"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

169 | novembre 2019

97888948401

Un professionista al servizio dell’Eni

L’opera di Mario Bacciocchi (1902-1974)

Massimiliano Savorra

English abstract

Inaugurando la Scuola di Studi superiori sugli idrocarburi, Enrico Mattei l’11 gennaio 1958 ricordava l’assolvimento di un compito previsto dalla legge istitutiva dell’Eni e soprattutto riconosceva l’importanza, per una grande azienda, di realizzare non solo case e servizi per i propri dipendenti, ma anche di concepire “esemplari centri di vita”. Egli affermava: 

Come hanno fatto e fanno tutte le aziende e i gruppi industriali quando raggiungono i loro pieno sviluppo, anche noi ben presto ci siamo dovuti preoccupare di creare le attrezzature ed i servizi sociali. San Donato Milanese, anzi Metanopoli, come noi chiamiamo questo complesso Eni, con i suoi quartieri residenziali, con le attrezzature sportive, con il suo centro parrocchiale e con le altre forme di assistenza sociale, con caffè, alberghi, negozi, mense, spacci di consumo, è un modello concentrato di quello che l’Eni fa per il suo personale e per le famiglie di questo, e viene realizzando nei vari centri in cui svolge la propria attività e anche altrove, come per esempio nelle spiagge e nelle pendici alpine. Ogni iniziativa, soprattutto se nuova o innovatrice, dà adito a critiche, ma noi ci sentiamo orgogliosi di avere creato con San Donato Milanese e col Villaggio Alpino a Corte di Cadore degli esemplari centri di vita e di conforto sociale, che non mancheranno certo di suscitare analoghe realizzazioni. Tra le prime realizzazioni di San Donato Milanese mi piace ricordare l’asilo infantile e la scuola elementare modello, istituzioni che, credo, fanno onore per la loro razionalità e per il funzionamento perfetto (Mattei 1958). 

Nel discorso, Mattei richiamava alla memoria con orgoglio le iniziative portate avanti a San Donato Milanese, “anzi Metanopoli”, a favore dei dipendenti e delle loro famiglie, come le scuole, che “fanno onore per la loro razionalità e per il funzionamento perfetto”. Per comprendere le motivazioni, oltre che le soluzioni progettuali “razionali”, che sono alla base del centro urbano di fondazione sorto a partire dal 1951 è necessario ripercorrere le biografie dei suoi protagonisti e lo sfondo entro il quale maturarono talune scelte. Tuttavia, se la vita del fondatore della multinazionale dell’energia e i suoi legami con il mondo cattolico sono stati oggetto di una florida letteratura (Galli 2005; Corduas 2006; Guarneri 2007; Colitti 2008, Crippa 2014; Cesari 2016), l’intenso itinerario professionale di Mario Bacciocchi (1902-1974), progettista di primo piano del secolo passato, è ancora tutto da indagare, vista anche la dispersione di gran parte del suo archivio privato e l’assenza non solo di testimonianze o scritti autografi, ma anche di una solida bibliografia di riferimento.

Emblematico per la messa a fuoco di alcune questioni centrali tra gli anni del fascismo e il periodo della Ricostruzione, il lavoro dell’architetto può essere inteso come uno specchio in cui si riflettono i temi comuni affrontati da buona parte dei professionisti italiani: dal ruolo dei committenti privati (siano essi gruppi industriali o grandi costruttori) e degli enti parastatali, alle richieste del potere politico e al contempo economico (prima fascista, poi cattolico, nell’accezione di “democristiano”), fino al peso delle “grandi quantità”, strabilianti in termini di metri cubi edificati, concepiti a ritmi serrati, che si avvalgono di un linguaggio architettonico “razionale”, sebbene in bilico tra slanci modernisti e conservatorismo. A questi si aggiungono i temi, strettamente intrecciati alla storia sociale del nostro paese, riguardanti la relazione tra la Chiesa e i quartieri nuovi delle periferie urbane, l’attuazione di una legislazione volta a promuovere l’incremento edilizio da un lato, e la ricerca di fonti energetiche dall’altro, nonché l’apporto di un professionismo tecnico colto, tipico della cultura architettonica di area lombarda, in grado di inventare strutture e servizi adattando modelli provenienti dall’estero, in specie dagli Stati Uniti. 

L’architetto del principe

1 | Mario Bacciocchi, Veduta di Metanopoli, con il Centro ricerche e torre degli uffici, San Donato Milanese, 19 giugno 1953.

Legato a Enrico Mattei da un rapporto di fiducia e di amicizia, Bacciocchi fu definito l’“architetto del principe” quando ottenne, nei primi anni Cinquanta, l’incarico di ideare una serie di edifici, fulcro di quella che lo stesso architetto definì per l’appunto “Metanopoli” [Fig. 1]. Nei ricordi di Sante Tibaldi in un’intervista del 1990 rilasciata a Vincenzo Gandolfi, Bacciocchi disse:

Lei presidente mi ha dato l’incarico di progettare un lotto di case, il motel per i camionisti e i laboratori. Ma mi ha accennato che dovrà sorgere una chiesa e che a completamento del nuovo centro andranno previste altre costruzioni e servizi. Sarà, quindi, necessario realizzare un viale che parta dalla via Emilia, ortogonalmente a essa e in fregio al centro industriale Snam (quello che è diventato il viale De Gasperi) e che all’altezza del luogo su cui sorgerà la chiesa venga costruita un’arteria perpendicolare al viale sulla quale andranno a collocarsi gli edifici che si renderanno necessari in futuro. E questo sarà la città del metano, sarà Metanopoli (Sermisoni 1995; Deschermeier 2008, 23).

Per il gruppo industriale Agip-Eni (l’Azienda generale italiana petroli, fondata con la legge 556 del 3 aprile 1926, nasceva come holding statale incaricata della distribuzione di prodotti petroliferi importati; nell’aprile 1945 Mattei ne divenne commissario e nel 1948 vicepresidente, e con la legge 136 del 10 febbraio 1953 fu ufficialmente costituito l’Ente nazionale idrocarburi), Bacciocchi inventò così case, motel, stazioni di servizio, laboratori di ricerca, padiglioni, una chiesa e un centro sportivo. Ma l’architetto non fu solo l’esperto affidabile al servizio di Mattei.

A partire dal 1925, anno in cui si laureò al Politecnico di Milano, Bacciocchi aveva avviato un’intensa attività – svolta fino al 1974, anno della sua morte – caratterizzata dalla realizzazione di opere emblematiche della cultura professionale italiana tra gli anni del fascismo e quelli del boom economico. Il primo incarico lo ebbe da Riccardo Gualino per progettare le scuderie a Mirafiori. Grazie al noto industriale, mecenate e collezionista piemontese, si recò a Parigi per fare ricerche sugli impianti ippici. In seguito, aprì uno studio a Parma nello storico palazzo di Santaflora e – come molti giovani neoarchitetti – lavorò in provincia, in particolare a Piacenza e a Salsomaggiore (dove costruì le ville Barilla e Fonio, nonché il complesso Poggio Diana), e partecipò a diversi concorsi, tra i quali quelli per un Monumento ai caduti e per l’Ospedale Maggiore [Fig. 2], entrambi a Milano.

2 | Mario Bacciocchi, Progetto di concorso per l’Ospedale Maggiore, Milano 1927.

Portici, serliane, bugnati, timpani spezzati, colonne, altane caratterizzavano i disegni di questi anni: utilizzato in tutta Italia da molti progettisti, come Bacciocchi, in cerca di una vena espressiva nuova, il linguaggio del passato sei-settecentesco era considerato l’espressione di una tendenza artistica fino a quel momento inedita per quanto riguardava le ricadute architettoniche (Savorra i.c.s). I progetti elaborati per l’ospedale milanese, come quelli per il complesso Poggio Diana, ad esempio, possono ascriversi così a quella maniera “barocchetta”, che si manifestò in modo evidente dopo la prima guerra mondiale e si dissolse quando cominciarono ad affermarsi da un lato il recupero della classicità romana, dall’altro – soprattutto ad opera delle nuove generazioni di architetti – i linguaggi razionalisti.

Durante gli anni Trenta del Novecento Bacciocchi realizzò alcuni edifici interessanti, come il liceo Melchiorre Gioia a Piacenza (incarico avuto grazie al suo maestro Portaluppi), il padiglione dell’Unpa alla Fiera di Milano o come la sede del Gruppo rionale fascista Ceresio a Milano con la torre “tra le più alte costruite in città in quel momento” (Maulsby 2014), opere in cui dimostrò di sapere “mescolare l’emergente lessico razionalista con la precisa e accurata scelta di materiali durevoli e solidi propria dell’architettura novecentista” (Airoldi 1982). Oltre a consolidare la sua attività professionale, realizzando nel capoluogo lombardo numerosi condomini dal carattere sobrio e al tempo stesso signorile (in piazza Maciacchini, ma anche in via Sidoli, in via Dogana, in viale Regina Giovanna, in corso Genova, e in molte altre zone della città), partecipò, sia ai concorsi per il palazzo del Littorio a Roma e per l’aero-idroscalo di Linate (Savorra 2017a), sia alle competizioni milanesi per la sistemazione della piazza del Duomo e della retrostante piazza Diaz che prevedevano anche la creazione di un Arengario in luogo della Manica Lunga e di un palazzo verso la Loggia dei mercanti. In questo periodo, l’impegno e il linguaggio di Bacciocchi appartenevano a pieno titolo alla cultura e agli ambienti milanesi, come è evidente non solo nelle soluzioni architettoniche della Loggia Imperiale dell’Arengario, ma anche nei progetti relativi alla sistemazione della retrostante piazza Diaz [Fig. 3] e al Palazzo delle Corporazioni fronteggiante il Duomo (Concorso 1938).

3 | Mario Bacciocchi, Progetto di Arengario e sistemazione di piazza Diaz, Milano 1936.

Va ricordato che la città meneghina era oggetto – proprio negli anni Trenta – di radicali trasformazioni urbanistiche, dovute a gruppi finanziari agguerriti e a grandi istituti bancari e assicurativi. Piazza Diaz, piazza San Babila, e piazzale Fiume furono i principali luoghi di investimento offerti all’iniziativa privata. Per tali luoghi Bacciocchi individuò soluzioni che miravano al consolidamento dei caratteri monumentali degli spazi mediante la realizzazione di edifici alti quali fulcri di una aggiornata progettazione urbana. Tra le “piazze satelliti del duomo”, come previsto dal piano Portaluppi-Semenza, la piazza Diaz nelle intenzioni doveva essere il centro di un moderno quartiere degli affari, così come la piazza San Babila sarebbe stata uno “snodo pulsante delle nuove direttrici urbane” e il piazzale Fiume il centro di un quartiere residenziale “più elegante e più richiesto nella capitale lombarda” (Irace 2004).

4 | Mario Bacciocchi, Progetto di grattacielo per la Marzotto-Valdagno in piazza San Babila, Milano 1939.
5| Mario Bacciocchi, Palazzo Excelsa Domus in piazza Fiume ang. Vittor Pisani. Brochure pubblicitaria del (con ing. G. Cesa Bianchi, impresa f.lli Bordone), Milano 1936-39.

In tale ambito, Bacciocchi concepì per la società Immobiliare Diaz (con Alister MacDonald e con la consulenza di Marcello Piacentini) un progetto di edificio-grattacielo in piazza Diaz, per la Marzotto-Valdagno una proposta per un edificio-grattacielo in piazza San Babila [Fig. 4] e, per la società Excelsa Domus, un elegante condominio alto in piazzale Fiume (1936-39), un’area quest’ultima che venne definita nelle brochure pubblicitarie [Fig. 5] come una magnifica oasi di verde prossima ai giardini pubblici.

6 | Mario Bacciocchi, Progetto di Foro Mussolini. Veduta aerea, Milano 1942.
7 | Mario Bacciocchi, Progetto di Foro Mussolini. La piazza della Rivoluzione con l’inizio della via Imperiale, Milano 1942.
8 | Mario Bacciocchi, Progetto di Foro Mussolini. La via Imperiale vista dalla piazza della Rivoluzione, Milano 1942.

All’idea di una Milano monumentale espressa nelle soluzioni per il centro della città si collega il Foro Mussolini, uno studio urbanistico di Bacciocchi per la sistemazione integrale delle zone a nord est dell’Arena (del progetto si conservano in archivio le sole riproduzioni fotografiche). Singolarmente datato maggio-giugno 1942, l’ambizioso piano riguardava la trasformazione di una vasta area che partiva dal parco del Sempione per arrivare fino al nuovo parco della Maggiolina [Figg. 6-8]. Lette da alcuni studiosi come un’eco del quartiere E42 (il futuro Eur) che stava sorgendo a Roma (Rezzonico 1992; Nicoloso 2018), in realtà, le idee espresse da Bacciocchi – nonostante alcune similitudini formali con taluni edifici dell’E42 – andrebbero collegate piuttosto a quelle del ben noto progetto di Foro Mussolini concepito da Giuseppe De Finetti nel 1933. Va ricordato, infatti, che Bacciocchi in quell’anno aveva firmato con l’architetto “allievo di Loos” tutte le tavole relative al piano per lo “Stadio di Milano e le Terme” (alla definizione di alcuni aspetti avevano collaborato anche il professore Arturo Danusso e l’ingegnere Giuseppe Valtolina), che comprendevano altresì la vasta sistemazione della zona attigua all’Arena (De Finetti 1934, 128; Bucci 2016). Nelle 15 prospettive conservate nell’archivio De Finetti, quasi tutte firmate “De Finetti-Bacciocchi” (Progetto 1984), l’attenzione era rivolta – oltre che alle strade circostanti l’impianto del Canonica trasformato in stadio e la nuova piscina prevista per i littoriali del 1934 – anche alle aree comprese tra la via Moscova, la piazza Lega Lombarda, il Bastione e il viale Montello, considerate “spazi irregolari, senza margini ben definiti”. In comune i due progetti urbanistici, quello del 1933 e quello del 1942, avevano come obiettivo, a partire dalla creazione di strutture per lo sport, la qualificazione di una vasta area in funzione delle esigenze di penetrazione delle arterie regionali (Nota introduttiva 2002) e, soprattutto, la risoluzione della questione del basso valore delle proprietà immobiliari dei due quartieri popolari esistenti, il borgo degli ortolani (el bourg) e il rione Garibaldi (el guast). Ma mentre il primo progetto si limitava a ricucire, allineare e creare nuove strade, e a definire la piazza ipogea antistante l’Arena come un’ampia esedra trionfale – al centro della quale una maestosa colonna avrebbe fatto da contraltare alla porta delle Milizie dello stadio (De Finetti 1933) –, il secondo, firmato dal solo Bacciocchi, configurava un vero e proprio quartiere moderno definito da una grandiosa via Imperiale suddivisa in differenti strade e livelli: nella parte mediana una via sacra affiancata da spazi verdi, ai lati strade carrabili e piste ciclabili, passeggiate sopraelevate e strade di servizio. A differenza del “foro su due livelli” del 1933 (Reggiori 1952), il Foro Mussolini del 1942 era tutto basato su tale imponente arteria che partiva dall’Arena, affiancata da una piazza rettangolare definita “della Rivoluzione”, ed era segnata da una serie di episodi monumentali, come l’Arco dei legionari e l’Arco delle medaglie d’oro all’inizio, o l’Arco del duce verso la fine, per giungere – una volta collegata alle strade esistenti ampliate e rettificate – a un Tempio civico della Vittoria, ben oltre l’area della stazione centrale. Con la sua magniloquente monumentalità, il progetto di Bacciocchi sembra volesse far superare il giudizio formulato da Ferdinando Reggiori sul Foro Mussolini del 1933, definito “la più bella pagina di edilizia monumentale urbana che a Milano sia stata immaginata dopo il sistema via Dante-piazza Castello” (Reggiori 1933).

Dal secondo dopoguerra agli anni del boom economico

9 | Mario Bacciocchi, Palazzo in piazza Missori, Milano 1953.

Subito dopo la guerra, su richiesta della Sindhu Resettlement Corporation Bacciocchi realizzò il piano regolatore di Gandhidham, una nuova città nel deserto del Sind in India, lavorò in Spagna e negli Stati Uniti e portò avanti innumerevoli lavori per edilizia residenziale a Milano che si affiancavano ai tanti riconducibili a una specifica clientela di matrice cattolica, che erano stati avviati con la progettazione, la direzione artistica e la costruzione del Piccolo Cottolengo di Don Orione a Milano già a partire dal 1938. Bacciocchi fu infatti presentato a Don Orione, a cena a casa di amici, da Pasquale Pozzi nel marzo di quell’anno (come riportava il foglietto mensile “Don Orione” del giugno 1974). La fiducia acquisita gli permise di realizzare in seguito, per la comunità del religioso, anche l’Ospizio Sant’Antonio ad Ameno, le case ricovero di Milano, il vasto complesso religioso di Boston tra il 1955 e il 1961, e i nuovi padiglioni per il villaggio del Piccolo Cottolengo Milanese nel 1971. Va da sé che i rapporti con la committenza ecclesiale si saldarono nei primi anni del secondo dopoguerra con gli incarichi avuti sia per il Tempio della Fraternità dedicato alla SS. Trinità al Belvedere a Piacenza, sia per la facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sempre a Piacenza, e per l’Ara Pacis Mundi sul colle di Medea (Zehenthofer 2015). Va segnalato che nel 1950 Bacciocchi aveva elaborato anche un imponente progetto di monumento “a tutti i caduti dell’ultima guerra” che sarebbe dovuto sorgere di fronte al Sacrario di Redipuglia sul colle Sant’Elia, e che l’Ara Pacis Mundi – eretta a partire dalla fine del 1950 per commemorare i caduti di tutte le guerre – nacque per volere di un comitato formato da Associazioni di ex combattenti, ma soprattutto grazie alla Pontificia Commissione di Assistenza.

Sempre nei primi anni Cinquanta, mentre realizzava a Milano i palazzi in via Passione, in via Jenner, in piazza Missori [Fig. 9] e il palazzo delle ACLI, l’architetto ricevette da Mattei l’incarico di “inventare” l’insediamento di Metanopoli, il quartiere generale alle porte della città, tra la via Emilia e la nascente Autostrada del Sole, in cui la direzione amministrativa potesse essere a stretto contatto con i laboratori di ricerca e con le strutture produttive e di stoccaggio, quest’ultime previste da quando la Snam aveva acquistato nel 1951 un lotto di 200 ettari nella zona di San Donato per realizzare un deposito di tubi per i metanodotti (Balducci, Piazza 1981).

Inizialmente intesa anche come “casa-villaggio” (senza assegnazioni e riscatti, ma solo con contratti a termine), la “città del metano” iniziò a crescere dal 1952, a partire dall’Albergo dei camionisti, motorhotel o motel, con il primo edificio residenziale e con i fabbricati in linea multipiano nell’area a nord della piazza Santa Barbara, luogo anche di una chiesa e di un battistero. Innervata intorno al futuro viale De Gasperi, la company town di Mattei – descritta magistralmente dagli scrittori Luciano Bianciardi e Alberto Arbasino (Camponogara 1997) – era basata su un sistema di moduli insediativi e interventi “razionali”, che seguivano quello che è stato definito “un processo di espansione per certi versi situazionista” (Guidarini 2012). Ossia, anziché su di un disegno geometrico predefinito o su di una maglia viaria predeterminata, la città nasceva intorno alla sola arteria perpendicolare alla via Emilia, dove nel tempo si realizzarono l’autoreparto Snam, i laboratori di ricerca e tecnica, e i palazzi per uffici. Contemporaneamente, all’interno delle aree confinanti il grande viale furono erette le residenze e le strutture per la vita comunitaria, come scuole, negozi [Fig. 10], spazi per il tempo libero e lo sport.

10 | Mario Bacciocchi, Negozi, mercato coperto e abitazioni a Metanopoli, San Donato Milanese 1954.

Affidate agli uffici tecnici della Snam, la progettazione, la costruzione e la gestione di Metanopoli erano così il risultato di una serie di procedure semplificate, che partivano dal coordinamento delle politiche di acquisto e di appalto fino alla realizzazione dei singoli episodi architettonici. Del resto, i modelli abitativi, che concretizzavano la filosofia della ripetibilità degli elementi-tipo, rimandavano agli schemi previsti per l’edilizia economica dell’esperienza dell’Ina-casa, cari alla cultura democristiana di quegli anni (Savorra 2018). A Metanopoli si applicarono in tal senso tipologie e procedure, tali da essere poi trasferite nei centri di produzione disseminati in Italia, a Ravenna, Pisticci, Gela. Anche se in quest’ultimo caso, il processo progettuale del nuovo quartiere Eni si sviluppò diversamente grazie alle sperimentazioni di Edoardo Gellner (Baglione 2011; Baglione 2015).

Accanto alla realizzazione dell’insediamento produttivo e residenziale di Metanopoli, Bacciocchi progettò un centro sportivo, completo di campo di calcio, tribune, piscina e campi da tennis, da inserire nel paesaggio prosperoso del neonato villaggio nei pressi di San Donato Milanese (basti pensare che il verde già copriva l’ottanta per cento della superficie degli isolati prevista per le case). Il progetto della piscina coperta fu affidato invece agli architetti Marco Bacigalupo e Ugo Ratti, che realizzarono anche il complesso scolastico e il poliambulatorio medico, mentre il cosiddetto Primo palazzo per uffici fu costruito nel 1956 da Marcello Nizzoli e Gian Mario Olivieri, e il Secondo nel 1962 da Bacigalupo e Ratti.

Intanto, insieme al piano di insediamento da realizzare seguendo il disegno della cosiddetta “quadra residenziale”, un modulo base ripetibile di 120x120 metri circa (suscettibile tuttavia di variazioni a seconda delle proprietà agricole acquisite via via), Bacciocchi mise a punto, sempre su richiesta di Mattei, la serie di “stazioni di servizio”, un progetto basato sempre sul concetto della ripetibilità di elementi-tipo che sarebbero stati disseminati sul territorio italiano ed estero, secondo una spettacolare politica di espansione commerciale della rete di distribuzione del carburante . La poetica della quantità, esperita nella definizione di uno standard (lo stesso concetto del modulo per tipi ripetibili applicato nello schema planimetrico di Metanopoli), si materializzava in questo modo nell’invenzione di un tipo di stazione di servizio, adattabile – con le sue tante varianti – ai diversi contesti urbani, extraurbani e autostradali.

Nel momento in cui i bordi delle autostrade si stavano trasformando in un vero e proprio laboratorio dove sperimentare architetture di servizio (Greco 2015), il programma di potenziamento della rete di distribuzione di carburanti e lubrificanti prevedeva anche per l’Agip la costruzione di centri di rifornimento lungo le arterie principali e secondarie d’Italia. Mattei intendeva mettere a disposizione dell’automobilismo in continua espansione, un servizio completo impostato su criteri moderni di efficienza. Nel clima segnato sia dalle tensioni da guerra fredda, sia dall’incentivazione della motorizzazione di massa, la diffusione della stazione di rifornimento Agip-Supercortemmaggiore, con la definizione del tipo del motel Agip, contribuì all’affermarsi dell’immaginario filoamericano del consumo nel nascente paesaggio autostradale (Ciorra 2013).

Gli alberghi del camionista – molto probabilmente una tipologia che Mattei aveva conosciuto nei tanti viaggi negli Stati Uniti – e le grandi stazioni di servizio si caratterizzavano per il senso di familiarità accogliente, mentre le piccole stazioni di rifornimento del carburante, concepite da Bacciocchi, spaziavano dall’immagine del chiosco neo-vernacolare in legno, pietra e mattoni, a quella avveniristica dei box prefabbricati prodotti negli stabilimenti del Nuovo Pignone. L’aspetto qualificante era dato in tutti i casi dalle sottili, spregiudicate pensiline in stile googie dalla forte connotazione reclamistica, che accoglievano la scritta luminosa “Agip-Supercortemaggiore” in lettere scatolari metalliche o semplicemente la raffigurazione del cane a sei zampe su fondo giallo, simbolo dell’azienda. Va notato che la luminosità esterna era affidata anche ai tubi fluorescenti nascosti lungo i bordi superiori del box, predisposti a illuminare indirettamente e diffusamente i distributori posti al di sotto della pensilina. Come è stato osservato, la modernità che Bacciocchi declina nelle sue stazioni da un lato riprende, nella produzione italiana del dopoguerra, i tre elementi architettonici fondamentali della stazione di servizio statunitense (il chiosco, la pensilina, il pennone pubblicitario), dall’altro “ne adatta la dimensione costruttiva al contesto artigianale proprio della realtà insediativa degli interventi” (Greco 2010).

11 | Mario Bacciocchi, Stazione di servizio Agip-Supercortemaggiore in piazzale Accursio, Milano 1956.
12 | Mario Bacciocchi, Visione notturna della stazione di servizio Agip-Supercortemaggiore in piazzale Accursio, Milano 1956.

13 | Mario Bacciocchi, Chiosco piccolo senza pensilina per stazione di servizio Agip-Supercortemaggiore. Progetti tipo degli impianti stradali in Italia, s.d. [ma primi anni 50].

Sicché, insieme alla straordinaria stazione Agip di piazzale Accursio a Milano [Figg. 11-12], quasi un unicum nel panorama italiano, Bacciocchi nel 1955 ideò progetti-tipo di impianti stradali, tredici versioni di stazioni di rifornimento complete di locali per il gestore, rivendite e bar-ristori, ispirandosi agli standard molto elevati delle compagnie americane (Pozzi 2009). Evoluzione della tipologia del chiosco, la stazione di servizio ribattezzata “la bacciocca”, con o senza la sua ardita pensilina, era standardizzata e al contempo adattabile al contesto circostante: piccole, medie o grandi, le strutture potevano infatti essere realizzate in materiali diversi ed essere installate lungo le tante strade dell’Italia del benessere [Fig.13]. Illustrati in un album che comprendeva tutte le soluzioni possibili, gli impianti si differenziavano per dimensioni e in base alle prestazioni richieste, ma erano accomunati dall’eleganza delle linee e dall’attenzione verso gli ambienti circostanti.

Negli anni successivi, la medesima capacità di mescolare i tanti riferimenti linguistici – da quelli razionalisti a quelli vernacolari – emerse anche in altre occasioni professionali, in cui era necessario appagare le richieste di una committenza lombarda interessata a un’architettura “rassicurante”. Tra queste si possono segnalare gli edifici per la Charitas Ambrosiana, che commissionò le colonie marine e montane di Spotorno, Cesenatico, Piancavallo, oppure il progetto di centro turistico a Pesaro, o ancora le numerose chiese parrocchiali e gli istituti religiosi. A tal proposito, non va dimenticato che Mattei fu anche presidente del Comitato per le nuove chiese della diocesi di Milano, sorto prima della guerra per volontà del cardinale Idelfonso Schuster e rinvigorito in seguito con il governo episcopale dell’allora cardinale Giovanni Battisti Montini (futuro papa Paolo VI). Il Comitato aveva proprio come obiettivo la costruzione di cento chiese per celebrare il Concilio ecumenico Vaticano Secondo (Crippa 2016): tra il 1959 e il 1965 si realizzarono in questo modo ventidue chiese (Comitato 1969).

14 | Mario Bacciocchi, Istituto Padre Monti e parrocchia Immacolata Concezione, piazza Frattini, Milano 1951-63.

In tale ambito Bacciocchi concepì l’Istituto di Padre Monti con la chiesa dell’Immacolata annessa [Fig. 14], la chiesa nel quartiere Feltre a Milano (Savorra 2017b) e la chiesa di Sant’Angela Merici (per volontà di Mattei per ricordare la moglie Angela), che per alcuni aspetti tipologici e costruttivi si collegavano alla chiesa di Santa Barbara a Metanopoli [Figg. 15-16]. Collocato nel centro della città dell’Eni, quest’ultimo edificio religioso – consacrato già il 3 dicembre 1955 – si differenziava tuttavia per l’accentuata cromia e per le citazioni colte (per gli interni furono coinvolti pittori e scultori, quali Vincenzo Tomea, Andrea Cascella, Giò e Arnaldo Pomodoro, Pericle Fazzini), in particolare nel battistero e nel campanile, che rimandavano in maniera palese all’architettura chiesastica toscana, ma nelle linee di una presupposta tradizione “padana”, una Padania intesa da Mattei al pari di una “cassaforte aperta nella quale basta ormai affondare le mani per portare alla luce i tesori che essa contiene” (Zucconi 1986; Zucconi 1995).

15 | Mario Bacciocchi, Chiesa di Santa Barbara a Metanopoli, San Donato Milanese 1954.
16 | Enrico Mattei offre al cardinale Giovanni Battista Montini il modellino della chiesa di Santa Barbara a Metanopoli, 1954.

Che fossero avveniristiche, come quelle concepite per la stazione di servizio di piazzale Accursio, neo-vernacolari, come quelle delle chiese o delle stazioni ripetitrici e altre architetture “funzionali” messe a punto per la Snam-Eni, evocanti fisionomie nordiche come nella chiesa del quartiere Feltre [Fig. 17], più o meno razionaliste come quelle dei tanti condomini milanesi, le forme studiate da Bacciocchi rassicuravano – nel clima fervido talvolta confuso della crescita abnorme della domanda negli anni della Ricostruzione – una committenza non interessata ai dogmatismi degli stili. Nel corso della sua professione, egli rafforzò l’immagine di professionista affidabile, che si avvalse – fino al termine della sua carriera – sempre di un linguaggio che si arricchiva ogni volta di riferimenti raffinati, talvolta impreziositi da contaminazioni e simbologie (emblematica è la tomba Mattei a Matelica). Amante della musica, esperto cultore di yoga e di teosofia, scaltro collezionista d’arte e gran frequentatore di mostre (in un’intervista a Gianni Manstretta del 1970 si vantava di aver avuto nella vita un grande fiuto acquistando quadri di Sironi, De Pisis, De Chirico, Carrà, Morando, Funi e molti altri), Bacciocchi fu anche un abile disegnatore per il “Corriere della sera” e un fine ritrattista (memorabili quelli dei tanti amici frequentati al Bagutta). Estremamente disponibile e affabile di carattere, si avvalse, nei suoi lavori, ogni volta di una koinè neutrale quasi silenziosa, per andare incontro, nel contesto dell’Italia del miracolo economico, alla molteplicità di richieste dei committenti, probabilmente convinto che l’ammodernamento di un Paese e di una cultura dovessero passare per una sottesa, rassicurante concezione dell’architettura.

17 | Mario Bacciocchi, Chiesa di S. Ignazio di Loyola nel quartiere Feltre (con ing. Carlo Aitelli e arch. Alfonso Mantovani), Milano 1962-63.

Le ricerche presentate con il contributo dal titolo Un professionista al servizio dell’Eni. L’opera di Mario Bacciocchi (1902-1974) dalle carte del suo archivio all’incontro di studi Eniway. Architettura, arte, città, tenutosi il 18 marzo 2014 all’Università Iuav di Venezia, sono state pubblicate in forma sintetica nell’articolo Mario Bacciocchi e le “invenzioni” per Enrico Mattei, apparso in “Ark”, 30, 2019, pp. 26-33. Questo saggio ne costituisce una versione largamente ampliata, riveduta e aggiornata. Oltre che a Fernanda De Maio, curatrice dell’iniziativa veneziana del 2014, la mia gratitudine va all’architetto Giordano Bacciocchi, per avermi dato a suo tempo, l’opportunità di studiare e riprodurre i materiali del padre in suo possesso. Andato in gran parte disperso, l’archivio dell’architetto si stava infatti ricostituendo presso gli eredi, con l’obiettivo di recuperare i pochi materiali e disegni superstiti; per un primo regesto delle opere si veda l’elenco compilato da Italo e Luca Bottale in Hommage à Bacciocchi, catalogo della mostra, Biffi arte, Piacenza 2014 (degli stessi autori si veda anche Mario Bacciocchi. Un architetto del 900, s.e., s.l., s.d - ultimo accesso al sito: settembre 2019).

Riferimenti bibliografici
  • Airoldi 1982
    R. A. [Airoldi], Mario Bacciocchi, in Gli Anni Trenta. Arte e cultura in Italia, catalogo della mostra, Comune di Milano-Mazzotta, Milano 1982, 544.
  • Arbasino 1972
    A. Arbasino, La bella di Lodi, Torino 1972.
  • Baglione 2011
    C. Baglione, La città mancata. Enrico Mattei e il progetto di Edoardo Gellner per il Quartiere Eni a Gela, “Lexicon. Storie e architettura in Sicilia e nel Mediterraneo” 12 (2011), 63-72.
  • Baglione 2015
    C. Baglione, Dalla Scandinavia alla Sicilia: la nuova città di Gela tra modelli internazionali e quartiere Ina-Casa, in M. Carrara, R. Domenichini (a cura di), Architettura, paesaggio, fotografia. Studi sull’archivio di Edoardo Gellner, Venezia-Padova 2015, 177-198.
  • Balducci, Piazza 1981
    A. Balducci, M. Piazza, Dal parco sud al cemento armato. Politica urbanistica e strategie immobiliari nell’area milanese, Quaderno di intervento nelle autonomie locali 2, Milano 1981, 185.
  • Biancardi 1957
    L. Bianciardi, La città dei tecnici, “Il Contemporaneo” 6 (9 febbraio 1957), 6.
  • Bucci 2016
    F. Bucci, L’America di Giuseppe De Finetti, in C. Togliani (a cura di), Un palazzo in forma di parole. Scritti in onore di Paolo Carpeggiani, Milano 2016, 416.
  • Camponogara 1997
    C. Camponogara, Metanopoli. La città dei tecnici, “Rassegna” 70 (1997), 54-57.
  • Cesari 2016
    P. Cesari (a cura di), Architettura per un’idea: Mattei e Olivetti, tra welfare aziendale e innovazione sociale, Bologna 2016.
  • Ciorra 2013
    P. Ciorra (a cura di), Energy. Architettura e reti del petrolio e del post-petrolio, catalogo della mostra (Roma), Milano 2013.
  • Colitti 2008
    M. Colitti, Eni. Cronache dall’interno di un’azienda, Milano 2008.
  • Comitato 1969
    Comitato per le nuove chiese di Milano (a cura di), Ventidue chiese per ventidue concilî, Tipi delle Scuole Grafiche Artigianelli Pavoniani, Milano 1969.
  • Concorso 1938
    Concorso per la sistemazione definitiva di Piazza del Duomo a Milano, “Case d’Oggi”, (marzo 1938), 12.
  • Corduas 2006
    C. Corduas, Impresa e cultura. L’utopia dell’Eni, Milano 2006.
  • Crippa 2014
    M. A. Crippa, Il comune impegno di Giovanni Battista Montini e Enrico Mattei nella diocesi di Milano, “Rivista della Storia dell’Arte Lombarda” 13 (2014), 37-50.
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    M. A. Crippa, L’esperimento pastorale del card. Giovanni Battista Montini nella diocesi ambrosiana, in L. Lazzaroni (a cura di), La diocesi di Milano e le nuove chiese 1954-2014. Atti del convegno 4 novembre 2014, Milano 2016, pp. 61-96.
  • De Finetti 1933
    G. De Finetti, Lo stadio di Milano. La scelta del luogo, Milano 1933.
  • De Finetti 1934
    G. De Finetti, Stadi. Esempi, tendenze, progetti, Milano 1934.
  • Deschermeier 2008
    D. Deschermeier, Impero ENI. L’architettura aziendale e urbanistica di Enrico Mattei, Bologna 2008.
  • Galli 2005
    G. Galli, Enrico Mattei: Petrolio e complotto italiano, Milano 2005.
  • Greco 2010
    L. Greco, Architetture autostradali in Italia. Progetto e costruzione negli edifici per l’assistenza ai viaggiatori, Roma 2010, 146.
  • Greco 2015
    L. Greco, Autogrill e motel. L’invenzione del turismo interno, in A. Ferlenga, M. Biraghi (a cura di), Comunità Italia. Architettura, città, paesaggio 1945-2000, catalogo della mostra, Milano 2015, 61-63.
  • Guarneri 2007
    D. Guarneri (a cura di), Enrico Mattei. Il comandante partigiano, l’uomo politico, il manager di Stato, Atti del convegno 2006, Ferrara-Pisa 2007.
  • Guidarini 2012
    S. Guidarini, Anatomia urbana di Metanopoli, in M. C. Loi, R. Neri (a cura di), Anatomia di un edificio, Napoli 2012, 45.
  • Irace 2004
    F. Irace, Centro e periferia nella Milano degli anni trenta, in G. Ciucci, G. Muratore (a cura di), Storia dell’architettura italiana. Il primo Novecento, Milano 2004, 374, 378.
  • Mattei 1958
    E. Mattei, L’industria petrolifera italiana, Metanopoli, 11 gennaio 1958; conferenza tenuta per l’inaugurazione della Scuola di Studi superiori sugli idrocarburi, ora in N. Perrone, Giallo Mattei. I discorsi del fondatore dell’Eni che sfidò gli Usa, la Nato e le Sette sorelle, Roma 1999, 65-66.
  • Maulsby 2014
    L. M. Maulsby, Fascism architecture, and the claiming of Modern Milan, 1922-1943, Toronto-Buffalo-London 2014, 122.
  • Nicoloso 2018
    P. Nicoloso, The fascist memory of the war and its legacy. Two cases: The Redipuglia War Memorial and the Ara Pacis, in H. Hökeberg (a cura di), Architecture as propaganda in twentieth-century totalitarism regimes, Firenze 2018, 98.
  • Nota introduttiva 2002
    Nota introduttiva, in G. De Finetti, Milano. Costruzione di una città, a cura di G. Cislaghi, M. De Benedetti, P. Marabelli, Milano 2002, 132.
  • Pozzi 2009
    D. Pozzi, Dai gatti selvaggi al cane a sei zampe. Tecnologia, conoscenza e organizzazione nell’Agip e nell’Eni di Enrico Mattei, Venezia 2009, 285.
  • Reggiori 1933
    F. Reggiori, A Milano, il Foro Mussolini, “Architettura” fasc. IX (settembre 1933), 579.
  • Reggiori 1952
    F. Reggiori, In memoria di Giuseppe De Finetti. Necrologio, “Urbanistica”, 9 (1952), 103; ora anche in F. Floridia, D. Vitale (a cura di), Giuseppe De Finetti (1892-1952). Architettura e progetto urbano, Milano 2004, 71-73.
  • Rezzonico 1992
    F. Rezzonico, A mezzo secolo di distanza lo stesso problema pone due progetti a confronto, “Art Leader” 6 (maggio-giugno 1992), 53.
  • Savorra 2017a
    M. Savorra, Una riviera per Milano. L’Idroscalo tra Fascismo e Ricostruzione, “ARK” 22 (2017), 24-32.
  • Savorra 2017b
    M. Savorra, Un frammento di “città pubblica”. L’Ina-Casa e il Quartiere Feltre a Milano, “ARK” 21 (2017) 27-34.
  • Savorra 2018
    M. Savorra, “Funzionale senza uniformità, razionale con grazia”. Il Villaggio Ina-Casa di Cesate 1951-1958, “Casabella” 882 (febbraio 2018), 4-15.
  • Savorra i.c.s.
    M. Savorra, Regionalismo e identità nazionale. Il “barocchetto” e gli architetti italiani moderni (1918-1927), in C. Chocarro (a cura di), Barroco/Moderno en la Italia del novecientos / Barocco Moderno in Italia nel Novecento, Madrid, in corso di stampa.
  • Progetto 1984
    Progetto “Lo stadio di Milano e le Terme” (sistemazione della zona dell’Arena), Scheda 9 in Giuseppe De Finetti: la poesia e la ragione, numero monografico di “Parametro” 126 (maggio 1984), 54.
  • Sermisoni 1995
    S. Sermisoni, Le scelte di Mattei, in Ead. (a cura di), Metanopoli. Attualità di un’idea, Milano 1995, 15-16. 
  • Zehenthofer 2015
    M. Zehenthofer, L’Ara Pacis di Bacciocchi, 1950-1951, in P. Nicoloso (a cura di), Le pietre della memoria. Monumenti sul confine orientale, Udine 2015, 217-239.
  • Zucconi 1986
    G. Zucconi, La città aziendale Metanopoli nella strategia del Gruppo Eni, “Storia urbana” 34 (1986), 221. 
  • Zucconi 1995
    G. Zucconi, La vicenda architettonica e urbanistica, in S. Sermisoni (a cura di), Metanopoli. Attualità di un’idea, Milano 1995, 21-44.
English Abstract

In the early Fifties Enrico Mattei asked Mario Bacciocchi to realize “Metanopoli”, a company town for the Agip-Snam (later Eni), following the principles of the “rational” design solutions. In order to understand the project motivations, it is necessary to retrace the biographies of its protagonists and the background within which certain choices matured. But, if the life of the founder of the energy corporation and its links with the Catholic world have been the subject of a copious bibliography, the intense “professional journey” of Bacciocchi, a leading architect of the past century, is still to be investigated, also considering the dispersion of a large part of his private archive and the absence of primary sources and personal writings. Bacciocchi was not only Enrico Mattei's architect. Since 1925 he starts an intense activity characterized by the creation of architectures that reflect significantly the climate of the Italian professional culture of the Twentieth Century. Thanks to the study of the few unpublished materials from the archive held by the heirs, the contribution focuses on the figure of Bacciocchi, framing it in the historical context and trying to explain the genesis of some of his projects, developed before, during and after the war, in other words, before, during and after Mattei. This article is the first attempt to articulate a critical reconstruction of the biography of Mario Bacciocchi (1902-1974).

keywords | Enrico Mattei; Mario Bacciocchi; Metanopoli; Eni.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio.
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo / To cite this article: Massimiliano Savorra, Un professionista al servizio dell’Eni. L’opera di Mario Baciocchi (1902-1974), “La Rivista di Engramma” n. 169, ottobre 2019, pp. 71-93 | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2019.169.0004