"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

144 | aprile 2017

9788894840193

"Uno scolaretto al cinema". Einstein e l’Atlante di Warburg

Recensione a Horst Bredekamp, Claudia Wedepohl, Warburg, Cassirer und Einstein im Gespräch. Kepler als Schlüssel der Moderne, Berlin 2015

Emiliano De Vito

English abstract

Nel 1928 Aby Warburg fece visita ad Albert Einstein. All’incontro è stato dedicato nel 2005 un articolo di Horst Bredekamp, 4 Stunden Fahrt 4 Stunden Rede (Quattro ore di viaggio, quattro ore di conversazione), a cui si è aggiunta la conferenza, articolata in due momenti, dello stesso Bredekamp e di Claudia Wedepohl, tenuta nell’ambito del ciclo “Warburg, Benjamin and Kulturwissenschaft” il 14 giugno 2012 al Warburg Institute (Aby Warburg meets Albert Einstein. Mars as a Lantern of the Earth). Il testo dell’articolo e quelli messi a punti per la conferenza, rielaborati per integrare gli estremi della forma-libro, vanno ora a costituire il volumetto recentemente pubblicato dall’editore berlinese Wagenbach – Warburg, Cassirer und Einstein im Gespräch. Kepler als Schlüssel der Moderne (Warburg, Cassirer e Einstein in dialogo. Keplero come chiave della modernità).

L’incontro tra Aby Warburg e Albert Einstein – qui ricostruito pressoché esclusivamente dalla prospettiva del primo, cioè attraverso le annotazioni nei suoi diari e la corrispondenza con collaboratori e familiari – ebbe luogo precisamente il 4 settembre 1928 presso una clinica di Scharbeutz, dove Einstein era in cura. Gli autori si sono divisi i compiti come segue. Wedepohl ricostruisce con nitore didattico l’avvicendarsi di alcune tra le acquisizioni più ardue e suggestive del “grande amburghese” (quelle, in particolare, del celebre saggio sul ciclo di affreschi di Palazzo Schifanoia e della conferenza sul filologo e storico dell’astrologia Franz Boll) fino al momento dell’incontro con Einstein. In quanto archivista del Warburg Institute, Wedepohl è evidentemente a proprio agio con i materiali ivi conservati; per questo libro ha compulsato documenti, in alcuni casi inediti, per ricostruire le vicende di un pensiero, come quello warburghiano, in costante moto benché, come ogni pensiero di alto rango, ancorato a dei punti fissi: e tra questi è senz’altro la polarità tra mito e scienza.

Bredekamp, con la forza teoretica che lo contraddistingue, ha chiarito che la scoperta kepleriana dell’ellisse come forma del corso del pianeta Terra intorno al sole è immagine di rango simbolico, e dunque possiede, nell’ottica genuinamente warburghiana, una eminente valenza storico-culturale, poiché segnerebbe la soglia in cui la modernità, abbandonata la forma circolare, che assicurava l’armonia di conio platonico, a favore della forma ellittica, che fonda una nuova meccanica celeste, si trova in perfetto equilibrio – e perciò stesso si mostra presa in una feconda ambivalenza – tra l’astrologia e l’astronomia, tra uno sguardo sul cosmo di tipo mitologico e uno fisico-matematico. Proprio in questo momento genetico, che segna il carattere della prima modernità, si precisa agli occhi di Warburg la figura di Keplero, che egli coerentemente definisce "Übergangstype", "figura-tipo di passaggio".

L’intero volume scaturisce da uno schizzo a matita tracciato da Albert Einstein per Aby Warburg. Questo documento sarebbe il solo testimone diretto del loro incontro. Bredekamp ha buon gioco nel decifrare il disegno come la rappresentazione dell’orbita ellittica della Terra su cui sono evidenziate diverse posizioni del pianeta, ovvero cinque posizioni (tra cui quella di allineamento Sole-Terra-Marte) occupate dalla Terra al compiersi dell’anno marziano, cioè al ritorno di Marte allo stesso punto. Questo esperimento mentale, questo salto nel luogo di osservazione dalla Terra a Marte, sarebbe – secondo quanto sostenne Einstein in quell’occasione (Warburg lo annota nel suo diario) – la prestazione specifica e più alta di Keplero, ovvero ciò che permise a quest’ultimo di scoprire il corso ellittico del nostro pianeta osservandolo mentalmente da Marte. Da qui la definizione einsteiniana – apparsa in un breve articolo del 1930 che sottende il disegno tracciato per Warburg e nel quale Bredekamp scorge una replica a Warburg – di Marte quale "lanterna" che illumina il corso terrestre.

Il tema dell’incontro fu dunque Keplero. La sua figura costituisce il medio attraverso cui Warburg e Einstein comunicano (ma anche la materia su cui dissentono). Warburg – questa la tesi centrale avanzata da Bredekamp – vedeva in Einstein un "Kepler recreatus", un nuovo Keplero che con la propria teoria del continuum spazio-temporale aveva "levato" (ci permettiamo di notare che qui Warburg usa il termine di sapore hegeliano aufgehoben) la visione cosmica dell’antichità e dunque aveva compiuto un passo decisivo sulla via della liberazione del pensiero scientifico dal modello cosmologico di tipo metaforico e immaginale; e tuttavia Einstein non riuscì a liberarsi del tutto da un "fondo arcaico" (Warburg torna in più occasioni a esprimere questa sua convinzione parlando per l’appunto di Urboden, o "piano arcaico", Urgrund; "grembo", Mutterboden; "strato arcaico", Urschicht), vale a dire da un retroterra mitologico che Warburg sentiva riecheggiare inconsapevolmente nel modo di pensare del grande fisico, un fondo che egli, con la visita a Scharbeutz, intendeva al contempo mettere alla prova e far affiorare alla coscienza di Einstein, in particolare sottoponendogli una serie di immagini (questi le avrebbe osservate con l’entusiasmo di "uno scolaretto al cinema") che Bredekamp riconosce in quelle, tutte legate alla figura di Keplero, della Tavola I dell’Atlante Mnemosyne, l’impresa in ogni senso ultima di Warburg (alla suddetta Tavola questi lavorava nel luglio-agosto 1928, cioè poco prima dell’incontro di Scharbeutz; si tratta della prima delle cosiddette tavole cosmologiche il cui tema è il mutare delle rappresentazioni del cosmo). Sebbene i due non potessero trovarsi d’accordo, Einstein, che nell’articolo del 1930 ritrarrà Keplero alla luce bipolare (ovvero ellittica) del ricercare empirico e dell’immaginare ipotetico, avrebbe finito per accogliere con questa stessa bipolarità – così Bredekamp – una traccia warburghiana.

Nel volume non mancano anche elementi volti a suscitare immediata suggestione nel lettore, come per esempio la conferma del significato programmatico assunto agli occhi di Warburg dall’ellisse kepleriana nel fatto che essa si trovi rispecchiata nella concezione architettonica, ellittica, della sala centrale della sua Biblioteca; nonché la elezione di due cliniche – quelle di Kreuzlingen e di Scharbeutz – a luoghi simbolici in cui si sarebbe, rispettivamente, preparato e consumato l’incontro tra due figure auratiche della prima metà del Novecento, cioè tra un Warburg misteriosamente risanato dalla sua psicosi e un Einstein sofferente di cuore.

English abstract

The essay by Horst Bredekamp and Claudia Wedepohl, Warburg, Cassirer und Einstein im Gespräch (Wagenbach, Berlin 2015) deals with the meeting of the Kulturwissenschaftler Aby Warburg and the physicist Albert Einstein which took place on initiative of the first scholar on September 4th 1928 in Scharbeutz. The main issue of the meeting was Kepler’s discovery of the elliptical orbit of the planet Earth by means of a mental experiment, i.e. the observation of the Earth from Mars, a discovery which introduced a new cosmic conception whose emergence disrupted the Platonic world harmony. The present review strives to underline the concealed traces of the polar conflict detected by Warburg in Einstein's theoretical attitude between the two above-mentioned conceptions of the cosmos, the magic-mythical and the mathematic-physical one.

Keywords | Book review; Cassirer; Einstein; Warburg; Atlas Mnemosyne; Kepler.

Per citare questo articolo / To cite this article: E. De Vito, "Uno scolaretto al cinema". Einstein e l’Atlante di Warburg. Recensione a Horst Bredekamp, Claudia Wedepohl, Warburg, Cassirer und Einstein im Gespräch. Kepler als Schlüssel der Moderne, Berlin 2015, “La Rivista di Engramma” n. 144, aprile 2017, pp. 86-89 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2017.144.0004