"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

160 | novembre 2018

9788894840551

Città come teatro

Presentazione delle giornate di studi

Maria Ida Biggi, Monica Centanni, Maurizio Ghelardi

English abstract

Giacomo Franco, Il nobilissimo teatro deto Il Mondo [...], tratto da Habiti d’huomeni et donne venetiane [...], Venezia 1597.

Architetture effimere, monumenti e città 'travestite' all'antica, fogge dei costumi e accessori alla moda ispirati a una idea di classico spesso del tutto fantasiosa ma vivace e variopinta. Il primo scenario della rinascita della passione l’antico, già alla fine del XIV secolo, sono le cerimonie pubbliche e le feste del calendario liturgico e profano: una reinvenzione vitale e originale, ibridata con retaggi cavallereschi medievali. È proprio in quella cornice, come capitolo imprescindibile del nuovo genere di ritualità civile della festa, rinasce anche il teatro. Un teatro che reinventa ex novo testi ma anche spazi e soluzioni drammaturgiche, ma che tuttavia si vuole programmaticamente collegato a una ripresa del teatro antico.

La festa – ci ha insegnato Jacob Burckhardt – è il modo in cui, nelle città italiane, insorge e si concretizza in costumi, corpi, architetture (spesso effimere), figure l’idea di un Rinascimento dell’antico. Anche Aby Warburg cita più volte come paradigmatica la celebre definizione di Burckhardt: “Le più alte manifestazioni di festa in Italia costituiscono un autentico trapasso dalla vita all’arte” (Warburg, Grundlegende, 23 marzo 1899, 133). Il termine “Festwesen” costituisce per Warburg una parola chiave. Come mostrano i numerosi appunti conservati sotto questa denominazione lo studioso amburghese, come aveva già intesso Burckhardt, indica quel processo che a partire dal Rinascimento ha permesso di oggettivare in una seconda natura ‘artistica’ la tendenza antropormorfa:

Le feste si differenziano dalle altre arti drammatiche poiché è necessaria la connessione della creazione artistica con l’occasione pratica (lo stimolo sociale mimico). Il corteo, la processione, il trionfo che ha come scopo l’offerta sacrificale (Warburg, Grundlegende, marzo 1901, 147).

Lo stile assume per Warburg una doppia e complementare valenza: come stile di vita che è capace di superare la fobia antropomorfa, e come stile artistico, cioè come codice dell’espressione figurativa. Warburg ha esemplificato schematicamente in due frammenti rispettivamente del 1901 del 23 marzo 1899 la connessione tra festa e creazione di un nuovo stile rinascimentale:

Da Darwin, attraverso Filippino fino a Botticelli, attraverso Carlyle e Vischer, alle feste e agli Indiani [Hopi], e attraverso i Tornabuoni con Ghirlandaio di nuovo alla ninfa (Burckhardt [1860] 2006, 310).

Certo, per Warburg, Burckhardt ha sì “riportato alla luce la festa” ma ciò lo “ha costretto a riflettere su un frammento della vita elementare” al quale “temeva veramente di dar forma”, percependo la pericolosità della propria vocazione.

E ancora: “Lotta Festa Trionfo Cerimonia Regola Stile”. Mentre resta ancora inesplorato quel grosso fascicolo (di circa 200 pagine) intitolato “Festwesen” in cui Warburg aveva approfondito e articolato nel corso di diversi anni le sue riflessioni sul rapporta tra festa, sacrificio, cerimonia, regola e emergenza del nuovo stile artistico rinascimentale.

Ma la festa è anche qualcosa di ulteriore: è il dispositivo attraverso il quale la città si mette in scena, inventa le sue laiche liturgie, ridisegnando la pertinenza degli spazi pubblici e privati. In questo senso la festa è un esperimento primo di non solo di reinvenzione di modi e temi ispirati all’antico, ma di loro rielaborazione in senso vitale.

Il tempo della festa non è, come spesso si ripete, una sospensione della regolarità dei ritmi quotidiani, quanto piuttosto una intensificazione di quei ritmi e del sentimento stesso del tempo. Nella festa la ripresa di stilemi antichi è riattivazione di engrammi, richiamati alla vita dai repertori del passato – prima di tutto dagli archivi di Mnemosyne – per prestare le loro forme e i loro colori all’attualità. E il piacere della festa non è ‘divertimento’, non è vacuo e assoluto edonismo, ma esperienza corale e vitale di un entusiasmo che insegna la lezione della cittadinanza attiva. Di qui il suo legame costitutivo con la civiltà e la religiosità greca arcaica e classica.

“Prodotto della seconda natura umana”, la festa è realtà intensificata che pare seguire e rispettare le cadenze del calendario liturgico, ma che ‘disegna anche la città, lo spazio in quanto mette in crisi la partitura religiosa del tempo, inquietando la compostezza del rito. È il precipitato di quella convivenza di disciplina religiosa e nuovo assorbimento critico e al contempo il riemergere dell’Antico, punto centrale nella lettura che Aby Warburg – ma già in parte Jacob Burckhardt – avevano dato del Rinascimento.

E se il trionfo è la prima festa dionisiaca, proprio quel delirio dalla processione rituale che in antico era il corteo dionisiaco è il primo modello – faceto e insieme serissimo – delle prime feste all’antica nelle città italiane. Solo nel clima della festa che invade e fisicamente riveste/traveste la città, l’antico trova, in embrione, un campo di realizzazione, un accesso non erudito al suo spirito. La festa si fa, naturalmente teatro, perché innesca nella città non già l’evocazione di eruditi fantasmi dell’antico ma, come il teatro, l’impressione viva di una realtà aumentata. Come il teatro che dalle messe in scena all’antica trarrà i modi per la sua rinascita, la festa occupa lo spazio pubblico e lo risemantizza: è politica al grado superlativo.

Bibliografia
  • Burckhardt [1860] 2006
    J. Burckhardt, La Civiltà del Rinascimento in Italia. Un tentativo di interpretazione [Der Cultur der Renaissance in Italien, Basel 1860], a cura di M. Ghelardi, Torino 2006.
  • Warburg, Grundlegende
    A. Warburg, Grundlegende Bruchstücke zu einer pragmatischen Ausdruckskunde, ed. crit. a cura di S. Müller, trad. it. di M. Ghelardi, Pisa 2011.
English abstract

The city as a theatre. Festivals and processions in Italian cities and courts, between the fourth and sixteenth centuries. On the occasion of the second centenary of the birth of Jacob Burckhardt (Basel 1818-1897). Ephemeral architectures, monuments and cities 'dressed up' as ancient ones, fashionable styles and accessories inspired by an idea of classic that is often quite imaginative, but still lively and colorful.

The first scenario of the rebirth of passion for the ancient, as early as the end of the fourteenth century, are the ceremonies and feasts of the liturgical and secular calendar: a vital and original reinvention, hybridized with medieval chivalric heritages. It is precisely in that frame, as an unavoidable chapter of the new genre of civil ritual of the feast, the theater is also reborn. A theatre that reinvents ex novo texts, spaces and dramaturgy, but which often wants to be programmatically linked to a revival of ancient theater. In this panorama the case of Venice, but also the relations with the other centers of the Renaissance.

Keywords | Theatre: Festival; Venice.
 

Per citare questo articolo: Maria Ida Biggi, Monica Centanni, Maurizio Ghelardi, Città come teatro. Presentazione delle giornate di studi, “La Rivista di Engramma” n.160, novembre 2018, pp. 11-14 | PDF dell’articolo.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2018.160.0003