"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

190 | marzo 2022

97888948401

Arruolare le icone

Materiali per una tavola warburghiana

a cura di Maria Bergamo

English abstract
Palladia antichi

A Tebe, a difesa dall’assalto nemico, c’è Atena: una sua immagine “tiene stretta la sua città” (ἀνχίπτολις: Eschilo, Sept., 501). Non si tratta di una figura metaforica, ma di un riferimento preciso e concreto: sopra la quarta porta, la Porta di Atena Onka, stava la dea, probabilmente dipinta sulle mura, raffigurata a braccia aperte nell’atto di abbracciare e proteggere la sua città. Atena è la dea in armi che protegge dalla minaccia della guerra e della distruzione. Il perimetro della polis è il tempio della dea. La sua statua, il palladion, è l'icona simbolica che tiene in sé coesa la sua potenza: sottrarre a una città il suo palladion significa conquistarla simbolicamente. La dea protegge in armi la città: a difenderla sono gli uomini, le mura e la stessa immagine della dea che si concretizza nel palladio. È Atena stessa che, sul campo di battaglia, è l’unica capace di contrastare la furia inconsulta di Ares: la dea scende in campo per frenare il dio implacabile feroce che fa strage di uomini, indossando l’elmo di Ade: l’elmo della morte, l’elmo del Niente è l’unico talismano capace di sconfiggere il dio della distruzione.

Madonna Deomene, mosaico, XI sec., Kiev, Chiesa di Santa Sofia.
Atena Promachos, copia romana da Fidia, Napoli, Museo Archeologico.

L’immagine di Atena viene letteralmente sovrascritta in età bizantina: Atena Parthenos / Vergine Maria; Atena Promachos / Maria Symmachos. Durante l’assedio di Atene del 396 d.C. da parte di Alarico, lo storico bizantino Zosimo riporta che la dea Atena fu vista camminare lungo le mura della città “con aspetto identico a quello della sua statua, armata e pronta a resistere all’assalto”; nel Chronicon Paschale del VII secolo, è riportato che il Kagan degli Avari durante l’assedio della capitale bizantina del 626 vide la Vergine correre sulla mura di Costantinopoli (Pentcheva [2006] 2010, 90-91). Una fonte riferisce che il patriarca di Costantinopoli aveva fatto dipingere immagini della Vergine con bambino sulle porte della città (Kitzinger [1976] 1992, 43); Pentcheva [2006] 2010, 58, 92).

Sappiamo da Fozio che nella Chiesa del Pharos a Costantinopoli, nella stessa postura dell’Atena ἀνχίπτολις la Theotokos apriva le sue braccia a proteggere della città contro i nemici; nel monastero delle Blacherne a Costantinopoli era conservata la reliquia del maphorion, il manto della Theotokos, che era il simbolo della protezione fisica che la Vergine Madre di Dio stendeva sulla città. Come avviene nella Chiesa di Hagia Sophia a Kiev, la Vergine con le mani stese in preghiera (la Δεομένη) diventa una figura di protezione, stendendo il suo manto come un potente talismano difensivo (Pentcheva [2006] 2010, 32, 102). Ci sono però icone che vengono portate in battaglia: la croce e l’icona diventano letteralmente hopla, armi offensive schierate in prima fila a fianco dell’imperatore, e le preghiere di invocazione diventano litanie bellicose che eccitano all’assalto dei nemici e alla vittoria.

A differenza di Atena, dea in armatura, non ci sono però rappresentazioni bizantine di Maria che indossa una corazza o brandisce una spada. La sua potenza viene usata in ambito bellico attraverso epiteti e epiclesi iscritte nelle icone stesse Φύλαξ καὶ Στρατηγός (Protettrice e Duce), Συστρατηγήτις Ἄμαχος (Alleata invincibile), Ἀκαταγωνίστος Συστράτηγος τῷ βασιλεῖ (Impareggiabile Comandante), oppure viene affiancata da una schiera di Santi armati, come San Giorgio, San Teodoro, Santi Sergio e Bacco... 

Madonne armate contemporanee

Merchandising per la campagna di fundraising pro resistenza ucraina: diversi tipi di icona mariana come St. Javeline.
Meme con Santi titolati dall’arma che portano: lo Stinger, il Panzerfaust 3, il Javelin.
La già tradizionalmente combattiva Santa Olga, arruolata in tuta mimetica e con Javelin.

Iconografie aggressive, dissacranti e volutamente provocatorie alimentano il mito del criminale che agisce sotto la protezione della divinità perché afferma di essere portatore di giustizia, libertà e di ordine. Anche nella guerra in corso, significativa è l’incongruenza semantica e la violenta pretesa, da entrambe le parti, di garantirsi l’intercessione di Dio e della Madonna. 

Icone come tatuaggi simbolici segnano i corpi dei personaggi del libro (e poi film e trilogia) Educazione siberiana, di Nicolai Lilin del 2009, un’etnia di “criminali onesti” deportati dalla Siberia e perseguitati dal regime sovietico. La tattoo-art apprezza entusiasticamente tali soggetti – promossa, tra l’altro, in uno studio di tatuaggi dallo stesso autore del libro – e li ribatte con superficiale incoscienza sulla pelle di qualsiasi trucido e palestrato narciso contemporaneo.

Fotogramma dal film Educazione siberiana (Gabriele Salvatores 2013): John Malcovich prega davanti a un’icona di Maria armata. 
Dettaglio della medesima icona creata per il film.
Tatuaggi con iconografia della Madonna armata derivanti dal medesimo film.

Come immagine di copertina di questo numero di Engramma abbiamo scelto la Saint Javelin, una Madonna che stando alle dichiarazioni del suo promotore incrocia la sua figura con quella di Maria Maddalena: Christian Borys, un filmaker canadese di origini polacco-ucraine, l’ha ideata e ne ha affidato l’esecuzione a un designer come icona per il fund-raising a sostegno della resistenza ucraina: la campagna ha avuto enorme successo e il sito che promuove la raccolta fondi a oggi ha avuto donazioni per centinaia di migliaia di dollari. Ma la Saint Javelin è in buona compagnia e si inserisce in una tradizione consolidata. Una Madonna con kalashnikov è stata diffusa già dal 2017 da un sito camorristico italiano ora oscurato dalla polizia. Lotte sociali, fede popolare e street art in Messico: dopo il levatamiento degli zapatisti in Chiapas nel primo giorno del 1994, la tradizionale Vergine di Guadalupe ha imbracciato un fucile, il caricatore a tracolla e un fazzoletto da ribelle sul viso. E anche durante il ventennio fascista una tradizionale – se pur singolare – iconografia mariana stata in “Madonna del manganello”, con tanto di odiosa Ode stampata dietro il santino della parrocchia di Monteleone – ora Vibo Valentia: “O tu santo Manganello [...] che rischiari ogni cervello, sempre tu sarai sol quello che il fascista adorerà”.

Madonna con Kalashnikov utilizzato in un sito camorristico. 
Vergine di Guadalupe armata per la rivoluzione messicana.
Madonna con manganello in periodo fascista.

Icone come armi di un arsenale feroce e criminale che non meritano neppure di essere considerate eretiche. Papa Francesco ha mirato altrove, a obiettivi ben più seri, lanciando con forza il suo attacco allo scandalo promosso dai signori della guerra. Così ha dichiarato, il 21 marzo 2022: “La spesa per le armi è uno scandalo, non è una scelta neutrale [...] Continuare a spendere in armi sporca l’anima, sporca il cuore, sporca l’umanità. A che serve impegnarci nelle campagne contro la povertà, la fame, il degrado, se poi ricadiamo nel vecchio vizio della guerra, nella vecchia strategia della potenza agli armamenti che riporta tutto e tutti all’indietro?”. E con ancora maggio forza e mira il 24 marzo, quando il governo italiano ha deciso di incrementare le spese militari, ha ribadito: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il due per cento del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo – pazzi! [...] La risposta non sono altre armi ma un modo diverso di governare il mondo [...]. Il modello della cura è già in atto ma purtroppo è sottomesso a quello del potere economico, tecnocratico, militare”.

 

Riferimenti bibliografici

Kitzinger [1976] 1992
E. Kitzinger, Il culto delle immagini. L’arte bizantina dal cristianesimo delle origini all’Iconoclastia [The Cult of Images in the Age before IconoclasmByzantine Art in the Period between Justinian and the Iconoclasm, in The Art of Byzantium and the Medieval West, Bloomington and London 1976), Firenze 1992.

Pentcheva [2006] 2010
B.V. Pentcheva, Icone e potere. La Madre di Dio a Bisanzio [Icons and Power. The Mother of God in Byzantium, Pennsylvania 2006], Milano 2010.

English abstract

The image of the goddess Athena at the gates of Thebes, armed as a protector of the city, gradually conforms to the gestures and attributes of the Madonna in the Byzantine age. Some of these images and icons are transformed into battle weapons. If Athena is known and depicted as a goddess in armor, the representations of Mary from the Byzantine era use the power of the image especially in the context of war. Ferocious and desecrating iconographies increase the criminality that acts under the protection of the divinity. To bring attention back to the real gravity of the war being fought today, Pope Francis addressed the warlords directly.

keywords | Athena; Madonna; Power of the Images; Icons; Arms; War; Pope Francis.

Per citare questo articolo: M.Bergamo, Arruolare le icone. Materiali per una tavola warburghiana,  “Rivista di Engramma” n. 190, marzo 2022, pp. 51-56 | PDF dell’articolo

To cite this article: M.Bergamo, Arruolare le icone. Materiali per una tavola warburghiana,  “Rivista di Engramma” n. 190, marzo 2022, pp. 51-56 | PDF of the article

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2022.190.0002