"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

170 | dicembre 2019

97888948401

Fortuna e sfortuna di una basíleia

Recensione a Lorenzo Braccesi, Olimpiade, regina di Macedonia. La madre di Alessandro Magno, Salerno Editrice, Roma 2019

Maddalena Bassani

English abstract

Carta da gioco con la raffigurazione di Olimpiade, da un mazzo di carte realizzate da Stefano Della Bella intitolato Carte da gioco per Luigi XIV, Regine famose, 1644.

Ricostruire e raccontare la storia di figure femminili di spicco nell'antichità greca e romana è cosa quanto mai difficile, perché ad esse gli storici classici e bizantini, tutti maschi, hanno dedicato notizie sovente deformate, vuoi per esaltarne il profilo di donne devote ai mariti e impegnate nel ruolo di mogli, madri, matrone esemplari delle casate nobiliari, oppure, al contrario, per amplificarne debolezze, errori, comportamenti anomali utili a presentarle come donne non allineate al cliché sociale del tempo. È pertanto un importante contributo quello che offre al pubblico Lorenzo Braccesi con il suo libro dedicato a Olimpiade, e lo è non solo per la ricchissima mole di informazioni presentate spesso ignorate dalla critica, ma soprattutto per aver collocato all'interno degli scenari internazionali le vicende di una regina consapevole della propria intelligenza e dei propri ruoli, ovvero determinata a giocare tutte le carte che la sorte le aveva concesso.

Nata principessa epirota in quanto figlia di Neottolemo della stirpe degli Eacidi, discendenti di Eaco, era sorella maggiore di Alessandro il Molosso, che da lei stessa venne posto sul trono d'Epiro e che fu poi investito del ruolo di conquistatore d'Occidente, pur senza riuscirci per la sopraggiunta morte improvvisa. Ma soprattutto fu moglie di Filippo II, che per primo tentò di realizzare un regno ellenico di profilo europeo (chiamò infatti Europa una delle figlie), divenendo madre del più grande conquistatore di tutti i tempi, Alessandro Magno, e quindi regina d’Epiro e di Macedonia.

Olimpiade fu dunque ‘molte cose’ e la lettura del libro, che si dipana in otto capitoli, consente al lettore di cogliere la personalità e la tempra della protagonista, come pure le sue azioni e, parzialmente – è ovvio –, i suoi disegni regali, attraverso una narrazione che interpreta in maniera programmaticamente discreta le testimonianze di storici e biografi di Filippo e di Alessandro.

La giovane principessa, alla corte d’Epiro, cresce con la consapevolezza di appartenere a una stirpe che vantava legami con uno dei massimi protagonisti del mito troiano, Achille, essendo questi il nonno di Eaco, capostipite eacide. Sviluppa inoltre fin dagli inizi un forte sentimento religioso che la avvicina ai culti misterici di Orfeo e soprattutto di Dioniso, dei quali diventa sacerdotessa; è inoltre devota al più famoso santuario oracolare epirota, quello di Zeus a Dodona, frequentato a livello internazionale e noto per i responsi dati mediante l’interpretazione del fruscio dei rami e delle foglie di quercia, voce autorevole del padre degli dei. Inoltre, a Samotracia, presso il santuario misterico dei Grandi Dei, incontra Filippo e ben presto ne diventa sposa.

La sua fede religiosa non si limita però a mettere in pratica rituali e a partecipare a cerimonie cultuali, si allarga piuttosto ad una piena conoscenza delle potenzialità delle piante, da cui è in grado di ottenere i pharmaka, nella duplice accezione di medicine e veleni. Una cultura altra e superiore rispetto a quella delle altre donne di corte la colloca pertanto fin da subito in una posizione di rilievo, potenziata vieppiù dalle sue inconsuete familiarità con le manifestazioni del divino, avvenissero esse mediante il fruscio delle foglie o l’apparizione di animali. Secondo una tradizione riferita da Plutarco (Alex. 2 3-6; Braccesi commenta il passo nel volume alle pp. 34-35), infatti, la notte prima delle sue nozze con Filippo un fulmine le colpì il ventre e dalla ferita le fiamme si sparsero per ogni dove. In seguito qualcuno vide giacere nel suo letto un serpente e le comparve un sigillo a forma di leone sulla pancia, segno che portava nel grembo un bimbo dalle potenzialità eccezionali, nato sotto gli auspici di Zeus (il fulmine e le fiamme) e di Dioniso (il serpente). Altre tradizioni riportate da Braccesi confermano ed enfatizzano il concepimento divino di Alessandro, il quale, com’è noto, ne fece un elemento caratterizzante della propria propaganda dopo il suo arrivo nell’oasi di Siwah e in procinto di compiere la spedizione in Oriente.

Olimpiade è quindi una regina dotata di un’aura mista di magia e di sacralità, dalla quale Filippo, è facile immaginarlo, era stato inizialmente affascinato, ma in seguito – c’è da credere – dovette prenderne le distanze, preferendo concubinaggi con donne meno impegnative e più accondiscendenti. Il matrimonio insomma si incrina ben presto ma ciononostante, secondo Braccesi, condivise da Olimpiade e Filippo dovettero essere le scelte educative per il giovane Alessandro, allevato ‘alla greca’ e circondato dai più illustri intellettuali del tempo, primo fra tutti Aristotele.

Il divario tra i due consorti si acuisce quando le strategie politiche di Filippo lo portano a ripudiare definitivamente la bella regina epirota in favore di giovanissime figlie di nobili macedoni, come Cleopatra/Euridice, mettendo così in discussione il ruolo regale di Olimpiade. La quale da un lato cerca di ritagliarsi un ruolo strategico nella sua terra d’origine favorendo l’ascesa al trono d’Epiro del giovane fratello Alessandro, detto il Molosso, legandolo alla Macedonia grazie a un matrimonio con la seconda figlia avuta da Filippo, Cleopatra. Dall’altro lato ella progetta e architetta, proprio in occasione del matrimonio della figlia, l’uccisione del marito: per punirlo, è probabile, dell’adulterio, ma soprattutto per assicurare al primogenito Alessandro una strada spianata al regno, sgomberando il campo da eventuali altri eredi derivanti dal secondo matrimonio di Filippo.

Il Capitolo III – nel quale si raccontano i fatti dell’assassinio del re di Macedonia e il successivo omicidio della giovane sposa Cleopatra/Euridice insieme alla figlioletta Europa – anticipa altresì un elemento centrale della vicenda, quello cioè del rapporto strettissimo tra madre e figlio, tra Olimpiade e Alessandro, che si rafforza dopo l’uccisione di Filippo. Tra i due infatti il legame è costante sia nel periodo che precede lo scontro con il Gran Re di Persia, sia durante gli anni della conquista (e dell’esplorazione) dell’Oriente: Braccesi dà giustamente grande risalto alle notizie relative al carteggio epistolare fra i due che è attestato da diversi autori, un carteggio che dovette essere fitto e cospicuo se costituì in seguito fonte di informazioni per gli storici e gli epitomatori delle imprese di Alessandro. Si intuisce così che Olimpiade, dopo essersi ritirata in Epiro alla morte di Filippo, mantiene con il figlio in Oriente uno strettissimo contatto epistolare, in cui per un verso gli dà conto delle azioni da lei praticate per contrastare l’arroganza dei nobili macedoni che aspiravano a esercitare un controllo sul trono di Pella. Dall’altro non si sottrae a suggerire ad Alessandro le strategie migliori per la propaganda ufficiale volta a presentarlo non più e non solo come figlio del defunto re di Macedonia, Filippo, ma come figlio di Zeus: il mutamento di prospettiva avviene, com’è noto, nel santuario oracolare di Zeus Ammon a Siwah, dove Alessandro apprende da un sacerdote la sua origine divina, già prefigurata dai signa manifestatisi al momento del suo concepimento e che accompagnano in seguito la sua infanzia e le sue prime imprese, compresa la traversata del deserto per raggiungere l'oasi – attualmente ai confini della Libia – dove si trovava il santuario profetico.

Olimpiade si fa dunque da tramite con gli dei, aumentando ulteriormente la linea di demarcazione fra il modello regale incarnato da Filippo e quello che si stava delineando con Alessandro: prescelta come compagna di Zeus e come sacerdotessa di Dioniso, la regina d’Epiro diviene in qualche modo garante dell’elaborazione del mito stesso di Alessandro Magno e partecipa della sua propaganda che ne fa un eletto divino, ad un tempo difensore della Grecità, ma anche successore del Gran Re di Persia e unificatore dei popoli di Oriente e di Occidente.

Nel contempo, Olimpiade non sembra mai perdere di vista anche la proiezione dell’impero in Occidente grazie all’impresa parallela del fratello Alessandro il Molosso, il quale nel frattempo si era mosso con un contingente cospicuo per portare aiuto alla grecissima Taranto, colonia spartana con un ruolo strategico di primo piano nella Magna Grecia di IV sec. a.C., assediata da ‘barbare’ popolazioni indigene. Ancora una volta Olimpiade ricorre al sacro per rafforzare e, si potrebbe dire, per blindare la spedizione del Molosso mediante la consultazione di un oracolo, quello di Dodona, un santuario, come ben ricorda Braccesi, che aveva da sempre svolto il ruolo di medium per le rotte occidentali dalla Grecia all’Italìa (come è ricordato alle pp. 72-77 del volume di Braccesi).

La conquista del Molosso finisce, si sa, tragicamente, e ciò pone la regina sul trono d’Epiro (Capitolo V): con il fratello ucciso in Occidente e il figlio impegnato in Oriente, Olimpiade assurge a una posizione centrale nello scacchiere politico nazionale e internazionale, e ciò le crea molti nemici, fra tutti Antipatro, reggente della Macedonia. Non si poteva accettare che una donna assumesse la guida di un regno, nonostante che dall’unione della figlia Cleopatra e del fratello Alessandro fosse nato un piccolo re, Neottolemo, nipote di Olimpiade. Pertanto, la situazione diviene difficilissima quando anche Alessandro muore, nel 323 a.C. (Capitolo VIII), in situazioni poco chiare, e comunque senza che fosse stato stabilito come e da chi l’immenso regno frattanto conquistato, dall’Indo all’Adriatico e dalla Tracia all’Egitto, dovesse essere governato, tanto più perché il figlio che Alessandro aveva avuto dal matrimonio con Rossane, figlia di un orientale, era troppo piccino per poter reggere un impero.

Gli ultimi anni di vita di Olimpiade sono quindi proiettati da un lato a consolidare la figura del figlio come Kosmokrator e come discendente di un dio, dall’altro a proteggere se stessa, la figlia, la nuora, i nipoti e i nobili di corte a lei fedeli dalle mire assassine dei diadochi di Alessandro, per primo da Cassandro, a cui era spettata l’Europa e quindi anche l’Epiro e la Macedonia. Il suo profilo di donna dotata di un’intelligenza fuori dal comune e di persona consapevole della propria statura regale emerge anche di fronte alla morte pilotata da Cassandro tramite sicari, cui Olimpiade va incontro con la freddezza e l’alterigia propria di una regina, accompagnata da due ancelle (nel volume di Braccesi alle pp. 137-138).

L’Olimpiade che ci restituisce Lorenzo Braccesi, scavando nei dettagli delle testimonianze scritte, è quindi una donna eccezionale, molto lontana dalle deformazioni che una certa ‘macchina del fango’ di matrice maschilista ci ha tramandato tentando di presentarcela come un’invasata dei misteri dionisiaci, succube dei propri estri. È stata la degna madre del più grande conquistatore del mondo antico, con il quale, non a caso, tutti i basilèis e gli imperatores successivi si sono confrontati, ed è merito dell’Autore di questo bel libro se oggi impariamo qualcosa di più su come le figure femminili dell’antichità hanno partecipato al turbinio della storia pur senza ricevere la giusta gloria che avrebbero meritato fin dall’inizio.

Del resto, Braccesi è maestro in questa linea di studi, come dimostrano gli altri volumi da lui pubblicati dedicati a Giulia, la figlia di Augusto (2012), ad Agrippina, figlia di Giulia nonché moglie di Germanico e madre di Caligola (2015), a Livia, la spregiudicatissima consorte dello stesso Augusto (2016), a Zenobia, regina di Palmira e forse amante dell’imperatore Aureliano (di quest'ultimo volume, vedi in Engramma la recensione pubblicata nel numero 162, gennaio/febbraio 2019).

Gli siamo dunque grati di aver scritto questa nuova biografia, che mancava nel panorama bibliografico di storiografia antica e che apre lo sguardo ad orizzonti fin qui ignorati.

English abstract

In recent years the studies dedicated to famous women in Greek and Roman ages have been enriched by the volumes of Lorenzo Braccesi, who proposed new detailed analysis on some eminent females in ancient Greece and in the Roman Empire. Among these figures the mother of Alexander the Great, Olimpias, represents the subject of the last book titled Olimpiade, regina di Macedonia. La madre di Alessandro Magno, Salerno Editrice, Roma 2019. The review aims at highlighting some aspects discussed in the volume by Braccesi, who drives the reader to discover the role of Olimpias in the national and international dynamics during the kingdom of her husband, Filippo II, and of her son Alexander the Great.

key words | Olimpias; Alexander the Great; Ancient Greece; Epirus

Per citare questo articolo: Fortuna e sfortuna di una basíleia. Recensione a Lorenzo Braccesi, Olimpiade, regina di Macedonia. La madre di Alessandro Magno, Salerno Editrice, Roma 2019, a cura di M. Bassani, “La Rivista di Engramma” n. 170, dicembre 2019, pp. 131-136 | PDF dell’articolo 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2019.170.0003