"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Dolore e meditazione. Figure della Malinconia attraverso l’Atlante della Memoria

Saggio interpretativo della Tavola tematica ex Mnemosyne Tavola 53

a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni e Katia Mazzucco, con la collaborazione di Sara Agnoletto, Maria Bergamo, Lorenzo Bonoldi, Giulia Bordignon, Claudia Daniotti, Giovanna Pasini, Alessandra Pedersoli, Linda Selmin, Daniela Sacco, Valentina Sinico

Galleria Figure della Malinconia attraverso l’Atlante della Memoria aggiornata (dicembre 2016)
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Ancora alla ricerca di sperimentazioni e nuove applicazioni metodologiche dello ‘strumento’ Mnemosyne, in questo assemblaggio si segue un percorso che attraversa l’Atlante di Aby Warburg. Questa volta la traccia è un dettaglio posturale che come un marchio espressivo caratterizza molte figure presenti nelle tavole: il volto appoggiato alla mano.

Alcune fotografie conservate al Warburg Institute di Londra documentano un lavoro a percorso tematico di questo tipo, compiuto da Warburg stesso prima del montaggio delle tavole di Mnemosyne. In occasione delle esposizioni organizzate dalla Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg (1925-26-27), ma anche per le attività di ricerca e divulgazione dell’Istituto, venivano realizzati pannelli tematici – con titolo – utilizzando il materiale della ricchissima fototeca. Tali montaggi furono poi smembrati per creare nuove combinazioni di temi, opere e senso, e confluirono, infine, nel complesso e labirintico percorso d’immagini che costituisce le tavole dell’ultima versione di Mnemosyne.

Questi primi pannelli tematici arrivano a noi attraverso il provvidenziale lavoro di documentazione fotografica voluto da Gertrud Bing e, seppur in modo – allo stato attuale della documentazione e della ricerca – poco intelligibile, testimoniano delle diverse fasi di progettazione e costruzione dell’Atlante. Tra queste fotografie, tre documentano proprio l’esistenza di altrettante tavole che raccolgono figure con questa postura. Due di questi pannelli recano rispettivamente l’una il titolo: “TRAUER UND […]” (lacuna nella fotografia stessa), l’altra il titolo “[…]EDITATION” (lacuna nella fotografia). Le opere riprodotte e in essi appuntate – pitture pompeiane, miniature tratte da manoscritti, dettagli di dipinti e incisioni, opere scultoree – non sono tutte presenti nell’Atlante, ma fra quelle in esso confluite possiamo riconoscere alcune delle figure già analizzate nella tavola 53: più precisamente quelle appartenenti al polo ‘meditativo-pensoso’ – in opposizione a quello ‘attivo-grazioso’ (dicembre-gennaio, numero 13, Pathosformel malinconica-pensosa).

Questa ‘rielaborazione’ a montaggio di immagini disseminate nei diversi pannelli focalizza l’attenzione su interrogativi già posti attraverso i percorsi ermeneutici delle tavole di Warburg, ma apre anche la strada a nuove e stimolanti possibilità di sviluppo: l’elaborazione di un’ipotesi di origine (Ur) e poi sviluppo e diffusione di questa marca posturale; il confronto delle diverse filiazioni e derive (in considerazione dei relativi contesti); la possibilità di valutare i differenti rilievi semantici o le eventuali de-semantizzazioni.

Tavola 4 introduceva già, attraverso un’opposizione anche spaziale e compositiva, la polarità “ninfa estatica (maniacale)” e “dio fluviale in lutto (depressivo)” 4.6 , annunciando il discorso di Tavola 55 su Manet e il rilievo con il Giudizio di Paride di Villa Medici, e quello di Tavola 58 su Dürer e la Malinconia (in previsione per i prossimi numeri di Engramma).

La costruzione proposta in questa tavola, che percorre trasversalmente i pannelli dell’Atlante, fa emergere un nesso ulteriore: le linee di tangenza tra il “gesto (puramente) eloquente” della mano che regge il volto appoggiato (appunto); la Pathosformel tutta warburghiana della figura semi-distesa/abbandonata/recubante (maniacale e/o depressiva); l’emblema della malinconia come emancipazione intellettuale dell’umanista (malinconia ex otio exque acedia).

Il filo d’indagine proposto acquista ulteriore legittimazione se si considera che, negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione del lavoro di Warburg su Lutero e Dürer (1920), Saxl, Panofsky e Klibansky inauguravano la stagione della cosiddetta “scuola warburghiana” e uno dei filoni più nutriti degli studi iconologici, con l’interpretazione della celeberrima incisione düreriana e l’insuperata ricerca sulla malinconia saturnina (1923) – conferme ex ante dello studio warburghiano proseguito attraverso l’elaborazione dei pannelli di Mnemosyne.

Nel montaggio della tavola le figure sono state collocate non tanto in relazione alla data di composizione delle singole opere, quanto secondo un ordine di 'cronologia tematico-formale’. Le immagini dei malinconici tratte dall’Atlante sono state poste in una successione che rende visibile la linea ermeneutica principale che ha guidato la nostra ricostruzione: l’ipotesi – tutta da verificare – che la prima occorrenza della Pathosformel della pensosa malinconia si ritrovi nelle immagini della ‘Musa’. L’archetipo di questa postura si riscontra, in effetti, in materiali archeologici classici, in relazione alla ‘Musa’ ispiratrice della poesia. All’origine si tratta dell’unica Musa (la generica theà a cui Omero chiede il dono del canto nel primo verso dell’Iliade) raffigurata in dialogo con il poeta, con una mano al volto.

Ma via via le Muse si moltiplicano fino a raggiungere il numero canonico di nove e assumono distinte caratteristiche e attributi convenzionali, legati ai diversi generi poetici di cui sono considerate singolarmente patrone. In questo percorso assumono anche posture tipizzanti: così le Muse deputate all’ispirazione della Poesia storica (Clio), della Poesia epica (Calliope), della Poesia comica e ditirambica (Talia), della Poesia lirica (Erato), vengono rappresentate in ‘atteggiamento composto’; le Muse della Poesia auletica (Euterpe) e della Danza (Tersicore) in una ‘postura agitata e festosa’. Laddove invece le Muse dei generi poetici che Aristotele avrebbe iscritto nella categoria del tò spoudaîon – ovvero le protettrici della Poesia innodica (Polinnia), della Poesia cosmologica (Urania) e della Poesia tragica (Melpomene) – differenziate dagli specifici attributi, sono accomunate dalla postura: leggermente piegate in avanti, e solitamente appoggiate a un sostegno, portano la mano al volto (Engramma numero 14, Eureka!).

La polarità tra la 'Musa composta' e la 'Musa festosa' è una delle forme di rappresentazione dell’antinomia (o meglio della palintropos harmonìa) tra i poli che Friedrich Nietzsche definirà come l’apollineo e il dionisiaco: si ricorda che Warburg è tra i primi 'interessati' lettori e rivalutatori di Nietzsche dopo la stagione della follia del filosofo e dell’oblio calato sulla sua opera.

La polarità tra la 'Musa festosa' e la 'Musa pensosa' (si veda tav. 53 e la sezione che apre questo nuovo assemblaggio in alto a sinistra figg. 53.3, 53.12, 53.10, 53.11) si può leggere invece come una forma di rappresentazione dell’antinomia, riconosciuta da Warburg, tra il carattere dell’eccitazione maniacale (rintracciabile nelle Pathosformeln della Menade e della Ninfa) e il carattere luttuoso depressivo (la postura del Fiume e del Melanconico): questa polarità sarà teorizzata, fra gli altri, dallo psichiatra Ludwig Binswanger come alternativa psichico-filosofica dell’“esserci” che oscilla tra delirio e mania.

La prima figura della pensosità – preludio dell’introversione melancolica – è dunque la rappresentazione del ‘pensiero poetante’ (rappresentazione fin dalle origini connotata da un forte carattere allegorico): e più specificamente le allegorie della poesia ‘seria’ (tragedia, filosofia e inni agli dei e agli eroi, cfr. la “Poesia” dei cosiddetti Tarocchi mantegneschi, musa ‘generica’ con l’attributo del flauto, fig. 50/51.4) coincidono con una figura femminile caratterizzata dalla postura significativa del volto appoggiato alla mano.

Da questo archetipo della Musa ispiratrice deriva la tipologia dell’intellettuale pensoso (e ispirato): a questa categoria (cui corrisponde il gruppo centrale di figure della Tavola) vengono ascritti i poeti, i sapienti (Ippocrate, Fig. 75.9), ma anche i teologi (la postura diventa caratteristica anche di personaggi come San Paolo, San Girolamo e Sant’Agostino, Figg. 75.1, 31.14, 43.14, 58.8).

Questo polo intellettuale meditativo, che si alimenta nel tempo dell’otium intellettuale, ha la sua deriva nel carattere saturnino del poietes (cfr. anche Figg. 39.23, 39.21, 45.1).

Il teatro del compianto su una morte precoce o inattesa compare nei bassorilievi dei sarcofagi classici: soprattutto le scene della morte di Alcesti – morte dell’eroina che si consuma nell’agonia – e la morte tragica di Meleagro – che per l’atto omicida della madre Altea si consuma insieme al tizzone a cui è legata la sua vita – sono soggetti cari alle rappresentazioni funerarie antiche (v. gruppo di immagini nella sezione in alto a destra della tavola). Tra i vari personaggi che assistono alla scena della estenuante agonia (di Alcesti) o del trasporto del cadavere (Meleagro), ricorre una figura, solitamente femminile, nella Pathosformel del dolore-Melanconico (ovvero con la mano portata a reggere o nascondere il volto: v. figg. 5.19, 5.8, 5.10, 5.20).

Il ‘teatro del compianto’ classico intorno al corpo dell’eroe, per via di trasmissione diretta attraverso il modello dei sarcofagi ellenistici, diviene dal XIV secolo il teatro della passione di Cristo. Se la figura e la postura del cadavere viene esemplata su quella di Meleagro, le figure circostanti ripetono le diverse Pathosformeln dei ‘dolenti’ antichi: le Pathosformeln più enfatiche e agitate che meglio rendono l’intensità delirante del dolore fanno delle Marie delle vere e proprie Menadi. Ma viene ripresa anche la postura del dolore pensoso, che progressivamente passa sempre più nettamente a caratterizzare la figura di Giovanni (figg. 42.5, 42.18). Giovanni dunque anche in questo senso è una figura ‘di passaggio’ e all’incrocio tra la prima raffigurazione (femminile) della pensosità poetica e l’afasia (tutta maschile) del dolore e del lutto che si estrinseca in un gesto più meditativo che esagitato.

Meditazione, che sempre attraverso questa stessa ‘marca posturale’, può semantizzare anche l’immagine del dormiente (sia esso il soldato addormentato presso il sepolcro del Cristo Risorto, o la guardia di Costantino, Fig. 30.5) attraverso il quale si materializzano visioni o sogni miracolosi, premonitori, allegorici (cfr. Figg. 31.11, 31.9). Il ‘volto appoggiato’ dunque finisce per condizionare la postura dell’intera persona, sia essa in piedi o seduta, e coinvolgendo tutto l’assetto corporeo – la figura appoggiata, reclinata, inclinata, seduta, o abbandonata – si configura come una vera e propria Pathosformel e non soltanto come un gesto eloquente.

Formula potente, quindi, e rintracciabile a partire da modelli antichi, anche nella contemporaneità: come suggerì Warburg stesso (1929), – v. il sarcofago con il giudizio di Paride nelle sue svariate riproduzioni (v. sezione in basso che chiude la Tavola) – il diritto alla “nostalgia della natura” è rivendicato anche dall’immagine delle ‘ninfe mondane’ trasformate da Manet, attraverso un processo storico di “sterilizzazione archeologica”, in pretesto per l’indignazione borghese (Fig. 55.14).

Al grado meno intenso, e più comune, di significazione, questa postura emerge spontaneamente come engramma che comunica (o segnala) uno stato d’animo, anche momentaneo, di dubbio e di pensosità.

Al grado più intenso, si tratta di una formula di pathos che sta all’intersezione tra il pensiero ispirato, la meditazione intellettuale, la malinconia meditabonda, la depressione luttuosa (al centro del montaggio, non a caso, campeggia l’emblematica incisione düreriana, Fig. 58.9): una postura che diventa caratteristica dell’intellettuale , e – in un percorso che ci riporta all’origine dell’archetipo – caratteristica dell’artista e del poeta (cfr. anche Figg. 58.8, 53.4).

“Auch sie führt zum Gedicht: Melancholie” (Gottfried Benn)
[“Malinconia, che alla poesia conduce”, traduzione di Ferruccio Masini].

English abstract 

Mnemosyne, in this assembly you follow a path through the Atlas of Aby Warburg. This time the track is a postural detail that as an expressive brand characterizes many figures present in the panels: the face resting on the hand. Some photographs kept at the Warburg Institute in London document a thematic path work of this kind, carried out by Warburg himself before the assembly of the Mnemosyne panels.

key words | Mnemosyne Atlas’ Panel 52; Grief; Melancholy.

Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, Dolore e meditazione. Figure della Malinconia attraverso l’Atlante della Memoria. Saggio interpretativo della Tavola tematica ex Mnemosyne Tavola 53, “La Rivista di Engramma” n. 14, febbraio 2002, pp. 20-25 | PDF