"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

200 | marzo 2023

97888948401

La festa di Kronos

Appunti dai Saturnalia di Luciano

Alberto Camerotto

English abstract
1. Kronos, un tempo altro

Kronos, Napoli, Museo Archeologico Nazionale (n. 8837), da Pompei, Casa dei Dioscuri.

Kronos è un dio per un tempo altro. È fatto apposta, appartiene a una generazione di dei che non c’è più: appartiene a un passato che non può ritornare, nonostante tutte le fantasie poetiche dalla commedia fino ai Saturnia regna. Kronos è uno dei Titani, il suo attributo, meglio la sua cifra di riconoscimento, come poi si farà con i santi, è la falce ricurva, una harpe con formidabili attributi (Hes. Th. 175 ἅρπην καρχαρόδοντα, 179s. ἅρπην, / μακρὴν καρχαρόδοντα, Apollod. 1.1.4 ἀδαμαντίνην ἅρπην), con cui ha evirato il padre Ouranos (Hes. Th. 154-187, West 1966, 218 “Hesiod  thought of Kronos’ weapon as a simple agricultural sickle”). Non un gesto da poco. Per questo ce l’ha sempre in mano per farsi riconoscere (LIMC 6.1, 144 “Harpe in his raised r. hand”, come nell’immagine che accompagna il saggio). Potrebbe essere anche un segno per la stagione della raccolta. Un segno euforico, è l’idea dell’abbondanza, della raccolta delle messi. Tutti sono felici, quando vedono la falce e il dio, entusiasti al pensiero della raccolta. È il momento dell’abbondanza, della gioia e della grande festa collettiva. Potrebbe diventare anche un segno del tempo, con il mutamento di una lettera. Mantenendo gli attributi. È già un’operazione antica, con un vario successo. Nessuno, però, si dimentica della storia più impressionante. E comunque si può subito dire che un po’ di errori li farà pure lui. Con i figli è sempre difficile, anche per gli dei.

Ma, intanto, con queste storie, qualche valutazione la possiamo subito fare. Quello di Kronos è un mondo completamente diverso da quello attuale degli dei olimpi. C’è di mezzo, in effetti, la Titanomachia, la conquista del potere da parte di Zeus, la sconfitta di Kronos e dei Titani (Hes. Th. 617-885). Un nuovo regno, una nuova epoca del mondo comincia dalla fine di quello di prima. La memoria del potere di Kronos è relegata, da questo momento, in un passato delle origini. Che diventa sempre più lontano. Ma a noi, per il nostro obiettivo, è immediatamente utile. Esiodo, dopo la storia di Prometeo, per spiegare le vicende degli uomini, ci racconta il mito delle cinque età. È un altro logos, diverso (Hes. Op. 106 Εἰ δ’ ἐθέλεις, ἕτερόν τοι ἐγὼ λόγον ἐκκορυϕώσω). Si parla di una età felice degli inizi, è il mito della stirpe dell’oro. Per l’appunto sotto il regno di Kronos. Quello che dobbiamo guardare, quello che conta è proprio il principio della felicità e dell’alterità di questo tempo. I segni negativi, le negazioni della grammatica, servono a togliere di mezzo quello che non va nel mondo reale. È un’utopia prima dell’utopia, vale la pena di interpretarne i segni (Op. 109-119).

Prima una stirpe aurea di uomini mortali
fecero gli immortali che hanno le Olimpie dimore.
Erano ai tempi di Kronos, quand’egli regnava nel cielo.
Come dèi vivevano, senz’affanni nel cuore, 
lungi e al riparo da pene e miseria, né triste
vecchiaia arrivava, ma sempre ugualmente forti di gambe e di braccia,
nei conviti gioivano, lontano da tutti i malanni;
morivano come vinti dal sonno, e ogni sorta di beni
c’era per loro; il suo frutto dava la fertile terra
senza lavoro, ricco e abbondante, e loro, contenti,
in pace, si spartivano i frutti del loro lavoro in mezzo a beni infiniti. (trad. G. Arrighetti)

L’oro non è semplicemente il metallo più prezioso, no, è il metallo che splende e non si corrompe, è il metallo degli dei e dell’immortalità. L’oro non è soggetto alle categorie del tempo dei mortali. Un buon segno, perfetto paradigma metallico (Ercolani 2010, 167 “perfezione, incorruttibilità, felicità”). A noi interessa una cosa, c’è l’indicazione di un tempo separato, un tempo lontano. È il tempo di Kronos e del suo regno celeste. Una vera e propria definizione per tutti i manuali (Hes. Op. 111 οἳ μὲν ἐπὶ Κρόνου ἦσαν, ὅτ’ οὐρανῷ ἐμβασίλευεν). Gli uomini di questa età, solo loro, vivono come dèi, cosa che non sarà mai più possibile. Con una importante rimozione, secondo le regole utopiche, non hanno affanni nell’animo, con un attributo, akedés (Op. 112 ἀκηδέα θυμὸν ἔχοντες), che può essere valido solo per gli immortali (Hom. Il. 24.526). Per gli uomini che verranno dopo questa possibilità non c’è. Ma per la stirpe dell’oro, per l’appunto al tempo di Kronos, è diverso. Lontane, assenti, sono le fatiche, lontano è il dolore. Fa impressione, nelle parole greche, perfino il raddoppio della negazione (Hes. Op. 113 νόσϕιν ἄτερ τε). Non c’è il male vigliacco della vecchiaia, che ti prende a tradimento. Il movimento, le mani e i piedi, sono i primi segni della sofferenza della vita che passa. Tutti lo sanno, tutti lo riconoscono. Sotto il regno di Kronos non è così. Per questa stirpe fortunata le feste e il piacere non finiscono mai, le feste che sono la cosa più bella della vita. E, ovviamente, tutti i mali sono esclusi, cancellati per istituzione. Si potrebbe dire per la costituzione, la politeia dell’età dell’oro. Stiamo ragionando secondo gli schemi utopici retrodatati nel tempo. Funzionano. Perfino la morte diventa dolce come il sonno. E infine in questo tempo diverso ci sono tutti i beni, in una abbondanza che non ha limiti. La terra porta i suoi frutti da sola, automate (Op. 118 αὐτομάτη), con la parola chiave della felicità. In grande quantità, senza invidia e senza risparmio. Anche il lavoro diventa un bene, che i mortali saggiamente, come farà Thomas More, si ripartiscono tra tutti insieme ai beni che ne derivano.

2. Uno spazio altro

Kronos è anche un dio per uno spazio altro, diverso e irraggiungibile alla stessa maniera del tempo passato. Un dio così torna utile per altre applicazioni logiche. Quello di cui hanno bisogno i mortali. È pronto per diventare il sovrano delle Isole dei Beati, dell’Elisio (Hes. Op. 173a-c, Pind. Pyth. 4.291). Di un Aldilà della serenità, della felicità altrimenti impossibile. L’aldilà, come dice la parola anche per noi, prima di tutto è un luogo altro, lontano, irraggiungibile, ai confini del mondo. Si chiama anche, con qualche sospetto disforico, l’altro mondo. Ma è anche una dimensione ultraterrena, in un tempo sempre uguale, sempre sereno, sempre felice. Come può avvenire per l’Olimpo degli dei (Hom. Od. 6.41-46). Regolarmente si tratta di un tempo altro in un luogo altro, Pindaro ci dice come funziona, in una prospettiva ormai orfica. È un luogo non per tutti, un luogo per gli eletti, bisogna meritarselo (Pind. Ol. 2.68-77):

Ma chi ebbe l’ardire,
dimorando tre volte 
nell’una e nell’altra vita,
di tenere del tutto lontana
l’anima dall’opere ingiuste
compie il cammino di Zeus
fino alla torre di Kronos
dove intorno all’isola dei beati
spirano le brezze dell’Oceano
e ardono fiori d’oro
alcuni in terra dagli alberi fulgidi,
altri l’acqua ne nutre;
ne allacciano con ghirlande le mani
e ne intrecciano corone
secondo i retti consigli di Radamanti
che il grande padre lo sposo di Rea,
la quale siede sul trono più alto di tutti,
tiene a fianco pronto ai suoi ordini. (trad. B. Gentili)

È il regno di Kronos, con la sua torre che disegna l’architettura urbana della città oltremondana (Catenacci 2013, 405). C’è di mezzo una visione etica, bisogna fare i conti con la giustizia, c’è per questo anche Rhadamanthys. Certo, il merito rovina un po’ tutto, ma resta un sogno felice anche così. In ogni caso ci sono altre possibilità.

Se per la felicità del soggiorno compaiono altrove nella diaita dei beati anche i piaceri dei giochi, delle gare e delle musiche (Pind. fr. 129.1-10 Sn.-M.), è nei mondi alla rovescia della commedia, nei Pluti di Cratino (fr. 10 K.-A., Athen. 6.267c), che il tempo di Kronos diventa un ludus dell’abbondanza, opportunamente tra gli astragali e l’αὐτομάτως βίος, che annulla ogni penuria terrena (Pellegrino 2000, 49-51, Farioli 2001, 27-35, García Soler 2012, 308-311):

Anticamente era loro re Kronos, quando giocavano a dadi con pagnotte di frumento, e nelle palestre pendevano focacce di Egina mature e piene di grumi come zolle di terra. (trad. M. Pellegrino)

3. L’utopia dei Saturnali (secondo Luciano)

Se il tempo di Kronos è passato per sempre e se le sue regole per un mondo felice sono spostate irrimediabilmente là dove da vivi non possiamo arrivare, le categorie si fondono con qualche trasformazione per un’altra dimensione che invece ci appartiene e che possiamo sperimentare. Kronos, occasionalmente, diventa sulla terra, sì, sulla nostra terra, per noi comunissimi mortali dell’età del ferro, il re di un’isola spazio-temporale. Sempre un’isola distinta, separata, una vera e propria utopia, però a tempo. Con confini invalicabili. Dentro a questi confini le regole normali possono essere sovvertite. Può diventare una piccola isola felice, l’isola dove tutte le categorie vengono rovesciate. È il tempo dei Kronia, la festa che in Grecia aveva luogo nel mese di Ecatombeone, in passato era chiamato anche Cronio, a giugno-luglio, la stagione della raccolta. Con una definizione, per noi più comune, è a Roma la festa dei Saturnalia, nel mese di dicembre. Kronos (o Saturno) è il dio della festa.

Cerchiamo, ora, qualche segno dai Saturnalia (Τὰ πρὸς Κρόνον) di Luciano. Ne abbiamo parlato in un incontro a Firenze il 1 dicembre 2022. Torneremo a scriverne e a parlarne. Ma intanto proviamo a fissare qualche appunto. Sono, subito a prima vista, un testo difficile da definire. Un assemblaggio, un puzzle dal disegno che non si capisce (Popescu 2016, 219 «a disjointed mini-corpus of generically incongruent texts»). Probabilmente sono fatti per la perfomance in occasione della festa. Ed è sicuramente la festa di dicembre (Vettorello 2015). Ci sono varie possibilità di esecuzione. Un testo dopo l’altro, anche in ordini differenti, oppure ciascuno per conto proprio. Ci accontentiamo di dire che sono una serie di testi diversi tra loro, a cominciare dall’evidenza dei generi, ma tutti intorno alla felicità sotto l’insegna di Kronos e della sua festa. Si riuniscono intorno a questo tema. L’obiettivo di tutti i testi è proprio questo, ossia di trovare, con la festa dei Saturnali, una via per essere felici, anche in modo paradossale, contro le aspettative più facili, contro le idee più comuni di abbondanza, ricchezza, felicità. Si intravede, per altre vie, una ricerca filosofica che altrimenti fallisce. Le tracce sono quelle lucianee, che troviamo alla fine della Negromanzia (Nec. 21, Gómez 2016, Camerotto 2020, 272-274) o dell’Ermotimo (Hermot. 84, Solitario 2020, 567-568). C’è dentro la ricerca di un’utopia, il desiderio di un mondo dell’eguaglianza, senza più ingiustizie. Tutti poveri o tutti ricchi, per una vera isotimia democratica. Naturalmente per un tempo limitato, con confini insuperabili. Lo dobbiamo ripetere. Con non pochi problemi e qualche dinamica sociale più o meno normale, più o meno imbarazzante (Vettorello 2017).

Kronos è un dio tutto particolare, e nella serie delle divinità lucianee sta in una posizione ambigua e proprio per questo notevole. È, intanto, per definizione, un dio della marginalità, anzi dell’alterità: sono le qualità lucianee che contano più di qualsiasi altra virtù (Bompaire 1958, 256, Camerotto 2014, 74-76). Immediatamente producono i loro effetti.

La motivazione è semplice. L’abbiamo già anticipato. Kronos è un dio superato dal tempo e dalle generazioni (cf. Luc. Rh. Pr. 10, esattamente come in Ar. Nu. 929), è per definizione il dio di una età che non ritorna più, ha lasciato perfino intenzionalmente le sue prerogative, il suo potere. Se n’è andato in pensione. Abdicare, lasciare il potere a Zeus è stata una buona idea. Lo dice traquillamente, senza remore. Il dio a un certo momento ha visto come funziona, un po’ troppi anni addosso, che si tratti di gotta, artrite o dei ceppi del mito fa lo stesso, non è più tempo di inseguire le troppe ingiustizie o di badare a tutte le brighe dei mortali.

Sat. 7 In generale, perché ero già vecchio e gottoso per l’età – per questo immaginano che fossi in ceppi. Non ero più in grado, infatti, di far fronte all’iniquità degli uomini di oggi. (trad. V. Longo)

È buona cosa passare il testimone ai giovani. Ci sono i figli, c’è Zeus. Che facciano loro. È il loro turno di gestire affanni, impicci, domande, burocrazia, soldi, potere. In un mondo iniquo, vergognoso, insostenibile, insopportabile (Sat. 7 πρὸς οὕτω πολλὴν τὴν ἀδικίαν τῶν νῦν), i tratti e le storie di Kronos sono tutti segni utili di una marginalità che diventa strumento di osservazione e di pensiero sulla realtà che ci sta attorno. Un distacco e una alterità indispensabili per i percorsi della satira lucianea – certo, bisognerà riparlarne.

Paradossale nel suo disimpegno, Kronos porta con sé l’ideologia della ricerca di una impossibile utopia, di una felicità per tutti. Dio ed eroe fondatore, benefattore ‘a tempo limitato’ dell’umanità degenerata, giunta ben oltre oltre i vizi, i crimini e le iniquità di ogni età del ferro. Anche se dura pochi giorni, l’utopia della festa ha una funzione notevole. Come tutte le utopie, da Thomas More in poi – ma anche all’indietro (Gassino 2010). Serve, come qualsiasi età dell’oro, come qualsiasi regno felice, a mettere a disposizione della nostra mente, anche nei tempi peggiori, un pensiero essenziale e grande, ossia che ci può essere almeno l’illusione di un altro modello di vita e di realtà (Napolitano 2022, 19). Anche solo per pensarci, per trovare una speranza inutile, un conforto per resistere e per combattere. Sì, anche se si sa che è tutto vano.

Sat. 7 Solo che m’è piaciuto di riservarmi questi pochi giorni alle condizioni che ho detto e riprendo il potere per ricordare agli uomini com’era la vita al tempo mio, quando tutto cresceva per loro senza essere arato né seminato, non vi erano spighe, ma il pane era pronto e la carne preparata, il vino scorreva a fiumi e vi erano fonti di miele e di latte: tutti erano buoni, infatti, e tutti d’oro. Questa è stata la causa del mio regno di breve durata e perciò dappertutto vi sono acclamazioni, canti, giochi e parità di diritti per tutti, schiavi e liberi: nessuno, infatti, era schiavo al mio tempo.

Il dio lo dice con chiarezza, l’intento è solo quello di ricordare un altro paradigma agli uomini (Sat. 7 ὡς ὑπομνήσαιμι τοὺς ἀνθρώπους), un bios che segue schemi differenti, le regole sono quelle giuste. Mettere in gioco un pensiero, non è cosa da poco. Una grande idea, un miraggio di qualcosa di diverso, l’uguaglianza, l’isotimia, a fondamento di tutto (ἰσοτιμία πᾶσι). Ovviamente per il tempo breve e concluso dei Saturnalia, l’oligochronia non può essere violata nemmeno da Kronos (Sat. 7 τῆς ὀλιγοχρονίου ταύτης δυναστείας). Ma i modelli per la felicità impossibile sono a disposizione, da reiventare e applicare almeno per il tempo della festa. Ci si può provare, anche se l’anadasmós (Sat. 25 ἀναδασμὸν τῶν ἀγαθῶν), l’equa ridistribuzione dei beni, per ora rimane cosa troppo pericolosa. Sarebbe, forse, una bella rivoluzione. O almeno una buona utopia.

Sat. 20 Eppure io sento dire dai poeti che anticamente, quando ancora regnavi tu, così non erano le cose degli uomini, perché la terra offriva loro, non arata né seminata, i suoi prodotti, un pasto pronto per ciascuno tale da saziarlo, e in alcuni fiumi scorreva vino, in altri latte, in altri anche miele; ma – ed è ciò che importa di più – dicono che loro stessi, gli uomini, erano d’oro e che la povertà nemmeno li sfiorava.

Le leggi e il programma del dio, allora, sono chiare. Non c’è bisogno di fatica e di lavoro, vale per ogni cosa, per ogni bene e per ogni necessità. E poi tutto funziona meravigliosamente come nei più straordinari paesi di cuccagna della commedia antica. Le piante non producono le spighe del grano, ma pagnotte già pronte, le carni sono già arrostite, l’abbondanza senza fine sta nell’immagine dei fiumi di vino, nelle fonti di latte e miele. Funziona il principio dell’αὐτομάτως βίος. È la rimozione dei mali, che diventa anche fondamento etico per l’età dell’oro. L’utopia significa regole condivise per un bene comune (Farioli 2001, 3-26, Camerotto 2019, 13-34). Nel tempo della festa così deve essere, proprio com’era già nell’età dell’oro di Esiodo. C’è Kronos in persona a garantirlo.

Riferimenti bibliografici
  • Bompaire 1958
    J. Bompaire, Lucien écrivain. Imitation et création, Paris 1958.
  • Camerotto 2014
    A. Camerotto, Gli occhi e la lingua della satira. Studi sull’eroe satirico in Luciano di Samosata, Milano-Udine 2014.
  • Camerotto 2019
    A. Camerotto, Utopici Feaci, ovvero a che cosa servono le utopie (secondo Omero), in A. Camerotto, F. Pontani (a cura di), Utopia (Europa). Ovvero del diventare cittadini europei, Milano-Udine 2019, 13-34.
  • Camerotto 2020
    A. Camerotto, Luciano di Samosata. Menippo o la negromanzia, Milano-Udine 2020.
  • Catenacci 2012
    B. Gentili, C. Catenacci, P. Giannini, L. Lomiento, Pindaro. Le Olimpiche, Milano 2012.
  • Ercolani 2010
    A. Ercolani, Esiodo. Opere e giorni, Roma 2010.
  • Farioli 2001
    M. Farioli, Mundus alter. Utopie e distopie nella commedia greca antica, Milano 2001.
  • García Soler 2012
    M.J. García Soler, Utopia e politica in Cratino, in F. Perusino, M. Colantonio, La commedia greca e la storia, Pisa 2012, 305-328.
  • Gassino 2010
    I. Gassino, Fiction, parodie et utopie: les Histoires vraies de Lucien et l’Utopie de Thomas More, “Morus” 7, 2010, 43-57.
  • Gómez 2016
    P. Gómez, Voces del Hades, decretos del más allá: la consulta a los muertos en Luciano, “Revista de Estudios Clásicos” 43, 2016, 97-128.
  • Napolitano 2022
    M. Napolitano, Utopia, Roma 2022.
  • Pellegrino 2000
    M. Pellegrino, Utopie e immagini gastronomiche nei frammenti dell'Archaia, Bologna 2000.
  • Popescu 2016
    V. Popescu, Lucian’s Saturnalia: Rewriting the Literary Nomoi, ICS 41, 2016, 219-228.
  • Solitario 2020
    M. Solitario, L'Ermotimo di Luciano, Berlin-Boston 2020.
  • Vettorello 2015
    F. Vettorello, I Saturnalia di Luciano. Struttura e contesti, “Lexis” 33, 2015, 418-431.
  • Vettorello 2017 
    F. Vettorello, L’ostentazione è l’anima della ricchezza. La lezione dei Saturnalia lucianei, in A. Camerotto, S. Maso (a cura di), La satira del successo. La spettacolarizzazione della cultura nel mondo antico (tra retorica, filosofia, religione e potere), Milano-Udine 2017, 413-438.
  • West 1966
    M.L. West, Hesiod. Theogony, Oxford 1966.
English abstract

Cronus is a god of the past, a past that never comes back. Thus, Cronus can become the god of the Golden Age. He can play the role of the king of the Isle of the Blessed. But he is also the king of Saturnalia, a space-time island of happiness, in which all the rules and conventions of society are overturned. He can also become the god of satire and freedom of speech in the work of Lucian of Samosata, together with Momus and Prometheus.

keywords | Cronus; Saturnus; Saturnalia; Lucian of Samosata; Utopia; Freedom of speech.

Per citare questo articolo / To cite this article: A.Camerotto, La festa di Kronos. Appunti dai Saturnalia di Luciano ”La rivista di Engramma” n.200, vol.1, marzo 2023, pp. 159-166 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.200.0063