"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

202 | maggio 2023

97888948401

Monarchia e arcana imperii. Corpo, simboli, liturgie

Editoriale di Engramma 202

Monica Centanni e Fabrizio Lollini

English abstract

Nicola Samorì, Anulante, olio su rame, 2018, 70 x 50 cm, courtesy Monitor (Roma / Lisbona / Pereto)

Di “Anulante”, una delle sue opere più emblematiche (e anche come tale esposta alla monografica bolognese di Palazzo Fava del 2021), Nicola Samorì così scrive per “Engramma”: “Le parole associate alle mie immagini spesso arrivano senza appello, sono quasi dei rumori che cercano di spiegarsi in un secondo tempo; altre volte sono traccia di apparizioni sepolte sotto l'ultimo strato di pittura, quasi lapidi che avvertono della presenza di un corpo oltre la soglia di pietra o di metallo. In questo caso il materiale è metallo e la matrice pittorica è un San Sebastiano che è stato da me spellato trasformando il suo ventre in una sorta di quinta teatrale oltre la quale si apre il vuoto dell'immagine”. Non sa, l'artista, da dove sia precisamente venuto il titolo, ma il significato di questo raro termine in portoghese e in spagnolo – “che provoca annullamento, cancellazione” – riesce “a centrare assai bene il cuore di questa cortina”, come lui stesso precisa, riemergendo forse da ricordi remoti, e appunto pressoché inconsapevoli.

Ci piace utilizzare l’immagine di questo splendido dipinto, e il commento che Samorì ci ha regalato, perché questo numero è dedicato proprio al corpo, e a uno in particolare. Il corpo del re, dell’imperatore, di chi detiene (o deteneva) il vertice assoluto del potere e di chi, secondo la teorizzazione di cui tratta Ernst Kantorowicz nel suo lavoro del 1957, ancora fondamentale, I due corpi del Re, incarna in sé una natura duale, corpo umano e corpo divino insieme. Un corpo che talvolta nel suo agire e nelle sue rappresentazioni rimane rigido e impassibile, staccato dalla realtà contingente, mentre in altri casi si flette nelle espressioni e nelle movenze, a seguire regole, consuetudini e liturgie definite e significanti. Ne abbiamo avuto recente esempio nella cerimonia di incoronazione e di intronizzazione di Carlo III Windsor, nuovo sovrano del Regno Unito e del suo Commonwealth dopo la lunghissima era di Elisabetta II: settanta anni durante i quali le abitudini sociali e quelle visive sono mutate più in fretta di sempre. Questo numero di Engramma è pubblicato a maggio 2023, a poche settimane dall’incoronazione del re di Inghilterra, avvenuta il 6 maggio e trasmessa in mondovisione. 

Il tema – che nella fase di deserto di pensiero critico che stiamo attraversando è spesso derubricato a “un fattore soltanto simbolico” (come se il fattore simbolico non avesse a che fare da sempre con il potere), o al limite (in alcuni contesti) identitario – è emerso come di assoluta rilevanza, per i retaggi che interferiscono con l’immaginario contemporaneo, in una serie di seminari e incontri promossi dal centro studi classicA-Iuav. Sul nostro tavolo di lavoro abbiamo messo, da rileggere e da condividere, Kantorowicz (I due corpi del Re, ma anche l’importante I misteri dello Stato, la raccolta di saggi sugli arcana imperii curata da Gianluca Solla per Marietti); ovviamente, I re taumaturghi di Marc Bloch; e i testi: Shakespeare, ma prima Eschilo e, tra loro, il Machiavelli del Principe e dei Discorsi. Un’apertura sul tema, con un preciso taglio teorico e politico, è proposta nel contributo di Peppe Nanni Finzioni che non funzionano: due corpi di troppo.

Il corpo del Sovrano ha dunque molto in comune con quello di Cristo e dei suoi santi, e tutti i medievisti conoscono bene i continui interscambi iconografici tra l'iconografia sacra e quella reale (o imperiale), sia in occidente, che, in modo ancor più costante ed evidente, nel contesto orientale europeo che genericamente, ma non senza ragione, chiamiamo ‘bizantino’. L'immagine dipinta (o scolpita) segue dunque la duplicità insita nel suo essere monstrum, come Monica Centanni riprende dal testo seminale di Kantorowicz nel suo Explicit tragoedia. The Undressing of the King’s Body: Xerxes, Constantine XI Palaeologus, Richard II (anche in versione integrale italiana: Explicit Tragoedia. La svestizione del corpo del Re: Serse, Costantino XI Paleologo, Riccardo II). Al titulus di Rex Judaeorum imposto sulla croce di Cristo, come motivazione della condanna e insieme beffa, è dedicato il contributo di Letizia Biazzo Rex Iudaeorum”. Citare in giudizio un titolo regale?, che presenta un’analisi lessicografica e una lettura delle fonti bibliche, oltre a un’apertura sull’iconografia dell’epigrafe trilingue con una galleria di esempi. Sugli istituti arcaici della regalità (e degli stessi nomi rex e βασιλεύς) nella cultura istituzionale romana insiste il saggio “Vigilasne rex? Vigila”. Il doppio corpo del re e le sue bellicose resurrezioni primaverili di Barbara Biscotti e Matteo Alberio. Una lettura storica, oltre che giuridica, della inventio dell’olio sacro, collegata ai miracoli del primo princeps, Augusto, è nell’importante contributo di Orazio Licandro, “Odium regni" e “olio santo” da Augustus alla res publica christianorum. Il crisma della regalità trova declinazioni culturali diverse: alla ritualità della monarchia medievale serba si concentra Jelena Erdeljan nel suo Royal bodies of Serbian medieval kings. Entwined in the vine of salvation.

Dall’età antica, attraverso Bisanzio e il medioevo, fino all’età moderna, il corpo del Re è anche al centro di una serie di relazioni pericolose. Un caso noto ed emblematico è quello di Giacomo I di Gran Bretagna. Alberto VII d'Asburgo, figlio di Massimiliano II, arcivescovo di Toledo e cardinale, rinunciò ai voti ecclesiastici per diventare prima governatore dei Paesi Bassi spagnoli, poi Principe sovrano di quelli meridionali, dal 1598 alla morte nel 1621. In quest’ultimo ruolo, riceve numerose epistole dall’ambasciatore spagnolo alla corte d'Inghilterra tra il 1613 e il '22, Diego Sarmiento de Acuña, primo conte di Gondomar, in cui il dignitario racconta molti eventi cui poté assistere nel corso della sua lunga esperienza nella capitale britannica. In una lettera del 12 ottobre 1617, espone le tensioni e le maldicenze che avevano interessato il rapporto tra il re e George Villiers, da lui creato conte (in seguito duca), di Buckingham. La natura di quelle relazioni, nonostante i tentativi accademici ed eruditi di renderle talvolta più soft, pare molto esplicita. Lo pareva certo già all'epoca, se il coevo Théophile de Viau – peraltro divulgatore di Platone – compara le attività sessuali di Apollo con Giacinto, di Coridone con Aminta (sic, ma Alessi nel mito), di Cesare con i suoi garçons e di altri due personaggi contemporanei a quelle, appunto, di Giacomo I con il suo protetto: “Et ce savant roy d’Angleterre / Foutoit-il pas le Boukinquan” – vale a dire, “forse che non lo scopa?”. Pure, il noto referto, quasi sempre citato però in traduzione inglese, è notevole: dopo aver chiarito che non ha intenzione di punire nessuno di quelli che avevano gettato fango, il sovrano rimase “un poco suspenso”, per continuare

[...] diziendo que los quería advertir y desengañar de que no era Dios ni Angel, sino hombre, y hombre como otros, y que assi tenía as aciones de hombre y cinfesaba de amar lo que amaba, con bentaja de los demás hombres, y que assí se desengañasen también que quería al Conde de Buquingam más que a todos los hombres y más que a todos los que estaban allí juntos, pero que quería también bolver por sí y no tener esto por defecto, pues Jesucristo avía hecho lo mismo que él hazía, y que assí no podía ser reprehendido; concludendo esta parte de la oración con que Cristo avía tenido su Juan, y el tenía su Jorge [...] que estaba presente a todo (Madrid, Biblioteca Real, Correspondencia del conde de Gondomar - II/2185, cc. 12v-15v).

La pia nobilitazione giustificativa del rapporto, sulla scorta del confronto con la coppia Cristo/Giovanni, è un topos registrato in letteratura ma non poi così diffuso, che certo diluisce – e sublima – l’icasticità degli epigrammi coevi, come ad esempio “Elizabeth [the first] was King: now James is Queen”. Massimo Stella con il suo bel contributo Corpo sovrano e sovversione del corpo cristiano. Edward II tra Amor ovidiano e Mors paolina illumina questa costellazione di significati, a partire dal testo di Marlowe.

Ma non c'è solo in ballo la questione del corpo come realtà fisica, e anzi la più forte contiguità tra realtà sacra e realtà sovrana è forse quella del corpo come evidenziatore di tangibilità psicologica ed emozionale, con le sue posture ed espressioni. L’impassibilità in se e agita della figurazione del Cristo (e per traslato della Vergine e di alcuni santi), come signum dell'appartenenza a un mondo altro, e di un’empatia personale disattivata nei confronti del fruitore visivo, è tratto comune alle immagini di re e imperatori. Il Christus triumphans che pur morente sulla croce è vigile e ci scruta come giudice, non toccato da sofferenze e da impulsi corporei, non è distante dai ‘ritratti’ di tante figure investite della dignità assoluta, fatta peraltro derivare quasi sempre appunto da Dio (o dalla sua Chiesa in terra): morfemi visivi che non replicano fattezze ma evocano concetti e ruoli assoluti, che non si possono certo calare nella quotidianità. La visione frontale, in questi casi, è pressoché obbligata: quella di scorcio o di profilo, come noto, depriva lo spettatore di un segmento visivo (addirittura caratterizza talora le figure considerate negative), dunque non può essere applicata perchè vicina all’hic et nunc percettivo della quotidiana esperienza del riguardante. Soprattutto, la separazione viene evidenziata dall'atarassia assoluta: le lacrime, il riso o semplicemente un'espressione di involvement emotivo ricondurrebbero a una compartecipazione. Solo da pochi decenni gli ultimi imperatori giapponesi Akihito e Naruhito hanno iniziato a mostrarsi in pubblico con espressioni personali (sempre soffuse, e mai comunque nelle occasioni più alte e ufficiali): non ci si commuove e non si sorride. La scena di The Queen (Stephen Frears, 2006), in cui una strepitosa Helen Mirren, nel ruolo di Elisabetta II, dimostra il suo sgomento nel constatare che la gente comune vuole – anzi, pretende – che lei si commuova pubblicamente per lady Diana dopo la sua morte, è un capolavoro non solo di interpretazione attoriale, ma di evidenziazione consapevole che, alla fine del XX secolo, le regole visive e di (auto)identificazione dell’immutabilità della maschera del sovrano – della sua persona, proprio nella duplicità di senso della sua accezione latina – è alla fine. Ora la regina può piangere: ma allora, si potrebbe dire, cosa la rende diversa dagli altri individui? Che è poi quello che dicevano i dotti bizantini in occidente, davanti ai Cristi post ‘maniera greca’ che esibivano sulla croce la loro sofferenza. È questa imperturbabilità, appunto, a funzionare come sensore disattivato di emozioni, come era in Giappone fino ai tempi di Hirohito, ultimo esempio di Dio in terra fino alla rinuncia alla dignità sacra del Tennō no ningen sengen, appunto del 1946; sul tema pubblichiamo una suggestiva nota di Kurt Foster, Fosco Maraini. The Man Who Wondered About The Kingship of Tennō.

Se il corpo del Sovrano ha un valore speciale in sé, combinazione di fisicità e simbolo, diviene ancora più importante quando entra in relazione a specifici oggetti, o si muove entro gli schemi di liturgie governate da sempre da regole, consuetudini, gestione degli spazi e forme parateatrali. Come abbiamo scritto in apertura, questo numero è pubblicato a ridosso dell’incoronazione di Carlo III Windsor, re d’Inghilterra: la cerimonia che nei lustrini e nelle parate rappresenta la versione aggiornata del bagliore – spaventoso anche perché fascinoso – emanato dal corpo del Re si può seguire visionando il filmato ufficiale rilasciato e montato su espressa volontà della Royal Family.

English abstract

Engramma’s issue 202, “Monarchy and arcana imperii. Body, symbols, liturgies”, was published in May 2023, just a few weeks after the world-wide broadcasted coronation of Charles III, King of England, which took place on 6 May. The topic of the Monarchy and the King’s Body emerged with absolute relevance and urgency due to the legacies that interfere with its contemporary imagery. A view on the subject from both a theoretical and political perspective is proposed in Peppe Nanni’s paper Finzioni che non funzionano: due corpi di troppo. Monica Centanni expands on the theme of the King’s two bodies from Kantorowicz’s seminal text in her Explicit tragoedia.The Undressing of the King’s Body: Xerxes, Constantine XI Palaeologus, Richard II (also in full Italian versionRex Iudaeorum”. Citare in giudizio un titolo regale? by Letizia Biazzo is dedicated to the titulus “Rex Judaeorum”, imposed on Christ’s cross as a motivation for simultaneous condemnation and mockery, accompanied by a gallery of examples on the iconography of the trilingual epigraph. The essay “Vigilasne rex? Vigila”. Il doppio corpo del re e le sue bellicose resurrezioni primaverili by Barbara Biscotti and Matteo Alberio focuses on the archaic institutions of Kingship in Roman institutional culture (and that of the names rex and βασιλεύς). A historical, as well as legal, reading of the inventio of the holy oil, linked to the miracles of the first princeps, Augustus, is the topic of an important paper by Orazio Licandro, “Odium regni" e “olio santo” da Augustus alla res publica christianorum. Jelena Erdeljan focuses on the rituality of Serbian medieval monarchy in her Royal bodies of Serbian medieval kings. Entwined in the vine of salvation. From Antiquity to the Modern age, passing through Byzantium and the Middle Ages, the King’s body also stands at the centre of a series of dangerous relationships. Massimo Stella’s fine contribution, Corpo sovrano e sovversione del corpo cristiano. Edward II tra Amor ovidiano e mors paolina, illuminates this constellation of meanings, taking the cue from Marlowe’s text. The aloofness in itself is a common trait of the images of kings and emperors. It is similar to that enacted by Christ (and, more figuratively, by the Virgin and other saints), as a signum of belonging to another world, and of a deactivated personal empathy towards the visual user. Composure, in fact, deletes emotions – as it was until the time of Hirohito, the predecessor of the last two Japanese Emperors – and it is the last example of God on earth until the renunciation of sacred dignity in Tenno no ningen sengen, in 1946. On the topic, we publish here an evocative note by Kurt Foster, Fosco Maraini. The Man Who Wondered About The Kingship of Tennō.

keywords | The King’s Two Bodies; Monarchy; arcana imperii

Per citare questo articolo / To cite this article: Monica Centanni e Fabrizio Lollini, Monarchia e arcana imperii. Corpo, simboli, liturgie. Editoriale di Engramma 202, “La Rivista di Engramma” n. 202, maggio 2023, pp. 7-11 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.202.0009