"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

150 | ottobre 2017

9788894840261

Immagini di Auguste nei luoghi di culto domestici

Note per una ricerca

Maddalena Bassani

English abstract

Nell'ambito di un progetto di ricerca di recente concluso, dedicato al censimento e allo studio delle strutture e dei manufatti mobili per il culto domestico presenti in abitazioni di età romana del centro-Italia in corso di stampa (Bassani c.s., con ampia bibliografia di riferimento), è emerso un dato estremamente interessante e fin qui non indagato nel panorama di studi sui sacra privata: quello cioè relativo alla possibilità di riconoscere in alcune residenze di epoca imperiale, fra le immagini di dèi e di antenati divinizzati, anche statue, teste e ritratti di Imperatori e di Auguste all'interno degli spazi per le cerimonie sacre.

In effetti, a fronte dei ritrovamenti di iscrizioni, statue e busti di dinasti negli spazi pubblici dei municipi romani [1], che evocavano forme di omaggio e di celebrazione da parte delle comunità locali, la presenza di statue e ritratti di Augusti e di Auguste nelle domus e nelle ville non è stato oggetto di studi mirati, né tanto meno di quelle presenti negli spazi di culto domestici.

Pertanto, rinviando alla più ampia trattazione di tale tematica presentata nel lavoro più sopra citato, le pagine che seguono intendono proporre alcuni spunti di riflessione su tale fenomeno, che si presenta come un ambito di ricerca inedito e ancora in gran parte da analizzare. Verranno così proposti pochi ma significativi esempi di statue, busti e ritratti di personaggi femminili della casata imperiale attestati in abitazioni datate fra l'età augustea e il II secolo d.C., i quali si affiancano ad altri rinvenimenti in contesti domestici di immagini di Imperatori. Le statue e i ritratti delle Auguste, alla pari di quelle degli Augusti, sembrano in effetti aver veicolato forme di devozione, oltre che di omaggio, da parte di singoli nuclei familiari nei confronti di alcuni membri della domus Augusta, con i quali, si crede, i proprietari delle abitazioni considerate dovettero avere un rapporto privilegiato, da enfatizzare, quanto più possibile, in chiave autopromozionale.

1 | Pompei, Villa dei Misteri. Planimetria della residenza con evidenziato il vano di culto 25 (M. Bassani, Sacraria. Ambienti e piccoli edifici per il culto domestico in area vesuviana, Antenor Quaderni 9, Roma 2008, p. 200).

2 | Pompei, Villa dei Misteri. La statua di culto raffigurante Livia (o Istacidia Rufilla) come sacerdotessa (M. Bassani, Sacraria. Ambienti e piccoli edifici per il culto domestico in area vesuviana, Antenor Quaderni 9, Roma 2008, p. 201).

Livia

Un primo e pregnante esempio viene da Pompei, nella famigerata Villa dei Misteri [2]. Qui, com'è noto, fra i numerosi ambienti della ricca residenza si segnala il vano 25, collocato nel settore rustico e affacciato sul peristilio tramite il vano di disimpegno 26 [Fig. 1]: di planimetria mistilinea e di ampie dimensioni, il locale era in fase di ristrutturazione al momento dell'eruzione, come hanno chiarito gli scavi di metà Novecento. Esso doveva essere destinato a sacrario domestico per via della presenza di un accumulo di marmi rinvenuti al suo interno, che erano pertinenti, oltre che alla decorazione delle superfici, anche a un'aedicola cultuale, simile ai molteplici tempietti in miniatura ben attestati a Pompei e in altre abitazioni dell'impero romano. Questi ultimi potevano essere presenti sia negli spazi 'pubblici' delle abitazioni romane, come gli atrii o i peristilii, sia entro veri e propri ambienti cerimoniali, com'è il caso del sacrario nella Villa dei Misteri.

Si ritiene che proprio all'interno di questo ambiente dovesse essere collocata una statua marmorea a grandezza naturale raffigurante una figura femminile capite velato, in origine probabilmente policroma [Fig. 2]. Infatti, nonostante essa sia stata trovata nel settore del peristilio prossimo al vano, è altamente probabile che la statua fosse collocata o nell'abside o al centro del sacrario, in posizione preminente, per ricevere adeguate forme di celebrazione e di culto. In base all'iconografia della testa-ritratto si suppone che la statua raffigurasse Livia in vesti sacerdotali, anche in considerazione dell'ipotesi di M. Della Corte che aveva attribuito la villa proprio alla famiglia imperiale se non allo stesso Augusto (Della Corte 1954, 349-357). Tuttavia, poiché nell'ultima fase di vita di Pompei la villa passò agli Istacidii, non si può escludere che la statua rappresentasse Istacidia Rufilla ritratta come Livia.

Da un punto di vista cronologico, la statua è datata, come il vano, all'età augustea, mentre la testa sembra risalire all'età tiberiana.

3 | Lucus Feroniae, Villa dei Volusii Saturnini. Planimetria della residenza con evidenziato il vano di culto 41 (M. Bassani, Sacra privata nell'Italia centrale. La documentazione archeologica, Antenor Quaderni 40, Padova c.s., p. 300).

4 a-c | Lucus Feroniae, Villa dei Volusii Saturnini. La statua di culto raffigurante Agrippina Minore, con la probabile testa (a-b), e il busto forse di Sabina (c) (M. Bassani, Sacra privata nell'Italia centrale. La documentazione archeologica, Antenor Quaderni 40, Padova c.s., p. 303).

Agrippina Minore e Sabina

Pur se in peggiori condizioni, un'altra statua di grandi dimensioni pertinente a una probabile Augusta proviene da un secondo sacrario assai noto, quello della Villa dei Volusii Saturnini a Lucus Feroniae [3]. Anche in questo caso l'ambiente, segnato in pianta con il n. 41, era di dimensioni considerevoli e risultava riccamente decorato sulle superfici, come attesta il mosaico pavimentale geometrico-floreale qui presente [Fig. 3]: accessibile dal settore rustico della villa, esso era provvisto di numerosi indicatori di culto - un altare, una tavola, un sedile, due basamenti, due iscrizioni celebrative, nonché statue e ritratti di alcuni dei più importanti antenati della famiglia. All'interno del sacrario si rinvenne pure una statua femminile interpretata come Agrippina Minore, la cui testa è stata riconosciuta nel manufatto trovato nel medesimo contesto in mediocre stato di conservazione [Fig. 4 a-b]; se effettivamente presente, l'Augusta, scolpita secondo canoni tardo-classici, doveva enfatizzare il prestigio e la sacralità di quel particolare ambiente cultuale, occupando una posizione di rilievo. Pealtro, non è da escludere che nel sacrario 41 dovesse trovare posto anche il ritratto femminile interpretato pur dubbiosamente come pertinente a Sabina, consorte di Adriano, trovato negli immediati pressi del vano al momento dello scavo [Fig. 4c].

Con tali presupposti, dunque, qualora siano veritiere le ipotesi interpretative riportate, le immagini delle Auguste fin qui ricordate appaiono non come semplici elementi decorativi che potevano abbellire le ville dei nobili romani, ma veri e propri signa, che forse non a caso furono trovati all'interno di particolari locali domestici preposti alle cerimonie rituali. E un dato che pare importante evidenziare è quello relativo al tipo di culto che nel sacrario 41 si doveva celebrare: l'assenza di riferimenti ai Lari, l'enfasi riservata ad alcuni maiores della famiglia, la collocazione del sacrario nell'area servile della villa, consentono di ipotizzare che il locale fosse destinato al culto degli antenati cui si associava esplicitamente un culto per alcuni membri della casata imperiale, con evidenti intenti autocelebrativi. Non è altresì possibile escludere che in quel medesimo spazio sacro potessero avere luogo forme di venerazione verso soggetti del pantheon tradizionale, le cui imagines non erano più presenti al momento dello scavo.

5 | Massaciuccoli (LU), Villa dei Venuleii. Planimetria della residenza e della vicina mansio (M. Bassani, Sacra privata nell'Italia centrale. La documentazione archeologica, Antenor Quaderni 40, Padova c.s., p. 290).

6 a-b | Massaciuccoli (LU), Villa dei Venuleii. Disegno della statua attribuita a Claudio e veduta del busto di Poppea (M. Bassani, Sacra privata nell'Italia centrale. La documentazione archeologica, Antenor Quaderni 40, Padova c.s., p. 291).

Poppea

I contesti pompeiano e laziale rappresentano quindi punti di partenza imprescindibili per tentare di comprendere anche altre realtà meno documentate dell'Italia antica, nelle quali sembra più difficile ricostruire l'articolazione degli spazi per il culto domestico e i relativi manufatti mobili.

Si consideri la documentazione relativa alla Villa di Massaciuccoli, in Toscana, articolata in due settori e scavata a più riprese a partire dal Settecento [Fig. 5] (Ciampoltrini 1994; Ciampoltrini 1998; Bueno 2011, 105-106). Nella porzione padronale è stata trovata parte di una statua, ora perduta, di un personaggio identificato come un imperatore, probabilmente Claudio, riconscibile grazie a un disegno realizzato al momento della scoperta; nello stesso contesto si rinvenne pure un'altra statua di un esponente maschile, forse un membro dei Venuleii, possidenti del fundus in cui erano la villa e la mansio. Il secondo settore della proprietà, infatti, era adibito a stazione di sosta ed è da qui che si recuperò un ritratto femminile identificato come Poppea, moglie di Nerone [Fig. 6 a-b]. Non si esclude tuttavia che in origine l'immagine dell'Augusta fosse collocata nel settore residenziale ed anzi, qualora tale ipotesi cogliesse nel segno, il busto di Poppea avrebbe fatto parte di un ciclo statuario appositamente realizzato all'interno della villa, di cui la statua di Claudio poteva essere una delle eikones più importanti. Se così fosse, le imagines dei dinasti giulio-claudii dovevano essere collocate in un vano specifico, come il sacrario 41 della Villa dei Volusii Saturnini: esso poteva essere preposto a svolgere i rituali della famiglia, tra i quali potevano essere compresi pure quelli in onore di alcuni membri della casata imperiale, cui gli stessi proprietari della residenza potevano in una certa misura associarsi.

7 | Rezé (Loira Atlantica). Disegno ricostruttivo della pseudo-nicchia cultuale (J. Santrot, Le petit monde du 'laraire' gallo-romain de Rezé (Loire-Atlantique), in Hommage à Jean Marcadé, “REA” 95 (1995), p. 284, fig. 2).

8 | Rezé (Loira Atlantica). Disegno ricostruttivo e veduta della pseudo-nicchia cultuale con le statuette ivi presenti (J. Santrot, Le petit monde du 'laraire' gallo-romain de Rezé (Loire-Atlantique), in Hommage à Jean Marcadé, “REA” 95 (1995), p. 284, fig. 1 a-b).

9 | Rezé (Loira Atlantica). Il busto di una Augusta dalla pseudo-nicchia cultuale (J. Santrot, Le petit monde du 'laraire' gallo-romain de Rezé (Loire-Atlantique), in Hommage à Jean Marcadé, “REA” 95 (1995), p. 284, fig. 3 a-c).

Una Augusta da una domus gallo-romana

I casi fin qui presentati coincidono con prodotti marmorei di livello attestati in abitazioni signorili della penisola italica, ma vi è traccia di una produzione minore destinata ad una committenza meno facoltosa, che poteva richiedere imagines di Augusti e di Auguste da esporre non in sontuosi sacraria privati, ma in più modeste nicchie cultuali realizzate nei più diversi ambienti domestici. È quanto si ricava da ritrovamenti ottocenteschi nella Loira Atlantica, in località Rezé, di cui è stata offerta una efficace disamina in anni recenti (Santrot 1993).

Qui, all'interno di un quartiere artigianale, oggetto di scavi non ben documentati, è stata individuata parte di un edificio a probabile destinazione privata. In esso è stata portata in luce una porzione di una pseudo-edicola con nicchia interna, di dimensioni medie, collocata su un basamento in muratura [Fig. 7]; tale basamento non doveva trovarsi a ridosso di un muro ma in una posizione visibile da tutti i lati, come lasciano intedere le tracce di colore rosso sul retro della pseudo-edicola [4].

All'interno della nicchia si trovarono diversi manufatti cultuali [Fig. 8 a-b]. Sul fondo erano due statuette fittili di divinità femminili, interpretate come dee-madri: quella di destra, vestita con una lunga tunica, era accompagnata da un fanciullo, sulla cui spalla la dea riponeva la propria mano sinistra; la statuetta di sinistra, invece, vestita con un lungo manto riccamente decorato anche sul retro, recava con entrambe le mani una ghirlanda. Al momento della scoperta davanti a quest'ultima era posizionato un cagnolino seduto sulle zampe posteriori, dalla chiara valenza tutelare.

In mezzo alle due divinità, in posizione preminente, era posto un busto femminile in terracotta di grandi dimensioni rispetto alle altre statuette, se si considera che da solo era alto 0,19 m e con il basamento 0,23 m [Fig. 9]; valutato di buona qualità, dal punto di vista stilistico esso presenta un'accurata acconciatura propria di una delle Auguste vissute fra il regno di Traiano e quello di Adriano (Plotina, Matidia, Sabina).

Completavano il gruppo di imagines altre due statuette in calcare. La prima raffigurava una divinità seduta in trono, acefala ma riconoscibile come un'altra dea-madre per la presenza di un infante sulle gambe; portava una tunica con larghe maniche e tre insolite fibule, una sul suo seno destro, le altre due sulle spalle, che stilisticamente sono state interpretate come prodotti della prima età imperiale. La seconda statuetta in calcare era di un porcellino (o di un cinghiale), posto su basetta e collocato al di fuori della nicchia, quasi a proteggere l'intero gruppo di divinità: tale posizionamento può ben spiegarsi considerando che questo animale, nella cultura gallo-romana, occupava una posizione di rilievo non solo in quanto simbolo di fertilità e di ricchezza, ma soprattutto perché costituiva uno dei più importanti elementi dell'alimentazione (Giacobello 2008; Van Andringa 2009). Lo dimostrano le tante pitture lararie dove il porco o è raffigurato come vittima da sacrificare, oppure compare in parti già preparate per il consumo, sotto l'auspicio delle divinità protettrici del nucleo familiare.

Il busto di una Augusta nel mezzo delle statuette cultuali della pseudo-edicola di Rezé rappresenta quindi una prova tangibile del ruolo centrale che potevano rivestire anche le consorti degli imperatori fra le divinità venerate a livello domestico, se pur in un contesto privato medio-basso quale doveva essere quello cui perteneva il monumento cultuale di Rezé.

10 | Kos, Edificio privato. Gruppo di statuette in bronzo per il culto domestico tra le quali spicca un busto di Caracalla (A. Kaufmann-Heiniman, Götter und Lararien aus Augusta Raurica. Herstellung, Fundzusammenhägen und sakrale Funktion figürlicher Bronzen in einer römischen Stadt, Augst 1998, 308, p. 275).

Spunti di riflessione e prospettive di ricerca

La casistica fin qui ricordata potrebbe essere considerata di scarso valore documentario e liquidata come un insieme di banali tracce di omaggio ai regnanti piuttosto che come attestazioni di un culto imperiale, se non fosse che pressoché tutti i casi citati sono riconducibili a spazi sacri chiaramente interpretabili come tali, data la presenza di molteplici indicatori cerimoniali. Inoltre, se si considerano gli altri esempi di rinvenimenti di busti e di statue di imperatori in abitazioni di età imperiale, cui si è avuto modo di dedicare diverse pagine nel volume citato in apertura (Bassani c.s.), si rafforza l'ipotesi che nelle case romane potessero trovare posto fra le divinità venerate non solo immagini di dèi e di antenati, ma anche quelle di Augusti e di Auguste.

Infatti, la pur esigua casistica proposta ha evidenziato come questi reperti potessero essere collocati a fianco di immagini di divinità e/o di maiores divinizzati (i divi parentes), essendo percepiti a tutti gli effetti come protettori del nucleo familiare alla pari degli altri soggetti divini tutori delle famiglie. Lo dimostrano per un verso le imagines di Agrippina Minor e di Sabina collocate a fianco delle statue e dei busti degli antenati nella villa dei Volusii Saturnini a Lucus Feroninae, per un altro le statuette delle dee-madri e degli animali sacri che circondavano il busto di una Augusta da Rezé. Il dato sembra comprovato pure dalle statuette di divinità in bronzo che accompagnavano un bustino di Caracalla, sempre in bronzo, trovate in una domus di Kos, che costituivano un vero e proprio gruppo di statuette cultuali preposte ai sacra della famiglia che lì risiedeva [Fig. 10] (Kaufmann-Heiniman 1998, 308, Abb. 275).

Il rinvenimento fittile da Rezé testé menzionato consente altresì di sottolineare un aspetto non secondario, quello cioè relativo alla committenza che poteva richiedere simili oggetti cultuali. Accanto a prodotti di alto livello qualitativo, come i busti e le statue in marmo dalle residenze nobiliari che si è avuto modo di ricordare, è attesta anche una produzione in materiali più correnti, come la terracotta, che poteva essere accessibile a un pubblico di livello medio-basso come sembra quello dei proprietari dell'edificio di Rezé. In effetti, altrove si è avuto modo di richiamare una serie di testimonianze letterarie e materiali circa pratiche di devozione 'popolare' nei confronti dei membri della domus Augusta, ma anche le tracce di un commercio su vasta scala di manufatti raffiguranti proprio gli Augusti e le Auguste, con tutte le implicazioni che questo tipo di fenomeno poteva significare (Bassani c.s., in partic. 226 e ss.).

Basti qui ricordare, pur cursoriamente, uno scolio alle Satire di Giovenale, che riferisce di un commercio, a Roma, di statuette delle Agrippine nella porticus di Agrippa prossima alle terme di Traiano, in occasione dei Saturnali [5]:

(Et armatis opstat) casa candida nautis: 'casam candidam' illud significat, quod Romae in porticu Traianarum termarum tempore Saturnaliorum sigillaria sunt. tunc mercatores casas de linteis faciunt [quibus picturam obstruunt]. ideo autem dicit 'mercator Iason', quoniam antea in porticu Agrippinarum sigillaria proponebantur: in qua porticu historia Argonautarum depicta est, et casae, cum fierent, picturae obstabant.
Schol. Iuv. 6, 153-154

Dunque, secondo lo scoliaste nel mese di dicembre a Roma si potevano trovare banchetti di oggetti in terracotta o in cera che raffiguravano proprio le discendenti del genero di Augusto, Agrippa, gli Agrippinarum sigillaria. Si trattava, evidentemente, di oggetti di scarso valore commerciale, ma avvertiti come manufatti simbolici che venivano regalati a parenti e amici come doni votivi da utilizzare nelle cerimonie domestiche familiari.

E proprio in riferimento a tali pratiche cultuali private aventi per oggetto non solo le divinità del pantheon e gli antenati, ma anche personaggi imperiali, soccorre Ovidio, che in alcuni passi delle sue lettere dal Ponto offre una testimonianza estremamente interessante al riguardo. Si parta da un primo riferimento:

Redditus est nobis Caesar cum Caesare nuper,
quos mihi misisti, Maxime Cotta, dei;
utque tuum munus numerum, quem debet, haberet,
est tibi Caesaribus Livia iuncta suis.
Argentum felix omnique beatius auro,
quod, fuerit pretium cum rude, numen habet.
Non mihi divitias dando maiora dedisses,
caelitibus missis nostra sub ora tribus.
Est aliquid spectare deos et adesse putare,
et quasi cum vero numine posse loqui.
Ov., Pont. II 8, 1-10

Nei versi riportati Ovidio ringrazia l'amico Cotta per avergli inviato una serie di imagines di membri giulio-claudi cui lo scrittore intendeva prestare devozione: vengono ricordati Augusto, Tiberio, Livia, Germanico e Druso, ovvero i protagonisti della scena politica dei primi decenni del I sec. d.C. Ovidio, inoltre, chiarisce che erano in argento, dunque in un materiale prezioso e ben più costoso dei sigilla: e benché non specifichi di che tipologia di manufatti si trattasse, tuttavia è possibile immaginare che questi argenti fossero statuette di piccole dimensioni o rilievi, anche se altri hanno proposto di riconoscervi dei medaglioni [6].

Ancora, nessun dato è offerto circa lo spazio in cui queste imagines erano conservate: in un altro passo dell'opera Ovidio ritorna su questi manufatti cultuali dicendo che nella sua casa c'era un luogo sacro (sacrum) in cui "sono insieme il figlio pio e la sposa sacerdotessa, numi non inferiori a colui che ormai è divenuto un dio. / E affinché non manchi alcuna componente della casa, ci sono / entrambi i nipoti, uno a fianco della nonna, l’altro del padre":

Nec pietas ignota mea est: videt hospita terra in nostra sacrum Caesaris esse domo.
Stant pariter natusque pius coniunxque sacerdos,
numina iam facto non leviora deo.
neu desit pars ulla domus, stat uterque nepotum,
hic aviae lateri proximus, ille patris.
Ov. Pont. IV, 9, 105-110

Benché, come si diceva, non sia possibile esplicitare meglio la morfologia di quel sacrum, non sembra arbitrario immaginare che tale luogo coincidesse con un vero e proprio sacrario [7], in maniera simile ai casi di Lucus Feroniae o di Pompei, oppure con un monumento a sé stante, come la pseudo-edicola di Rezé. Ma qualunque fosse lo spazio sacro, nella descrizione di Ovidio sembra di una certa rilevanza la disposizione delle imagines: Livia e Augusto paiono occupare il centro della 'scena', di lato era invece Tiberio, mentre i nipoti erano collocati uno a fianco della nonna Livia, l'altro presso il padre. A tutti costoro Ovidio dice di rivolgere ogni giorno preghiere e suppliche alla pari di divinità come i Lari e altri soggetti divini, a testimonianza della sua pietas e del suo fervore devozionale (reale o fittizio qui non importa).

Infine, un ultimo dato sembra importante sottolineare, quello che afferisce alla descrizione dell'habitus di Livia, il solo che Ovidio si preoccupa di tramandare: l'Augusta era raffigurata come sacerdotessa e per quanto non possiamo stabilire quale fosse l'esatta iconografia di questa imago, è verisimile supporre che essa fosse ritratta secondo i 'canoni' fissati a corte e riprodotti infinite volte nelle statue e nei rilievi sparsi nell'impero. Che sono poi gli stessi utilizzati nella statua cultuale del sacrario della Villa dei Misteri a Pompei, da cui ha preso le mosse questo contributo, in cui il ruolo di Livia in chiave cultuale-sacrale si presenta come un dato altamente probabile.

In chiusura, allora, tanti sembrano gli spunti emersi da questa pur breve disamina e tante le prospettive di ricerca. È forse sufficiente concludere richiamando l'attenzione sulla necessità di avvicinarsi allo studio dei sacra privata con una metodologia nuova, capace di andare oltre il ben noto ambito dei cosiddetti larari, per indagare il fenomeno dei culti domestici a partire dallo studio di tutti gli indicatori rintracciabili in uno spazio residenziale. Basta, si auspica, aver delineato pur per sommi capi l'ampiezza di un fenomeno, quale quello del culto imperiale in ambito privato, che è stato finora ignorato perché considerato una pratica di esclusiva, e quasi ovvia, competenza pubblica: e ciò perché è mancata fin qui una prospettiva di indagine capace di indagare i sacra privata in tutte le loro differenti sfaccettature, al di là delle immagini dei Lari.

L'orizzonte che sembra delinearsi con tali presupposti è dunque molto più ampio e articolato di quanto si potesse immaginare: e il prosieguo della ricerca non potrà che ampliare la discussione e apportare nuovi e significativi dati su cui riflettere.

Note

1 | Fra gli ultimi lavori, cfr. gli atti del convegno Nuove ricerche sul culto imperiale 2008; gli atti del convegno La scultura romana dell'Italia settentrionale 2008 e in particolare il contributo di Slavazzi 2008; il volume miscellaneo Divinizzazione, culto del sovrano e apoteosi 2014. Si segnalano inoltre due articoli interessanti: uno dedicato al culto imperiale praticato da donne (Bassignano 2013) e l'altro, più strettamente afferente alla tematica qui trattata, relativo alla divinizzazione di esponenti femminili della casata imperiale rintracciabile nella documentazione numismatica (Morelli, Filippini 2014).

2 | Bassani 2008, 200-201. La villa, datata a partire dalla seconda metà del II sec. a.C., ha subito varie ristrutturazioni prima del 79 d.C.; il vano 25 misura 4,85x5,50 m ed era provvisto di un'ampia abside sul lato di fondo.

3 | Volusii Saturnini 1982; Bassani c.s., in partic. 299-304. La villa risale nel suo primo impianto al I sec. a.C., con una continuità di vita fino al V sec. d.C. Il sacrario 41 misura 6,5x5 m e subì vari rifacimenti.

4 | Secondo le ipotesi ricostruttive essa misurava circa 0,60 m di larghezza e una profondità di circa 0,32-0,34 m, con una altezza pari a circa 0,30 m. Sulla base di studi già proposti, si ritiene probabile che il monumento vada interpretato come una pseudo-edicola e non con un'edicola vera e propria, come proposto da Santrot, né che esso rappresenti un unicum, dal momento che questo tipo di arredi cultuali fissi trova chiari raffronti in area vesuviana e costituiva una soluzione meno costosa di quella prevista per un tempietto in miniatura (Bassani 2008, 25-26). Se, come sembra, tale ipotesi coglie nel segno, una pseudo-edicola poteva ben adattarsi a un edificio residenziale di livello medio-basso quale dovette essere questo, inserito nel quartiere artigianale.

5 | Cfr. ed. P. Wessner, Lipsiae, 1941. Ulteriori riferimenti bibliografici sul contesto topografico in Bassani c.s., 231-232.

6 | Così si legge nell'edizione Loeb 1988 curata da A. L. Wheeler, poi rivista da G. P. Goold (ivi 344).

7 | Come peraltro è proposto nell'edizione curata da L. Galasso per Mondadori (Milano 2008).
 

Bibliografia
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    M. Bassani, Sacraria. Ambienti e piccoli edifici per il culto domestico in area vesuviana, Antenor Quaderni 9, Roma 2008.
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    M. Bassani, Sacra privata nell'Italia centrale. La documentazione archeologica, Antenor Quaderni 40, Padova c.s.
  • Bassignano 2013
    M. S. Bassignano, Culto imperiale al femminile nel mondo romano, in F. Raviola (ed.), L'indagine e la rima. Scritti per Lorenzo Braccesi, Hesperìa, 30, Roma 2013, 141-187.
  • Bueno 2011
    M. Bueno, Mosaici e pavimenti della Toscana. II secolo a.C.-V secolo d.C., Antenor Quaderni 22, Roma 2011.
  • Ciampoltrini 1994
    G. Ciampoltrini, Gli ozi dei Venulei. Considerazioni sulle "Terme di Massacciuccoli", “Prospettive” 73-74 (1994), 119-130.
  • Ciampoltrini 1998
    G. Ciampoltrini, La "villa" di Massaciuccoli. Una proposta di lettura, “RassAPiomb” 15 (1998), 107-118.
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    M. Della Corte, Case e abitanti di Pompei, Pompei 1954.
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    T. Gnoli, F. Muccioli (eds.), Divinizzazione, culto del sovrano e apoteosi. Tra Antichità e Medioevo, DISCI 1, Bologna 2014.
  • Giacobello 2008
    F. Giacobello, Larari pompeiani. Iconografia e culto dei Lari in ambito domestico, Milano 2008.
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  • La scultura romana nell'Italia settentrionale 2008
    F. Slavazzi, S. Maggi (eds.), La scultura romana nell'Italia settentrionale. Quarant'anni dopo la mostra di Bologna, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Pavia 2005), Flos Italiae 8, Borgo S. Lorenzo 2008.
  • Morelli, Filippini 2014
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  • Van Andringa 2009
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  • Volusii Saturnini 1982
    M. Taliaferro Boatwright, M. Buonocore, F. Coarelli, L. Di Stefano Manzella, D. Manacorda, M. Medri, S. Panciera, M. Torelli (eds.), I Volusii Saturnini: una famiglia romana della prima eta imperiale, Bari 1982.
English abstract

In recent years, studies dedicated to domestic religion in the Roman world have proposed new approaches and methods for interpreting several indicators related to private cults. In fact, it is clearly necessary to consider not only the paintings or the statuettes of the deities of the most famous families, the Lares, already well known and studied, but also all other ritual tools, cult indicators and divine images attested in the different parts of the home. This study aims at presenting some data from the results of research performed in Roman houses in central Roman Italy and other sites of the Roman empire, and it will focus on a class of materials found in some surveyed houses that appear particularly interesting from an interpretative point of view: these are statues and portraits of Augustae found in specific sacred places, which could be tangible proof of forms of imperial cult carried out “privately”, attested also by some literary sources discussed in this study.

keywords | Domestic religion; Roman; Augustus; Lares. 

Per citare questo articolo / To cite this article: M. Bassani, Immagini di Auguste nei luoghi di culto domestici. Note per una ricerca, “La rivista di Engramma” n. 150 vol. 1, ottobre 2017, pp. 91-105 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2017.150.0027