"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

132 | gennaio 2016

9788898260775

Le Metamorfosi di Botticelli

Recensione di: The Botticelli Renaissance, Berlin, Gemäldegalerie, Kulturforum, 24 settembre 2015 – 24 gennaio 2016; catalogo a cura di Stephen Weppelman e Marc Evans, Hirmer, Berlin, 2015.

Clio Nicastro

English abstract

The Botticelli Renaissance nasce da una collaborazione tra la Gemäldegalerie di Berlino e il Victoria and Albert Museum di Londra, dove la mostra, con il titolo Botticelli Reimaigined, verrà trasferita da marzo a luglio 2016. Come noto, la galleria berlinese, parte dei musei statali della capitale tedesca (Staatliche Museen zu Berlin), ospita una delle collezioni più prestigiose al mondo di artisti europei dal XIII al XVIII secolo. Le opere di Botticelli sono una parte essenziale e cospicua della sezione rinascimentale che in occasione della mostra è stata ulteriormente arricchita con pezzi celebri provenienti da diversi paesi – tra gli altri Ritratto di giovane dalla National Gallery di Washington, La Bella Simonetta da Firenze, Madonna con bambino da Oxford e Il giudizio di Paride da Venezia – posti a confronto diretto con le opere contemporanee ispirate al pittore fiorentino. L’intento dei due curatori, Stephen Weppelman e Marc Evans, e del direttore generale degli Staatliche Museen, Michael Eissenhauer, è di cercare una risposta ad alcune domande centrali relative alla fortuna e alla ricezione di Sandro Botticelli che, ignorato dopo la sua morte, venne riscoperto e celebrato nell’Inghilterra dei Preraffaelliti per poi divenire icona pop nella New York di Andy Warhol. In realtà, ciò che sembra animare e legare le circa centocinquanta opere esposte negli spazi della galleria berlinese è un intreccio profondo tra le differenti sfumature del processo di 'rinascita'. In questo senso, adottare un approccio (per ovvie ragioni) warburghiano argina il rischio di recepire il delicato, anche quando apparentemente semplice ed evidente, dialogo tra le opere lontane nel tempo e nello stile, come una mossa commerciale per attrarre il grande pubblico.

Che le innovative tesi di Aby Warburg sul Botticelli (Warburg [1893] 2004, 77-161) abbiano segnato un punto di svolta metodologico e filologico nella la storia dell’arte è cosa nota, da un lato in merito alle vicende legate alla committenza della Primavera e della Nascita di Venere (Centanni 2013), dall’altro la nuova proposta interpretativa riconosceva nelle Stanze per la giostra di Poliziano – ispirate da diverse fonti antiche, fra le quali l’Inno omerico a Venere – il modello di riferimento dei due dipinti. Elementi provenienti dall’arte classica vengono ripresi non come mera ripetizione formale, ma condensandosi in quelli che Warburg chiama accessori in movimento (bewegte Beiwerke), come l’ondeggiare della capigliatura della Venere o il fluttuare delle sue vesti, divengono intensificazione di un moto esterno che cela dietro le sembianze di una medesima formula un significato patetico differente, le Pathosformeln.

Gustave Moreau, Nascita di Venere (1859)
Andy Warhol, Venere dopo Botticelli (1966)
Rineke Dijkstra, Beach Portraits (1992)

The Botticelli Renaissance sembra rispondere ad almeno tre processi di metamorfosi attraverso cui avviene la 'rinascita' di tali formule espressive. Il primo è individuabile nella copia con variazione, dell’intera composizione o dei singoli dettagli. La maggior parte delle opere della mostra risponde a questo paradigma. Dalle reinterpretazioni ottocentesche più ortodosse come Nascita di Venere (1859) di Gustave Moreau; La Nascita di Venere (1879) di William Bouguereau; The Mill: Girls Dancing to Music by a River (1879-82) di Edward Burne-Jones; La Nascita di Venere (1870?) di Arnold Böklin; passando per Venere dopo Botticelli di Andy Warhol che notoriamente ha reso la dea botticelliana un’icona pop; fino a giungere alle versioni più estreme e provocatorie (almeno nelle intenzioni) come La Rinascita di Venere (2009) di David LaChapelle e Nascita di Venere con Baci, Esselunga, Barilla, PSP e Easyjet (2012) di Tomoko Nagao o le ragazzine in riva al mare che assumono la posa della Venere nella serie fotografica Beach Portraits (1992) di Rineke Dijkstra. Sotto questa prima categoria possiamo ancora inserire il poster di Leonardo Bistolfi per la Prima Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna (1902), ispirato alla Primavera e che rivela emblematicamente nei motivi ornamentali dei drappi e delle vesti la stilizzazione dagli elementi pittorici del Botticelli acquisita nello stile Liberty.

La proposta warburghiana di attribuire alla sopravvivenza (Nachleben) di pattern e accessori del passato un valore espressivo sintomatico ha a che fare con l’idea che le trasformazione formali portino il segno del tentativo di congelare in una posa momentanea le energie primitive umane. Il gesto artistico è il processo per eccellenza che tiene attiva tale polarità riconfigurando sempre di nuovo i confini mobili del Denkraum der Besonnenheit (spazio del pensiero della sensatezza: Flach, Schneider, Treml 2014; Nicastro 2013), in cui il magma vitale diviene temporaneamente comunicabile.

La storia dell’arte come migrazione irrequieta di tali forme nello spazio e nel tempo ci conduce al secondo possibile paradigma di trasformazione che lega i materiali della mostra, forse il più interessante poiché al contempo orienta il visitatore in un percorso circolare ma non omogeneo dalla prima all’ultima stanza. Si tratta di una metamorfosi 'in cammino', in cui gli elementi presi in prestito da Botticelli vengono trasferiti su nuovi supporti – è il caso degli abiti disegnati da Elisa Schiapparelli o da Dolce&Gabbana – o riconnotati attraverso l’utilizzo di media differenti.

Bill Viola, The Path (2002)
Sandro Botticelli, La flagellazione di ruffiani e seduttori, illustrazione per la Commedia, Inferno XVIII, (1480 ca.)

Il video di Bill Viola The Path (2002) è in questo senso il più rappresentativo perché contiene al contempo possibili indicazioni per la fruizione. Il lavoro dell’artista statunitense costituisce uno dei cinque pannelli di Going Forth by Day, una video-installazione presentata nel 2002 nella galleria Deutsche Guggenheim di Berlino (oggi Kunsthalle Deutsche Bank) e costruita sul modello dei cicli di affreschi rinascimentali. Nel nome dell’opera Going forth by Day (l’uscita verso la luce), che riprende letteralmente il titolo del testo sacro dell’antico Egitto meglio conosciuto come Il libro dei morti, esplode la polarità tra apollineo e dionisiaco, soggetto esplicito di Viola di cui The Path si fa perfetta traccia in movimento. I cinque pannelli, ognuno della durata di trentacinque minuti circa e proiettati direttamente sulla parete in loop, simultaneamente e senza alcuna cornice o schermo, rappresentano il ciclo incessante di nascita, morte e rinascita che dall’oscurità conduce alla luce. E poi di nuovo, all’infinito.

La sequenza scelta dai curatori è una panoramica di un gruppo eterogeneo di individui che attraversano una foresta – per altro molto simile a quella dipinta da Botticelli nel Nastagio degli Onesti (1483) – in un cammino erratico senza fine: nello spazio, dal momento che vediamo solo una sezione del paesaggio e nel tempo mitico delle "cose che non avvennero mai ma sono sempre" (Salustio, Sugli dei e il mondo, IV, 8-26; vedi anche in Calasso 1988, 12). Tale circolarità escatologica viene riattivata e completata dalle illustrazioni di Botticelli per la Divina Commedia, i preziosi disegni provenienti dal Kupferstichkabinett che accompagnano il visitatore nell’ultima sezione della mostra interamente dedicata alle opere del pittore fiorentino.

Le opere d’arte, tornando ancora ad Aby Warburg, non sono dunque immuni ai principi che connotano il vivente e sarebbe riduttivo scrivere una storia dell’arte che prescinda dalle conseguenze dell’interazione tra rappresentazione e ambiente circostante: non solo infatti l’espressione artistica è il risultato sintomatico di un determinato momento storico – come intersezione tra macro e microcosmo storico – ma a sua volta influisce sull’esperienza del reale modificandola.

The Botticelli Renaissance racconta primariamente di questo potere effettivo e 'affettivo' sulla realtà, soprattutto in quello che mi pare riconoscibile come il terzo e ultimo modello di metamorfosi sotteso ai lavori della contemporaneità influenzati da Botticelli. Mi riferisco all’ibridazione, alla trasformazione senza spostamento che muta e stravolge i connotati fisici, visibile nei travestimenti e negli interventi sul corpo per somigliare alla Venere.

Cindy Sherman, History Portraits. Untitled #225 (1990) 
Ulrike Rosenbach, Reflexionen über die Geburt der Venus (1978) 
Salvador Dalì, Declaration of the Indipendence of the Imagination and the Rights of the Man to His Own Madness (1939)

È il caso di History Portraits. Untitled #225 (1990) di Cindy Sherman, Venus after Botticelli (2008) di Yin Xin, o 5th surgery performance  Operation opera (1994) di Orlan, così come dell’arte digitale inaugurata da Andy Warhol con Amiga 1000 Image after Sandro Botticelli, la cui cornice è proprio il primo Commodore, o all’animazione LCD del volto di Simonetta Vespucci proposto da Michael Joaquin in Grey between Simonetta (2011-2012). È poi soprattutto il video di Ulrike Rosenbach, Reflexionen über die Geburt der Venus (1978), a incarnare pienamente i caratteri estetici e politici che diverranno centrali per il movimento cyborg, ponendo al contempo l’attenzione su un altro tema essenziale su cui si fonda indubbiamente la mostra: la Venere di Botticelli come icona indiscussa della bellezza femminile. Nella video-performance del 1978, vediamo la Venere stagliarsi su uno sfondo nero, nuda in piedi sulla conchiglia. Il corpo della Rosenbach, inglobato in quello della Venere, comincia lentamente a ruotare su se stesso al ritmo di Sad-eyed Lady of the Lowlands di Bob Dylan e le due figure sovrapposte divengono alternativamente visibili/invisibili come il giorno e la notte.

Se quello della performer femminista è un atto di sabotaggio diretto ai canoni della bellezza della Venere modellati sul principio di armonia e imposti da uno sguardo maschile, in Declaration of the Indipendence of the Imagination and the Rights of the Man to His Own Madness (1939) Salvador Dalì profana la Venere innestando sul suo corpo cosparso di squame una testa di pesce, pur mantenendo la sua inconfondibile chioma. In risposta al rifiuto dell’opera da parte della New York World’s Fair del 1939, Dalì scrisse la celebre Dichiarazione di indipendenza dell’immaginazione (Dalì 1939) in cui invita a rompere con il conservatorismo e con la sacralità delle icone artistiche e a reinventare una nuova mitologia che corrisponda alla vera essenza e alla profonda espressione della realtà biologica di ogni individuo.

Quando Warburg sul finire dell’Ottocento, critico nei confronti del modello occidentale di una storia dell’arte estetizzante (Gombrich [1970] 1983), decide di avventurarsi nell’America degli Indios, va proprio alla ricerca del fondamento biologico dell’atto artistico grazie al quale è possibile comprendere il modo in cui "la vita nella sua tensione oscilli tra i due poli dell’energia naturale: istintiva e pagana da un lato, intellegibilmente strutturata dall’altro" (Warburg 2004, 88). In questa prospettiva la bellezza non è un assunto formale ma il risultato dell’alchimia tra sedimentazioni temporali e impulso creativo. Le immagini trasportano l’intero spettro delle passioni umane, un complesso gioco di forze che di volta in volta si struttura in reticoli energetici differenti, provocando improvvisi ritorni, intervalli o brusche fratture, in un alternarsi tra oblio e rinascita.

Karl Friedrich Schinkel, installazione, Uffizi, Firenze

La cornice vuota realizzata dall’architetto Karl Friedrich Schinkel, appesa su una parete nera accanto a una copia della Madonna del Magnificat, è una potente traccia delle polarità warburghiane. Un tempo era il supporto di Madonna con bambino e angeli con candele di Botticelli, oggi è una tappa tangibile di una storia delle assenze, ma anche della possibilità che il potere di un oggetto artistico venga riattivato dal contatto con gli altri. Per preservare il patrimonio della Gemäldegalerie di Berlino dagli attacchi aerei durante la Seconda Guerra Mondiale, più di quattrocentotrenta dipinti vennero trasferiti in un bunker nel quartiere di Friedrichshain, che durante gli ultimi giorni del conflitto, nel 1945, venne colpito dalle bombe e distrutto. L’incendio bruciò le opere di cui oggi rimangono soltanto le cornici che durante il trasloco nel bunker furono lasciate al loro posto nella galleria, dove invece non subirono i bombardamenti (alle opere del patrimonio dell’Isola dei Musei, distrutte e danneggiate nel 1945 nel bunker di Friedriechshain, è stata dedicata di recente la straordinaria mostra Das verschwundene Museum. Die Berliner Skulpturen- und Gemäldesammlungen 70 Jahre nach Kriegsende, Bode Museum – Berlino, 19.03.2015 – 27.09.2015).

Riferimenti bibliografici
  • Brosius 1997
    C. Brosius, Kunst als Denkraum: Zum Bildungsbegriff von Aby Warburg, Centaurus-Verlagsgesellschaft, Pfaffenweiler, 1997.
  • Calasso 1988
    R. Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia, Milano, 1988.
  • Centanni 2013
    M. Centanni, 26 aprile, giorno di primavera: nozze fatali nel giardino di Venere. Una rivisitazione della lettura di Aby Warburg dei dipinti mitologici di Botticelli, in Engramma n.105, aprile 2013.
  • Dalì 1939
    S. Dalì, “Declaration of the Indipendence of the Imagination under the Rights of Man to his Own Madness”, "The Art Digest", 1 August, 1939.
  • Flach, Schneider, Treml 2014
    Warburgs Denkraum: Formen, Motive, Materialen, a cura di S. Flach, M. Schneider, M. Treml, München, 2014.
  • Gombrich [1970] 1983
    E. Gombrich, Aby Warburg. Una biografia intellettuale, Milano, [1970] 1983.
  • Nicastro 2013
    C. Nicastro, “La Forma del Denkraum: tecnica e rappresentazione nella conferenza di Kreuzlingen”, in L. Russo (a cura di), Estetica e morfologia. Un progetto di ricerca, Palermo, 2013, pp. 45-50.
  • Warburg [1893] 2004
    A. Warburg, La Nascita di Venere e La Primavera. Un’indagine sulla rappresentazione dell’antico nel primo Rinascimento italiano, in Opere I.1, La rinascita del paganesimo antico e altri scritti 1899-1914, a cura di Maurizio Ghelardi, Torino, [1893] 2004.
  • Warburg 2004
    A. Warburg, Gli Hopi. La sopravvivenza dell’umanità primitiva nella cultura degli Indiani dell’America del Nord, Torino, 2004.
English abstract

The The Botticelli Renaissance exhibition, displayed in the Gemäldegalerie in Berlin from the 24th of September to the 24th of January, explores the broad and multifold reception of Sandro Botticelli in the History of the Arts. The two curators, Stephen Weppelman and Marc Evans, developed an idea of "Renaissance", that pinpoints its metamorphic features. Warburg’s interpretation of the Florentine painter is a conducive support in discovering three models of transformation, that link together the vast array of works inspired by Sandro Botticelli.

 

keywords | Metamorphosis; Botticelli; Exhibition; London; Warburg.

Per citare questo articolo: Le Metamorfosi di Botticelli, a cura di C. Nicastro, “La Rivista di Engramma” n. 132, gennaio 2016, pp. 79-85 | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2016.132.0001