"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

8 | maggio 2001

9788894840063

Coincidentia oppositorum: il Tempio Malatestiano

Saggio interpretativo di Mnemosyne Atlas, Tavola 25

a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni e Katia Mazzucco, con la collaborazione di Sara Agnoletto, Maria Bergamo, Lorenzo Bonoldi, Giulia Bordignon, Claudia Daniotti, Giovanna Pasini, Alessandra Pedersoli, Linda Selmin, Daniela Sacco, Valentina Sinico

Materiali Tavola 25 | appunti di Warburg e collaboratori e didascalie

English abstract | English full version

“Così vediamo insieme l'influsso del mondo antico in ambedue le correnti, la [...] apollinea e la dionisiaca. [...] Da una parte Agostino di Duccio e Nietzsche, dall'altra Burckhardt e gli architetti: tettonica contro linea”.

Con queste parole Warburg, nello scritto del 1927 su Burckhardt e Nietzsche (pubblicato in italiano in “aut aut” nel 1984), ci fornisce una chiave importante per la lettura della tavola 25 di Mnemosyne. Il pannello si apre – tutta la prima riga del montaggio – con un omaggio all'architettura di Leon Battista Alberti nella sua creazione esemplare, l’incompiuto Tempio Malatestiano. La seconda riga allude all’altra tonalità dell'espressione artistica che il Rinascimento evoca dall’antichità, soprattutto ellenistica: la decorazione interna, opera di Agostino di Duccio (tra il 1447 e il 1457: il termine ante quem è l’inizio dell'impegno dell’artista a San Bernardino a Perugia, presente nella tavola, fig.14) è espressione dello spirito ‘dionisiaco’, chiamato ad abitare la rigorosa composizione dell'architettura 'classica'.

 

D’altra parte lo stesso Alberti non si limita alla costruzione del contenitore apollineo, ma interviene con i dettami teorici contenuti nel Trattato sulla pittura e probabilmente anche con suggestioni molto precise e puntuali, nella tonalità ‘dionisiaca’ dello stile decorativo dell’interno. Queste le parole di Warburg dal saggio del 1893:

Architetto della chiesa fu l’Alberti, che ne vigilò la costruzione fin nei singoli particolari; nulla impedisce di supporre che egli fosse l’ispiratore di quelle figure mosse secondo il suo intento. Per una delle figure femminili dei rilievi di Agostino di Duccio sulla facciata di San Bernardino a Perugia […] rispetto ai motivi delle vesti mosse […] sul bassorilievo più in alto a sinistra, [si è] fatto riferimento a un modello antico – un’ora veduta a tergo – che troviamo raffigurata sul noto cratere di Pisa.

E ancora:

La tendenza, che si manifesta chiaramente e in pari misura nella poesia e nel dipinto, a fissare i movimenti transitori nei capelli e nelle vesti, corrisponde a una corrente dominante nei circoli artistici dell'Italia settentrionale a partire dai primi tre decenni del Quattrocento, la quale trova nel Liber de pictura dell’Alberti la sua espressione più pregnante. [Il] passo dell’Alberti suona: “Dilettano nei capelli, nei crini, ne’ rami, frondi et veste vedere qualche movimento. Quanto certo a me piace nei capelli vedere quale io dissi sette movimenti: volgansi in uno giro quasi volendo anodarsi ed ondeggino in aria simile alle fiamme, parte quasi come serpe si tessano fra li altri, parte crescano qua et parte in là […]. A medesimo ancora le pieghe faccino; et nascano le pieghe come al troncho dell'albero i suo’ rami. In queste adunque si seguano tutti i movimenti tale che parte niuna del panno sia senza vacuo movimento. Ma siano, quanto spesso ricordo i movimenti moderati et dolci, più tosto quali porgano gratia ad chi miri, che meraviglia di faticha alcuna” […].

Il 'discorso' su ‘apollineo’ e ‘dionisiaco’ (H) continua nel bassorilievo di Francesco di Giorgio (fig. 22). Pur nella difficoltà di interpretazione del soggetto (in cui la critica ha creduto di riconoscere di volta in volta le Nozze di Piritoo, o genericamente una Scena dionisiaca) si ravvisa comunque la composizione di una tematica dionisiaca in una ambientazione albertiana: ovvero, nella polarità nietzscheana suggerita dallo stesso Warburg, soggetto ‘dionisiaco’ in ambientazione architettonica classicheggiante, cioè ‘apollinea’. La relazione tra incipit (la facciata del Tempio, fig. 1) e explicit (il dettaglio dell'angelo, fig. 29) conferma il dualismo indicato da Warburg tra i due modi di sentire l’antico: l’equilibrio e il rigore dell'architettura di Leon Battista Alberti e il “movimento dei capelli e delle vesti intensificato fino a diventare manierismo” dello stile scultoreo di Agostino di Duccio. Ancora, la giustapposizione delle ultime due immagini conferma l’insistenza del dionisiaco versus l’apollineo, qui tradotta in una diversa attitudine posturale: dalla compostezza della Musica (fig. 28) all’agitazione della ‘menade’ (fig. 29), la quale, però, propriamente menade non è: l'ultima immagine infatti è un particolare tratto da fig. 19, che inquadra l'immagine dell’angelo.

La figura dell’‘angelo-menade’ (I), posta in risalto dalla collocazione in chiusura del montaggio e dal raggruppamento delle figg. 15-19-20-21-29, ci rende accorti nel seguire un altro filo interpretativo: tutte le immagini della tavola – e in generale tutto il progetto architettonico e decorativo del Tempio – parlano di un meccanismo di sovrimpressione dell’antico su luoghi, tematiche e figure cristiane.

Nella tavola viene messo in evidenza uno slittamento confluente tra due direzioni di 'traduzione': dall’orizzonte classico a quello cristiano, e viceversa. Interpretatio christiana e interpretatio pagana. Il filtro dell'interpretatio christiana (C) fa incarnare all'angelo di figg. 19 e 29 i panni e la postura della menade; alla facciata della Chiesa di San Bernardino (fig. 14) fa assumere le linee compositive dell'architettura classica; alla donna che assiste al miracolo di San Bernardino di fig. 15 imprime l'agitazione di una figura femminile tratta da un sarcofago di Medea. Così Warburg nel saggio su Botticelli del 1893:

Per Agostino di Duccio sono ammissibili anche altri riferimenti ad opere d’arte antiche: [...] le raffigurazioni di San Bernardino a Perugia ricordano le composizioni di sarcofaghi romani. [A proposito dei sarcofagi di Medea, in] una illustrazione del Codex Pighianus di Berlino, […] Medea si trova dinanzi all'albero con il drago; sopra la sua testa si vede una veste rigonfia a forma di palla. Lo stesso motivo si ritrova nella donna che sulla riva sta davanti a San Bernardino, dietro due donne con un bambino; è ben possibile che questo sarcofago si trovasse già allora davanti a SS. Cosma e Damiano e là venisse disegnato.

Per lo stesso meccanismo di interpretatio christiana anche la Maddalena ai piedi della croce (fig. 21) assume la gestualità della menade. Scrive Warburg nel 1914:

Lo scultore Bertoldo di Giovanni […] si era dato corpo ed anima alla formula del pathos antico. Come una menade brandisce la bestia dilaniata, così la Maddalena dolorante sotto la croce stringe convulsamente le ciocche di capelli strappate in un orgiastico lutto.

Ma accanto al meccanismo dell'interpretatio christiana, ancora più sorprendente e pervasivo nella ideazione del Tempio, è il capovolgimento di questo filtro in quella che si può definire, rovesciando il senso della traduzione, interpretatio pagana (B): forme, soggetti, posture già cristiane rilette alla luce della riemersione di figure e tematiche dalla classicità.

Pagana è la riscrittura architettonica della Chiesa di San Francesco, convertita a 'Tempio' celebrativo del committente e della filosofia della sua corte; pagane sono le immagini – dei, sibille, putti, Muse – chiamate a fare da contrappunto, anche compositivo, nel dialogo frontale e simmetrico tra le cappelle delle due navate, a Virtù, profeti, angeli, Arti.

Figure della transizione (D) tra classicità e cristianità – figure portatrici dell’annuncio – sono le Sibille raggruppate insieme ai Profeti (fig. 9) sui due pilastri della Cappella delle Sibille (o della Madonna dell'Acqua). In ciascun riquadro si trovano raffigurati cinque Sibille e un Profeta: i numeri totali dunque assommano dieci Sibille e due Profeti. La serie è del tutto anomala rispetto alle convenzioni: solitamente si trovano alternati i dodici Profeti dell'Antico Testamento a dodici Sibille; anzi, con ogni probabilità, si può ipotizzare che il numero delle Sibille si moltiplichi fino a raggiungere en pendant il numero dei dodici Profeti. Per il numero non canonico delle dieci Sibille che compaiono nella decorazione della Cappella del Tempio sono stati chiamati in causa Varrone e Lattanzio. Ma piuttosto che ricorrere alla letteratura delle varianti sul numero delle veggenti, sarà opportuno sottolineare come l’inedita commistione di dieci Sibille con due Profeti valga a ricostituire, in un solo gruppo misto, il numero canonico di dodici. Sarà da notare per altro che i due Profeti mescolati alle dieci Sibille sono Isaia e Michea, gli autori delle profezie della nascita dalla Vergine e della predestinazione a culla divina della piccola Betlemme. Dodici figure, Sibille e Profeti insieme, evocate dal thesaurus della letteratura classica e dall'Antico Testamento, annunciano la nascita del Puer.

La figura della vaticinante, immagine esemplare del meccanismo di reinterpretazione e del passaggio dalla classicità alla cristianità, è investita di un altro ruolo importante all’interno dei percorsi semantici proposti dalla tavola. Nella sequenza verticale che occupa la parte destra del pannello (a partire proprio dai rilievi delle Sibille e dei Profeti delle figg. 9a e 9b) sono raggruppati gli esempi dello stile scultoreo ideale anticheggiante di Agostino di Duccio, Bertoldo di Giovanni, Francesco di Giorgio: al dionisismo dell’angelo di San Sigismondo (fig. 29) e della Menade ai piedi della croce (fig. 21), si associa così l’invasamento delle Sibille, “ora malinconicamente pensose ed assorte, ora palpitanti e pervase dal ‘divino furor’” (Cetty Muscolino). Menade dunque, ma menade ispirata dall’enthousiasmos apollineo, la Sibilla marca uno slittamento ulteriore, non solo tra pagano e cristiano, ma anche tra i due poli – o le due facce dell’‘erma bifronte’ – dell’antichità.

Sibille e Profeti non sono però le sole figure di raccordo che armonizzano all'interno del santuario l'iter dall’antichità 'pagana' (classica e vetero testamentaria) alla cristianità, fino allo snodo della nuova rinascita dell'antico di cui il Tempio è la prima, incompiuta eppure perfetta, realizzazione.

Altre figure del passaggio sono le Muse, riabilitate dopo una lunga latenza medievale in cui, seguendo Boezio, venivano immaginate come ‘sirene e meretrici’. Ricompaiono qui accanto alle allegoriche Arti (da considerarsi come una allegoresi tardo antica delle stesse Muse): ancora ‘sirene’, ma non certo ‘meretrici’, secondo la visione platonica del Timeo poggiano tutte su semisfere, come il dio Apollo (fig. 10), e cantano la gloria cosmica. Così Warburg nel saggio del 1895 sui costumi teatrali del Buontalenti:

L’idea di rappresentare mitologicamente l'armonia dell'Universo era in voga già nei letterati del Quattrocento. S'immaginavano Apollo come l'anima musicale dell'universo, ed intorno a lui le otto muse, motrici delle sfere. Sette muse corrispondono ai sette pianeti, ed Urania all'ottava sfera; Talia rimase, come narra la favola, sulla terra […]. Concetti simili sono espressi nei rilievi di Agostino di Duccio a Rimini.

Le Arti – che non poggiano sulla semisfera – sono presenti nei due pilastri della Cappella delle Muse e delle Arti in un raggruppamento di sette figure più due: alle arti del trivio e del quadrivio si aggiungono l'immagine di Apollo e dell’Ars Aedificatoria. Il dio (fig. 10), “anima musicale dell'universo”, è raffigurato secondo l’iconografia corrente con la lira, l’arco e le frecce, e in mano il lauro da cui ‘fioriscono’ le tre Grazie. Ennesima, felice, confusione: una delle Cariti era chiamata anche Talia, “la fiorente”; ma Talia è anche “la festosa”, musa della commedia. La decima Musa scolpita nei pilastri, interpretata anche come Mnemosyne, madre delle Muse, va piuttosto ricondotta all'immagine della nuova arte meccanica, l’Architettura: d’altronde proprio tra il 1447 e 1452 Alberti – coinvolto attivamente, come suggerisce Warburg, nell'ideazione del programma iconografico degli interni del Tempio – scrisse il De architectura.

Molti rilievi presentati nella tavola rimandano quindi, sulla linea del dialogo tra antichità e contemporaneità, a parentele, slittamenti di senso, catasterizzazione (E) delle figure forti di passaggio: Mercurio (fig. 12) è immagine dell'eloquenza; Urania (fig. 17) è l'Astronomia, le divinità sono figure planetarie; nelle figure del segno zodiacale dei Gemelli (fig. 26) si scorgono chiaramente i fantasmi di Castore e Polluce.

Nella fittissima trama dei percorsi semantici della tavola appare impossibile – come sempre per altro nell'Atlante e nelle teorizzazioni di Warburg – isolare opere presentate esclusivamente per la loro qualità formale o per la loro peculiarità posturale (ovvero come pure Pathosformeln, separate dal soggetto della rappresentazione). Una puntuale sovrapposizione è rintracciabile tra le figure che segnano il percorso tra apollineo e dionisiaco (H) e le immagini che, ritagliate in esse, incarnano i panni e le posture che marcano i due “stili“ dell’antico “innestati nello stesso ramo” (citazione da Jean Paul più volte ripresa da Warburg nei propri scritti). Nella generale uniformità del peculiare stile scultoreo di Agostino di Duccio – si pensi alla resa del movimento attraverso vesti e capelli, e alla parentela morfologica tra alcune figure come Apollo (fig. 10) e la Musica (fig. 28) o Euterpe (fig. 18) e il segno zodiacale della Bilancia (fig. 25) – acquista però particolare rilievo l’accostamento per contrasto di figure più composte ad altre mosse e agitate (e.g. figg.17/18 e 28/29).

Come già nella tavola 39, in cui compaiono molte opere di committenza Medici ma nessun ritratto di Lorenzo, anche in questa tavola il signore è evocato attraverso le opere da lui realizzate e la cultura della sua corte.

Sigismondo Malatesta (A) commissionò a Leon Battista Alberti, a Matteo de’ Pasti e ai maggiori intellettuali del proprio circolo culturale l’opera liminare tra Umanesimo e Rinascimento. L'inizio della conversione a Tempio dell’edificio sacro risale al 1447, ma la data che Sigismondo volle impressa (e a cui facciamo riferimento) è il 1450, anno giubilare, e anche anno in cui venne ufficialmente siglata, dopo la morte di Polissena Sforza, l’unione tra Sigismondo e Isotta degli Atti. Opus realizzato con materiali di spoglio – marmi antichi fatti giungere da Ravenna, dalla Grecia, dalla Dalmazia, scelti per la loro vetustas e per il valore simbolico – il Tempio rimane però opus infectum a causa del declino politico ed economico di Sigismondo. Nel 1461 il signore di Rimini viene processato a Roma per eresia, condannato e bruciato in effigie. Tra le accuse a Sigismondo riportate in alcuni brani dei Commentarii di Enea Silvio Piccolomini, uno specificamente merita di essere ricordato:

Aedificavit tamen nobile templum Arimini in honorem divi Francisci; verum ita gentilibus operibus implevit ut non tam Christianorum quam Infidelium daemones templum esse videretur.

Nel 1464 Sigismondo, riammesso al servizio del papa, rientrò a Rimini, ma l’unico pezzo che poté aggiungere al suo monumento fu la tomba di Gemisto Pletone, il filosofo che annunciava il ritorno del paganesimo antico nella nuova religione misterico-platonica. Le ossa di Gemisto, portate da Sigismondo come trofeo da Mistra, a conclusione di una sfortunata 'crociata' in Morea, furono collocate, dietro una lastra lapidea iscritta con caratteri greci, nella fiancata esterna destra del tempio (fig. 2), accanto alle tombe degli altri sapienti di corte Basinio Basini, Giusto de’ Conti, Roberto Valturio.

Non presente fisicamente – in ritratto o in effigie – la figura di Sigismondo Malatesta aleggia dunque su tutta la tavola: rappresentata nei rilievi delle tombe degli antenati (figg. 5, 6, 7), ricordata dal rilievo votivo di San Sigismondo (fig. 19: ora a Milano, ma originariamente nella cappella funeraria del committente) oppure celata dietro le immagini astrologiche delle opere raggruppate nella fascia inferiore del pannello. Il Cancro di fig. 24, segno d’acqua (ma anche in fig. 23 vengono raffigurati gli influssi della luna sulle acque), è il segno zodiacale di maggior impatto visivo nella Cappella dei Pianeti: è la costellazione sotto cui nasce il committente Sigismondo il 13 giugno 1417; il segno del signore di Rimini stringe tra le sue chele una riduzione topografica della città. Nella stessa sequenza viene presentato il riquadro con il segno dei Gemelli (fig. 26): si tratta del segno zodiacale che dopo la riforma gregoriana, regge il 13 giugno, giorno natale anche di Aby Warburg (nel 1866) .

La tavola 25 appartiene a un gruppo tematicamente compatto di montaggi (tavv. 20-27) dedicato alla tradizione della cultura demonico-astrologica. La lettura di queste tavole offre la possibilità di seguire le tappe principali, all’interno della tradizione occidentale, della peregrinazione delle antiche divinità attraverso manoscritti latini – dalla tradizione araba (v. tavv. 20-21) – calendari, giochi e opere d'arte. Il ‘viaggio’ tocca alcuni dei luoghi più significativi della cultura medievale e proto-umanistica, dalla corte di Alfonso il Saggio di Castiglia (tav. 22, 22.1) al Salone dei Mesi di Padova (tav. 23, 23.2, 23.4), e culmina con due opere esemplari dell'approdo rinascimentale di questa tradizione: il Tempio Malatestiano di Rimini (tav. 25) e il ciclo di affreschi in Palazzo Schifanoia a Ferrara (tav. 27, 27.2, 27.3).

Nel pannello 24 sono montate immagini dei Figli dei pianeti tratte da manoscritti e libri silografici di area tedesca. In queste illustrazioni – luogo fisico e supporto della sopravvivenza degli dei antichi – le divinità classiche vestono i loro costumi planetari (24.13), come le figure trasfigurate per catasterizzazione dei rilievi di Agostino di Duccio. Le immagini di tavola 24 consentono anche un elemento di confronto e di contrasto con il dinamismo di vesti e capelli delle figure classiche del Tempio di Rimini: in questo caso, infatti, ai soggetti e alle figure antichi sono associati gli statici costumi ‘alla franzese’ della tradizione franco-tedesca (24.31).

La tavola 26 sembra invece una introduzione alle opere ferraresi di tavola 27. Se il pannello 25 si chiude – nella fascia in basso – con una sequenza di segni zodiacali e figure planetarie legate al giorno di nascita e ad altre vicende biografiche di Sigismondo Malatesta, nel montaggio della tavola successiva troviamo la cosiddetta Tabula Bianchini (26.8), strumento divinatorio della tradizione egizia, che ripartiva lo zodiaco in gruppi da 10, retti da decani, uno schema che fu utilizzato a lungo per individuare giorni fasti e nefasti.

*La numerazione delle singole riproduzioni contenute nelle tavole fa riferimento alla numerazione dell'edizione dell'Atlante Vienna 1994.

English abstract

Alberti probably interferes in the construction of the Malatesta Temple basing on what was written in the Trattato sulla pittura (Treatise on painting). There is a Dionysian theme in an Apollinian setting: the equilibrium and precision and draperies are two ways to experience the antique. There are two forms of interpretation: christian and pagan. The christian one makes the angel incarnate garments and the posture of the maenad. Then Sibyls are grouped together with Prophets. It’s like that the Sibyls multiply to reach the number of the twelve prophets, a canonic number in one mixed group. They link figures to harmonize the path of pagan antiquity to Christianity, but there are also Muses, that were rehabilitated, since in the Medieval Ages they were seen as ‘sirens and whores’. Arts themselves were considered a late antique allegory of the Muses, that are now ‘sirens’, but not ‘whores’. Sigismondo Malatesta commissioned Leon Battista Alberti and others intellectuals the first liminal work between Humanism and the Renaissance and he decided to converte the building to the Temple in 1450, Jubilee year. It was carried out with spolia chosen to their symbolic value. Then Sigismondo was burned in effigy: in 1464 the only thing he could add to the Temple was the tomb of Gemistus Plethon, the philosopher who prophesied the return of paganism. Even if his figure is not physically present in either the portrait or effigy, he is remembered by the votive relief of Saint Sigismund and is hidden by astrological images of the works in lower area of the panel. Table 25 belongs to a thematically compact group of montages that is dedicated to the tradition of the demonic-astrological culture.

keywords | Warburg’s Mnemosyne Atkas, Panel 25; Malatesta Temple; Leon Battista Alberti; Sigismondo Malatesta.

Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, Coincidentia oppositorum: il Tempio Malatestiano. Saggio interpretativo di Mnemosyne Atlas, Tavola 25, “La Rivista di Engramma” n. 8, maggio 2001, pp. 15-28 | PDF 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2001.8.0005