la copia dell’antico costituisce la base per acquisire quella grazia e senso della misura e del bello che solo gli antichi seppero raggiungere in maniera magistrale, ma – come scriveva già Plinio – è dall’osservazione e dallo studio della natura che l’artista prende le qualità e le conoscenze indispensabili per una buona riuscita nella professione. Molto simili nelle intenzioni, seppur con diversa forma retorica, sono le immagini delle Life Classes alla Royal Academy o della Antique Academy alla Old Somerset House nella Inghilterra del Settecento.

Edward Francis Burney, 1775, The Antique Academy at Old Somerset House (Royal Academy of Arts, London, 03/7485)

Veneri accovacciate, Apolli del Belvedere, Ercoli Farnese o Cavaspina: i modelli sono riconoscibilissimi, calcati, riprodotti, miniaturizzati, e di là nuovamente copiati e ricopiati. L'importanza del loro exemplum si rifrange un po' ovunque e si diffonde capillarmente proprio grazie agli esasperanti esercizi di disegno imposti per far pratica ai giovani allievi: “L’è dura questa arte” leggiamo scritto in un cartiglio di un dipinto di Bernardo Licinio presente alla mostra Portable Classic che raffigura il pittore con i suoi studenti. Le repliche portatili, che nella loro moltiplicazione confermano e ribadiscono l'auctoritas degli esemplari antichi, tornano a comparire anche come attributi iconografici propri del ‘vero’ artista, così come si rappresenta lo stesso Baccio Bandinelli nella metà del Cinquecento, o del ‘vero’ conoisseur nella metà dell’Ottocento.

Anonimo da Baccio Bandinelli, Self-Portrait of Baccio Bandinelli, 1548 (Katrin Billinger collection, inv.no. 2003-020); Desflasches, The Connoiseur, 1850 (Katrin Billinger collection, inv.no.1997-020)

Altro aspetto su cui getta luce la mostra londinese è il sentimento che provoca nell'artista il confronto con l’Antico: l’opera più raffinata della mostra è forse il disegno in cui Federico Zuccari ritrae il fratello Taddeo nel cortile del Belvedere mentre, completamente preso e concentrato, riproduce nel suo taccuino il Laooconte da poco ritrovato nel 1506. Una grande calma e un grande senso di tranquillità dominano la scena, mentre l’artista è immerso nel suo dialogo muto con l'Antico come un interlocutore degno di interrogarlo e attento a riprodurlo: è lo stesso, positivo, senso di fiducia nelle attività umane condotte con pratica diligente e studio costante che Federico Zuccari insegnava agli allievi della sua Accademia di Disegno. Lo scenario di Roma si qualifica grazie ai segni dell'Antico: in primo piano del fondale, oltre al gruppo del Laocoonte, la statua dell’Apollo, la coppia del fiume Nilo e del fiume Tevere, e più in lontananza, a definire in senso tutto archeologico lo skyline della città, i monumenti-simbolo: la colonna Traiana, il Pantheon e il Mausoleo di Augusto.

Federico Zuccari, Taddeo in the Belvedere Court in the Vatican Drawing the Laocoon, 1595 (The J. Paul Getty Museum, Los Angeles, 99.GA.6.17)

Henry Fuseli, The Artist Moved by the Grandeur of Antique Fragment, 1778-79 (The Kunsthaus, Graphische Sammlung, Zurich, inv. no.1940/144); William Daniels, Self-Portrait with Casts: the Image seller, 1850 (Katrin Bellinger collection, inv. no. 2005-016)

Un ampio stacco cronologico, e una ancor più ampia distanza ideologica, dividono quest’incisione da un’altra opera in mostra: nel toccante disegno di Henry Fuseli, L’artista commosso dalla grandezza degli antichi frammenti, una figura maschile, forse il pittore stesso, è raffigurato in postura affranta e disperata mentre accarezza il piede colossale di Costantino dei Musei Capitolini di Roma, quasi fosse la reliquia di un caro estinto. Lontanissima, irraggiungibile e irripetibile è la magnificenza della Roma dei Cesari, e all’artista contemporaneo resta solo la possibilità di rimpiangere quanto il tempo e la storia hanno distrutto, deplorando la miseria della sua condizione del tutto inadeguata rispetto a un passato tanto sublime. La positiva fiducia dell'homo faber rinascimentale ha ceduto il posto al titanismo, che si rivela anche nell'atteggiamento ambivalente del primo Romanticismo nei confronti del classico, recepito non più soltanto come irrinunciabile e prescrittivo canone estetico-formale – cui anzi si guarda, in molti casi, in chiave polemica – quanto come inesauribile fonte di valori espressivi che fanno appello alla sfera emotiva e di manifestazione del pathos.

Tra i disegni esposti corre però anche una sottile vena di autoironia quando dal sentimento di nostalgica "distanza" dell'Antico, l'artista passa alla divertita smania della "conoscenza" – parafrasando la distinzione nei modi di ricezione dell'antico proposta da Salvatore Settis in un suo importante saggio (in Memorie dell'Antico, Einaudi 1986). Proprio a Fuseli si può forse attribuire una illustrazione satirica – altrimenti anonima – in cui il modello di una classe di disegno dall’antico è divenuto l’insegnante stesso: nel mirino è la pedanteria e il narcisismo dello stile accademico che finisce per fare filtro alla visione delle stesse opere (Anonymous British School, XVIII sec., A View of the Antique Academy in the Royal Academy, 1790ca, cat. 26). Da parte sua, William Daniels si autoritrae come un giovane bohemien nella posa di un venditore che esibisce il suo repertorio di calchi e immagini antiche: nella Roma della fine del XVIII secolo dovevano esserci realmente artisti ridotti a fare i venditori di souvenir, intenti a cercare di vendere i loro serial/portable classics interrompendo le passeggiate tra le rovine dei viaggiatori colti del Grand Tour. Il soggetto macchiettistico sui vizi dell'artista, popolare in età vittoriana, sembra avere qui una particolare nota autoironica: l’artista si rappresenta come un venditore ambulante, gravato del peso dei suoi prodotti, repliche seriali dell'antico moltiplicate ormai a fini soltanto commerciali e interscambiabili con altri oggetti kitsch: un busto di Omero, piuttosto che un piccolo pappagallo Staffordshire, o una riproduzione della Nourrice di Joseph Willems – tutto insieme, anticaglie e mirabilia esposti alla rinfusa per soddisfare i gusti del cliente che farà la migliore offerta. Il dipinto di Daniels è collocato significativamente in chiusura della mostra: le copie portatili delle immagini antiche, da oggetti da bottega studiati e disegnati con impegno e pazienza e indirizzati all'occhio eletto dell'artista o dell'intellettuale, sono diventati souvenir pop accatastati sul vassoio del venditore. Anche da qui, però, la loro presenza continua a proiettarsi, in altre forme e per altre vie, sull’immaginario collettivo.

La tradizione dell’Antico è complicata di percorsi diversi, affastellata di oggetti e di memorie, ricolma di fantasie e di ossessioni come le stesse stanze dell’accademia-casa-museo di Sir John Soane. Per quanto si cerchi di impossessarsi di frammenti di Antico cumulando i pezzi fisici in una collezione o acquisendone esemplari per traslato, nel formato portatile del disegno o della replica in miniatura, la classicità ci illude di essere 'a portata di mano' ma in realtà non si lascia catturare se non mediante una sua evocativa, continua e plurivoca, reinvenzione. Come sapeva Novalis: “L’antichità non ci è data in consegna di per sè, non è lì a portata di mano – al contrario, tocca proprio a noi saperla evocare”.

William Pether da Joseph Wright of Derby, An Academy, 1772 (The British Museum, Departement of Prints and Drawings, London, 2010,7081.2228)

English abstract

The exhibition Drawn from the Antique: Artists & the Classical Ideal recently displayed at Sir John Soane’s Museum in London (25 June – 26 September 2015; curators: Adriano Aymonino and Anne Varick Lauder) examined how antique sculpture, from ancient Greece and Rome, has been one of the most important sources of inspiration to Western artists for the past five centuries, thus constituting an ideal prosecution of the exhibitions Serial/Portable Classics held in Milan and Venice (curators: Salvatore Settis and Anna Anguissola, Davide Gasparotto). Drawn from the Antique provides a thorough overview of the practice of drawing from ancient sculpture and the influence this has had on visual arts, from the Renaissance through to the Nineteenth Century. It is a practice crucial to the understanding and appreciation of European art, stemming from the classical ideal of the body, used in artistic teaching for half a millennium: antique sculpture in particular was considered to be the ultimate archetype for students to emulate and from which to draw inspiration. It is also a concept that lies at the heart of Sir John Soane’s collection, with his Grand Tour of Europe having an enduring influence on his long career. Drawn from the Antique begins by looking at images of early Italian academies in the Sixteenth Century, in which the Antique starts to appear in the form of statuettes or sculptural fragments. The exhibition proceeds to trace the varied approaches of Northern artists to canonical sculptures in Rome, and culminates in an exploration of the widespread use of plaster casts in Nineteenth-Century academies and their frequent appearance in domestic interiors, signaling the commercialization and further diffusion of the Antique. Drawn from the Antique comprises thirty-four drawings, prints and paintings, many of which have never been exhibited in the UK before, and include precious works by Baccio Bandinelli, Federico Zuccaro and Henry Fuseli.

 

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