"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

68 | dicembre 2008

9788898260133

La presa di parola.

Note di Jacques Lacan sul Maggio francese

a cura di Giuseppe Cengiarotti

English Abstract

La recente edizione italiana degli interventi di Raymond Aron sul Maggio francese (R. Aron, La rivoluzione introvabile. Riflessioni sul Maggio francese, a cura di A. Campi e G. De Ligio, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2008) offre l’occasione di accostare le riflessioni del politologo francese alle parole pronunciate a caldo da Jacques Lacan nei giorni 8 e 15 maggio 1968 sospendendo il seminario, quell’anno dedicato a “L’acte psychanalytique”, che ad essi facevano riferimento. Lacan prese in effetti spunto da un articolo di Aron apparso su "Le Monde" leggendo quanto stava accadendo in una chiave diversa:

C'est un ami, M. Raymond Aron, qui a fait ce matin un article dans un journal qui reflète la pensée des gens honnêtes, et qui dit: ça se produit partout. Mais en disant ça, pour lui ça veut dire justement, ils sont partout un peu remuants; il faut que chacun les calme selon ce qui ne va pas dans chaque endroit; c'est parce que, paraît dans chaque endroit il y a toujours quelque chose qui va pas, que c'est à cause de ça qu'ils se remuent. Ça commence bien sûr, comme vous le savez, à Columbia, c'est-à-dire en plein New York (j'en ai eu des échos très précis tout récents) et puis ça va jusqu'à Varsovie, je n'ai pas besoin de faire la cartographie.

Raymond Aron                            Jacques Lacan

Il 15 maggio Raymond Aron aveva espresso su "Le Monde" un giudizio molto critico su quella che definì “révolution introuvable”, non solo per il suo carattere effimero – nonostante per qualche giorno sembrasse che avrebbe potuto rovesciare il governo di Charles de Gaulle e che ben presto rientrò nei ranghi, ma soprattutto perché mostrò di essere intimamente inconsistente e tale da non lasciare nessuna eredità alla storia. Il Maggio, sosteneva, non formulò vere proposte di riforma, ma assecondò la sua vocazione alla negazione assoluta in nome di una indeterminata “rivoluzione”, suscitando in lui “un’indignazione che supera tutte quelle che ho provato durante la mia esistenza […] non conosco un episodio della storia francese che mi dia allo stesso grado il senso dell’irrazionale”. Aron riconosceva tuttavia come causa del movimento un disagio reale, legato al mancato adeguamento dei salari, alla presenza di sacche di disoccupazione, alle inquietudini della media borghesia connesse ai processi di concentrazione, alla sempre più difficoltosa entrata dei giovani nel mercato del lavoro e ad una via via crescente disuguaglianza.

Pur a suo tempo fondatore con Jean-Paul Sartre di "Les Temps modernes" e successivamente editorialista con Albert Camus della rivista "Combat", l’approccio di Aron (che ebbe tra i suoi allievi Pierre Bourdieu e che fu autore nel 1938 di un importante studio di filosofia della storia, Introduction à la philosophie de l’histoire. Essai sur les limites de l’objectivité historique, Paris, Gallimard 1986) alla politica resta nel segno di una “comprensione storica” ispirata ad un liberalismo conservatore. Era assai distante sia dal discours de l’histoire di Roland Barthes (1967) sia dagli indirizzi di Michel de Certeau, che si sarebbero espressi di lì a pochissimo ne La prise de parole anche alla luce dell’insegnamento di Jacques Lacan, al cui entourage apparteneva (sarebbe stato primo membro della “Scuola freudiana” fondata da Jacques Lacan nel 1964).

Attenutosi alla parola d’ordine dello sciopero della S.N.E.S (il Sindacato nazionale dei docenti universitari), Lacan rifiutò di tenere il Seminario nei giorni 8 e 15 maggio. Se l’approccio di Aron agli eventi era di taglio diacronico, l’intervento di Lacan muove fin da subito da un presupposto diverso, essenzialmente sincronico: “il doit y avoir là un phénomène beaucoup plus structural; et puisque j'ai fait allusion à ce coin, à ce nœud, à ce champ, pour moi il est bien clair que les rapports du désir et du savoir sont mis en question, que la psychanalyse aussi permet de nouer ça à un niveau de carence, d'insuffisance qui est à proprement parler stimulée, évoquée par ces rapports qui sont les rapports de la transmission du savoir”.

Sul tema della trasmissione del sapere sarebbe intervenuto solo qualche anno dopo Jean Baudrillard, indicando nei fatti di Maggio il momento di una svolta radicale, quella dalla “produzione” (simulacro dell’età industriale succeduto alla contrefaçon rinascimentale e barocca) alla mera “riproduzione” (simulazione):

Elle a touché l’Université d’abord, et d’abord les Facultés del sciences humaines, parce que c’est là qu’il est devenu plus évident … qu’on n’y produisait plus rien, et qu’on ne faisait plus qu’y reproduire (des enseignants, du savoir et de la culture, eux-mêmes facteurs de reproduction du système général). C’est cela, vécu comme inutilité totale, irresponsabilité (“Pourquoi des  Sociologues?”), relégation, qui a fomenté le mouvement étudiant de 68  (Jean Baudrillard, L’échange symbolique et la mort, Paris, Gallimard 1976; tr. it. Lo scambio simbolico e la morte, Milano, Feltrinelli 1979)

L’intervento di Lacan, come di consueto indirizzato agli psicanalisti e solo a loro, muove dal rapporto di attesa venutosi a creare tra gli psicanalisti stessi e gli insorti, per cui se gli psicanalisti devono attendere qualcosa dall’insurrezione, l’insurrezione attende solo che gli psicanalisti all’occorrenza aiutino a lanciare quel pavé che, come le bombe lacrimogene, assume la funzione di oggetto “a” [ossia “il posto rivelato, designato da Marx come il plusvalore”, ndr]:

Mi sto sgolando a dire che gli psicoanalisti dovrebbero aspettarsi qualcosa dall’insurrezione: ve ne sono che ribattono: che cosa si aspetterebbe da noi l’insurrezione? L’insurrezione risponde loro: quello che ci aspettiamo da voi è che all’occasione ci aiutiate a lanciare il pavé.

I fatti del Maggio non sarebbero dunque mere turbolenze, come vorrebbe lasciar intendere Raymond Aron; al contrario, per Lacan siamo invece di fronte ad un fenomeno strutturale in cui vengono messi radicalmente in questione i rapporti tra desiderio e sapere. E il nodo alla base di tali rapporti e ai modi della trasmissione del sapere, sta alla psicanalisi stabilirlo, nei termini di un’esperienza di linguaggio fondata sulla mancanza che investe i rapporti tra i due sessi – ma in polemica con l’”energetica” di Wilhelm Reich, cui sembrava ispirarsi l’insurrezione alla città universitaria di Nanterre. E, invece, tutto accade come se gli psicanalisti non fossero mai esistiti. Gli psicanalisti, concludeva, non vogliono porsi all’altezza del loro compito. Prefigurando La prise de parole di Michel de Certeau:

Il faudra bien tout de même qu'il y ait des gens qui essaient d'être à la hauteur d'un certain type d'effets qui sont ceux qui étaient là, en quelque sorte, offerts et prédestinés à être traités par certains dans un certain cadre; si ce n'est pas ceux-là, c'en sera forcément d'autres, parce qu'il n'y a pas d'exemple que quand des effets deviennent un peu insistants, il faut tout de même bien s'apercevoir qu'ils sont là et essayer d'opérer dans leur champ.

In una recensione/resoconto di quel seminario (del 10 giugno 1969) si domandava se:

Irons-nous à interroger si c’est bien l’homme qu’un antiéros réduisait à une seule dimension qui dans l’insurrection de mai se distingue? […] Ce qu’on a cru épingler ici de la vertu d’une prise de parole, n’est qu’anticipation suspecte du rendez-vous qu’il y a bien, mais où la parole n’advient que de ce que l’acte était là. (Jacques Lacan, Autres écrits, Paris, Seuil 2001,381)

Se in un primo momento Lacan avviò un dialogo con Cohn Bendit, successivamente il giudizio sarebbe divenuto ancora più aspro, fino a diventare corrosivo e provocatorio (“Ciò a cui aspirate, come rivoluzionari, è un padrone. L’avrete”), non dissimile da quello espresso da un suo maestro, Kojève, che a sua volta aveva discusso con il leader tedesco Rudi Dutschke negando il carattere rivoluzionario del Maggio (Élisabeth Roudinesco, Jacques Lacan. Profilo di una vita, storia di un sistema di pensiero, tr. it. Milano, Raffaello Cortina 1995).


"...we’re only in it for the money" (1968)

“Voi siete il prodotto dell’Università e dimostrate di essere il plusvalore, non fosse che per questo – cosa a cui non soltanto acconsentite, ma a cui applaudite e non vedo in che cosa potrei farvi obiezione – che voi stessi uscite da lì, resi tali e quali a un tot di unità di valore. Venite qui, timbrati unità di valore [punteggio per la valutazione universitaria, ndr]”. Sarà Baudrillard a dire che “le capital, officialisant le discours de sa contestation, va redoubler son pouvoir derrière cette légalisation de l’économique et du politique”.

È da qui, dalla questione dei modi di trasmissione del sapere e dalla tensione ambivalente dell’evento-Maggio posta dall’intervento di Lacan, che avrebbe preso corpo la riflessione di Michel de Certeau ne La prise de parole (dell’ottobre 1968), secondo cui proprio gli eventi del Maggio vanno a investire tematiche ben più ampie, relative all’intera teoria della storiografia (“luogo di produzione intrinsecamente “politico” sin dal suo apparire) e della responsabilità dello storico (su cui vedi in "Engramma" n. 55, il contributo di Daniele Pisani, Carlo Ginzburg e Hayden White. Riflessioni su due modi di intendere la storia): l’etica della storia si configura infatti “dopo il Maggio” come un’”etica dell’alterità” che – in funzione del suo carattere ibrido, sempre correlato alla fiction – la distanzia dal dogmatismo dell’ethical turn (cui si può ricondurre lo stesso Aron) che la colloca ”dopo Auschwitz” (al riguardo si veda ora: "Discipline Filosofiche" XVIII, I, 2008, Sulla ‘traccia’ di Michel de Certeau. Interpretazioni e percorsi, con un intervento di Hayden White).

Se esso contesta il relativismo postmoderno, “che si presume indebolisca la nostra capacità di rispondere a negazionisti e revisionisti”, nella sua lettura del '68 de Certeau contesta il dogmatismo in nome del reale. Come nota Hayden White nel fascicolo citato:

de Certeau non tenta di restituire le voci e i discorsi dei dimenticati e anonimi della storia, perché non pensa che questo sia possibile. Ciò che egli immagina è una ‘storia’ in cui le lacune, i ‘tagli’, le ‘ferite’ e i silenzi delle masse saranno evocati in qualche equivalente storiografico della ‘via negativa’ seguita dal mistico nella sua ricerca dell’inconoscibile.

Allora, l’essenza di quella rivoluzione (solo) simbolica, ma sostanzialmente una vera rivoluzione culturale, utilizzando al rovescio i segni e l’intera simbologia dell’ordine costituito, ne mutava radicalmente il senso, saggiandone in tal modo (pur nella sua fragilità e precarietà) la possibilità, nell’attesa di nuove grammatiche capaci di dar luogo alla produzione di un effettivo cambiamento.




Jacques Lacan
Rencontre 15 mai 1968
l’intervento che viene qui di seguito pubblicato è tratto da
Jacques Lacan, Le Séminaire 1967-1968, “L'acte psychanalytique”

Il Seminario e il Maggio

Je suis venu aujourd'hui comme il y a huit jours, prévoyant qu'il y aurait ici un certain nombre de personnes, de façon à garder le contact. Pas plus qu'il y a huit jours le ne ferai ce que j'ai ici l'habitude de faire sous le nom de cours ou de séminaire, ceci dans la mesure où je me tiens au mot d'ordre de grève qui, je pense, à cette heure subsiste du Syndicat National de l'Enseignement Supérieur.
Cela, c'est une simple question de discipline. Ce n'est pas pour autant être, si on peut dire ce qui serait souhaitable, à la hauteur des événements. En vérité, ce n'est pas bien commode pour beaucoup. Comme quant à moi, je n'ai à m'occuper – je le souligne toujours depuis bien longtemps, ça n'est pas pour renier maintenant ce que j'ai toujours pris soin de répéter – que des psychanalystes, que je m'adresse aux psychanalystes, que c'est pour les psychanalystes que je crois soutenir depuis de nombreuses années – travail qui n'est pas mince, je dirai même jusqu'à un certain point que ça m'est une occasion de m'en apercevoir parce que le seul fait de n'avoir pas à préparer un de ces séminaires (puisqu'il était déjà préparé pour la dernière fois) je sens combien c'est allégeant pour moi.

Naturellement, ça ouvre la porte à toutes sortes de choses. Du même coup, je peux m'apercevoir de quelque chose que l'effort et le travail masquent toujours, à savoir mes insatisfactions; ça me donne l'occasion aussi peut-être de lire des articles que forcément je laisse passer comme ça, rien qu'à voir leur signature. Il faut lire les articles même des gens dont on sait d'avance ce qu'on peut attendre. Il m'est arrivé comme ça d'être très étonné. (Je parle d'articles de mes collègues, bien sûr!).

Porsi all’altezza degli eventi, l’Internazionale e il sentimento di comunità assoluta

Enfin, pour l'instant, pour être à la hauteur des événements, je dirai que, encore que les psychanalystes apportent leur témoignage de sympathie à ceux qui se sont trouvés pris dans des contacts assez durs, pour lesquels il convenait d'avoir – ce qu'il faut souligner – un très très grand courage, il faut avoir reçu, comme il peut nous arriver, à nous psychanalystes, la confidence de ce qui est ressenti dans ces moments là pour mesurer mieux, à sa plus juste valeur, ce que représente ce courage parce que du dehors, comme ça, on admire, bien sûr, mais on ne se rend pas toujours compte que le mérite n'est pas moins grand à ce que vraiment des gars à certains moments soient vraiment emportés par quelque chose qui est le sentiment d'être absolument soudé aux camarades, qu'ils expriment ça comme ils veulent, que ce qu'il y a d'exaltant à chanter l'Internationale au moment où on se fait matraquer, c'est cette surface; parce qu'évidemment, l'Internationale, c'est un très beau chant, mais je ne crois pas qu'ils auraient ce sentiment absolument irrépressible qu'ils ne peuvent pas être ailleurs que là où ils sont s'ils ne se sentaient pas portés par un sentiment de communauté absolue, là, dans l'action avec ceux avec qui ils sont coude à coude, c'est quelque chose qui devrait être exploré – comme on dit sans savoir ce qu'on dit – en profondeur.

Je veux dire qu'il ne me semble pas, pour revenir à nos psychanalystes, que le fait de signer, à ce propos, même si on est là aussi, très coude à coude (mais enfin ce n'est pas tout à fait de la même nature) on peut se mettre à 75 puisque c'est, paraît-il, le chiffre, disait-on hier soir, à signer un texte de protestation contre le régime et ses opérateurs (je parle de ses opérateurs policiers) bien sûr, c'est méritoire et on ne saurait détourner personne d'appliquer sa signature en bas d'une pareille protestation, mais c'est légèrement inadéquat, c'est insuffisant justement; si on signe ça tous, des gens venus de toutes les origines et de tous les horizons, très bien, mais signer au titre de psychanalystes – d'ailleurs très rapidement aussi ouvert du côté des psychologues – cela me paraît une façon assez aisée de faire ce que je disais tout à l'heure: de considérer comme s'être acquitté avec les événements.

Responsabilità degli psicanalisti e dell’Università

Il semble que quand il se produit quelque chose de cet ordre, d'une nature aussi sismique, on pourrai peut-être s'interroger quand on a eu soi-même une responsabilité; parce qu'enfin les psychanalystes, ça a eu une responsabilité dans, on ne peut pas dire l'enseignement puisqu'ils ne sont pas, aucun d'entre eux moi comme ça, sur les bords, sur la marge, aucun d'entre eux n'est à proprement parler dans l'Université, mais enfin il n'y a pas que l'Université qui est responsable au niveau de l'enseignement; peut-être qu'après tout on pourrait se dire que les psychanalystes ne se sont pas beaucoup occupés de ce qui pouvait pourtant de connoter aisément à un niveau de rapports qui, pour être des rapports collectifs, ne tombaient pas moins directement sous un certain chef, sous un certain champ, sous un certain nœud qui est le leur; essayons d'appeler ça sans trop lourdement insister sur le fait qu'après tout nous-mêmes, nous l'avons pointé, que quelque part, dans nos Écrits, il y a un texte qui s'appelle La science et la Vérité qui n'est pas complètement hors de saison, pour avoir une petite idée, qu'on ne saurait réduire ce qui se passe à ce que nous appellerions des effets de turbulence, un peu partout.

Desiderio e sapere: disseminazione del 68 come dato strutturale versus il giudizio di Raymond Aron

Il y a quelqu'un que je ne peux pas dire que je n'estime pas, c'est un de mes camarades, nous étions sur les mêmes bancs, avec des liens ensemble, et on a fait bien connaissance; c'est un ami, M. Raymond Aron, qui a fait ce matin un article dans un journal qui reflète la pensée des gens honnêtes, et qui dit: ça se produit partout. Mais en disant ça, pour lui ça veut dire justement, ils sont partout un peu remuants; il faut que chacun les calme selon ce qui ne va pas dans chaque endroit; c'est parce que, paraît dans chaque endroit il y a toujours quelque chose qui va pas, que c'est à cause de ça qu'ils se remuent. Ça commence bien sûr, comme vous le savez, à Columbia, c'est-à-dire en plein New York (j'en ai eu des échos très précis tout récents) et puis ça va jusqu'à Varsovie, je n'ai pas besoin de faire la cartographie; qu'on ne veuille pas au moins se demander, où tout au moins résolument qu'on écarte, comme c'est le sens de cet article, écrit d'un très bon ton, qu'il doit y avoir là un phénomène beaucoup plus structural; et puisque j'ai fait allusion à ce coin, à ce nœud, à ce champ, pour moi il est bien clair que les rapports du désir et du savoir sont mis en question, que la psychanalyse aussi permet de nouer ça à un niveau de carence, d'insuffisance qui est à proprement parler stimulée, évoquée par ces rapports qui sont les rapports de la transmission du savoir. En écho retentissent toutes sortes de courants, d'éléments, de forces comme on dit, toute une dynamique, et là-dessus je ferai allusion de nouveau à cet article que j'ai lu récemment. On insistait sur le fait que, dans un certain ordre d'enseignement – le mien pour le nommer – on négligerait la dimension énergétique.

Dimensione energetica e logica

J'admire beaucoup que ces énergétistes ne se soient pas du tout aperçus des déplacements d'énergies qui peuvent être là sous-jacentes; peut-être que cette énergie a un certain intérêt d'évocation théorique, mais de nouer les choses au niveau d'une référence logique et même logicienne, dans une occasion où on parle beaucoup de dialogue, ça pourrait avoir un certain intérêt.

En tout cas je pense, et je suis, il me semble, confirmé par l'événement dans le fait que trouver que là est le maniable, l'articulable de ce à quoi nous avons affaire, je n'ai pas tort d'y appuyer tant que je peux; là où on s'en passe, ou on croit même devoir s'en passer, où on parlera volontiers d'intellectualisation – c'est le grand mot comme vous savez – on ne fait pas preuve d'un particulier sens de l'orientation quant à ce qui se passe ni non plus d'une juste estime des poids en cause et de l'énergétique authentique et véritable de la chose.

Quel che ci si aspetta dagli psicanalisti

Je note en passant un simple petit épinglage pour information: nous avons eu dans une réunion de cette chose qui s'appelle mon École et qui avait lieu hier soir, une des têtes de cette insurrection, pas du tout une tête mal faite; en tout cas ce n'est pas quelqu'un qui se laisse berner ni non plus qui dit des choses sottes; il sait très bien répondre du tac au tac et quand on lui pose une question, je dois dire, assez touchante comme celle-ci.

"Dite-nous, cher ami, du point où vous êtes, qu'est-ce que vous pourriez attendre des psychanalystes ?" ce qui est vraiment une façon de poser la question absolument folle! Je suis en train de me tuer à dire que les psychanalystes devraient attendre quelque chose de l'insurrection; il y en a qui rétorquent: qu'est-ce que l'insurrection voudrait attendre de nous ? L'insurrection leur répond: ce que nous attendons de vous pour l'instant, c'est à l'occasion de nous aider à lancer des pavés!

Histoire d'alléger un peu l'atmosphère, je fais remarquer à ce moment là – c'est une indication discrète – qu'au niveau du dialogue, le pavé remplit exactement une fonction prévue, celle que j'ai appelée l'objet a. J'ai déjà indiqué qu'il y a une certaine variété dans l'objet a. C'est que le pavé est un objet a qui répond à un autre vraiment alors, lui, capital pour toute idéologie future du dialogue quand elle part d'un certain niveau: c'est ce qu'on appelle la bombe lacrymogène!

Le idee di Wilhelm Reich e la psicanalisi come esperienza di linguaggio

Laissons cela. Mais nous avons su en effet, de la bouche autorisée (qui s'est trouvée prendre évidemment un avantage immédiat sur ce qui aurait pu se dérouler autrement) que, au départ, tout ce qui s'est remué au départ dans un certain champ, et nommément à Nanterre (c'était vraiment une information) nous avons appris que les idées de Reich – vous m'en croirez si vous voulez, beaucoup de gens ici sont disposés à m'en croire puisque je le leur transmets, ça m'étonne mais c'est un fait – ont été pour eux frayantes, et ceci autour de conflits trop précis qui se manifestaient dans le champ d'une certaine cité universitaire. C'est quand même intéressant. C'est intéressant pour des psychanalystes par exemple qui peuvent considérer – moi, c'est ma position – que les idées de Reich ne sont pas simplement incomplètes, qu'elles sont foncièrement démontrables comme fausses.

Toute l'expérience analytique, si nous voulons bien justement l'articuler et non pas la considérer comme une espèce de lieu de tourbillons, de forces confuses, une énergétique des instincts de vie et des instincts de mort qui sont là à se coétreindre, si nous voulons bien mettre un peu d'ordre dans ce que nous objectivons dans une expérience qui est une expérience de langage, nous verrons que la théorie de Reich est formellement contredite par notre expérience de tous les jours.

Seulement, comme les psychanalystes ne témoignent absolument rien de choses qui pourraient vraiment intéresser tout le monde précisément sur ce sujet, des rapports de l'un à l'autre sexe, les choses dans cet ordre sont vraiment ouvertes, à savoir que n'importe qui peut dire n'importe quoi, et que ça se voit à tous les niveaux.

Il rapporto tra i sessi, gli psicanalisti e il Concilio

Je lisais hier – puisqu'on me laisse du temps pour la lecture – un petit organe qui s'appelle Concilium (ça se passe au niveau des Curés). Il y avait deux articles assez brillants sur l'accession de la femme aux fonctions du sacerdoce, dans lesquels étaient remuées un certain nombre de catégories, celle des rapports de l'homme et de la femme. C'est exactement, bien sûr, comme si les psychanalystes, là-dessus, n'avaient jamais rien dit; non pas, bien sûr, que les auteurs ne lisent pas la littérature psychanalytique; ils lisent tout; mais s'ils lisent cette littérature, ils ne trouveront absolument rien qui leur apporte quoi que ce soit de nouveau par rapport à ce qui se remue depuis toujours sur cette notion confuse: qui est-ce qui, de l'homme et de la femme, est, au regard de tout ce que vous voudrez, de l'Être, le plus supérieur, le plus digne et tout ce qui s'en suit. Parce que, enfin de compte, il est tout de même frappant que ce qui, par les psychanalystes, a été dénoté au niveau de l'expérience, a été par eux-mêmes si parfaitement bien noyé qu'en fin de compte c'est exactement comme s'il n'y avait jamais eu de psychanalystes.
Évidemment, tout ça est un point de vue que vous pouvez peut-être considérer comme un peu personnel. Il est évident que sous cette espèce de note par laquelle j'ai cru devoir ouvrir d'un certain ton une certaine publication qui est la mienne et qui est celle que j'accentue d'une dénotation que j'appelle échec, à savoir qu'à peu près tout ce que j'ai essayé, moi, d'articuler, et que, je dois le dire, il suffira qu'on ait un tout petit peu de recul pour s'apercevoir que non seulement c'est articulé mais que c'est articulé avec une certaine force, et que ça restera comme ça, attaché, comme témoignage de quelque chose où on peut se retrouver, où il y a un nord, un sud, un est un ouest, on s'en apercevra peut-être en somme quand les psychanalystes ne seront plus là pour le rendre, du seul fait de ce qu'ils en font, absolument sans portée.
En attendant, on signe des manifestes de solidarité avec les étudiants comme on le ferait aussi pareil, on, n'importe qui, dans une échauffourée, pourrait se faire tabasser.

Effetti insistenti: gli psicanalisti sapranno porsi all’altezza degli eventi?

Bref tout de même il y a ce quelque chose qui se réalise, quelque chose qu'on peut trouver bien écrite d'avance. J'ai dit que de toute façon, même si les psychanalystes ne veulent pas être, à aucun prix, à la hauteur de ce qu'ils ont en charge, ce qu'ils ont en charge n'en existe pas moins, et, de toute façon, ne s'en fera pas moins sentir dans ses effets – première partie de mes propositions, nous y sommes – et qu'il faudra bien tout de même qu'il y ait des gens qui essaient d'être à la hauteur d'un certain type d'effets qui sont ceux qui étaient là, en quelque sorte, offerts et prédestinés à être traités par certains dans un certain cadre; si ce n'est pas ceux-là, c'en sera forcément d'autres, parce qu'il n'y a pas d'exemple que quand des effets deviennent un peu insistants, il faut tout de même bien s'apercevoir qu'ils sont là et essayer d'opérer dans leur champ.
Je vous ai dit ça comme ça, pour que vous ne vous soyez pas dérangés pour ne rien entendre.

English abstract

This article presents the context of a lecture that Jacques Lacan delivered to listeners instead of holding his usual Seminar on May 15, 1968. The lecture reflected on contemporary events. 

keywords | Jacques Lacan; Mai 68

Per citare questo articolo / To cite this article: Giuseppe Cengiarotti (a cura di), La presa di parola. Note di Jacques Lacan sul Maggio francese, “La Rivista di Engramma” n. 68, dicembre 2008, pp. 36-46 | PDF dell’articolo